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Da un articolo tratto da CRL NEWS: OTTOBRE
Giovanile: relazione Allenatore-Atleta
Riguardo a questo importante argomento, mi pare opportuno avvalermi del contributo scritto del Prof. Bearzi, allenatore ed insegnante di educazione fisica, per esprimere un indirizzo didattico a mio parere profondamente corretto, che dovrebbe sempre guidare i tecnici nell’approccio con i propri ragazzi/e.
Lo sviluppo dello sport nel mondo porta a dichiarare che esso riveste notevole influenza nello sviluppo del giovane e contribuisce a formare il fisico, la personalità e le abitudini sociali. La pratica sportiva è un mezzo per sviluppare caratteristiche positive come la capacità di affrontare e superare difficoltà, la consapevolezza delle proprie possibilità, l’autonomia, la motivazione, il successo, la capacità di collaborare con gli altri. Queste potenzialità dello sport, che sono indubbie, non si realizzano però in modo automatico. E cioè lo sport di per sé non determina e fa affiorare sempre questo complesso di influenze positive; al contrario può ingenerare altrettante influenze di tipo negativo qualora le figure adulte (genitori – tecnici – dirigenti) che organizzano e gestiscono lo sport giovanile non spingano verso una direzione positiva e rendano lo sport di fatto educativo. Per contro, è bene dire che lo sport possiede una tale forza intrinseca educativa con una serie di regole, comportamenti, consuetudini, valori che a volte il giovane rimane miracolosamente immune da forzature ed aspetti diseducativi dell’ambiente in cui cresce. Numerosi autori hanno evidenziato come l’esperienza sportiva dei giovani atleti sia influenzata fortemente dall’allenatore ed in particolare dal suo modo di porsi nei rapporti con i ragazzi (modalità di interazione). Small e Smith (1988) ritengono che l’allenatore sia determinante per il livello di stress competitivo che i ragazzi possono vivere nell’attività agonistica. Nel concetto di stress è insita la datata diatriba tra agonismo e non agonismo. Chi è favorevole allo sport competitivo afferma che le gare offrono l’occasione agli atleti di imparare a gestire situazioni stressanti; chi è contrario ritiene che la competizione racchiuda in sé un fattore di stress eccessivo, in grado di inibire desiderio e piacere e ridurre il divertimento. Per Martens, Vealey e Burton lo stress si definisce come il processo che porta all’ansia di stato, la quale deriva dalla percezione dello squilibrio fra richieste dell’ambiente e capacità personali di risposta. In pratica, c’è un livello di ansia che può essere considerato fisiologico e anche utile per la prestazione, nel quale l’atleta percepisce lo squilibrio reale e non altera artificiosamente le differenze fra richieste dell’ambiente e capacità di risposta. L’ansia di tratto è quell’ansia in cui gli equilibri non vengono rispettati ed è provocata da livelli di stress eccessivi. Con i giovani, in particolare con i bambini, l’allenatore influenza notevolmente il modo in cui viene percepito il livello di capacità personale come pure l’importanza del risultato, della gara, della partita. E’ l’allenatore, infatti, che esprime valutazioni sulle prestazioni, sui livelli e ritmi di apprendimento, sulla padronanza delle tecniche specifiche. Assieme ai genitori, inoltre, è l’allenatore che, in prossimità di una competizione può caricare il ragazzo di aspettative, esagerando i toni sull’importanza della gara e del risultato. Questo atteggiamento viene amplificato ulteriormente nei soggetti ansiosi e con bassa autostima. Il comportamento dell’allenatore è significativo anche per quanto riguarda le motivazioni alla partecipazione e all’abbandono. Il suo atteggiamento è decisivo per mantenere vivo nei ragazzi l’entusiasmo verso la pratice e per favorire l’acquisizione e lo sviluppo di competenze e abilità.
