Autore vittorio.todisco@tin.it SESTO GIULIO FRONTINO L’arte della misurazione dei campi 1. Il principio della misurazione dei campi si basa sulle prove. Infatti non è possibile accertare l’esatta conformazione dei luoghi o le misure reali di un campo senza tracciare delle linee di demarcazione razionali, per il semplice fatto che le parti estreme di un podere sono spesso delimitate da confini flessibili e poco precisi. Tali parti, pur rimanendo stabili le loro misure, si possono ravvicinare o estendere a causa di tutta una serie di angolazioni differenti. Infatti i terreni hanno talvolta una superficie movimentata ed una imprecisa estensione in termini di iugeri. Ma, affinché un campo mostri entro i suoi confini la sua esatta identità e venga accertata la reale estensione della sua superficie, per quanto è consentito dalla natura del luogo, tracciamo su di esso delle linee rette, dalle quali, dopo aver fatto la squadratura, colleghiamo tutte le linee diagonali vicine tra loro attraverso tutti gli angoli. Stabilite delle linee di misurazione, inseriamo la superficie così delimitata in uno spazio ordinato, abbastanza simile alla forma definitiva. Quindi procediamo alla misurazione della superficie racchiusa entro le linee mediante il calcolo delle linee rette. Infine calcoliamo in piedi le distanze tra le zone estreme, poi le aree confinanti, in base a quanto era stato previsto con i nostri calcoli. Infine, delimitati i confini entro uno spazio ben preciso, verifichiamo la reale superficie del sito. 2. La multiforme natura dei luoghi non consente che queste regole vengano applicate dovunque con un unico metodo, talora a causa dei monti che si frappongono, talora a causa di un fiume o delle sue sponde, talora per un avvallamento del terreno, insieme ai numerosi dislivelli tipici dei luoghi accidentati, ma spesso anche a causa delle colture. E’ per tutti questi motivi che è oltremodo necessario ricorrere alle risorse dell’arte. Pertanto ciascuna porzione del campo, anche la più piccola, deve essere sotto il controllo dell’agrimensore e sottoposta al metodo degli angoli retti, dopo aver calcolato la sua superficie. Dunque, dobbiamo valutare bene quali strumenti adoperare e di tutto ciò che che possa occorrere; è necessario applicare la massima precisione nella misurazione, in maniera che la misura del confine si accordi il più possibile con la effettiva lunghezza del perimetro. Anzitutto ci si serve ci serviamo dello strumento adatto (la groma) con cui si aquadra accuratamente l’intera superficie; quindi, con il mirino da traguardo (l’oculo) si osserva il reticolo mantenuto teso in tutti gli incroci dai pesi (ossia le cosìdette corde) , finché , terminato il calcolo a vista, si passa ad osservare la zona successiva. Quindi si puntano le mete (i paletti) e, dopo avere spostato nel frattempo lo strumento, si continua la misurazione delle mete più lontane con lo stesso intervallo con cui si era iniziato. Si esegue il tracciato fino alla intersezione o alla fine. E’ dunque il filo a piombo che deve mostrare il campo con tutto il suo reticolo quadrangolare. 3. Quando si deve calcolare l’estensione di un campo qualsiasi, prima di tutto è necessario delimitarlo ponendo dei segnali in tutti gli angoli, allineati ad intervalli regolari; quindi, dopo aver piazzato e messo in funzione lo strumento (la groma), si inizia a calcolare le misure della linea retta partendo dal lato più vicino. Poi, esaminati i paletti già collocati, si inizia a tracciare una retta in un’altra direzione. Questa, dopo aver raggiunto l’estremità, si congiungerà con la parallela allaprima retta. Però, se quando si sta tracciando le linee rette si presentassero degli ostacoli che bisogna evitare, come vallate, luoghi dirupati, alberi che non conviene recidere, a causa della perdita di tempo o per i loro frutti; oppure costruzioni, muri a secco, rupi o alture e ostacoli simili a questi, il tutto dovrà essere sottoposto a misurazione col metodo più preciso possibile. Se ci sarà, per esempio, una vallata che vada oltre la portata dello sguardo di chi sta operando, si dovrà discendere attraverso questa, dopo aver piazzati i paletti vino allo strumento. Allo scopo di livellare il percorso di questa linea nei punti opposti, si deve spianare tutta l’area in modo uniforme rispetto al filo a piombo, stendendo preventivamente una cordicella sulla cima di una pertica. La cordicella tesa dal piombino si fermerà sulla tacca stabilita. Infatti, ogni qualvolta ci apprestiamo a effettuare uno spianamento senza l’aiuto di un filo a piombo, andando al di là della visuale dei paletti, e velocemente misuriamo la distanza da quel punto la distanza, durante il cambiamento delle pertiche, non vi sarà errore inferiore a quello che riscontriamo osservando le pertiche che rimangono fisse. Inoltre, è consigliabile passare attraverso una vallata piuttosto stretta, allo scopo di ovviare alle difficoltà che impediscono l’osservazione del luogo, piantando non meno di tre paletti nella zona più distante. Una volta recuperati e spostato lo strumento, è indispensabile dare uno sguardo ai paletti piantati in precedenza, ricalcolando la lunghezza della linea retta che è stata tracciata in base