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UNA PAROLA AL GIORNO

RIFLESSIONI QUOTIDIANE SULLA

PAROLA DI DIO

a cura di don Franco LOCCI

 

 

APRILE 1997

 

 

MARTEDI’ 1 APRILE 1997

Gesù disse a Maria: "Non mi trattenere, ma va dai miei fratelli". (Gv. 20,17)

Mi ha sempre commosso questa pagina di Vangelo e la figura di Maria Maddalena.

A lei che cerca un morto, Gesù si mostra vivo, a lei che piange, Gesù dà la gioia, a lei, povera donna peccatrice, Gesù affida la missione di testimoniarlo. E proprio vero che l’unica strada per entrare nel cuore di Gesù è quella dell’amore. Non contano i gradi, le qualità esteriori, davanti a Gesù puoi anche aver sbagliato molto, ma se ami sei nel suo cuore e Lui ti purifica e non ha paura di affidarti la missione. Gesù ti chiama per nome. Alza gli occhi, non lasciare che le lacrime ti impediscano di vedere. Impara a conoscere il suo volto nei fratelli, negli avvenimenti della vita, nell’Eucaristia e nei sacramenti; sono tanti i modi di poterlo abbracciare "senza trattenerlo", ma per portarlo agli altri.

 

 

MERCOLEDI’ 2 APRILE 1997

"Egli entrò per rimanere con loro". (Lc. 24,29)

E’ venuto nel mondo proprio per questo. Per farsi accogliere e per rimanere con noi. Sì. Ha deciso di restare. D’ora in poi lo potremo trovare sulle nostre strade. Viaggia in incognito. E’ uno qualsiasi. Ha il volto comune di una persona che incontro o che mi ferma. Ci aspetta all’appuntamento dell’imprevedibile. Esige la prova dell’attenzione. Si rivela attraverso il "sacramento del fratello". Lui rimane in mezzo a noi. E noi dobbiamo riconoscerlo. Ogni incontro può essere incontro col vivente, col Risorto e quindi sorpresa, sconvolgente novità. Ogni incontro può essere un’apparizione. Quando è arrivato in mezzo a noi, "il mondo non lo riconobbe". Adesso che ha deciso di rimanere, il peccato per eccellenza diventa quello degli "occhi chiusi". Noi che ci sentiamo in diritto spesso e volentieri di masticare amarezza per le sue assenze e i suoi ritardi, in realtà siamo colpevoli recidivi di non riconoscimento.

 

 

GIOVEDI’ 3 APRILE 1997

"Di questo, voi mi siete testimoni ". (Lc. 24,48)

Gli apostoli sono testimoni di Gesù. Lo hanno ascoltato in quello che diceva, anche se non sempre lo hanno capito; hanno visto i suoi miracoli; lo hanno visto morire; lo hanno ‘toccato’ dopo la sua risurrezione. Su questi fatti si fonderà la loro predicazione. Gesù non e un’idea, un simbolo, è una realtà concreta. Gli apostoli non sapranno, come noi, spiegare per filo e per segno la risurrezione, ma potranno dire: "Io l’ho visto con i miei occhi vivo, l’ho ascoltato, ho mangiato con Lui". Il nostro mondo di oggi ha diritto di vedere in noi dei testimoni di queste cose. Ma, io l’ho visto il Risorto? Ogni volta che la sofferenza è vinta dall’amore, che il peccato e l’odio sono vinti dal perdono, ogni volta che la carità concreta supera barriere e divisioni è la testimonianza della risurrezione. La risurrezione non va spiegata, non può essere spiegata ma va testimoniata nei suoi effetti concreti. Ogni volta che il cristiano come Cristo e con Cristo vince il peccato, il pessimismo, la non speranza, grida al mondo la concretezza del Risorto.