Una ricerca su come i giovani atleti percepiscono i comportamenti del proprio allenatore prima e durante una competizione e come vorrebbero fosse l’allenatore ideale è stata effettuata nel 1995 su 332 soggetti nella fascia 10-14 anni (Bortoli, Malignani, Robazza) praticanti sport individuali e di squadra. Il questionario prevedeva una scala a 5 punti con le valutazioni da: no per niente a: sì, moltissimo. Lo stesso questionario veniva riproposto anche per l’allenatore ritenuto ideale.
I risultati relativi al proprio allenatore hanno messo in evidenza che, in generale, gli atleti non erano del tutto soddisfatti del proprio allenatore, manifestando l’esigenza di modalità diverse d’interazione. In particolare per i ragazzi l’allenatore dovrebbe:
- arrabbiarsi e urlare di meno durante le gare;
- dare importanza anche al divertimento e non solo al risultato o alla vittoria;
- incoraggiare e sostenere l’atleta in caso di errore.
Ciò non significa che l’allenatore deve spersonalizzarsi, rinunciare al suo modo d’essere o perdere l’entusiasmo per ciò che fa, ma deve solo padroneggiare meglio certe situazioni e deve quindi crescere non solo nella tecnica specifica ma anche da un punto di vista pedagogico e didattico, proprio perché le sue competenze tecniche possano meglio attecchire qualora supportate da strategie di tipo motivazionale.
Un cenno a proposito del concetto di vittoria.
Sulla vittoria Small e Smith hanno espresso, nell’angolo del tecnico, la seguente filosofia:
- vincere non è tutto, è un obbiettivo importante ma non è l’unico;
- la sconfitta nella competizione non è un fallimento personale o una minaccia al proprio valore come persona;
- vittoria e successo non sono sinonimi: anche una sconfitta può coincidere con un miglioramento della prestazione ed il raggiungimento di un obbiettivo stabilito;
- successo non è solo vincere ma soprattutto lottare per vincere.
Per l’importanza che gli aspetti motivazionali assumono nei giovani, gli allenatori dovrebbero conoscere le strategie per rendere la pratica sportiva un’esperienza gratificante ed eliminare, o almeno ridurre, le cause di abbandono precoce.
Alcune di queste strategie sono le seguenti:
- analisi del compito;
- istruzione pre-pratica;
- modalità di presentazione delle proposte;
- uso del feedback;
- individualizzazione delle richieste;
- stimolazione della scoperta individuale di risoluzione del compito. |
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I seguenti brani
sono tratti da alcuni articoli di OTTAVIO BIANCHI E
ANTONIO TESSITORE pubblicati sul mensile
del calcio dilettantistico CALCIO ILLUSTRATO L.N.D.
e - mail to
info@diorama.moruzzis.it
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Gli articoli sono archiviati in modo
decrescente, cioè i primi articoli della serie li troverete in fondo alla
pagina |
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4 - Allenamento:
profili tecnici
Tattici e condizionali
L
a dimensione dei campi, la durata
delle esercitazioni, il numero dei giocatori, delle ripetizioni, la durata delle
pause. Queste le variabili che un mister deve gestire per ottenere il massimo
dei risultati. Con suggerimenti da grandi esperti, come la partita con una
porticina in più.
Un denominatore
comune delle squadre dilettantistiche è la ristrettezza del tempo
a disposizione per l’allenamento. ‘Tre o quattro sedute settimanali,
programmato per lo più in orari serali, non sono sufficienti a svolgere un
programma completo, costringendo cosi gli allenatori
a riversare il poco tempo su alcune esercitazioni, escludendone altre. Il
rischio di operare scelte frequenti è di ottenere una peggiorazione della
quantità e della qualità degli allenamenti. Nasce in questo mode ‘esigenza
di abbinare le esercitazioni che presentano obiettivi integrabili, un
condizionamento reciproco osi conciliano con la ristrettezza dì tempo. Un
riferimento pratico può essere offerto dalla possibilità di effettuare la fase
di riscaldamento iniziale abbinandola con esercitazioni di tattica collettiva,
ad esempio: 11 contro 1, in cui la squadra effettua movimenti di non
possesso stillo spostamento di un portatore di palla.
