2° giorno, mercoledì 09 aprile 2003

Alle 7.15 siamo già svegli forse per colpa del fuso orario di sei ore. Dopo colazione lasciamo l'albergo e saliamo lungo la via perpendicolare a G. Washington; un taxista insiste per volerci trasportare: lo respingiamo decisi dicendogli che andiamo qua vicino, ma lui insiste fino a quando non gli diciamo il nome dell'hotel, dopodiché ci saluta!

Raggiungiamo il Green House passando per vie piene di pattume, sporcizia e odori sgradevoli, ma frequentate da gente normalissima che ci convive. Lasciati gli zaini nel nuovo alloggio, andiamo verso il centro, armati di foto/videocamera.

La città nella "zona colonial" non ha palazzi, ma solo costruzioni al massimo di due piani, tinteggiate con svariati e originali colori; un fossato di 20-30 cm di profondità separa la strada dai marciapiedi dissestati; dentro ad esso arriva l'acqua di scarico dei condizionatori, spesso attraversando i marciapiedi, e si deposita buona parte della mondezza che resta abbandonata per le strade (scopriremo poi che questi profondi fossati servono per raccogliere l'enorme quantità d'acqua che si concentra durante i frequentissimi acquazzoni, creando un impetuoso corso d'acqua che travolge e porta con sé quello che trova); le linee elettriche e telefoniche scorrono lungo i tetti delle abitazioni come un garbuglio di cavi disordinato: non manca qualche spezzone di cavo che negli attraversamenti stradali penzola fino a terra…

Avenida El Conde e Plaza Colòn sono le uniche discretamente ordinate: la prima è il "corso" principale dove si concentrano i negozietti, le bancarelle del mercato e i "cambio", dove si possono cambiare i dollari senza essere fregati! Nella Plaza Colòn è collocato il busto di Cristoforo Colombo e qua veniamo avvicinati da una guida ufficiale che ci da qualche informazione gratuita.

Tentiamo anche di telefonare a casa dalle cabine pubbliche, ma non riusciamo a farle funzionare, facendoci fregare solo i soldi!!

Camminiamo lungo Avenida Duarte per giungere a Plaza Enriquillo, dalla quale partono i bus per le varie località, così abbiamo già chiare le idee per domani quando lasceremo la capitale; qua la confusione e il disordine è impressionante: ogni tre passi sei fermato da taxisti, guide, falsari del cambio, autisti di bus… senza tregua!

Torniamo a El Conde dove pranziamo da Paco's , ad angolo con Parque Indipendencia, dove è possibile mangiare sandwiches, piatti locali o pasta, bevendo la Presidente, la migliore birra locale.

Completiamo poi la nostra visita alla zona coloniale passando davanti al "Cuerpo de Bomberos" (caserma dei vigili del fuoco) per raggiungere il mercato coperto, ovvero il mercato delle cose inutili, con negozi incastrati uno con l'altro e corridoi strettissimi per passare, dove i commercianti ti invitano a "mirar" i loro articoli: dopo cinque minuti siamo costretti a scappar fuori!

Decidiamo di visitare la parte della città sul mare, ma là non ci sarà nulla di interessante. Percorriamo ancora una volta El Conde e quasi in fondo un dominicano ci ferma per sapere se vogliamo o abbiamo bisogno di qualcosa; dice di essere il migliore qua, che tutti lo conoscono, ed è il più insistente incontrato fino a quel momento. Nel frattempo un bambino "pulisciscarpe" si butta sui sandali di cuoio di Massimo, il mio amico, che nulla può per evitarlo. Mi libero intanto dell'altro ragazzo che non smette di offrirmi visite ai monumenti, fumo o massaggi particolari dalle sue amiche, con un dollaro per una birra e se ne va contento; diamo una mancia anche al chico delle scarpe e continuiamo verso il mare.

Dalla strada del lungomare osserviamo l'inquinamento e la sporcizia abbandonati sulla costa . Incontriamo un altro "pulisciscarpe": parlicchia italiano, ha 11 anni e si chiama Miguel e diamo una piccola mancia anche a lui.

Vicino a piazza dell'obelisco (come la chiamano loro, ma dell'obelisco non ha proprio niente), troviamo una panchina all'ombra: c'è aria, è fresco (oggi ci sono almeno 36°C) e ne approfittiamo per riposarci un po'.

Un'ora dopo circa ci ritrova Miguel e, forse riconoscente per la mancia, si ferma a scherzare con noi che tentiamo di parlare spagnolo mentre lui ci corregge. Qualche tempo dopo arriva Josè Soriano, un uomo sulla quarantina, che ci parla male della città, di tutti i suoi rubasoldi che si avvinghiano ai turisti, della confusione e del traffico caotico e che dice di essere avvocato…

Finalmente in albergo verso le 19, ci rilassiamo con una doccia e proviamo a chiedere se fosse possibile cenare in albergo per non dover uscire. La signora del Green House, molto gentilmente, è disponibile per cucinarci qualcosa, solo che non riusciamo a capirci sul menù e lasciamo che ci prepari quello che vuole; una mezz'oretta dopo ci porta pollo fritto, insalata mista e rondelle di banana acerba fritta che chiamano "totoni". Conosciamo anche Ernesto Roz, un venezuelano di origini siciliane qua per lavoro. Chiacchieriamo bevendo birra Presidente simpaticamente offerta dall'amico.

La serata è fresca e ventilata e si sta molto bene…

- fine 2°giorno-