Appello per Ricostruire il Partito Comunista. Unità dei comunisti dal basso.

Abbiamo sottoscritto con convinzione l’appello COMUNISTE E COMUNISTI COMINCIAMO DA NOI, tuttavia crediamo che siano utili alcune precisazioni per evitare che vi siano strumentalizzazioni e interpretazioni poco condivisibili.

Siamo ad una svolta epocale: dopo la débacle della Sinistra non c'è tempo da perdere, bisogna ricostruire partendo con umiltà da zero.

Non c'è posto per i personalismi, né si può pensare di continuare “vivacchiare”, magari per salvare qualche poltrona istituzionale o di apparato (assessorato, consiglio, segreteria), come è accaduto in questi ultimi anni.

 

Tra le ragioni della débacle della Sinistra segnaliamo in estrema sintesi solo questi aspetti:

§ nei due anni di Governo con Prodi, la sinistra ha finito per fare da stampella “senza se e senza ma” al governo e alle sue scelte.

§ Abbiamo ingoiato ogni genere di rospi - dalle missioni “umanitarie”, all’ennesima  controriforma delle pensioni, alla non abrogazione delle leggi sulla “flessibilità” e sulla controriforma della scuola, ecc...- e dalle ghiandole della pelle dei rospi, si sa, è possibile ricavare un composto allucinogeno, ingoiarne troppo avvelena i malcapitati e la mente.

§ I dirigenti e le segreterie dei due partiti (PRC e Pdci) dovrebbero fare un’autocritica molto severa sul loro operato. Bertinotti e Diliberto hanno dichiarato, in ogni occasione, che l’appoggio a Prodi era “incondizionato” e questo governo era il punto più avanzato possibile.  Peccato che non abbiano mai contato nulla, la prova?  Non vi è mai stata da parte di Prodi e la destra della coalizione (dai DS a Mastella) l’intenzione di dire e fare qualcosa di sinistra. Non solo il programma sottoscritto è divenuto carta straccia, ma il “condizionamento” della Sinistra, tanto evocata dalla stampa borghese, non c’è stato. 

Il motivo di tale atteggiamento?  Lungi dal voler fare “processi inutili” ai dirigenti occorre tuttavia muovere loro una severa critica.

La segreteria del PRC taceva e ammorbidiva le sue dichiarazioni per difendere lo scranno alla camera.

La segreteria del Pdci era ossessionata dal possibile ritorno delle destre e per scongiurarlo era disposta a ingoiare qualunque rospo (v. sopra).  Il veleno di rospo ha ottenebrato l’intera coalizione di sinistra. Non ci si rendeva conto che le destre sarebbero comunque ritornate ancora più possenti di prima dopo un periodo di governo di un “centro-sinistra” che faceva politiche di destra?!

Era impossibile non ipotizzare che il nostro elettorato ci avrebbe voltato le spalle e ci avrebbe severamente punito.

Questa severa lezione dovrebbe dimostrare (ma la Storia l’aveva già dimostrato!!), che la Sinistra può affermarsi solo se fa accordi e alleanze in cui “i compromessi inevitabili” diano un vero vantaggio alle politiche di sinistra e ai settori sociali di riferimento.  Altrimenti, dopo un deludente governo di “sinistra”, la destra ritorna più forte di prima.

 

La fase è nuova sotto diversi aspetti:

§ La seconda repubblica è miseramente fallita.

§ ci avviamo a grandi passi verso una revisione pesante della Costituzione in senso presidenzialista compiuta da due soli partiti (altro che Costituente!); un vero attentato ai diritti democratici;

§ ci avviamo verso una sud-americanizzazione (nel senso  tristemente noto del periodo di Pinochet, Videla, ecc..) molto pericolosa del quadro politico;

§ il neo partito PD ha compiuto fino in fondo la "mutazione genetica", una "nuova" classe neo borghese ha impresso la svolta definitiva verso un partito moderato, centrista (su alcuni temi reazionario), con una forte concentrazione di potere;

§ il bipartitismo ha sconvolto gli assetti democratici e non c’è più posto per partiti che vogliono “vivacchiare” all’ombra del Partito Democratico e fargli da “stampella”; la subordinazione e le alleanze “capestro” diventano, ora più di prima, esiziali per la sinistra; 

