VILLENEUVE: E' TORNATO IL FIGLIOL PRODIGO
Rivede il podio dopo tre anni di digiuno, amarezze e incidenti paurosi

di Mario Vicentini

MONTMELO' - Eccolo, il ritorno del figliol prodigo della F.1. Dopo tre anni di digiuno, amarezze, sorpassi subiti senza poterne restituire nessuno, Jacques Villeneuve ha rivisto la luce del podio. Certo, non è ancora la gloria del trionfo, quella che il pilota canadese assaporò sette volte nella sua stagione mondiale, il 1997, ma è un passo in avanti.

Dopo quella stagione d'oro, solo due terzi posti, l'ultimo nell'agosto '98 all'Hungaroring. Poi più nulla. Con l'unica soddisfazione, frequente, di seguite e divertenti esternazioni nelle quali mette in riga tutti, soprattutto Michael Schumacher.

Ieri, accanto ai giovani e ai debuttanti che hanno aperto nuovi scenari per questa F.1, il Mondiale ha ritrovato sul terzo gradino del podio spagnolo un grande protagonista, un personaggio vero dal coraggio immenso. Un pilota che da tre anni si stava dannando l'anima per dare sostanza a una nuova scuderia, la Bar, e ai suoi risultati. Perché era sempre lo stesso Villeneuve quello che vedevamo in pista: quello che aveva vinto il Mondiale '97 beffando Schumacher all'ultima gara, anche se ultimamente le sue battaglie erano per un sorpasso da decimo posto o peggio ancora. Migliaia di staccate al limite con il miraggio di un punticino iridato. E tanti incidenti, alcuni paurosi. Come a Spa. O come quello terribile del GP d'Australia di quest'anno costato la vita a un commissario.

In questo modo, con tanta grinta ma sempre in scioltezza e il sorriso sulle labbra, Jacques ha saputo affrontare la traversata nel deserto dei gran premi senza podi che pareva infinita. Adesso, lui e la Bar possono dire di aver incassato il massimo dalla liberalizzazione elettronica. Grazie anche al contributo dell'Honda, che ha festeggiato con champagne e foto ricordo il primo podio conseguito dalla sua terza generazione di motori Honda in F.1.

Completato dal quarto posto di Jarno Trulli che pure lui monta sulla Jordan il propulsore giapponese.

"E' davvero un grande risultato per me, ma soprattutto per la squadra che da tre anni lavorava duro senza risultati che la ripagassero degli sforzi - spiega Jacques -. Salire sul podio è molto importante per tutti. E' la spinta di cui avevamo bisogno".

Jacques evita le frasi di circostanza, non parla di rivoluzione. "Quello che è cambiato perché una Bar andasse sul podio è stata soprattutto la fortuna che qui ci ha aiutato", spiega.

E aggiunge: "Non siamo ancora abbastanza veloci per tornare in alto senza che i guai di altri ci diano una mano. La macchina resta pesante da guidare. Mi ha aiutato soprattutto il primo set di gomme, ma con i due successivi l'aderenza non era il massimo. E' per questo che per battagliare con Montoya dovevo spingere più del massimo a ogni giro e qualche errore l'ho commesso. In questa situazione un grande merito la squadra se l'è guadagnato alla sosta al box: la rapidità nelle operazioni mi ha consentito di superare Trulli proprio in coincidenza con la fine del primo tratto di gara".

Lui sempre contrario all'elettronica, ora è grato alle nuove regole: " La liberalizzazione dell'elettronica ha aiutato il nostro risultato, perché abbiamo preparato le regolazioni dell'assetto con i nuovi aiuti dei computer in mente, pur non avendoli usati tutti. E anche se in questo fine settimana abbiamo avuto tanti guai, non abbiamo impostato la nostra strategia sulla cautela: la squadra ha bisogno di punti e podi. Ci siamo riusciti ma non siamo appagati. Questo risultato non è un punto d'arrivo, però una piccola svolta c'è stata e adesso possiamo stare più tranquilli".

Infine, da sportivo vero, un pensiero lo dedica a Hakkinen: "Deve essere molto duro perdere quando sei in testa all'ultimo giro come è capitato qui a Mika".

Tratto da "La Gazzetta dello Sport" del 30 aprile 2001


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