 

 

VENERDI’ 4 APRILE 1997

Gesù disse loro: "Venite a mangiare". (Gv. 21,12)

Il Risorto è molto concreto e per far nascere la fede in Lui invita al gesto concreto e fraterno del mangiare insieme. Ed è nella concretezza dello spezzare insieme il pane che noi testimoniamo Gesù risorto agli altri. E’ incredibile, eppure in Italia si buttano, ogni anno, nella spazzatura, migliaia di tonnellate di pane, senza pensare che a sette, otto ore di jet da noi sarebbero manna. Il pane è il nostro alimento base, tant’è vero che diciamo "guadagnarsi il pane" per dire "guadagnarsi da vivere" e diciamo "perdere il pane" per dire "restare senza lavoro". Eppure spesso non diamo abbastanza importanza al pane e ancor più, lo rifiutiamo a chi non ci chiede la rosetta o il filone, il bianco o l’integrale, il magro o il vitaminizzato, ma ci chiede semplicemente pane.

 

 

SABATO 5 APRILE 1997

 

"Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". (Mc. 16,15)

Un bambino aveva accompagnato per la prima volta la mamma in chiesa. L’organo, i canti, le vetrate, tutto era nuovo per lui. Non poteva staccare gli occhi dalle grandi finestre con tanti magnifici personaggi colorati. Nel suo entusiasmo, disse alla mamma: "Mamma, chi è quella gente sulle finestre?". La mamma, in imbarazzo, perché non voleva disturbare, mormorò: "Sono dei cristiani, zitto, non parlare!". Qualche tempo dopo, a scuola, la maestra chiese: "Chi sa dirmi che cosa sono i cristiani?". Il bimbo alzò la mano. "Maestra, — disse — i cristiani sono della gente attraverso cui brilla la luce". La risposta di quel bambino, per ingenua che possa apparire, era molto bella. La luce del mondo, è Gesù che e venuto da presso a Dio, ed ha rivelato il suo amore e lo ha dimostrato col dono di se stesso. Egli ci incarica di lasciar trasparire la sua luce. Noi siamo "la luce del mondo". Nulla veli la diffusione di questa luce attorno a noi.

 

 

DOMENICA 6 APRILE 1997 – 2^ DOMENICA DI PASQUA ANNO B

"Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno!". (Gv. 20,28)

Questa beatitudine è per noi. Noi non abbiamo visto Gesù con i nostri occhi, non lo abbiamo toccato con le nostre mani, eppure crediamo che Lui è il Figlio di Dio, il Salvatore. Ma siamo proprio sicuri di non averlo visto? I segni di Dio sono in mezzo a noi, nella creazione, in noi stessi; il Vangelo ci parla di Lui? i suoi sacramenti ci danno la sua presenza e i suoi doni, i buoni ci danno testimonianza di Lui e dei suoi valori, i poveri e i bisognosi ci parlano continuamente della sua incarnazione.., quindi, se vogliamo, anche noi possiamo "vedere Gesù", le sue piaghe e la sua risurrezione. Quante volte in una giornata, anche noi, come Tommaso abbiamo occasione di fare il nostro atto di fede e dire: "Mio Signore e mio Dio".

 

 

LUNEDI’ 7 APRILE 1997

 

"L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth ad una Vergine chiamata Maria". (Lc. 1,26—27)

Mi ha sempre stupito una cosa: per annunciare l’evento centrale della storia, ci starebbe bene uno squillo di tromba, una grande teofania, un impianto scenico da colossal televisivo. L’angelo Gabriele invece parla un linguaggio umano. Usa una parola comune: "Buon giorno, Maria". Sembra di essere di nuovo al mattino della creazione, allora: "Dio vide.., che era una cosa buona", ora il "Buon giorno" è annunciato a chi porterà Gesù, Colui che rinnova la creazione, l’Uomo nuovo. Anche il contesto è un luogo comune: non siamo nella grandiosità del Tempio, ma in una casa. Non è Maria che deve andare in estasi: è Dio che si incarna, Dio entra in una minuscola casa di un piccolo paese. L’Immenso si sistema nello spazio più ristretto: il grembo di una donna.