La concezione attuale
dell’allenamento nel gioco del calcio, nata dal contribuito portato negli anni
dall’esperienza dei tecnici, e suffragata dai risultati delle ricerche
scientifiche, fa leva su un “allenamento di tipo globale”, orientato alle
esigenze della gara e con il collegamento tira le diverse aree che lo
compongono.
In particolare il collegamento
tra gli aspetti tecnico-tattici e quelli energetico—condizionali consente di
riprodurre, parzialmente o integralmente, le forme e le intensità
dell’attività tipica della partita.
Gli strumenti a disposizione
dell’allenatore per modulare i carichi di lavoro delle esercitazioni
tecnico—tattiche, rendendole attività allenanti anche per l’aspetto
energetico—condizionale, sono essenzialmente cinque:
la
dimensione dei campi, la durata delle esercitazioni, il numero dei giocatori, il
numero delle ripetizioni e la durata delle pause.
Tutti e
cinque gli strumenti possono agire in modo integrato, prevedendo di volta
in volta di modificarne uno a secondo dell’obbiettivo perseguito.
I seguenti esempi possono
aiutarci a chiarire meglio il concetto.
A)
Il numero dei giocatori e la durata dell’esercitazione sono fattori
fissi, il fattore dimensione dei campi varia:
Se
aumenta la dimensione, si agirà più facilmente nel versante della resistenza
(prevalentemente di tipo misto aerobica/anaerobica).
Se
diminuisce la dimensione, si curerà di più la frequenza delle azioni e
l’intensità del gioco.
In fase di programmazione delle
esercitazioni, per poter avere un riferimento nel corso dei mesi, la
dimensione dei campi va sempre rapportata con il numero dei giocatori: ad esempio
un esercizio 6 contro 6 su campo 30 x 40 m ha un rapporto di 100 m per calciatore, con campo 50 x 40
m il rapporto sale a 167 m
B)
I fattori dimensione dei
campi e numero dei giocatori sono fissi, il
fattore durata dell’esercitazione varia
Durate
brevissime fino a 3’, consentono di ottenere frequenze elevatissime di gioco, ben oltre
i ritmi della partita, che stimolano gli aspetti cognitivi e l’addestramento
della tecnica-applicata.
Durate
fino a 6’/8’ consentono di adattare
l’esercitazione per obiettivi di ricerca del ritmo elevato delle azioni, del
pressing sugli avversari, degli aspetti della potenza del gioco.
Durate
oltre gli 8’/10’, comportano un inevitabile abbassamento del ritmo da
parte dei calciatori e si adattano meglio per obiettivi in cui si vogliono
fissare apprendimenti e stimolare la resistenza al gioco.
C)
I fattori durata dell’esercitazione e dimensione dei campi sono
fissi, il fattore numero dei giocatori
varia
Giocatori in superiorità numerica,
consente, a questi calciatori, di
poter mantenere un ritmo di gioco moderato,
particolarmente adatto per fissare nuovi apprendimenti o attuare fasi di
recupero.
Giocatori in inferiorità numerica, consente, a questi
calciatori, di agire in condizioni esasperate di pressing, di stimolare la
potenza, di affinare la tattica in fase di non possesso, di addestrarsi a
“ribaltare prontamente” la parziale superiorità dell’avversario.
I fattori indiretti,
numero delle ripetizioni e durata delle pause, sono gli strumenti in base ai
quali l’allenatore modula il carico allenante dell’esercitazione
tecnico-tattica:
Per produrre
“affaticamenti” dei giocatori, si può aumentare il numero delle
ripetizioni, accorciare la durata delle pause o entrambi
Per
“fissare degli apprendimenti”, si può aumentare sia il numero delle ripetizioni
che la durata delle pause.
