VALLARSA NOTIZIE N° 43 - dicembre 2008 - pag. 56,57


CIAO MARIO
Fragoroso o silenzioso
Coinvolgente o solitario
Scanzonato o pensieroso
Spaccone o dimesso
Esuberante o burbero
Generoso o scontroso


Il giorno 17 novembre 2007, Mario Matassoni (Strisa per gli amici) di Foppiano ci lasciava cadendo in dirupo in località Stella dove si era recato per raccogliere rametti di agrifoglio.
I paesani lo ricordano.

Lo sapevamo in tanti, e da tanti anni, che l'ultimo giorno non ti avrebbe trovato in un letto.

Già altre volte la tua vita era stata in pericolo: la tua pelle, le ossa, la carne ne portavano segni evidenti.
Forse ti sarebbe anche piaciuto terminare i tuoi giorni così: da buon alpino, parà della Folgore, in volo. Magari più in là nel tempo. Tutte queste considerazioni però nulla tolgono al dolore per la tua scomparsa.
Ci rende invece ancora più tristi il fatto che nell'ultimo periodo avessi trovato un certo equilibrio, almeno dal punto di vista lavorativo, nel bosco: la tua grande passione.
Diciamolo subito, con un'espressione dei nostri paesi: "Neanche tu eri farina da far ostie". Lo testimoniano le incomprensioni con i familiari, con i vicini e con altri che avevano rapporti con te; peraltro anche queste si erano attenuati nell'ultimo periodo.
Non ti trovavi bene in questo mondo, o meglio non ti andava bene questa nostra società. Troppi legacci, troppe carte, troppi paletti: era troppo complicata.
Una società in cui non venivano valorizzate le qualità di cui andavi orgoglioso: il coraggio ed il vigore fisico. Oggi nel mondo del lavoro è più apprezzata la prudenza e le mansioni più faticose sono svolte dalle macchine.
Tutti i giovani hanno dei sogni. Con l'andare degli anni questi vengono confrontati con la realtà, aggiornati, ridimensionati o abbandonati; e si comincia a vivere di ragionevoli aspirazioni: è passata la gioventù e si è diventati adulti.
La mia impressione è che questo passaggio in te si sia interrotto. Mi dicesti un giorno che volevi andare in Canada, nelle sue sterminate foreste. Dalle pagine di un giornale locale abbiamo appreso, tramite i ricordi di Giovanni, il ragazzo con cui hai condiviso le ultime ore, del tuo sogno di vivere nelle praterie americane, da indiano, senza tutte quelle, nostre, maledette complicazioni.
I sogni sono delle brutte bestie quando non si realizzano e si inchiodano nella mente: diventano motivo di frustrazione ed è quello che penso sia successo a te.
L'anno 2000 è stato un anno importante nella tua vita. Nei primi giorni perdevi la madre, a maggio partiva (?) tuo fratello Emilio. Seguivano anni duri, di solitudine, in una casa enorme.
Una cosa è sicura ed è provata dalla grande partecipazione al tuo funerale: chi ti incontrava si ricordava di te. Certamente anche per i tuoi eccessi (scrivendo la tua vita uscivi spesso dalle righe), ma soprattutto per il modo immediato e sincero di porti davanti agli altri, non portavi maschere: come eri ti comportavi, pane al pane. Avevi anche un'altra caratteristica che non è molto comune, quella di ammettere i tuoi limiti e le tue ..., chiamiamole bravate. E sapevi anche riderci sopra, divertendo te stesso e gli altri.
Penso siano queste ultime le vere ragioni per cui, nonostante le arrabbiature o accese discussioni (non era molto facile ragionare in modo pacato con te), il tuo ricordo si affaccia spesso alla memoria, in sostanza ci accorgiamo solo adesso che sotto sotto ti volevamo bene.
Ormai ti conoscevamo, ... e poi era facilissimo capire il tuo umore: se tutto andava bene salutavi già da lontano, altrimenti ti si incrociava ad occhi bassi e si otteneva uno stentato saluto, nei momenti più tempestosi neanche quello.
Ci hai lasciato tanti ricordi, belli e brutti, ore allegre e beghe, momenti collaborativi e giorni di isolamento; tua zia Anna mi diceva parlando di te: "Nel bene e nel male riempiva il paese".
Per Natale 2006 regalasti due grosse "bore" di faggio a due compaesani (chi altri poteva pensare ad un simile regalo? D'altra parte quello avevi... e quello regalavi!). Uno dei due non l'ha ancora bruciata e probabilmente non la brucerà. L'altro possiede dietro casa, vicino al confine con la tua proprietà, una piantina di "violort". Ne ha staccato e buttato nella tua fossa il rametto più bello. D'ora in poi la piantina riceverà una manciata di concime in più.
Il giorno dopo il funerale ero davanti a casa mia. Ad un tratto ho sentito un ripetuto ticchettio sul tuo poggiolo; istintivamente ho guardato in quella direzione, forse sperando di risvegliarmi da un incubo: purtroppo non era così. I tuoi passeri cercavano tra le venature dell'asse della panchina le ultime briciole dell'ultimo pasto che avevi preparato per loro; come facevi sempre, nella stagione invernale.
Anche altri hanno assistito alla stessa scena e come me, d'ora in poi, penseranno sempre a te udendo quel ticchettio.
I tuoi familiari e chi ti era più vicino avranno sicuramente motivi e momenti ancor più numerosi per ricordarsi di te. Ci mancheranno le tue battute, la risata, le chiassose apparizioni alle feste di paese, l'ululato da coyote seguito immediatamente dall'urlo di battaglia "Vulcan" a notte già inoltrata. Ci manca già il casino operoso, condito di imprecazioni, del sabato pomeriggio.
Rimangono un cuore gonfio ed una casa muta.
Sappiamo che, prima o poi, l'uno si sgonfierà per lasciare posto ad altre emozioni e che la casa si riempirà di nuove voci.

Speriamo presto.

Alcide...e compaesani






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