 

 

MARTEDI’ 8 APRILE 1997

"Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?". (Gv. 3,12)

Il cielo è una componente essenziale dell’uomo perché "l’avanti" non gli basta: ha bisogno del "lassù". Se esistesse solo l’ "avanti", ad un certo momento, tu uomo, che hai amato, lavorato, sofferto, faticato, non esisteresti più. Svolta la tua funzione storica di 70—80 anni, finiresti per sempre. Ma allora a che pro vivere? Non accetto di essere concime storico, ho bisogno del "lassù", ho bisogno del cielo perché sono un uomo e non una cosa. Non posso essere usato e poi buttato: non si può essere Persona solo per qualche giorno. Essere Persona è uguale ad essere immortale! Ecco perché coloro che stimano l’Uomo per quello che è veramente, trovano che "il cielo" entra nella sua definizione.

 

 

MERCOLEDI’ 9 APRILE 1997

"La Luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce". (Gv. 3,19)

Quanta gente vive al buio. Il buio della sofferenza, dei valori, del senso della vita, del vuoto... Eppure c’è una luce che può illuminare: Gesù è la luce del mondo che ci dà Dio Padre, senso della vita, fonte dei valori, pienezza di eternità amorosa, forza nella sofferenza. E noi uomini, e noi cristiani che abbiamo Gesù spesso preferiamo andare a cercare luci fatue e tremolanti piuttosto che gioire della luce vera. Preferiamo brancolare nell’opacità della materia, nel rumore di applausi che passano, nello sfarfallio vano del denaro e rimaniamo nel buio, che ci fa barcollare, preferiamo camminare a tentoni e cadere e portarci addosso tutte le paure che il buio ingenera. Eppure la vediamo la sorte meschina di questo mondo che ha rifiutato la luce di Dio, vediamo le conseguenze di ingiustizie, di violenze, di sofferenze, di vuoto assoluto. Perché non lasciarci illuminare? Perché non venire fuori dal buchetto dell’egoismo per lasciarci anche scaldare da questa luce che rinnova la vita e il cuore?

 

 

GIOVEDI’ 10 APRILE 1997

"Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui". (Gv. 3,36)

Il pensiero di S. Giovanni è un pensiero ciclico, che ritorna ripetutamente su un certo numero di temi, come le onde del mare. "Credere" o "rifiutare di credere"... questo è il dilemma radicale."Vivere" o "non vivere ... questa è la conseguenza. Per Giovanni, per Gesù il non credente volontario, non vive, è morto. Ci si può chiedere se un certo numero dl quelli che oggi affermano di essere non credenti, abbiano coscientemente fatto questa scelta. Gesù stesso, sulla croce, scusa i suoi persecutori, dicendo: "Essi non sanno quello che fanno. Non sta a noi e a nessuno sulla terra giudicare su chi sia credente o meno. Ma resta la parola di Gesù: "Chi rifiuta di credere non avrà la vita". E’ un severo invito a verificare la qualità della mia fede. La fede non è un qualcosa che si ha o non si ha una volta per tutte. E allora, chiediamoci: sta crescendo la mia fede?

 

 

VENERDI’ 11 APRILE 1997

"C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente". (Gv. 6,9)

Se non c’era questo ragazzo che, nella sua povertà e nella sua generosità, offriva a Gesù quanto aveva, tutte quelle persone avrebbero sofferto la fame. Un riccone arrivò in Paradiso. Per prima cosa fece un giro per il mercato e con sorpresa vide che le merci erano vendute a prezzi molto bassi. Immediatamente mise mano al portafoglio e cominciò a ordinare le cose più belle che vedeva. Al momento di pagare porse all’angelo, che faceva da commesso, una manciata di banconote di grosso taglio. L’angelo sorrise e disse: "Mi dispiace, ma questo denaro non ha alcun valore". "Come?", si stupì il riccone. "Qui vale soltanto il denaro che sulla terra è stato donato", rispose l’angelo. Oggi, non dimenticare il tuo capitale per il Paradiso.

