VALLARSA NOTIZIE N° 39 - dicembre 2006 pag. 3


EDITORIALE

I modelli di riferimento della società in cui viviamo sono la conseguenza, almeno in parte, delle idee che furono alla base della rivoluzione francese del 1700. Tale rivoluzione, come è noto, aveva tre parole d'ordine: libertà, uguaglianza, fraternità.

Sia pure con qualche forzatura si potrebbe dire che attualmente ritroviamo la libertà nei meccanismi del mercato. Infatti nel mercato ognuno può scegliere in base ai propri gusti ed inclinazioni; non ci sono cose che sono più meritorie di altre ed ognuno è il migliore giudice delle proprie azioni. Al tempo stesso l'uguaglianza dovrebbe essere garantita dall'azione dell'ente pubblico. E questo ultimo, infatti, che attraverso l'uso adeguato degli strumenti di politica economica e sociale di cui dispone, può cercare che le disparità all'interno della società siano contenute e che vi sia uguaglianza almeno in relazione alle opportunità. Infine la fraternità dovrebbe essere garantita, al di fuori dello stato e del mercato, dall'azione collettiva vale a dire dal comportamento di ogni membro della comunità considerato singolarmente o quale partecipante di associazioni di tipo volontario.
Nella pratica mentre grande attenzione viene posta al funzionamento del settore pubblico (stato, enti locali, enti pubblici vari) e del mercato, ridotta se non nulla attenzione, viene posta al funzionamento della " fraternità" quasi si trattasse di un aspetto non essenziale per un buon funzionamento dei meccanismi economici e sociali. Per verificare ciò basta guardare alla produzioni di leggi, prendere in mano un giornale o guardare un telegiornale. La gran parte se non tutto lo spazio è dedicato a problemi del settore pubblico e del mercato.
Tuttavia come nessun tavolino rimane in piedi su due sole gambe così nessuna società può durare a lungo senza il terzo pilastro: quello della fraternità. Ma cosa può significare in concreto questo termine? Semplificando si potrebbe dire che è quel sentimento, quel modo di agire che parte dalla convinzione che, in misura più o meno ampia, condividiamo con altri - vicini e lontani - un destino comune. Dire che abbiamo un destino comune significa che il nostro futuro dipende non solo dalle nostre azioni, ma anche da quelle degli altri così come il futuro degli altri dipende anche da noi. Se così è, occorre comportarsi di conseguenza ed il vantaggio immediato, il piccolo egoismo non possono più essere l'unico metro sul quale misurare le nostre azioni. Al di là di quanto previsto dallo stato e dal mercato nell'agire quotidiano è allora conveniente saper superare, almeno in alcune occasioni, il proprio tornaconto immediato o la tentazione di rifarsi di antichi torti subiti.
Sicuramente non è facile; più difficile ancora in un contesto come quello attuale nel quale sembra non vi siano limiti ed il senso di appartenenza ad una comunità si va affievolendo. Tuttavia come si è osservato sopra, recuperare elementi di solidarietà non serve solo ad aiutare gli altri, ma anche a porre le basi per un futuro migliore per noi stessi. Certo non sempre è semplice capire quanto le richieste di chi ci circonda diventano pretese arroganti che sarebbe controproducente soddisfare. Così come non si può ritenere che basti lo spontaneismo, la "buona azione" isolata. Anche la fraternità come lo stato ed il mercato richiede un contesto adatto, regole e comportamenti condivisi, sanzioni morali per chi "fà il furbo", per poter funzionare.
Vi è, però, a mio giudizio, un modo semplice per verificare il nostro contributo alla crescita della "fraternità" all'interno della nostra comunità. Si tratta di interrogarsi non solo su cosa gli altri hanno fatto per noi, ma anche su cosa noi abbiamo fatto per gli altri, su come abbiamo contribuito a rendere maggiormente a misura d'uomo questa nostra comunità della Vallarsa.
Viene l'inverno, le sere sono più lunghe, si avvicina il Natale, inizia un nuovo anno, è un periodo propizio per riflettere e prendere impegni con sé stessi. Sono convinto che se ognuno di noi aumenta anche solo dell'uno per cento la propria convinzione che condivide con gli altri componenti della comunità della Vallarsa il proprio futuro, l'anno che viene sarà, per la nostra valle, migliore di quello che ci lascia.

Geremia Gios




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