In
ogni caso è bene comprendere che apprendimento, (inteso come imparare ed
affinare l’insegnamento appreso), e livello di attivazione (inteso come
livello di impegno fisico cui è sottoposto il giocatore), procedono in modo
stretto. L’efficacia di un apprendimento dipende anche dallo stato di
attivazione del sistema nervoso centrale. A sua volta il carico condizionale che
l’esercitazione comporta varia il livello di attivazione. Al di sotto di un
livello minimo di carico di lavoro (attivazione) l’apprendimento è
compromesso.
Di seguito proponiamo tre esempi di
esercitazioni che rispecchiano i criteri fin qui esposti.
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A) Riscaldamento tattico
Descrizione:
la squadra viene schierata 11 contro 0 (doppi giocatori per ruolo) ed
effettua movimenti, in corsa continua, finalizzati alla fase di non possesso
("attacco alle bandierine”). Durata: 15’ frazionati da esercizi di
stretching.
Finalità integrative: utilizzare il tempo
comunque destinato al riscaldamento, e la disponibilità intatta di energie
nervose, per ripetere apprendimenti tattici
(figura
sotto).
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B)
Esercitazione: Partita con una porticina in più
Descrizione:
Sul terreno di gioco vengono dislocate delle porticine in numero di
una in più del numero dei giocatori (es: 9 contro 9 giocatori +
10 porticine). I giocatori sono divisi in due squadre (è possibile
effettuarlo anche con 3 squadre), ognuna con il compito di fare gol ad una
delle porticine.
Finalità
integrative: l’alto numero di porticine, abbinato a dimensioni grandi dei
campi, costringe i giocatori ad essere pronti a coprire tutte le zone del
campo ed attenti ai cambi di gioco. Prevedendo più serie di durata breve,
3’/4’, si può allenare la capacità della squadra a sostenere frazioni di
gioco con ritmi molto elevati
(fig.
sotto)
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C)
Esercitazione: Possesso palla con cambio del campo di gioco
Descrizione
Ai 4 angoli dell‘intero campo vengono creati 4 rettangoli, due per
ciascuna meta campo. I
rettangoli vengono numerati e un pallone viene posizionato all’interno di
essi. All’interno del primo quadrato due squadre effettuano il possesso
palla (ad es: nel quadrato 1).
Al
segnale dell’allenatore dovranno abbandonare il rettangolo, lasciare il
pallone, e dirigersi nel rettangolo corrispondente al numero chiamato (ad es:
2, 3, 4), dove troveranno un
pallone ed inizieranno immediatamente a giocare.
Finalità integrative: I continui cambiamenti di
campo, che costringono i calciatori anche a spostamenti di 30/40 m in velocità,
consentono di svolgere un ottimo allenamento finalizzato alla capacità di
resistere in situazioni di gioco in cui prevalgono fasi di lavoro lattacido
(figura sotto). |
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3 - Il segreto di uno spogliatoio
Motivare gli uomini, capire la loro psicologia. parlarsi prima per capirsi, a vicenda, dopo. Sono questi gli ingredienti fondamentali per ottenere un gruppo vincente basato sulla reciproca stima.
Ambienti sociali ed economici differenti producono, nel territorio, realtà sportive altrettanto differenti nelle quali spesso gli allenatori, soprattutto nelle piccole società, si trovano a coordinare un gruppo di lavoro composto non solo da calciatori. Lo spogliatoio in particolare, inteso come "micro-ambiente" nel quale nascono e si sviluppano legami interpersonali, risente dell'influenza dei diversi stili di vita condotti dai vari componenti, anche in funzione d'età differenti, delle motivazioni personali, delle particolari situazioni logistiche vissute.