alla situazione. Spesso si chiede quale sia il sistema per portare allo stesso livello un terreno, quando sommiamoinsieme la superficie del suolo inclinato e quello pianeggiante, spianando la disuguaglianza dei pendii mentre prendiamole misure dei lati. Noi, quindi, rendiamo più basso un terreno abbastanza elevato e lo convertiamo in una superficie piana. La stessa natura dei semi ci ha dato questa dimostrazione: la disuguaglianza del terreno non potrà mai essere calcolata esattamente, se tutto ciò che nasce dalla terra non non venga su diritto nell’aria, e crescendo annulla quella inclinazione della terra, né occupa uno spazio maggiore di quello che occuperebbe nascendo su di una superficie piatta. Infatti, se tutti i semi predisposti per una zona montuosa germogliassero, noi avremmo un raccolto adeguato alla natura del luogo. Poiché questo non accoglierà lo stesso numero di piante, cioè altrattanti alberi di un campo che abbia i lati estremi posti allo stesso livello, è bene che venga reso pianeggiante. **************************** Principium artis mensriae in agendi[s] positum est experimento. Exprimi enim locorum aut modi veritas sine rationa[bi]libus lineis non potest, quoniam omnium agrorum extremitas flexuosa et inaequali[s] cluditur finitione, quae propter angulorum dissimilium multitudinem numeris suis manentibus et cohiberi potest et extendi: nam sol mobile[m] habent spatium et incertam iugerum enuntiationem. Sed ut omnibus extremitatibus species sua constet et intra clusi modus enuntietur, agrum quo usque loci positio permittet rectis lineis dimetiemur: ex quibus proximam quamque extremitatm obliquitatem per omnes angulos facta normatione conplectimur, et coherm mensuralibus statutis certo prcentto spatio simil futurae tradimus formae: modum autem intra lineas clusum rectorum angulorum ratione subducimus. Subiectas deinde extremitatium partes, are tangentium nostrarum postulationum, podismis suis aderamus, et adscriptis spatio suo finibus ipsam loci reddimus veritatem. Haec ubique una ratione fieri multiplex locorum natura non patitur, oppositis ex alia parte montibus, alia flumine aut ripis aut quadam iacentis soli voragine, cum pluribus confragosorum locorum iniquitatibus, saepe et cultur, propter quae maxime ad artis copia est recurrendum. Debet enim quaeque pars agri in potestate esse mensoris et habit[ur]a rectorum angulorum ratione sua postulatione constringi. Itaque maxime providere debemus, quo usu ferramenti quidquid occurrerit transeamus; adhibere deinde metiundi diligentiam, qua[e] potius actus incessimitationis effectum laterum longitudine[s] aequ[e]et; ferramento primo ut et omnia ta perpenso dirigere, ex omnibus corniculis exensa ponderibus et inter se conparata fila seu nervias ita perspicere, donec proxima[m> consumpto alterius visu solaatur; tunc dictare moetas, et easdem transposito interim extrema meta ferramento reprehendere eodem momento quo tenebatur, et coeptum rigorem ad interversuram aut ad finem perducere. Omnibus autem interversuris tetrantis locum perpendiculus ostendat. Cuiuscumque loci mensura agenda fuerit, eum circumire ante omnia oportet, et ad omnes angulos signa ponere, quae normaliter ex rigore cogantur; posito deinde et perpenso ferramento rigorem secundum ximo lateri dictare, et moets conlocatis respectis in alteram partem rigorem mittere, qui, cum ad extremum pervenerit, parallelon primi rigoris excipiat. Sed si in rigore dictando quaedam devitanda incurrunt, valles, loca confragosa, arbores quas propter moram aut fructum succidere non oportet, aedificia, maceriae, petrae aut montes et his similia, haec qucumque ratione optime poterint mensuram accipere debebunt. Si fuerit ergo vallis quae conspectum agentis exsuperet, per ipsam moetis ad ferramentum adpositis erit descendendum. Cuius rigoris incessum ut scontrario aequemus, adf[l]icta ante linea ad capitulum perticae aequaliter ad perpendiculum cultellare debemus, perensum rigorem extendere lineam, quam in cult[r>um locm perpendiculus adsigna[n]t. Nam quotiens sine linea cultellamus, conspectum moetarum excedimus, et festinantes ex eo loco iterum rigorem conspicimus, tunc in illa perticarum quamvis exigua conversione non minus fit dis

endi quam si iacentia quam. Conpressiorem autem vallem et ultra quam prspici poterit evadendae difficultatis causa ic transire, in ulteriorem partem dictare moetas ne minus tres, quibus reprehensis transposito ferramento respicere priores oporteat, et perpenso coeum rigorem quo usque res exegerit perducere. Cultellandi ratio quae sit, saepe quaeritur, cu pr[p>ensi soli spatium consummamus, ut illam clivorum inaequalitatem planam esse cogamus, dum mensurae lateribus inseruimus; [cultellamus ergo agrum eminentiorem et ad planitia redigimus aequalitatem]. Hanc nobis ipsa seminum natura monstravit: o enim illa soli inaequalitas re colligi poterit, nisi quod e terra quidquid nascitur in aere rectum ex[t]istit et illam terrae obliquitatem crescendo adterit, nec maiorem numerum occupat quam si ex plano nascatur. Quod si monti ordinat semina nascntur omnia, secundum loci naturam mereur: cum non idem, hoc est totidem arborum ordines, capiat, quod pares ei[us] in campo limites, recte cultellabitur.