§ il sindacato è guidato da persone che hanno in tasca la tessera di partiti molto vicini alla Confindustria, al Vaticano, ai poteri finanziari. Quindi anche in questo caso le OO.SS. hanno subito la stessa "mutazione genetica" del PD, e sono dirette da apparati molto compromessi che non costituiscono un sufficiente baluardo, né sono disposti alla Lotta, unico strumento per difendere i lavoratori;

§ nei paesi occidentali, la crisi economica mondiale spinge anche i ceti popolari verso arroccamenti difensivi che traboccano di xenofobia e sono preda della propaganda reazionaria e “securitaria” della destra (anche estrema);

 

L’attentato alla Costituzione ha diverse paternità ed è iniziato da tempo:

·      la scuola è vittima della privatizzazione (iniziata dal ministro DS Berlinguer con la famigerata legge di parità scolastica che ha sottratto risorse alla scuola pubblica a vantaggio della scuola privata, in violazione e dispregio della Costituzione);

§ così come l’art. 11 è stato ripetutamente violato con le cosiddette missioni “umanitarie”

§ la salute subisce lo stesso tentativo di privatizzazione; come altri servizi pubblici e persino le risorse idriche;

§ le leggi sulla precarietà hanno origine nel pacchetto Treu e compimento (per ora, ma non è ancora finita) nella legge 30; anche in questo caso la violazione del dettato costituzionale è palese;

§ l’attacco alle pensioni (salario differito) e al salario, l’incremento dello sfruttamento e degli straordinari (detassati), hanno in personaggi come Ichino (PD), Amato, Dini, degni rappresentanti; a  cui fanno da contraltare i vertici sindacali che propongono in “alternativa” (sic!), contratti di 2° livello (vedi “gabbie salariali”) e “Fondi pensioni” affidati alla Borsa, cioè ai pescecani della Grande Finanza; 

 

In Parlamento si dichiarano tutti interessati a una stagione costituente per riscrivere la Costituzione, ci rendiamo conto che due (2!) partiti e i loro gregari NON HANNO LEGITTIMITA’ per dichiarare morta la Carta Costituzionale e procede a “colpi bipartisan” alla sua riscrittura?

 

Dalla perdita d’identità allo scivolamento a destra del partito della neo borghesia (PD)

Dopo diverse giravolte e varie forme di revisionismo gli attuali dirigenti del PD, per la parte ex DS, sono approdati, via via, a posizioni ultra moderate e, talvolta, reazionarie.

Tra i sindaci di quell’area politica da Cofferati a Chiamparino fino a Cacciari e De Luca, la vocazione  “securitaria”, secondo lo stile “tolleranza zero” di Rudolph Giuliani (sindaco di New York), va facendosi strada prepotentemente.  Oggi queste loro posizioni sono portate “ad esempio per tutti” dalla destra.

Ma la questione più grave riguarda lo sdoganamento di ogni forma di fascismo ad opera dei vertici DS a partire da Violante che ha compiuto l’ardita manovra di equiparare i “ragazzi di Salò” ai partigiani.

 

Il frutto marcio di questi “revisionisti” borghesi è che a Roma, Verona, ecc… i picchiatori fascisti rialzano la cresta, e a Cuneo “medaglia d’oro” per la Lotta di Liberazione, città di Duccio Galimberti e di Nuto Revelli, oggi i reduci di Salò scrivono: “egregio signor questore, il 10 maggio a Cuneo vogliamo commemorare l’eccidio di 28 militari perpetrato da bande partigiane comunista e sottaciuto per 63 anni”.

Ecco dove porta l’essersi schierati con le classi dominanti ed essere diventati essi stessi neo borghesia “revisionista” ammantata di una falsa verniciatura di sinistra.

Ciò comporta che sul piano tattico si distinguano di volta in volta le aperture da fare nei confronti del PD, così come sempre va distinta la base del partito e il suo elettorato dai suoi dirigenti. In tal senso occorre ribadire che sul piano strategico le nostre divergenze sono assolute e le nostre identità nettamente alternative; sul piano tattico si possono, entro certi limiti, accettare alleanze, purché siano mirate a migliorare le condizioni generali dei proletari e dei ceti deboli, siano volte a difendere la Costituzione nata dalla Resistenza e non a “rivederla”, e fintanto che le alleanze siano per la difesa della democrazia contro la deriva presidenzialista della destra.