In queste condizioni di variabilità, per raggiungere gli obiettivi prefissati, gli allenatori hanno il delicato compito di motivare gli uomini. Trasmettere motivazioni e comunicarle correttamente consente di aumentare il potenziale di risorse umane cui la squadra può attingere. In generale la convivenza in una squadra di calcio, essendo composta di persone che devono interagire tra loro per un periodo lungo almeno un anno agonistico, dovrebbe essere impostata su norme di comportamento chiare, convergere su obiettivi comuni, con una condivisione dei compiti produttiva. Inoltre, lo spogliatoio di una squadra dilettanti è influenzato anche da un altro aspetto fondamentale: i calciatori
dilettanti sono giovani che vivono il gioco del calcio con la stessa passione e la stessa dedizione dei giocatori che hanno avuto la possibilità di farne una professione. ma con le problematiche tipiche di coloro che devono conciliare questa passione con le attività di studio o di lavoro extra sportive. La maggior parte del loro tempo è assorbito dagli impegni extra-sportivi ed il tempo dedicato al gioco del calcio coincide con quello destinato alle attività del tempo libero. In un gruppo in cui le persone appartengono a mondi
diversi, e non svolgono la stessa professione, è importante che nel rapporto giocatori/allenatore ognuno porti il suo mondo alla comprensione dell'altro, il che vuoi dire avere conoscenza delle prospettive personali dalle quali si osservano e si affrontano le situazioni. All'inizio dell'anno agonistico l'allenatore ed i calciatori devono conoscersi reciprocamente, però con una differenza evidente: mentre la squadra è chiamata a conoscere una sola unità, il tecnico deve scoprire tante individualità che ancora non sono integrate in un unico gruppo. Inoltre nel rapporto con la squadra l'allenatore può stabilire relazioni solo nella direzione
allenatore/giocatore, mentre i calciatori sviluppano anche quelle tra compagni di squadra. Le relazioni interpersonali tra compagni dovrebbero essere osservate attentamente dal tecnico, perché rappresentano una chiave di lettura sia per comprendere la coesione
del gruppo, inclusi i rapporti spontanei di leadership che si vengono a creare, sia per gestire la nascita di" divergenze" con e tra calciatori. In particolare la nascita di stati di tensione tra uno o più giocatori ed il tecnico possono nascondere insidie nel caso vengano coinvolti calciatori che, in virtù di una posizione di rilievo all'interno del gruppo, sono in grado di stringere alleanze con i compagni più propensi ad essere "guidati". L'allenatore quindi, a meno di una collaborazione particolare, affronta da solo il delicato aspetto psicologico della gestione del gruppo, che ha inizio con la scelta dell'impatto con la squadra nei primi giorni di ritiro e continua, durante l'anno, con la gestione di calciatori che abbiamo detto essere tutti accomunati dalla passione per il gioco ma con personalità, motivazioni ed aspettative differenti. Uno stile di conduzione severo del gruppo, voluto per emulare i tecnici affermati che sono dipinti dai mass-media come "sergenti di ferro", e che faccia leva spesso sulla differenza dei ruoli (es: "Io alleno... voi giocate ), su imposizioni (es: "O si fa come dico io... o andate a casa"), comporta il perdere di vista le esigenze degli atleti Dilettanti. La realtà professionistica è ben diversa, perché per i calciatori ci sono anche obblighi del contratto di lavoro e non solo diritti, ed in alcuni ambienti una conduzione severa, se non protratta a tempo indefinito, può anche condurre a risultati prestigiosi. Nelle squadre Dilettanti invece, soprattutto nelle categorie dei campionati regionali e provinciali, un rapporto brillante con i giocatori, aperto al dialogo ed orientato alle esigenze dei singoli (orari delle sedute, assiduità della frequenza agli allenamenti, maggiore tolleranza per cali d'intensità nelle esercitazioni dovuti alla stanchezza di una giornata di lavoro o di studio) è sicuramente più adatto per atleti lavoratori/calciatori e studenti/calciatori. |
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2 - L'addestramento tattico:
indicazioni teoriche ed applicazioni pratiche
Nel parlare di tattica l'attenzione si sposta
subito sulle azioni collettive che una squadra mostra in campo, ma
dietro a questi comportamenti di gruppo si cercano le capacità di
gioco individuali dei calciatori. Durante una partita, le situazioni
cambiano continuamente, costringendo i giocatori a variare i propri
comportamenti tattici in funzione delle strategie della squadra, della
posizione della palla, del comportamento degli avversari e dei compagni,
delle dimensioni degli spazi del campo. Tutte le azioni di gioco nascono
e sono guidate dai processi mentali che ogni giocatore mette in atto.
