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Concessioni edilizie e vincolo ambientale Cari soci, amici e navigatori pubblichiamo, di seguito, per una maggiore conoscenza delle
tematiche legate alla concessione edilizia in zone sottoposte a vincolo
ambientale, il contributo del dott. Maurizio Santoloci, Magistrato -
Vice presidente nazionale del WWF Italia, a seguito di due
"storiche" sentenze della Cassazione contro le concessioni edilizie
illegittime in aree protette e vincolate. Si tratta di nuovi importantissimi
strumenti di tutela giuridica contro il dilagare degli "abusi in
bianco" legittimati da concessioni che ignorano di fatto la tutela imposta
dai vincoli paesaggistici-ambientali. La Suprema Corte censura penalmente
le diffuse illegittimità dei comuni che rilasciano le concessioni edilizie in
palese violazione nelle aree soggette a vincolo paesaggistico-ambientale. Buona
lettura! La
Corte di Cassazione è intervenuta recentemente con due sentenze molto
importanti che vanno ad incidere nel delicato e primario settore delle
concessioni palesemente illegittime in aree soggette a vincolo paesaggistico
ambientale e comunque, in generale, riguardo a concessioni in violazioni delle
normative vigenti. Vediamo le massime. * "Integra il reato di abuso d'ufficio il
rilascio da parte degli amministratori comunali di una concessione edilizia in
assenza della prescritta autorizzazione ambientale: l'autorità amministrativa,
infatti, non è svincolata, nel concedere la concessione edilizia, dalle
disposizioni relative alle limitazioni poste dalle norme in tema in tema di
tutela dell'ambiente, in quanto queste ultime costituiscono uno dei presupposti
necessari per la legittimazione della concessione stessa; conseguendone che una
tale condotta si configura come in "violazione di legge" (sub specie,
della violazione delle leggi che presiedono ai vincoli ambientali),
rilevante ai fini e per gli effetti dell'articolo 323 del codice penale."
(Cassazione Penale - Sezione VI - Sentenza del 4 ottobre 2000 n. 10441 - Pres.
Romano). * "In tema di abuso di ufficio deve ritenersi che
la concessione edilizia senza rispetto del piano regolatore generale integra una
violazione di legge rilevante al fine della configurabilità del reato di cui
all'art. 323 c.p.(Ha specificato la Corte nella fattispecie, relativa a
concessione edilizia in zona inedificabile, che il piano regolatore generale
continue prescrizioni immediata applicazione, pur potendo assumere anche
carattere programmatorio di scelte generali. Ne consegue - sotto il profilo del
soddisfacimento del principio della determinatezza della fattispecie
incriminatrice - la sussistenza del dovere da parte della competente autorità
amministrativa di provvedere ai sensi dell'art. 4 della L. n. 10 del 1977
(caratteristiche della concessione edilizia) e dell'art. 31 della legge n. 1150
del 1942, dati normativi che costituiscono il principio discriminatorio della
condotta lecita da quella illecita)". (Cassazione Penale - Sezione VI -
Sentenza del 29 maggio 2000 n. 6247 - Pres. Pisanti). Queste due sentenze, come appare evidente,
riguardano in modo sinergico due importantissimi campi oggetto di palese e
diffusa violazione amministrativa da parte dei comuni: il settore paesaggistico
ambientale e le violazioni ai parametri dei piani regolatori. Il problema delle
concessioni illegittime in aree protette.
Il problema delle
concessioni illegittime in aree protette sussiste da diversi anni ed è stato
oggetto di articolate polemiche ed interventi giurisprudenziali di vario tipo.