Sul piano economico politico, al contrario, le nostre concezioni sono diametralmente opposte con chi considera il “mercato capitalista” unico arbitro della politica mondiale.  Al capitalismo “compassionevole” di Veltroni e del PD, i comunisti, devono contrapporre una lotta per il superamento dell’orizzonte capitalista. Occorre pertanto condurre una lotta serrata alla concezione borghese “liberista” del mercato. Senza questa netta distinzione, i comunisti, farebbero solo la misera figura di un “alter ego” del PD, ossia di una forza centrista moderata, perfettamente a suo agio nella gestione del capitalismo e dei suoi profitti.  

 

Che fare?

Oggi siamo al bivio.

 

Se saremo miopi, preda dell’infantilismo di sinistra, ci frammenteremo in un numero indefinito di piccoli partitini, ognuno col suo “leader(-ino) maximo”, fino all’estinzione di una Sinistra comunista in questo paese.

 

Se saremo intelligenti e sapremo mettere da parte gli “appetiti” di questo o quel leader dei micro partiti comunisti, potremo far rinascere una proposta nuova.

Rilanciare l’Unità dal basso dei comunisti diventa una necessità imprescindibile e irrinviabile. 

Perché dal basso, dai territori?

Perché il rischio mortale, come ha dimostrato l’esperienza fallimentare della Sinistra Arcobaleno, è che le operazioni “a tavolino”, senz’anima e senza un vero programma, fatte da questa classe dirigente spesso inadeguata, col “bilancino” per salvare qualche rendita di posizione, riproduca una nuova forma di gattopardismo, in cui si fa finta che tutto cambi perché tutto resti immutato.

 

Nella nuova fase, restare immutati (come in questi 20 anni) per salvare qualche rendita di posizione, significa condannare la Sinistra Comunista alla sua agonia o alla sua subordinazione alle logiche “compatibili col mercato” tanto care al PD.

A partire dai territori, quindi, per costringere le attuali segreterie a fare un passo indietro e a rinunciare alle rendite (perfettamente inutili e dilatorie), al contempo per rivivificare un dibattito asfittico e spesso “preconfezionato” che non serve a far crescere la coscienza e l’organizzazione.

Alcune note di pessimismo: sembra, ancora una volta, che si sottovaluti la fase politica che stiamo attraversando.  Sembra che la preoccupazione maggiore sia il riposizionamento delle leadership, come se il problema vero sia questo. Qualcuno è preoccupato anche di salvare il proprio posticino.

Molti hanno una visione da “coltivazione del proprio orticello” come accadeva nella 2° Repubblica, ma oggi siamo in una fase nuova (!!) che prefigura una Oscura Repubblica Presidenzialista, molto sbilanciata a destra, a cui dovremmo contrapporre una Terza Repubblica dotata di una nuova democrazia di tipo nuovo.

 

Oggi non è più tempo di gattopardismi e corse alle poltrone di dirigenti, perché vi è un ulteriore rischio (lo diciamo ai troppi aspiranti dirigenti) che vi sia una pletora di generali senza esercito. Se dovessimo commettere il peccato mortale di pensare a costruire due o più partiti senza seguito, (dotate solo di qualche “attendente”), faremmo come hanno fatto alcune piccole formazioni, scelte senza futuro, e faremmo del male a noi stessi e alla prospettiva di costruire una società comunista e democratica di nuovo tipo.

Pensiamo che nessuno dei firmatari dell’appello voglia rivivere la parabola discendente di questi anni con divisioni, rancori, minimalismi, settarismi, opportunismi.

 

 

Quale Sinistra Comunista?

La sinistra deve rappresentare una novità nel panorama politico, deve abbandonare la ricerca spasmodica di poltrone e deve fare proposte serie e credibili.

Deve comprendere che la permanenza nelle istituzioni non è il fine ultimo, bensì uno strumento per far avanzare il processo di emancipazione.

La coerenza tra quel che si dice e quel che si fa (anche dentro le istituzioni) non concede alcuno sconto.

Occorre ritornare nelle fabbriche, nei quartieri, nei luoghi di lavoro anziché stare solo dentro le stanze logore dei vari Palazzi istituzionali.  E quando siamo dentro quei palazzi occorre spalancare le finestre e far entrare l’aria fresca, collegando l’azione istituzionale con le azioni sul territorio, pena il rischio di “scollarsi” dalla popolazione.

Al contempo occorre una Grande Operazione Culturale per rilanciare l’idea di una società comunista credibile.

Per rendere credibile il vocabolo comunista occorre a) recuperare un po’ di sana teoria, b) spogliarlo dei luoghi comuni e delle incrostazioni.