 

 

SABATO 12 APRILE 1997

Ma Egli disse loro: "Sono io, non temete" (Gv. 6,20)

Gli apostoli sono soli. E’ notte. C’è vento forte sul mare.

Sembra la descrizione esatta di certi periodi della nostra vita. Gli amici se ne sono andati. La malattia è venuta a trovarti. I tuoi progetti migliori sembrano essere vani. E per di più è notte. Non vedi nulla. Ti assalgono mille paure, mille dubbi e anche: "Gesù non era ancora venuto da loro". Magari lo hai anche chiamato, ma sembra non sentirti, addirittura non esserci. Ma può Dio abbandonare la sua creatura? Questi apostoli non si lasciano andare e non abbandonano neppure di remare, anche se sembra tutto inutile.., e allora Gesù arriva proprio nel modo e nel posto dove non se lo aspettavano: arriva in mezzo al mare, al buio, camminando sulle acque. E’ notte? Stai convivendo con paure, sofferenze, dubbi? Grida, arrabattati, ma continua a remare, spellati le mani, lotta magari anche in modo sbagliato, non arrenderti. E proprio quando tutto sembra perso, quando sei nell’impossibile, arriva Lui a dirti "Sono io", "Sono Dio", "non temete".

 

 

DOMENICA 13 APRILE 1997 – 3^ DOMENICA DI PASQUA ANNO B

"Per la grande gioia, ancora non credevano". (Lc. 24,41)

Questa frase del Vangelo sta quasi a dire: Troppo bello per essere vero! Ossia, quando Dio delude, si inventano pretesti per non credere. Ma allorché Dio sorprende oltre i nostri sogni, non possiamo credere, subodoriamo un inganno. La morte fa paura. La Risurrezione ancor di più. La Croce di Gesù spaventa. La sua gioia ci rende sospettosi. Non hanno il coraggio di seguirlo lungo la "Via Crucis", ma non ce la fanno neppure a tenergli dietro la via della risurrezione. Il Risorto è impegnativo, scomodo, disturbatore ancor più di quando predicava nei villaggi. Forse gradiremmo altri segni. Che dormisse con noi. Che ci lasciasse abbandonati alla nostra mediocrità. Invece Lui insiste: "Aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture". Ritengo che non fosse solo questione di cervello. Probabilmente il Maestro è riuscito a far cantare la Parola nei loro cuori. i testimoni nascono cosi. Con la musica dentro.

 

 

LUNEDI’ 14 APRILE 1997

"Questa è l’opera di Dio: credere in Colui che Egli ha mandato". (Gv. 6,29)

A noi che cerchiamo sempre che cosa fare, Dio risponde: "C’è una cosa sola da fare: credere a Gesù", le opere vengono dopo e devono essere conseguenza della fede. Ancora una volta la nostra fede non è l’incontro con un’idea, non è una serie di atti religiosi, non è un manifestare volontarismo per compiere tante opere, è incontrare "Colui che Dio ha mandato". Noi crediamo a Gesù. E’ una persona concreta come noi, è il Figlio di Dio che ci salva, è la Via, la Verità, la Vita, è la risurrezione dai morti, è il Pane della vita eterna... Spesso, guardando la mia vita, mi chiedo: "Ma Gesù l’ho incontrato davvero? oppure ho incontrato solo le sue apparenze?". Se l’avessi incontrato davvero dovrei avere meno paure, più speranza, più gioia. La mia vita dovrebbe trasparirle maggiormente e allora le mie "opere" dovrebbero essere la conseguenza di questo incontro sconvolgente.

 

 

MARTEDI’ 15 APRILE 1997

"Io sono il Pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete". (Gv. 6,34)

Dovremmo spesso fermarci a contemplare ciò che queste parole ci suggeriscono. Noi siamo fatti per Dio che lo vogliamo o no! La nostra vera fame, è una fame di Dio..., il nostro solo vero nutrimento è quello che viene da Dio. "Perché spendete soldi per quello che non è fame e spendete per ciò che non sfama?" diceva già il profeta lsaia. Qual è la mia fame? In che modo cerco di nutrirmi? Penso siano sufficienti alle mie esigenze, le cose, i denari, il cibo, il piacere, la cultura? Cerco davvero Dio? Sento il bisogno di avvicinarmi spesso all’Eucaristia? Tra le mie letture che spazio ha la Parola di Dio? Oggi, una malattia che va purtroppo di moda in campo alimentare è l’anoressia, ma penso che di questa malattia in campo spirituale purtroppo siano malati molti cristiani.

