08/01/2009 - Articolo da www.ladige.it
Sono solo ventidue chilometri da Rovereto a qui, eppure sembra di stare in un altro mondo: da Albaredo in su nevica da ventiquattr'ore, ed è la quarta fioccata dell'anno. A Obra c'è un metro di coltre bianca, e più avanti, a Camposilvano, bisogna farsi strada nella neve: obbligo di catene, o almeno un quattro per quattro. Il passo di Pian delle Fugazze è isolato, lo stradino della Provincia che salta giù dallo spartineve arancione allarga le braccia: «È caduta una valanga dalla Val delle Prigioni, dobbiamo chiudere la strada». E piazza il cartello poco sopra al Piano. In giro non c'è quasi nessuno: solo i trattori con la lama, che tracciano la rotta sulla strada. Ma il silenzio è fantastico e i fiocchi continuano a cadere. Lungo la strada mi sono fermato a Matassone, davanti al vecchio night club «New Life» del Petra, chiuso da anni, dove si facevano spogliarelli e non solo. C'è il Guglielmo dei Staineri, con la sua jeep Daihatsu, in testa un colbacco di stile sovietico, che parla con un paesano e al telefono chiede informazioni sulla strada più a monte: «È un'annata giusta, come sti àni - dice soddisfatto - mi ricordo di quando ero bambino, la strada era ancora da asfaltare e non c'erano le macchine. La macchina ce l'aveva solo il dottore, e il parroco che aveva una Topolino: quando nevicava, noi bambini tiravamo fuori le slitte e via, squadroni de putelòti sulla strada. Ma la neve faceva bene, i contadini l'aspettavano per poter andare a portare fuori il letame nei campi con gli slittoni. Allora - racconta Guglielmo - c'erano solo i campi, e l'erba in montagna per le bestie. Solo dagli anni '50 qualcuno ha cominciato a girare con l'edilizia, a Rovereto, come muratore. C'era tanta miseria». Mauro Nave è sulla strada, nella frazione Bruni, con il fratello Massimo: stanno spalando l'ingresso al cortile mentre il cane Zeus si rotola nella neve alta, impazzito di gioia. Li avevo conosciuti anni fa, all'adunata degli alpini di Brescia. Adesso sono le colonne portanti del circolo Lamber che tiene in piedi la frazione. Dura la vita, con questa neve. Ma non sono mai stufi di vivere in montagna? «Ho vissuto per un anno a Marco - taglia corto uno dei fratelli - e me pareva de morir ». Hanno in testa il cappellino di lana dei Vigili del Fuoco volontari. Alpini e pompieri, una sicurezza per la nostra terra. Più avanti - a Riva - c'è il bar ristorante e albergo Passo Buole: nel piazzaletto ci sono i trattori fermi per la pausa, e dentro i contadini che hanno ripulito le strade fino adesso. «La neve qua non è tanta - dicono scrutando il cielo - ma se continua, torna il pericolo delle valanghe». A Natale ne sono venute giù tre: una vicino a Matassone, un'altra a Ometto, e poi quella a Pian delle Fugazze. Al banco la signora Laura mi accoglie come si faceva un tempo con i viandanti: «Tutto bene, con la strada? Alo fat bon viazo? Son contenta». Mi spiega che con i ragazzi che puliscono le strade c'è da star tranquilli. La frazione Bruni, poi, vive un momento di gloria: «Non so se verrà qua la Carla Bruni... noi siamo pronti: abbiamo quindici camere, potremmo ospitarla, lei e tutta la delegazione francese». Mi avevano detto che qui, alla frazione Bruni, viveva una signora di nome Carla, come la premiere dame . «Sì, c'era, ma è morta: abitava in quella casa là alla curva». E poi, mi dicono, non è che si chiamasse Carla Bruni. Casomai «Brun», che qui si chiamano tutti così, alla tedesca. Ma questo ai francesi di Carlat non glielo facciamo sapere. Davanti al Passo Buole c'è il campo da pattinaggio: «Vengono su anche da Rovereto - conferma la signora - perché è l'unico che c'è in zona. Il giorno della Befana era tutto