È un compito immane, ma non vi sono scorciatoie, ci aspetta una Lunga Marcia, non attraverso il deserto come dice qualcuno, ma dentro la società viva e le sue contraddizioni.

 

QUALE Partito Comunista?  Alcune proposte:

 

·      costruire un Partito Comunista coerente, aperto, inclusivo, capace di suscitare entusiasmo e simpatia, con un progetto chiaro e comprensibile.

·      Un Partito nuovo che superi la frammentazione e i particolarismi, e gli “orgogli da orticello” senza se e senza ma.

·      Un Partito che nasca dall’inclusione a partire dalla base, che riunisca tutti i comunisti e le comuniste che siano stufi dell’andazzo attuale, a partire dalle compagne, compagni, simpatizzanti del PRC e del PDCI ma che non si fermi a loro.   Guai a pensare di costruire un partito che si limiti alla sommatoria dell’esistente.

·      Un partito dotato di una dialettica interna ricca, con un dibattito partecipato dove il processo decisionale non sia appannaggio di pochi, ma sia “reticolare” in senso orizzontale e proceda dal basso verso la segreteria, l’esecutivo, e viceversa.

 

E per le organizzazioni dei lavoratori?

 

È indubbio che la maggior parte dei quadri dirigenti del sindacato Confederale fa riferimento esplicitamente al PD, da ciò nasce una questione di coerenza tra una posizione di conflitto di classe, quale dovrebbe avere per sua natura un sindacato, qualsiasi sindacato che voglia difendere i lavoratori, e la posizione di “compatibilità col mercato e le sue leggi” teorizzata e praticata dal PD.

In particolare va denunciata la posizione di “equidistanza” tra Capitale e Lavoro come viene assunta nel pensiero veltroniano e come viene tradotta da molti dirigenti sindacali, con compromessi al “ribasso o in perdita”, che fiaccano la resistenza dei lavoratori e deprimono ogni speranza di riscatto. Inoltre va messa in discussione la democrazia nel processo decisionale e nella contrattazione: molte volte i lavoratori vengono messi con le “spalle al muro” dai propri rappresentanti che dichiarano, spesso in malafede, che non si possa ottenere di meglio e che occorre accettare un accordo già siglato per “fedeltà” alle scelte del sindacato.

Questo modo di procedere non ha nulla a che fare con la democrazia dei lavoratori e determina un generale atteggiamento di rassegnazione.

Inoltre, accade che su alcune questioni di fondamentale importanza, il sindacato promuova azioni controproducenti per i lavoratori. Sui contratti, ad esempio, propone la contrattazione di secondo livello che costituisce un formidabile grimaldello sulle condizioni generali, favorendo via via un contratto ad personam, che si inserisce in un panorama di generale atomizzazione dei lavoratori; in questa situazione il singolo non può far altro che accettare la “ghigliottina” del padrone.

Altro esempio riguarda la questione pensioni: dopo innumerevoli controriforme da Dini ad Amato, fino ai giorni nostri, nelle assemblee dei lavoratori sentiamo sempre più spesso interventi di sindacalisti che assomigliano a venditori, a promoter finanziari, dei Fondi pensione.  In tal modo, anziché lottare per ottenere la separazione tra assistenza e previdenza, i lavoratori si sentono dire che “occorre farsi una seconda pensione” attraverso i Fondi.

Anziché lottare perché i soldi della voce assistenziale ritornino ai lavoratori dopo i saccheggi che ignominiosamente hanno fatto le grandi imprese italiane (privatizzando i profitti e socializzando le perdite), i lavoratori si sentono proporre di affidare quote dei loro salari-differiti ai Fondi che, tra le altre cose, sono soggetti ai capricci del mercato borsistico e agli speculatori incalliti.

I lavoratori che dissentono dalla linea concertativa, così come i sindacati di base che vogliono fare sentire il loro punto di vista, sono messi a tacere o, peggio, gli viene negato il diritto di parola e di assemblea.

È evidente che occorre uscire al più presto da questo deficit di democrazia e di conflitto.