Quale è l'esatta natura del problema? Va rilevato che nelle aree sottoposte a
vincolo paesaggistico ambientale, sulla scorta del D.L. n. 490/99 (in precedenza
legge "Galasso" n. 431/85), per realizzare un'opera edilizia o
comunque che comporti un notevole mutamento dell'assetto del territorio non è
sufficiente la concessione urbanistico-edilizia del Comune come nelle aree
ordinarie. E' infatti necessario il preventivo nulla-osta dell'ente che gestisce
il vincolo paesaggistico ambientale: in linea di principio la Regione, oppure
secondo le normative di sub-delega regionale l'Ente che gestisce detto vincolo
dopo che la Regione gli ha conferito in via, appunto, di sub-delega, detto
potere di gestione (spesso la Provincia ed ancora più spesso il Comune, che da
organo controllato diventa così organo controllore di se stesso). In altre parole, per realizzare un'opera di
importante modifica territoriale (edilizia in senso stretto e non) in un'area
soggetta al vincolo della normativa specifica di settore, il soggetto titolare
dei lavori, prima di recarsi presso il Comune per ottenere la ordinaria
concessione urbanistico-edilizia, deve prima rivolgersi all'Ente che gestisce il
vincolo per ottenere il nulla-osta preventivo. Senza detto nulla-osta la
concessione urbanistico-edilizia non può essere rilasciata. Si è verificato fino ad oggi (e continuerà
verosimilmente a verificarsi anche per il futuro) che in moltissimi casi il
Comune ha praticamente saltato in via totale tutto il complesso ed
importantissimo procedimento preventivo per il rilascio del nulla-osta relativo
al vincolo ed ha rilasciato direttamente la concessione urbanistico-edilizia
sostanzialmente così ignorando l'esistenza della normativa sui vincoli
paesaggistici. Tale risultato amministrativo è stato
ottenuto con diverse sfumature. I casi più brutali, per così dire, sono
stati quelli della assoluta e totale inosservanza della legge sui vincoli: in
parole povere il Comune ignorando, o facendo finta di ignorare, che esiste ormai
dal 1985 la normativa sui vincoli, ha continuato tranquillamente a rilasciare la
concessione urbanistico-edilizia semplicemente e puramente non considerando
l'esistenza di detta norma. E così le concessioni sono state rilasciate
assolutamente ignorando e comunque saltando il procedimento amministrativo
preliminare connesso con la normativa di protezione. In altri casi, ricorrendo ad una sfumatura di
ipocrisia amministrativa più sottile, sono state rilasciate concessioni che,
saltando anch'esse completamente la normativa sui vincoli, occultavano la palese
violazione amministrativa dietro il sotterfugio della concessione rilasciata
"fatte salve le autorizzazioni in materia paesaggistica e
vincolistica". Così sostanzialmente posponendo il nulla-osta preventivo ad
un improbabile e successivo ottenimento da parte del soggetto titolare della
concessione una volta rilasciata già la concessione urbanistico-edilizia. Un
paradosso veramente incredibile, giacché è illogico che il nulla-osta che
risulta appunto preventivo e vincolante rispetto alla concessione venga
richiesto ed ottenuto a concessione già ottenuta. Non si intuisce quale è la
dinamica del processo amministrativo e soprattutto, in caso di mancata richiesta
del nulla-osta in via successiva o di mancata concessione del nulla-osta in via
successiva quale è l'esito della concessione già formalmente rilasciata e
quindi efficace da parte del Comune. Questa seconda procedura è sempre corrisposta
praticamente alla prima e cioè ad una disapplicazione totale della normativa
sui vincoli paesaggistici-ambientali. Terzo ed ancora più sofisticato sistema per
aggirare la normativa sui vincoli è stata la elasticizzazione massima del
regime delle sub-deleghe. Infatti, le Regioni, che pure in un primo momento
tanto avevano dato battaglia per rivendicare la gestione del vincolo
paesaggistico ambientale, una volta ottenuta la piena e totale competenza in
materia l'hanno svenduta agli organi controllati e cioè alle province ma
soprattutto ai comuni. E così hanno sub-delegato il Comune, organo oggetto del
controllo preventivo attraverso il nulla-osta, che è diventato così arbitro di
se stesso. Ma il regime della sub-delega, comunque, anche se faceva ricadere sui
soggetti controllati (e cioè sui comuni) la gestione anche del nulla-osta
preventivo, non ha mai (e comunque non poteva) bypassare o azzerare di fatto la
complessa procedura del vincolo. Infatti se la Regione doveva eseguire
un'istruttoria tecnica complessa, rilasciando all'esito un nulla-osta formale
soggetto a controllo da parte della sovrintendenza ai beni culturali ambientali
e ad impugnativa da parte dei privati o degli enti esponenziali, con un atto
formale che soltanto dopo il sessantesimo giorno dall'emanazione (esauriti i
controlli dell'impugnativa) spiegare i propri effetti, nel delegare al Comune
detta prassi poteva esclusivamente delegare tutta la complessa procedura della
prassi stessa. Dunque il Comune, per forza di cose, doveva svolgere tutte queste
attività in nome e per conto della Regione, pertanto esso Comune, al momento
agente come organo sub-delegato della Regione, doveva svolgere l'istruttoria
tecnica, rilasciare il nulla-osta formale esclusivamente per il vincolo,
attendere la mora di 60 giorni entro la quale la sovrintendenza poteva annullare
il nulla-osta o il privato e l'ente esponenziale impugnarla al T.A.R. e
successivamente al 61° giorno considerare il nulla-osta valido. A questo punto
avrebbe dovuto riesaminare detto nulla-osta in sede di vera e propria attività
concessoria comunale e quindi decidere se rilasciare o meno la concessione
urbanistico-edilizia.