pieno, si lavora bene. E poi il posto è bellissimo: abbiamo una chiesa che è uno splendore, una bomboniera, dovete andare a visitarla. e anche l'igloo che ha fatto il Mario, l'ex cantoniere, a Obra». Obra, pochi chilometri più in su, è nel mezzo di una bufera. Nevica da un giorno e una notte e la gente cerca di liberare le macchine dai parcheggi. Cerco di arrivare a Ometto, ma la strada è troppo brutta e temo di non farcela a girarmi. Ometto, praterie di fragoline d'estate, adesso è congelata come un freezer. Meglio tornare a valle, e salire l'altro versante. A Staineri ci sono la cooperativa, la banca e il bar «Alla svolta» dove ritrovo Guglielmo, in compagnia di una brigata di allegroni che si dedicano al vin bianco. Per chi non è al lavoro, non c'è altro da fare: due chiacchiere e un aperitivo. Alla cooperativa, dalla signora Antonella, arriva anche Mario Martinelli il jobrero , scrittore e poeta della natura. «Una nevicata così me la ricordo nel 2005 - racconta - che eravamo stufi di guardar fuori e vedere solo bianco. Però è bello, e fa bene alle piante, e poi purifica l'aria». Arriva la postina Sonia, con la Panda d'ordinanza: «Parto tutte le mattine dalla Campana dei Caduti e la mia zona arriva su fino a Ometto» ci racconta sotto la nevicata. «La posta non è tanta, ma i chilometri sì». Però è contenta della neve: «Almeno non ci sono le moto. D'estate è uno stress: i motociclisti vanno fortissimo, tagliano le curve, te li trovi davanti e...» Un problema annoso: hanno messo i cartelli, i limiti di velocità, le pattuglie di controllo... ma qui nelle domeniche d'estate è come stare all'autodromo per il Moto Gp. Tutti Valentino Rossi, e la gente ha paura a far uscire i bambini sull'uscio di casa. La parte alta della valle è ormai sepolta dalla neve e anche la strada è più dura. Scelgo di salire a Anghebeni, poi Foxi che sembra un presepio imbiancato, e prendo la strada per il paese più in alto: Camposilvano, lassù nella valle, in mezzo a magnifici boschi. Faccio i nove chilometri a passo d'uomo, sperando che le gomme da neve mi bastino. Non incontro nessuno, se non due camion della Provincia con spartineve e sale. Ma serve a poco: in pochi minuti torna tutto bianco. Da Camposilvano a Pian delle Fugazze è come guidare in Finlandia: tutto bianco, tutta neve, il termometro fa meno tre. Vicino al passo trovo due uomini del Soccorso Alpino di Schio: sono venuti a fare una ricognizione per le valanghe, con la motoslitta. Per fortuna non c'è nessuno in giro: è mezzogiorno e si stanno cambiando per tornare alla base. A l passo ci sono solo gli sgombraneve. Dall'altra parte, mi dicono quelli del Soccorso Alpino, è un disastro: la neve è alta trenta centimetri, non si passa. Ma anche sul versante trentino non scherza. Scendo piano verso Raossi e quando arrivo scopro che stanno chiudendo la strada: «Una valanga, al solito posto, Val delle Prigioni» mi dice lo stradino. Devo averla mancata di un soffio. Non c'è nessun pericolo perché la massa nevosa non ha raggiunto la strada, ma per sicurezza la provinciale 46 è chiusa per la notte: «Un provvedimento precauzionale - mi spiega Stefano Gasperini, assessore comunale alla viabilità, che segue la situazione ora per ora - poi domani vediamo, ma non ci dovrebbero essere problemi seri. In un primo momento sembrava più grave. Però intanto continua a nevicare e servirà un sopralluogo domani mattina». Ritorno a valle e le frazioni sono un paesaggio di fiaba: i pochi terrazzamenti tutti bianchi, i tetti pieni di neve. In venti chilometri passo davanti a San Colombano: nella valle si sente lo scorrere delle acque, e il silenzio assoluto della montagna.
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