 

 

MERCOLEDI’ 16 APRILE 1997

"Questa è la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda nulla di ciò che mi ha dato". (Gv.6,39)

Certi modi di vedere Dio giudice non gli rendono giustizia. Capita spesso di incontrare fedeli e sacerdoti che vivono nel terrore dell’essere condannati da un Dio sempre pronto ad annotare nel suo libro ogni nostra più piccola mancanza per poterla, quasi con gusto sadico, punire, o su questa terra o con l’inferno. La volontà di Dio è la salvezza della Sua creatura. Tutta la Bibbia esprime questa sua volontà culminata in Gesù, Figlio di Dio incarnato. A Gesù è stato dato il compito e il potere di salvarci. Dio ci ha affidati nelle sue mani. Noi, per il Padre, valiamo il sangue che Gesù ha versato. Quindi Dio non è contro di noi, ma per noi. Se noi riconosciamo, accettiamo, viviamo il Figlio siamo destinati alla vita eterna. Di Dio non si deve aver paura. Rispetto sì, giusto timore in quanto è l’Onnipotente, diverso da noi, ma paura no! Piuttosto, nel nostro tentativo di conformarci a Cristo, deve esserci l’attenzione a non chiudergli le porte: ecco il peccato, perché alla fine non sarà Dio a condannarci ma il nostro peccato di chiusura alla misericordia di Dio.

 

 

GIOVEDI’ 17 APRILE 1997

"Se uno mangia di questo Pane, vivrà in eterno". (Gv. 6,51)

Il primo libro della Bibbia, la Genesi, afferma che Dio aveva fatto l’uomo per l’immortalità, infatti egli "era in un giardino dove c’era l’albero della vita". L’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, afferma che Dio ridarà questa immortalità. Ora, Gesù, in questo brano del Vangelo, ci dice che questa immortalità ci è già ridonata attraverso la fede e l’Eucaristia: "Chi mangia questo pane, vivrà". Si potrebbe obiettare: ma anche coloro che mangiano il Pane eucaristico, muoiono come tutti! Ebbene, Gesù afferma che il nutrimento eucaristico ricevuto nella fede, mette il fedele in possesso, fin d’ora, di una "vita eterna" sulla quale la morte fisica non ha alcuna presa. Più che un dogma, più che una morale, più che una ideologia, il cristianesimo è questo: la divinizzazione dell’uomo! La gioia e il rendimento di grazie dovrebbero essere propri dei cristiani, infatti Dio ci dona la sua vita eterna!

 

 

VENERDI’ 18 APRILE 1997

"Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita" (Gv. 6,53)

Quello che Gesù fa è un discorso scandaloso per gli Ebrei che lo ascoltano. Mangiare la carne di un altro è scandalo, ancor di più lo è il sangue. Gesù, dunque, mette in relazione queste sue parole con la donazione totale che farà di se stesso sulla croce. L’Eucaristia è il reale memoriale della Passione e Morte di Gesù. Chi fa l’Eucaristia mangiando il suo Corpo entra in comunione con questo mistero, ne partecipa, è chiamato a viverlo. Troppe volte abbiamo ridotto la Comunione a un momento intimistico: ci esaminiamo se non abbiamo fatto qualche peccato, riceviamo l’Eucaristia, ci coccoliamo "il nostro Gesù!". Tutto questo, pur essendo valido, è riduttivo. Se celebro e ricevo l’Eucaristia annuncio e proclamo il Signore risorto, mi unisco e accetto la sua Passione e Morte, attendo con gioia e fermezza il suo ritorno che preparo con la mia vita resa conforme a Colui che ho ricevuto.