Ma in realtà così non
è stato nella prassi concreta delle cose, giacché il Comune ottenuta la
sub-delega ha semplicemente integrato, nella maggior parte dei casi, la
commissione urbanistico-edilizia con un esperto in materia ambientale. Si arriva
così direttamente alla procedura diretta per la concessione
urbanistico-edilizia, viene bypassato (leggi: ignorato ed annullato) tutto il
complesso iter del vincolo paesaggistico-ambientale, e direttamente in sede di
rilascio di concessione urbanistico-edilizia l'esperto in materia ambientale
pronuncia un parere favorevole il che equivale nella prassi consolidata a
sostituire in modo totale tutto il complesso iter del rilascio del nulla-osta
regionale o sub-regionale. E così di fatto la concessione oggi viene rilasciata
in via diretta, sostituendo tutta la prassi della legge in materia di vincoli
paesaggistici-ambientale con un parere espresso da un "esperto in materia
ambientale" già in sede di rilascio della concessione
urbanistico-edilizia. Questi ed altri sistemi hanno consentito fino ad oggi di ignorare
totalmente la legge sui vincoli paesaggistici ambientali.
Legge che non è stata mai formalmente abolita, anzi è stata addirittura
rielaborata e rivitalizzata nel travaso tra il vecchio dettato della legge
"Galasso" nel nuovo testo unico stabilito dal D.L.vo n. 490/99. Ma pur
vigente, la legge è stata sostanzialmente non applicata ed ignorata e quindi
lasciata nel dimenticatoio. I precedenti e limitati strumenti di
intervento giuridico contro le concessioni illegittime: la disapplicazione del
giudice penale In moltissimi casi, dunque, abbiamo assistito,
e continuiamo ad assistere tutti i giorni, a concessioni urbanistico-edilizie
che autorizzano opere scempio in aree particolarmente protette (parchi
nazionali, coste e rive, aree boscate e via dicendo) in palese contrasto non
soltanto sostanziale rispetto alla legge sui vincoli paesaggistici ambientali ma
anche a livello formale giacché la procedura del vincolo non viene osservata. L'elaborazione della Cassazione aveva sempre
precisato, concetto già sottinteso a livello amministrativo, che il nulla-osta
della legge sui vincoli non era e non è un semplice parere ma un atto
amministrativo formale e vincolante in assenza del quale la concessione edilizia
non poteva essere rilasciata. Si veda per tutte, ad esempio: "Nell'ipotesi
di realizzazione di una costruzione in zona soggetta a vincolo paesaggistico, la
relativa autorizzazione si inserisce nel procedimento di rilascio della
concessione e ne condiziona l'emanazione, assumendo il ruolo di presupposto. Ne
consegue che la concessione è priva di efficacia, qualora il sindaco l'abbia
rilasciata in assenza del provvedimento abilitativo dell'autorità preposta alla
tutela del vincolo paesaggistico." (Cassazione Penale - Sezione III -
Sentenza del 5 giugno 1998 n. 6671 - Pres. Tonini). A questo punto sorgeva però il secondo
problema. Pur violando il Comune in modo palese od occulto detto regime
amministrativo, e cioè rilasciando una concessione ignorando totalmente la
procedura per il nulla-osta della legge sui vincoli, quali erano gli effetti a
livello amministrativo e soprattutto penale? La questione è stata sempre piuttosto
complessa, giacché la concessione urbanistico-edilizia - pur rilasciata in
assenza o praticamente in assenza di nulla-osta delle legge sui vincoli
paesaggistici - è stata sempre considerata sostanzialmente illegittima sotto il
profilo amministrativo. Ma è noto che una illegittimità amministrativa può
essere rilevata e quindi può chiedere l'intervento esclusivamente o della
stessa autorità amministrativa o della magistratura amministrativa (T.A.R. e
Consiglio di Stato). In particolare la magistratura amministrativa non
interviene d'ufficio ma è necessario che qualcuno proponga ricorso. Chi può
proporre ricorso contro la concessione amministrativa palesemente illegittima? O
un privato che ha un interesse legittimo sul caso (ad esempio il proprietario
del terreno limitrofo e confinante all'area oggetto di lavori) oppure un Ente
esponenziale che ha una percezione del caso. Ma nella maggior parte delle
situazioni verificatesi, non sussisteva né un privato con interesse legittimo
