Michele TRANASI,
La Nascita della Proprietà Privata,
Leone Editrice, Foggia, 2002.
Il
libro ha partecipato al Premio Capitanata 2003,
classificandosi al 2° posto e ottenendo un
attestato di merito per “le particolari qualità scientifiche”.
Ha avuto recensioni favorevoli sui giornali locali, ma anche su un
importante quotidiano nazionale come l’Avvenire (15 giugno 2003).
Esso è la continuazione di un precedente lavoro dell’autore (1994),
riferito alla prima metà dell’800.
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L’IMPORTANZA
Il libro tratta della nascita della proprietà privata.
Ripercorre la storia di un vasto territorio del
promontorio del Gargano (FG), comprendente principalmente i comuni di Monte Sant’Angelo e Mattinata,
dall’Uniità ad oggi. Ma in essa molti altri comuni della Regione e dell'Italia
meridionale potranno riconoscersi e dire a se
stessi: de te fabula narratur.
Si occupa delle terre comunali, o civiche, che, insieme a
quelle del Demanio Regio, costituivano la fetta più consistente delle campagne
dell'area su citata.
Un lavoro originale, indispensabile per seguire il processo di
privatizzazione della terra. Tanto più se si pensa che sulla complessa e
intricata "questione demaniale" non esiste, almeno a livello regionale,
un'indagine specifica.
IL DEMANIO E GLI USI CIVICI
Il demanio civico apparteneva, iure
domini, alla collettività, i cui membri lo godevano uti singuli. Il
Comune aveva il ruolo di amministratore, che agiva per conto della
collettività, come suo rappresentante (quoad iurisdictionem), e non
come dominus (quoad dominium). Nella realtà il Comune gestiva le
terre civiche come voleva: tagliava i boschi, vendeva la ghianda,
regolamentava i pascoli, imponeva i pesi fiscali, ecc.
Dalle terre
demaniali i cittadini ritraevano le risorse naturali per il loro
sostentamento, che andavano sotto il nome di usi civici: pascolo, legna,
ghianda, semina, funghi, caccia, pesca, acqua, sassi, ecc.
Un nesso
inscindibile esisteva da secoli fra le terre demaniali e gli usi civici. Era
ius receptum il principio per il quale un terreno demaniale, per sua
natura, era necessariamente gravato da usi civici. In tempi più recenti questo
principio fu sancito dalla massima n. 6 della Commissione Feudale, che
recitava: ubi feuda ibi demania, ubi demania ibi usus.
Gli usi civici
erano, per la giurisprudenza napoletana, dei diritti naturali e, in quanto
tali, inalienabili e imprescrittibili. Essi erano la vita stessa dei
cittadini, ai quali spettavano iure gentium, come uomini, ne fame
pereant nec vitam inermem ducant. I diritti civici non potevano essere
soppressi (nec per legem nec per regem tolli possunt), se non ad una
sola condizione: che nessun cittadino vi si opponesse, nemine discrepante.
Proprio per il
loro ruolo insostituibile per la sopravvivenza delle comunità locali, le terre
demaniali non potevano mutare la loro destinazione agro-silvo-pastorale.
LA
SVOLTA DECISIVA
La svolta, nella marcia verso la privatizzazione della terra, che iniziò
parecchi secoli fa, si ebbe con il decennio
napoleonico (1806-1815). Le leggi sull’eversione della feudalità e sulla
divisione dei demani scardinarono il vecchio sistema, creando le condizioni
per la nascita della proprietà privata.
La
privatizzazione subì una battuta d’arresto sotto la monarchia borbonica
restaurata, per riprendere a pieno ritmo in epoca unitaria. Aiutata anche dal
passaggio in mano privata delle terre confiscate agli enti ecclesiastici.
Un ruolo
determinante, nell’affermazione della proprietà privata, ebbero le
occupazioni, che segnarono la storia delle campagne meridionali negli ultimi
due secoli. Grazie a loro un’ampia fetta di territorio pubblico, soprattutto
comunale, passò nelle mani dei privati.
Il fatto
nuovo dell'Italia unita fu la legittimazione delle terre occupate, che verranno a costituire la
quota più grande delle terre private. Gli strumenti che portarono alla
privatizzazione della terra, soprattutto nei primi decenni unitari, furono sostanzialmente
quattro: la conciliazione, la quotizzazione e lo scioglimento della
promiscuità per le terre comunali, l’alienazione per quelle del demanio
statale.
La
conciliazione fu sicuramente la misura più importante nella zona presa in
esame. Essa portava
alla legittimazione, che consisteva nella concessione della terra
abusivamente occupata, dietro corresponsione di un canone annuo.
Il saggio
analizza, attraverso documenti d’archivio, le tappe che hanno portato alla
scomparsa di gran parte del demanio e alla sua privatizzazione,
soffermandosi sulle fasi salienti del passaggio dal regime di “proprietà
condominiale” a quello privato. Evidenzia, altresì, i mutamenti che avvenivano
nella struttura della proprietà fondiaria, nei rapporti di produzione, nella
dinamica colturale, nella disciplina dei pascoli, nel paesaggio agrario, ecc.
L’indagine si
snoda attraverso la miriade di occupazioni e le svariate
sanatorie che si sono
susseguite nei primi decenni unitari,
per approdare alla legge regionale 28 gennaio 1998, che si occupa del riordino
delle terre civiche
LA LEGGE REGIONALE 28 GENNAIO 1998
La legge regionale 28 gennaio 1998, emanata in attuazione della legge 16
giugno 1927 e del regio decreto 26 febbraio 1928, è scaturita dall’esigenza
della regione Puglia di dotarsi di uno strumento legislativo proprio e di
strutture più snelle per meglio rispondere alle aspettative delle popolazioni
in merito alla tutela dei beni di uso civico. Interessa il 25 % circa
dell’intero territorio regionale, ma per l’area garganica la percentuale è
di gran lunga superiore, più del 50%, qualcosa come 100000 ettari !
La via d’uscita dall’annoso problema delle terre civiche occupate è
l’alienazione, previa declassificazione delle stesse dal patrimonio civico.
L’affrancazione del canone enfiteutico o di natura enfiteutica,
costituito sui beni civici, si opera mediante il pagamento di una somma pari a
venti volte l’ammontare dello stesso, rivalutato con gli interessi legali
degli ultimi cinque anni (art. 10).
Una trattazione a parte (art. 11) è riservata ai parchi
della provincia di Foggia, sui quali viene decretato lo scioglimento dei
diritti promiscui, con la divisione delle aree al 50 % fra il Comune ed il
possessore. L' affare dei parchi, che si trascina da 2 secoli, è
trattato ampiamente nel libro.
La legge è stata modificata in più punti nel corso
degli anni. Qui si segnala la delibera della Giunta
Regionale dell’8 giugno 2001, che, riaffermando la “validità della
distinzione tra Parchi ghiandiferi e Parchi erbiferi del Gargano”, dispone
“l’apertura dei Parchi ghiandiferi all’uso della popolazione e lo scioglimento
delle promiscuità dei Parchi erbiferi del Gargano”. Di fatto, questo significa
lasciare le cose come stanno.