Una partita di calcio racchiude quindi anche una 'gara" tra le
operazioni mentali dei giocatori che avvengono in tempi brevissimi,
nell'ordine di millisecondi, tracciando un percorso che parte dalla
progettazione del movimento tattico ed arriva alla sua esecuzione
(schema in fondo all'articolo).
La conoscenza delle fasi che comporranno questo
percorso, e la valutazione individualizzata delle difficoltà che
i giocatori mostrano in ognuna, può essere di grande aiuto al tecnico
per facilitare gli insegnamenti che cerca di trasmettere.
L'insegnamento tattico che l'allenatore impartisce
durante la stagione sportiva segue tre direzioni, ognuna delle quali e
complementare alle altre:
* tattica individuale, rappresentata dai
comportamenti individuali dei giocatori;
* tattica di reparto, rappresentata dai
comportamenti collettivi dei giocatori appartenenti allo stesso reparto;
* tattica di squadra, attraverso la quale
vengono coordinati i comportamenti dei vari reparti.
Ogni azione di gioco che esprime un comportamento
tattico, individuale o collettivo, e a sua volta orientato dalla
disposizione iniziale adottata dal tecnico:
il sistema di gioco.
In ogni caso l'insegnamento che risulta essere più
adatto alla natura del gioco del calcio, in quanto sport di situazione,
è quello di tipo situazionale, in cui al giocatore
vengono trasmesse un ventaglio di situazioni, dalle quali potrà
attingere per sviluppare e perfezionare la capacità di trovare
soluzioni adeguate e creative ad ogni azione di gioco. Di contro un
insegnamento rigido. che trasmetta ai giocatori situazioni
precostituite, non consente lo sviluppo ed il perfezionamento del
pensiero tattico che è dietro questa capacità. Il
giocatore invece deve ricevere la possibilità di allenare
mentalmente più situazioni di gioco per far sì che nel
momento importante, quello che si presenta in partita, la ricerca della
soluzione migliore avvenga spontaneamente.
Come in un'orchestra
L'allenatore,
attraverso una mentalità positiva, aperta ai cambiamenti,
sperimentale, dovrebbe porsi l'obiettivo di armonizzare il rapporto tra
gioco individuale e di squadra. Il rapporto ottimale è quello in
cui viene cercata, in partita, la massima espressione della capacita di
gioco dei singoli, con la consapevolezza di aver trasmesso loro le
conoscenze per attuare in ogni momento cooperazione, sostegno, seguendo
azioni organizzate nel gioco di squadra. Questo pensiero può
essere racchiuso nella seguente frase: 'Le qualità del singolo
vengono esaltate dal collettivo ed il collettivo esalta le qualità
del singolo". Il delicato compito del tecnico è quindi
quello di plasmare un collettivo, senza tarpare le grandi qualità
individuali. Per analogia e un po' come succede in un'orchestra in cui i
singoli musicisti si lanciano in assoli per poi "fare ritorno"
nello spartito comune, suonato tutti insieme.