per impugnare la sentenza né molte volte gli enti esponenziale (ad esempio WWF
Italia) avevano per tempo notizia della situazione e quindi non riuscivano a
proporre ricorso al T.A.R. entro gli stretti termini previsti dalla legge per
proporre l'impugnativa stessa. La concessione diventava così sostanzialmente esecutiva e non più
ricorribile od oppugnabile e, di fatto, un atto amministrativo palesemente
illegittimo ha sempre spiegato regolarmente i propri effetti. Sotto
il profilo sanzionatorio penale, quando l'organo di vigilanza di P.G. si è
recato sul posto per verificare lo stato dei lavori, si è trovato di fronte ad
un paradosso giuridico. Infatti, notava in un'area particolarmente protetta
un'opera palesemente autorizzata in base ad una concessione evidentemente
illegittima perché mancante dei presupposti che ne giustificavano il rilascio,
però la concessione, non impugnata e non oggetto di ricorso al T.A.R., era
sostanzialmente operante a livello amministrativo. Nessuna sentenza
amministrativa la annullava, certamente la pubblica amministrazione non si
auto-annullava un atto da essa stessa rilasciata. Non sussistevano in modo
automatico violazioni penale, giacché comunque la concessione era formalmente
valida, e dunque l'organo di vigilanza aveva le armi completamente spuntate e
assisteva inerme al prolificare di opere palesemente scempio, coperte da un atto
amministrativo sì illegittimo amministrativamente ma in se stesso non illecito
penalmente. La giurisprudenza degli ex pretori e dei tribunali e
successivamente della Cassazione ha sempre cercato di intervenire indirettamente
rispetto a questa assurda e paradossale situazione giuridica-amministrativa
creando degli istituti virtuali di intervento intermedio. In particolare una
delle forme di intervento elaborate dalla giurisprudenza fu quella di
consentire, con una certa forzatura interpretativa, al giudice penale (notorialmente
estraneo da ogni potere di intervento sugli atti amministrativi illegittimi) una
forma di sindaco indiretto sull'atto stesso concedendogli la facoltà certamente
non di annullare l'atto ma di "disapplicarlo" in sede penale. In altre
parole, si è consentito al giudice penale di far finta che questa concessione,
così palesemente in violazione di legge, e quindi palesemente illegittima
(anche se tale mai dichiarata dagli organi competenti) fosse come inesistente
nel mondo amministrativo e quindi si è sollecitato il giudice penale dal
perseguire l'opera scempio dell'area protetta e vincolata come se non fosse
assolutamente mai stata coperta da alcun atto amministrativo.
In questo modo,
attraverso un complesso meccanismo, la P.G. poteva segnalare al P.M. la
situazione, il pubblico ministero, preso atto di questa elaborazione virtuale
della Suprema Corte, poteva promuovere l'azione penale contro il titolare dei
lavori e spesso anche contro il pubblico amministratore forzatamente chiamato a
concorrere nella realizzazione dell'opera abusiva e il giudice penale spesso
procedeva a disapplicare questo atto amministrativo illegittimo condannando il
titolare, e qualche volta anche il pubblico amministratore in concorso, per
violazione della normativa urbanistico-edilizia e della normativa sui vincoli
paesaggistici-ambientali. Su questi passaggi il WWF Italia da molti anni
ha impostato articolare campagne giuridiche, con un impegno di tutta la rete
locale, attraverso anche modulistiche prestampate, per sollecitare la
magistratura penale ad intervenire contro le concessioni amministrative
illegittime. Va comunque sottolineato e rilevato che tutto questo meccanismo ha
sempre presentato zone d'ombra e difficoltà applicative, in quanto ha sempre
presupposto alcuni passaggi essenziali. Il primo passaggio, inevitabile, era ed
è quello di una completa sinergia ideologica tra forza di polizia giudiziaria,
pubblico ministero e giudice penale del dibattimento. Se uno di questi tre
soggetti istituzionali non concordava con quella che non è una previsione di
legge ma una forzatura giurisprudenziale della Cassazione, tutto il meccanismo
cadeva miseramente in quanto l'applicazione della giurisprudenza non veniva
eseguita fino in fondo.
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