 

 

SABATO 19 APRILE 1997

"Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna". (Gv. 6,68)

La nostra epoca è quella delle comunicazioni. Quante persone ci vendono parole che, a detta loro, dovrebbero darci felicità. La propaganda ci dice che il consumare un determinato prodotto dovrebbe renderci felici. Se voti il tal partito avrai benessere. Se vai dal tal mago ti proteggerà e avrai sempre soldi e salute... Eppure noi sappiamo benissimo che sono imbrogli. Gesù non ci promette che staremo sempre bene, anzi parla di croce. Non vuol venderci nessun prodotto, anzi, ci regala se stesso. Non vuole aggregarci ad un partito e non ci promette né successo né potere. Ma Lui che è la Via, la Verità, la Vita, dà senso al nostro vivere, gioire, soffrire. Ci parla di vita da gustare qui e da valorizzare, e di vita che dura per sempre. Le sue non sono parole chiacchiere. E’ Lui stesso la Parola prima ed ultima di Dio.

 

 

DOMENICA 20 APRILE 1997 – 4^ DOMENICA DI PASQUA ANNO B

"E ho anche altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore". (Gv. 10,16)

Ho trovato una volta un amico fantasioso che usava questo versetto del Vangelo per dire: "Ecco, dunque c’è vita anche in altri mondi. E Gesù è in giro per galassie e pianeti a radunare tutti in un solo gregge". Non penso che Gesù abbia voluto dirci questo ma soltanto indicarci il suo profondo desiderio affinché tutti possano conoscerlo e incontrano. E presentandosi come buon Pastore, Gesù chiede a noi di diventare, imitandolo, pastori che si prendono cura dei fratelli per portarli a Lui. Non siamo noi che salviamo, ma Gesù ci chiede di diventare un buon tramite perché Lui possa giungere ad altre persone. Non siamo noi che dobbiamo portare gli altri a noi stessi ma dobbiamo portare a Gesù. Eviteremo così di creare divisioni con il Corpo di Gesù e permetteremo a Lui di unirci insieme per camminare, sotto la sua guida, verso il Padre.

 

 

LUNEDI’ 21 APRILE 1997

"Io sono la porta; se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo". (Gv. 10,8)

Nel cammino della nostra vita noi troviamo tante porte. Porte aperte e porte ermeticamente chiuse, porte invitanti, allettanti e porte difese da guardie e mastini, Il pensiero può aprirci o chiuderci la porta della conoscenza, quell’amico può aprirci o non aprirci la porta per trovare lavoro, puoi aprire la porta del tuo cuore per amare o chiuderla per rintanarti nel tuo egoismo. Il peccato ha fatto chiudere la porta di accesso al giardino dell’Eden dove cresce l’albero della vita. Gesù è la porta aperta che conduce a Dio. Per arrivare al Padre, al Regno, all’eternità si passa attraverso Lui. Se ti trovassi a voler entrare in un castello difeso da mura invalicabili, attorniato da un largo fossato pieno di coccodrilli, l’unico modo per entrare è che qualcuno cali il ponte levatoio. Gesù è il ponte che ci unisce a Dio, è il passaggio verso la meta e la speranza dell’eterno. E’ inutile cercare altre porte, altre strade: non portano da nessuna parte.

 

 

MARTEDI’ 22 APRILE 1997

"Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono". (Gv. 10,27)

Mi è capitato spesso di assistere a dibattiti religiosi o pseudo religiosi. Il più delle volte si termina con le due parti avverse che hanno litigato magari per due ore e che alla fine non solo non si sono ascoltate, ma vanno via ancora più radicate nelle proprie idee. Gesù, pur disputando con i Giudei, pur rispondendo ai loro quesiti, sa bene una cosa: non è solo questione di ragionamenti, di filosofie, è questione di ascoltare, riconoscere una voce, fidarsi e seguirla. La nostra fede non la si conquista a forza di ragionamenti, anche se la ragione può aiutare, ma si entra in essa quando si incontra la persona di Gesù, quando ci si mette in ascolto di Lui, quando si comincia a riconoscere la sua voce in mezzo a tutte le altre, quando ci si fida di Lui e quando si ha il coraggio e la gioia di seguirlo.