PRESA D'INFORMAZIONE
IMMAGAZZINAMENTO E CONFRONTO CON LE
INFORMAZIONI ACQUISITE IN MEMORIA
ELABORAZIONE E PRESA DI
DECISIONE SULL'AZIONE
DA ESEGUIRE
REALIZZAZIONE DELLA
DECISIONE ELABORATA E VERIFICA DELL'ESITO
DELL'AZIONE.
sopra, schema delle operazioni mentali che
i giocatori elaborano in tempi di millisecondi durante il gioco
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Passando dalla
teoria alla pratica non possiamo tralasciare alcune indicazioni che
regolano il processo dell'insegnamento sul campo:
Evitare di fornire ai giocatori
numerose informazioni nello stessa unità di tempo. Le
informazioni vanno organizzate per importanza di contenuti in modo do
creare sequenze con livelli crescenti di difficoltà. una scala di
valori, organizzata come detto al punto precedente, evitare di
passare al livello successivo se non è avvenuta la piena
comprensione, da parte dei giocatori, dell'insegnamento trasmesso. Lo
strumento di verifica migliore del tecnico rimane l'osservazione delle
risposte date in partita dai giocatori alle situazioni affrontate
durante
l'allenamento.
Evitare periodi prolungati di
apprendimento nella stessa seduta di allenamento, ben oltre la soglia di
tolleranza dell'attenzione. Questa "regola" non sminuisce il
concetto di ripetizione dell'esercitazione, che rimane sempre lo
strumento più utile per fissare un apprendimento.
Favorire nel gruppo, attraverso un
coinvolgimento attivo nell'osservazione, la conoscenza dei compiti
specifici che ogni giocatore deve assolvere. Lo scopo di questa
consapevolezza reciproca tra i giocatori è quello di favorire ad
ognuno la "lettura" e "l'interpretazione" del gioco
del compagno in modo da poterne prevedere 'azione e conquistare un
vantaggio di tempo sugli avversari.
I mezzi di allenamento, ampiamente conosciuti
dai tecnici, grazie alla grande tradizione di conoscenze che si
trasmettono nelle scuole di formazione degli allenatori in Italia,
seguono anch'essi progressioni didattiche che vanno dall'unità
fondamentale dell'uno contro uno, ai giochi per piccoli gruppi, ai
movimenti di reparto e quelli di squadra.
nella tabella sotto, uno
schema riassuntivo della sequenza didattica di un apprendimento tattico
Esecuzione con
opposizione scarsa degli avversari con limite delle soluzioni di gioco
Esecuzione con opposizione scarsa degli avversari con aumento della
variabilità delle soluzioni di
gioco Esecuzione
con opposizione reale degli
avversari
Esecuzione
con opposizione reale degli avversari e ricerca della
velocità delle soluzioni di gioco e
della loro originalità
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1 - Tutti in Campo!
L'addestramento tecnico:
indicazioni teoriche ed
applicazioni pratiche
In questi ultimi anni si assiste all'aumento del
coro degli addetti ai lavori, (non solo allenatori) che chiede di
recuperare il pieno valore del gesto tecnico. Se è vero che
un'attività impostata correttamente è fondata
sull'equilibrio degli aspetti tecnici, tattici e fisici, è
altrettanto vero che l'esecuzione corretta della tecnica diventa la base
di qualsiasi tipo di attività. Tra le tante definizioni che
descrivono la tecnica abbiamo scelto quella citata da Irmgard Konzag
(1991) che la definisce: "Un'esecuzione del movimento adattata alle
condizioni della situazione di gioco, al tipo somatico del giocatore,
cioè funzionale ed economica. L'esecuzione tecnica è
quindi influenzata dal livello di abilità raggiunto dal giocatore
e dalle sue caratteristiche antropometriche (es.: lunghezza e forma
degli arti).
Per tali motivi due calciatori, pur adottando lo
stesso stile tecnico, dato dall'insegnamento, non eseguiranno mai un
gesto identico. Il carattere di unicità, dato dall'applicazione
individuale del fondamentale tecnico, rappresenta la bellezza del gioco
del calcio.
