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"J'accuse..." - L'atto di accusa di un padre
(di Dario De Judicibus)

Oggi, 17 Marzo 1999, ascoltando il telegiornale della sera, apprendo la notizia che il Governo Italiano ha deciso di sovvenzionare una campagna promozionale intesa ad invitare i padri a stare più tempo insieme ai loro figli. Ebbene, non potete immaginare la rabbia che mi ha preso nel vedere quello stesso Stato che con insensibilità criminale mi aveva strappato la figlia di soli quattro anni per trasformarmi in un padre ad ore, avendo come unico delitto commesso quello di amare troppo il mio cucciolo per scatenare una guerra con mia moglie, ergersi a paladino dei sentimenti e promuovere ipocritamente una campagna chiaramente motivata da considerazioni di carattere elettorale e non certo da una reale attenzione a quelli che sono i problemi della famiglia. Di fronte a tanta ipocrisia non posso più tacere e quindi, pur continuando a prestare la massima attenzione a non coinvolgere una creatura innocente e dolcissima in un massacro all'ultimo sangue, intendo accusare pubblicamente lo Stato Italiano e le sue Istituzioni, prima fra tutte la Magistratura, di operare deliberatamente e senza alcuna remora alla distruzione di quella che è la base di ogni stato civile e democratico: la famiglia.

IO ACCUSO

la Magistratura Italiana, ed in particolare i giudici che si occupano di separazioni, di violare sistematicamente i diritti costituzionali dei genitori di sesso maschile, sulla base di una filosofia discriminante e sessista che relega il padre a puro elemento di sostegno economico alla famiglia, negandogli un ruolo affettivo ed educativo che viene pregiudizievolmente associato esclusivamente alla madre. Tale comportamento è una diretta conseguenza di una mentalità che affonda le sue radici nel maschilismo, superficialmente considerato discriminatorio nei confronti delle sole donne, ma in realtà rappresentativo di una cultura superficiale ed arrogante che assegna a maschi e femmine ruoli rigidi e comportamenti ben definiti, emarginando tutti coloro che a tali imposizioni non intendono sottostare. Non solo lo Stato non facilita in alcun modo coloro che hanno deciso di costruirsi una famiglia, ostacolandoli anzi in tutti i modi possibili sia economicamente che socialmente, ma rende addirittura estremamente semplice distruggere in pochi mesi quanto costruito in anni di sacrifici e di amore alimentando nel contempo un vero e proprio mercato delle vacche in cui avvocati senza scrupoli si ingrassano sulla pelle di decine di migliaia di bambini innocenti forti dell'assoluto abbandono in cui sono lasciate le famiglie in difficoltà. I pregiudizi e l'incompetenza di chi, senza alcuna specifica preparazione in psicologia o pedagogia, prende decisioni che segneranno per sempre la vita di altre persone, fan sì che in oltre il 98% dei casi i figli vengano affidati alla madre, la quale viene così a trovarsi in una posizione di forza che le permette di fatto di mettere sotto ricatto l'altro genitore, costringendolo molte volte ad accordi cosiddetti "consensuali" che sono spesso vere e proprie farse se non addirittura atti vergognosi ed irrispettosi dei diritti più elementari di un uomo e di un padre. Solo la maturità di molte donne e il senso morale e civile di molte madri evita che tale ricatto diventi una vera e propria istituzione, quasi un'estorsione legalizzata, a cui il padre non ha alcun modo di sottrarsi. Purtroppo non sempre questo avviene. Quella stessa magistratura che dichiara, in una parodia di civiltà e democrazia il diritto dei nonni a poter vedere i nipotini anche tutti i giorni dopo la separazione, obbliga viceversa proprio il padre a sottostare a regole ed orari che ledono la dignità umana e feriscono profondamente quel legame unico e meraviglioso che un genitore instaura con i propri figli. Questa situazione è ancor più vergognosa se si pensa che la legge attuale, dimostrazione comunque di ignoranza e superficialità da parte di legislatori più attenti a garantire privilegi e vantaggi per sé e per il proprio partito che a lavorare seriamente per sostenere i diritti dei cittadini e salvaguardare i più deboli, non opera esplicitamente una discriminazione sulla base del sesso dei genitori, pur tuttavia rappresentando un elemento destabilizzante nel momento in cui stabilisce che i figli vengano affidati solo ad uno dei due coniugi, cosa considerata addirittura anticostituzionale in altri Paesi Europei ben più civili del nostro. La discriminazione vera e propria avviene in sede giudiziaria, là dove l'obiettivo sembra più essere quello di sbrigare rapidamente una pratica scomoda e noiosa che fare da arbitro e da elemento di moderazione in situazioni a volte difficili e penose. Da queste persone ignoranti ed insensibili l'essere madre viene automaticamente considerata una garanzia di cura ed affetto, dimenticando troppo facilmente che non certo meno madri che padri si macchiano di crimini ignobili e disgustosi nei confronti dei figli quali la violenza carnale o l'abbandono dei neonati, troppo spesso con tragiche conseguenze per i piccoli. Essere madre, così come essere padre, è una scelta di maturità e di amore che accomuna i due sessi, non li differenzia. In un padre ci può essere cura, attenzione, amore, istinto "materno" -- quanto discriminante in fondo è questo termine -- e senso di responsabilità quanto in una madre. Milioni di padri passano le notti in bianco accanto ai loro figli, li curano quando malati, li puliscono, li lavano, li vestono, li portano a scuola, parlano con loro ed ascoltano i loro problemi, giocano con loro o li seguono nei compiti a casa, anche quando sono stanchi o preoccupati a causa delle responsabilità relative al lavoro o dalla casa, esattamente come fanno milioni di madri, comprese quelle che lavorano. In loro non c'è vergogna a portare fuori i figli con il passeggino od a fare la spesa, a far loro il bagnetto od a giocare con le bambole, anzi, c'è orgoglio ed un grande infinito affetto per qualcuno che sanno perfettamente un giorno dovrà continuare da solo la propria strada, ma che porterà sempre con sé un pezzetto di noi, un ricordo ed un sorriso.

Questo è quanto dovevo dire, e non c'è altro. Nel nostro Paese di falsa democrazia dove allo Stato di Diritto si sostituisce lo Stato di Abuso, toccare certi poteri è peccato mortale e crimine tale da far sembrare l'omicidio una semplice distrazione. So perfettamente che ben poco servirà questa lettera, se non ad attirare l'attenzione su di me proprio di quei poteri che pongono se stessi e le persone che li detengono al disopra di qualunque regola o legge, ma esiste per me un principio più forte di qualunque legge e di qualunque potere, un principio per il quale vale la pena di pagare qualunque prezzo. E sicuramente alto è il prezzo che troppo spesso tali poteri esigono ai cittadini che non si fanno ammaliare dai loro trucchi e che non si accontentano della falsa libertà che ci viene concessa, merli canterini in una gabbia d'argento, ma pur sempre gabbia. Non stupisca quindi se, nonostante questa mia convinzione, abbia meditato a lungo prima di prendere una decisione definitiva. Questo semplice e pur così esigente principio è che bisogna sempre essere pronti a lottare per chi si ama.

In fede
Dario de Judicibus


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