 

 

MERCOLEDI’ 23 APRILE 1997

"Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo". (Gv. 12,47)

Dio non è un nemico, un antagonista. Dio non è contrario alla ragione, Lui ce l’ha data perché la usiamo, non è contrario alla gioia, anzi ci parla di buone notizie per la vita terrena e per quella eterna. Dio non è sempre lì con il suo occhio indagatore a scrutare la nostra vita, pronto a cogliere il minimo fallo per avere la gioia sadica di poterci mandare all’inferno, se no che senso avrebbe tutta la storia della salvezza? Gesù non è venuto sulla terra perché i peccatori vengano condannati, ma Lui stesso si è fatto peccato perché i peccatori siano salvi: "C’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che non per novantanove giusti che perseverano Dio, Gesù, ti sono favorevoli, alleati, ti vogliono salvo, gioioso.

 

 

GIOVEDI’ 24 APRILE 1997

"Chi accoglie Colui che io manderò, accoglie me". (Gv. 13,20)

E’ il 25 Febbraio 1966. Don Carlo Gnocchi, il prete che aveva raccolto tanti ragazzi mutilati durante la guerra dando loro una casa e un amore, viene portato in clinica, colpito da un male incurabile. Non c’è più niente da fare. A un amico che lo conforta dice: "Mi rincresce tanto morire, sai? Ma se Dio vuole.. La mattina del 28, la morte è lì; don Gnocchi chiama il professor Galeazzi: "Tra qualche ora i miei occhi non serviranno più... e invece ci sono dei ragazzi che hanno bisogno di tornare a vedere... Allora mi faccia un piacere: appena muoio, viene qui con i suoi ferri, mi toglie le cornee e le innesta su due ragazzi. Mi dica che lo farà.. Morì quella sera e il suo desiderio si compì: oggi c’è una mamma (Amabile Battistello) che vede i suoi figli con gli occhi di don Gnocchi. Vivere non è raccogliere: vivere è lasciare qualcosa. Chi vive unicamente per possedere, vive a rovescio. Se c’è cosa inutile, sono le tasche negli abiti dei morti!

 

 

VENERDI’ 25 APRILE 1997

"Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". (Mc. 16,15)

La festa di S. Marco, l’autore del Vangelo, ci ricorda come con la forza dello Spirito, il Vangelo si è sparso nelle terre più lontane. Dio si serve di poveri uomini, delle loro parole, dei loro scritti, della loro vita per comunicare la salvezza. Dio chiama anche te. Non importa se sai parlare di Lui, se si scrivere di Lui, Dio vuole te, la tua persona, il tuo amore per Lui e poi si fida di te, ti dà il suo Spirito perché tu vada in nome suo. Ed è proprio lo Spirito che ha fatto conoscere Gesù al mondo tramite il servizio degli apostoli, dei discepoli, degli evangelisti, dei missionari. Ed è ancora lo Spirito che guida l’opera dei cristiani di oggi sempre che essi si fidino più di Lui che non di se stessi.

 

 

SABATO 26 APRILE 1997

"Signore, mostraci il Padre e ci basta". (Gv. 14,8)

Filippo aveva visto l’amore di Gesù per il Padre, aveva sentito con quale amore Gesù parlava del Padre, aveva provato la gioia di scoprire che Dio era il Padre buono che perdonava il figliol prodigo, che era Colui che si rivelava ai piccoli e ai poveri, che vestiva i fiori del campo e che pensava agli uccelli del cielo, e allora rivolge questa domanda a Gesù. Ma Gesù, gli risponde: "Guarda, Filippo che basta vedere me per vedere il Padre." Gesù e il Padre sono uno. Gesù opera nell’amore del Padre. Gesù manifesta il Padre che ha preso il suo volto umano. Una conoscenza corretta di Gesù non si ferma alle sue opere esteriori o ai fatti della storia, ma rimanda sempre alla Trinità, e ogni volta che il cristiano cerca di identificarsi a Gesù si avvicina al Padre e, a sua volta, mostra al mondo la paternità sapiente, creatrice, misericordiosa, amorevole del Padre.