Perchè è importante la tecnica e
come migliorarla
Un segno evidente dell'evoluzione, negli anni,
dell'abilità dei calciatori è rappresentato
dall'adeguamento della tecnica individuale alla crescente velocità
del gioco.
Nel calcio moderno diversi fattori necessitano di
essere affrontati con un bagaglio tecnico sempre più elevato.
Tra questi osserviamo:
a) L'aumento del numero dei giocatori, a
prescindere dal ruolo, che intervengono nelle azioni e la loro capacità
di gioco posseduta. A titolo di esempio: quale allenatore oggi
accetterebbe più, in partenza, l'idea che un difensore possa
anche avere dei limiti tecnici? Inoltre, per alcuni ruoli, l'attuale
maggiore distribuzione di gioco nella squadra comporta, rispetto al
passato, l'avere un tempo individuale superiore di possesso palla.
b) La diminuzione del tempo e dello spazio, a
disposizione di un giocatore, per gestire il possesso della palla prima
che intervenga l'opposizione di un avversario. La crescita dei ritmi di
gioco, e di alcuni atteggiamenti tattici (squadre corte, raddoppi), che
causano un aumento della pressione da parte degli avversari, deve essere
affrontata con l'incremento dell'abilità tecnica del giocatore,
al fine di realizzare tempi di esecuzione sempre più brevi.
c) L'aumento, in partita, del numero delle azioni
tecniche eseguite in condizioni di fatica, causata dalla ricerca d'intensità di gioco sempre più elevate.
Cosa chiedono gli allenatori
Ora cerchiamo di rispondere ad alcune delle
domande che più frequentemente si pongono gli allenatori. Le fasi di
apprendimento della tecnica sono simili o si differenziano?
L'allenamento della tecnica è influenzato sia da fattori interni
(talento, capacità di apprendimento, esperienza), sia da fattori
esterni (continuità nel tempo dell'addestramento, qualità
degli allenamenti, correttezza delle informazioni fornite nella
didattica, fattori ambientali). Le varie fasi che lo compongono si
differenziano in funzione dell'età sportiva del calciatore
(scuola calcio, categorie giovanili, età adulta) e del suo
livello di abilità.
Un modello generale di allenamento della tecnica,
elaborato da diversi autori (Martin 1989, Lehmertz 1990). riassume
le seguenti fasi:
1) d'acquisizione, in cui l'istruttore
deve cercare l'affinamento del fondamentale tecnico, attraverso un
numero elevato di ripetizioni dell'esercizio, eseguito in condizioni
facili tate, al fine di provocare la stabilità del gesto;
2) d'applicazione, in cui l'allenatore
affina ulteriormente la tecnica acquisita introducendo condizioni di
variabilità nelle esercitazioni;
3) di completamento, in cui, attraverso la
riproduzione di condizioni simili alla gara, viene cercata la massima
padronanza del fondamentale, al fine di stimolare esecuzioni assolute ed
originali.
A questo proposito, riteniamo che uno dei compiti
più delicati dell'allenatore sia quello di stimolare anche i
giocatori dotati di minore potenziale a cercare
la "giocata personale" più
efficace.
In una ricerca condotta da Bianchi e coll.
(1999/2000), che indagava sul parametro dell'allenamento tecnico nelle
categorie giovanissimi ed allievi, è risultato che la percentuale
più alta di allenamento (poco più del 40%) veniva
effettuata come tecnica individuale, il 20% circa sotto forma di tecnica
applicata senza avversario, il 10 % circa come tecnica applicata con
avversario e soltanto meno del 10% come tecnica in velocità.
Questi dati, anche se ottenuti su una popolazione giovanile, sono
rappresentativi delle scelte fatte dagli allenatori sul campo ed offrono
lo spunto per riflettere sull'importanza che assume, a qualsiasi
categoria. l'aumento del carico di lavoro tecnico, soprattutto sotto
l'aspetto dell'adeguamento della tecnica applicata alla velocità
d'esecuzione
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