Occorre recuperare una missione etico-solidale-politica del sindacato che non può prescindere dalla precondizione di una maggiore democrazia interna e dalla ripresa del proprio ruolo storico: il conflitto, la difesa e l’estensione dei diritti e delle conquiste di classe. Occorre dare più voce alla base e riaprire un dibattito serrato su quali sono i compiti di un sindacato di classe:

 

·      Rilanciare una campagna per far rinascere un sindacato di classe degno di questo nome, che riunisca in una sana contaminazione i lavoratori che militano nei vari sindacati, sia confederali che di base.  Anche in questo caso c’è la necessità storica di superare le attuali organizzazioni: quelle confederali perché sono guidate da persone (dagli ex Pezzotta, Marini, D’Antoni, ecc.. a Angeletti, Bonanni, ecc..)  e da linee politiche che oggettivamente stanno molto poco dalla parte degli interessi dei lavoratori, e perché le forme di democrazia e rappresentanza sono molto spesso antidemocratiche; quelle di base (Cobas, Rdb, Cub ecc…) perché sono troppo frammentate e, spesso, viziate da particolarismo. Da queste però bisogna riprendere gli assetti democratici del processo decisionale e del confronto costante con la base.

·      Occorre ricostituire delle Nuove Camere del Lavoro che siano in grado di attirare e organizzare i lavoratori precari, stabili, migranti, ecc… dove il dibattito sia trasparente e coinvolgente; questi luoghi in mano ai lavoratori (e non alle caste sindacali come accade oggi) dovrebbero garantire una rete economica di protezione in grado di supportare i lavoratori, soprattutto precari.

 

 

Una piattaforma unificante

Poiché i processi hanno bisogno di tempo per generare frutti maturi e duraturi, pensiamo che ogni scorciatoia sia da abbandonare, al contempo, non si può pensare che organizzazioni provenienti da esperienze differenti possano immediatamente riunirsi (anche se sarebbe auspicabile).  Pensiamo  e cominciamo “a fare insieme”, sarà la pratica che farà da collante e permetterà alle diverse realtà di instradarsi verso un processo di riunificazione.

 

Proponiamo pochi punti qualificanti per cominciare a costruire la piattaforma per UN FRONTE UNITO DEI COMUNISTI CHE SAPPIA COINVOLGERE anche I SINCERI DEMOCRATICI:

 

·      RESISTENZA DEMOCRATICA per fermare la deriva anticostituzionale che vuole demolire la Costituzione della Resistenza per sostituirla con una costituzione Presidenzialista (persino di stampo sudamericano); per fermare l’insorgere di bande nere xenofobe e razziste che seminano il terrore fascista e che stanno prendendo piede in Italia in modo preoccupante;

·      LOTTA DI CLASSE per salari adeguati e pensioni dignitose; per combattere disoccupazione, flessibilità e precarietà, straordinari; per fornire reddito ai giovani e a chi perde il lavoro.

·      PER IL DIRITTO ALLA CASA contro il finanziamento (mutui) usuraio delle banche e delle Agenzie Finanziarie, con forme di finanziamento di mutui popolari.

·      DIRITTO DI PAROLA E DI ASSEMBLEA quali garanzie per una vera democrazia nei luoghi di lavoro che garantisca a tutti i lavoratori e a tutte le OO.SS. specie quelle di Base di poter esprimere il proprio punto di vista.

·      RIPRISTINO DELL’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE fuori l’Italia da ogni guerra e da ogni intervento “umanitario” che copre in realtà le politiche imperialiste. Fuori le basi militari Usa dall’Italia.

·      LAICITA’  dello Stato, della scuola, della cultura, per una reale emancipazione dalle ingerenze del Vaticano

·      DIFESA DEI DIRITTI ACQUISITI: occorre rilanciare una campagna per difendere ed estendere i diritti, dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, alla 194, ai diritti per i migranti.

 

Come si vede NON intendiamo proporre una “lista della spesa” che trovi d’accordo solo qualcuno, pensiamo a punti di interesse generale che possano coinvolgere e trovare l’accordo di tanti settori della popolazione e di tanti militanti comuniste e comunisti.

 

Su questi 7 punti facciamo convergere le intenzioni e le pratiche dei comunisti e dei sinceri democratici. 

 

Sapremo far prevalere questi interessi generali su quelli particolari?

 

Proviamo a partire dai territori riunendo tutti coloro che si riconoscono nell’esigenza di una società comunista che promuova l’emancipazione dell’uomo e sappia coniugare la solidarietà, la cooperazione, la distribuzione delle risorse con un modello di produzione basato sul superamento dell’imperialismo.

 

 

Settimo Torinese (TO) maggio ’08

Primi firmatari

Toni Colloca

Isa Giorgetti

Giovanna Coccia

Renzo Rolando