 

 

DOMENICA 27 APRILE 1997

"Rimanete in me e io in voi". (Gv. 15,4)

Il verbo "rimanere" nel Vangelo di Giovanni è uno di quelli che caratterizzano la risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio. "Rimanere", "Dimorare" indica qualcosa di più di un legame superficiale, provvisorio. Va oltre la semplice vicinanza, per esprimere una realtà profonda, uno scambio vitale, un rapporto duraturo. Si tratta di "dimorare" nella sua parola Non basta che la parola risuoni dall’esterno. Occorre che penetri, venga assimilata fino a diventare la regola ispiratrice della propria condotta. Si tratta di "dimorare in Gesù", cioè di spostare il centro di interesse da noi stessi a Lui. Gesù è il terreno dove pone le nostre radici perché "senza di Lui non possiamo far nulla".

 

 

LUNEDI’ 28 APRILE 1997

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola". (Gv. 14,23)

Spesso non osserviamo i suoi comandamenti perché sappiamo amare poco e qualche altra volta è proprio la pigrizia a giocarci brutti scherzi. Tra i padri del deserto, c’era un monaco molto pigro. L’abate, per non scoraggiarlo con un duro rimprovero e per indurlo saggiamente a fare qualcosa, gli narrò questa parabola. Un uomo aveva un giardino incolto e ordinò al figlio negligente di dissodarlo con cura. Il figlio vi si recò, ma nel vedere cardi e spine si scoraggiò. Perciò pensò bene di sdraiarsi a terra e dormire. il padre, che era un uomo accorto e saggio, propose al figlio: "Figlio mio, piuttosto di non far niente, lavora ogni giorno solo quel pezzo di terreno che occupi dormendo". In breve tempo, mettendo in pratica questo semplice consiglio, il figlio negligente dissodò tutto il terreno.

 

 

MARTEDI’ 29 APRILE 1997

"Cinque ragazze erano stolte e cinque sagge". (Mt. 25,2)

Nella festa di S. Caterina da Siena ci viene riproposta la parabola delle vergini sagge e stolte. Esse erano tutte felici di partecipare alla festa di nozze, ma a qualcuna di loro mancava qualcosa. Domandarono ad un monaco buddista, avanzato nella meditazione, come fosse possibile, nonostante tante occupazioni, essere sempre raccolto. Egli disse: "Quando io sto in piedi, io sto in piedi; quando cammino, io cammino; quando mangio, io mangio; quando parlo, io parlo. "Questo lo facciamo anche noi", rispose l’uomo che lo interrogava. E quello riprese: "No, quando voi siete seduti, voi state già in piedi; quando state in piedi, voi correte già; quando voi correte, voi siete già alla meta".

 

 

MERCOLEDI’ 30 APRILE 1997

"Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto". (Gv. 15,2)

Se c e una cosa difficile da accettare i è la potatura di chi opera già il bene. Riusciamo a capire i rami secchi che vengono eliminati, anzi qualche volta ce la prendiamo con Dio perché non fa piazza pulita dei cattivi, ma perché la sofferenza per chi sta operando il bene? Gesù parla di una prospettiva di frutti migliori. Il frutto è poi sempre uno: la carità, l’amore. E’ vero che la potatura, le prove, le tentazioni, le sofferenze sono contrarie alla vita, alla serenità, allo star bene ma abbiamo mai pensato alla sofferenza come ad un momento di purificazione che può migliorarci interiormente e che può farci puntare a valori umani e cristiani sempre più alti? La potatura può farci o rinsecchire oppure può farci portare frutti qualitativamente migliori.

     
     
 

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