VALLARSA NOTIZIE N° 35 - dicembre 2004 pag. 56, 57


LA LIBERTÀ RELIGIOSA
NEL DIBATTITO ALL'ASSEMBLEA COSTITUENTE

Il 27 ottobre scorso mi sono laureata in giurisprudenza all'Università degli Studi di Trento. E stato un giorno davvero speciale e ricco di emozioni, cominciato in uno stato di febbrile agitazione, con palpitazioni sconnesse e respirazione irregolare, e conclusosi in un limbo di beata felicità e di dolce soddisfazione!

La mia tesi di laurea è stata condotta sugli Atti dell'Assemblea Costituente ed è dedicata, in particolare, alla vivacissima discussione intorno al principio della libertà religiosa. Com'è ben noto con il referendum costituzionale del 2 giugno del 1946 il popolo italiano si pronunciò a favore della Repubblica e fu eletto a suffragio universale uno degli organi giuridici e politici più importanti nella storia del nostro Paese: la Costituente. Essa, come un'abile disegnatore, ha tracciato su un foglio bianco il profilo e i tratti somatici del nostro Stato, attingendo dalla tradizione liberale, cattolica e social-comunista. La Costituente fu, infatti, investita dell'importante compito di forgiare la Costituzione italiana e di promuovere una ricostruzione istituzionale dopo gli anni di dura oppressione perpetrata dal regime fascista.
La nostra Carta Fondamentale nacque, dunque, come frutto di un compromesso tra forze politiche diverse e conseguì da un intenso dibattito dottrinale. La principale preoccupazione dei Costituenti fu quella di consacrare e garantire tutta una serie di libertà fondamentali e di diritti inviolabili che erano stati gravemente oltraggiati dal fascismo. La Costituzione si limitò semplicemente a riconoscere tali diritti e non a concederli in quanto essi si considerano appartenenti al cosiddetto "diritto naturale" e, dunque, preesistenti ad ogni forma di dominio, di potere politico e di ordinamento positivo.
L'Assemblea Costituente discusse anche in tema di libertà religiosa, la quale fu concepita non solo come libertà di professare liberamente il proprio culto, in forma individuale o associata, ma soprattutto come "libertà di coscienza", principio che sta alla radice stessa della libertà religiosa. Riconoscendo la libertà di coscienza, quindi il diritto di seguire le proprie convinzioni interiori, la Costituzione ha garantito un'ampia tutela anche a chi non crede a nulla e a coloro che, pur avendo un anima in rapporto con Dio, non appartengono a nessuna comunità religiosa.
I protagonisti del dibattito alla Costituente, che andò ben oltre i baluardi delle singole ideologie dei vari partiti politici e che assunse i toni e lo spessore di un vero e proprio dibattito di natura scientifica, furono grandi uomini di cultura giuridica, come Piero Calamandrei, Giuseppe Dossetti, Aldo Moro, Giorgio La Pira, Palmiro Togliatti. Le riflessioni attorno alla libertà di religione non potevano prescindere da delicate questioni giuridiche, come il rapporto tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica. La Costituente dibatté a lungo sulla formulazione dell'art. 5 del Progetto di Costituzione della Repubblica, poi divenuto art. 7 del testo definitivo. Questa norma, che riconosceva la Chiesa cattolica come un ordinamento giuridico, indipendente e sovrano, al pari dello Stato, e individuava nei Patti Lateranensi la fonte ufficiale attraverso la quale si sarebbero regolati i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, fu infatti uno dei punti di maggior disaccordo tra i Costituenti. I membri dell'Assemblea discussero soprattutto sulle conseguenze che un esplicito riconoscimento della sovranità della Chiesa avrebbe potuto comportare per lo Stato e sul "carattere confessionale", che il richiamo dei Patti Lateranensi nel testo costituzionale avrebbe potuto attribuire alla neonata Repubblica. Alcuni deputati, come il democristiano Dossetti, difesero l'art. 5, affermando che il diverso trattamento giuridico a favore della Chiesa avrebbe trovato giustificazione nel fatto che la religione cattolica era professata dalla quasi totalità dei cittadini, dalla sua profonda diversità rispetto agli altri culti e dall'influenza fondamentale e imprescindibile che la Chiesa aveva esercitato, ed esercitava ancora, nella formazione del sentimento 'etico' del popolo italiano. Altri Costituenti, come il demolaburista Mario Cevolotto e l'azionista Piero Calamandrei, pur riconoscendo l'appartenenza della maggioranza dei cittadini alla religione cattolica, si opposero all'art. 5, dichiarando che questa norma avrebbe riaffermato il principio della "religione di Stato" e avrebbe, quindi, pregiudicato la libertà e l'uguaglianza di tutte le confessioni religiose.
La discussione dell'Assemblea si concluse in fine con l'approvazione dell'art. 7, che comportò conseguenze importanti per i diritti e le libertà delle minoranze religiose. Successivamente si approvò anche l'art. 8, che stabilì l'uguale libertà di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge e una regolamentazione di natura pattizia anche per i culti diversi da quello cattolico. Ampie garanzie della libertà di coscienza e di culto furono inserite in altre norme costituzionali e, in particolare, nell'art. 19, che garantisce a tutti indistintamente, dunque non solo ai cittadini italiani, il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa.
Al di là dell'argomento della mia sostanziosa tesi, ciò che veramente mi piacerebbe trasmettere al lettore sono le meravigliose sensazioni che ho vissuto in questa esperienza, come la soddisfazione di aver raggiunto uno dei traguardi importanti della mia vita e la consapevolezza di aver maturato una crescita interiore non soltanto culturale o intellettuale, ma anche e soprattutto umana. Per il carattere che forse ho ereditato e il temperamento che probabilmente è innato, ho vissuto questa mia esperienza universitaria in una "dimensione comunitaria", nel senso che ho condiviso agitazione e gioia per ogni singolo esame coinvolgendo il piccolo mondo che mi circonda. Non mi riferisco soltanto alla mia famiglia, che ha rappresentato un sostegno indispensabile, ma anche ai miei paesani. E questa forse potrebbe essere una buona occasione per ringraziarli tutti, anche solo per avermi fatto un "in bocca la lupo" o avermi chiesto se all'esame di procedura penale era filato tutto liscio! Credo di essere fortunata, perché vivo in una piccola comunità, nella quale i legami e i rapporti tra le persone sono ancora, in gran parte, intrecciati in quei valori veri e preziosi come la solidarietà e l'amicizia. Questa mia esperienza me l'ha insegnato e sono convinta che la soddisfazione per la laurea conseguita non sia soltanto mia, ma anche di tutti quelli che mi circondano e che mi sono stati vicini in questi anni di duro studio.
Grazie!

Dott. Fabiola Angheben







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