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Marzo 1999

 

PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO 

QUARESIMA 1999

a cura di don Franco LOCCI

 

 

Carissimi amici,.

 

Il cammino della Quaresima ci prepara a rivivere il mistero di salvezza della Pasqua di 6esù E’ il centro del nostro essere cristiani.’ ‘Mentre eravamo peccatori, Cristo morì per noi e "Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede. E allora, augurando vi che i doni della Pasqua possano raggiungere abbondanti le vostre famiglie,desidero offrirvi questa raccolta di pensieri sulla passione di Gesù In queste pagine troverete un po’ di tutto. Molto materiale è tratto dai dodici anni della Parola al Giorno, altro è nuovo. E’ un po’ come se ci fossero diverse piste (personaggi dello passione, noi, il dolore...) per Seguire, accompagnare, pregare, riflettere su quel mistero d’amore e di sofferenza, di donazione e di incomprensione che è la Passione di Gesù. Come usare queste pagine ? Lasciate che la vostra fantasia e il vostro amore per Gesù vi suggeriscano il modo migliore. Soprattutto lasciate che Io Spirito Santo, al di là delle parole scritte, suggerisca Lui sentimenti, preghiere, propositi... Davanti alla passione di Gesù non possiamo essere indifferenti, come non possiamo essere indifferenti davanti alla passione dei nostri fratelli ma, soprattutto, non ci manchi mai la prospettiva verso cui porta la sofferenza e la morte di Cristo; la risurrezione che apre alla redenzione totale. Ricordiamoci sempre con affetto e simpatia. E sia una Pasqua di risurrezione per tutti voi.  don Franco

 

 

 

PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO

 

 

Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua. Pietro e Giovanni chiesero a Gesù: "Dove vuoi che prepariamo?" (Lc.22,1.8)

 

Gesù:

Padre, è la grande festa dell’Alleanza, E’ la festa che proclama la tua fedeltà nei secoli. Essa ricorda che cosa hai fatto ai nostri padri, al nostro popolo e, ricordando, attualizza il tuo amore per noi e l’impegno nostro alla fedeltà a te. Il mangiare insieme l’agnello che sì è sacrificato per salvarci è un consumare la vittima sacra e quindi sentirci uniti tra noi e continuatori dell’Alleanza. Ma, Padre dov’è l’Agnello, quest’anno?

C’è un calice che devo bere, e come desidero berlo! Sono venuto proprio per questo, desidero essere fedele a Te, Padre e fedele agli uomini, ma il dolore fa male, la paura è forte. Non è così immediato e semplice scegliere la parte dell’agnello sacrificale. lo che ho detto ai miei discepoli: "Andate; ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi" so perfettamente che non è facile. In un mondo di lupi un agnello ha ben poco da star sicuro. Già lupo tra lupi è difficile sopravvivere! Mantenersi onesti in mezzo ai disonesti significa mettersi tra i perdenti; cercare valori che vadano aldilà del materiale significa essere considerato un sognatore, sinonimo per molti di imbecille, pagare poi al posto di qualcun altro col rischio non solo di non essere neanche ringraziato, ma addirittura osteggiato, è da stupidi. Andate, Apostoli a preparare questa Pasqua e non preoccupatevi neppure troppo dell’agnello, se vi ricordate già Giovanni il Battista, indicandomi a voi mi ha chiamato: "Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie il peccato del mondo".

 

 

"Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv.13,1)

 

Noi:

Tutto per Te comincia di qui. Tu vuoi fare la volontà di tuo Padre: come uomo e come Dio, ami come Lui! Ed è proprio questo amore che ti spinge ad amarci fino all’estremo: Tu, Dio Creatore ti fai schiavo per la tua creatura, Tu, Signore, lavi i piedi sporchi di noi poveri peccatori; Tu, servo di Dio, usi il grembiule della donna di casa per servirci; Ti fai tutto a tutti; spezzi il tuo corpo per noi, "ti fai mangiare" da noi. Sei un Dio affamato di amore: l’unica cosa che desideri da noi è che accogliamo il tuo amore e da te impariamo ad amare. Tutto quello che succederà dopo è già qui: la tua passione, la tua morte, la tua risurrezione hanno senso perché sono per lavarci i piedi, le mani, il cuore. Grazie Gesù I Fa che non vada perso tutto questo tuo amore. Fa che, colpiti e coinvolti dal tuo amore, impariamo anche noi la strada del servizio e della donazione, e con te possiamo fare il "passaggio" dalla morte alla vita, dall’egoismo all’amore vero.

 

"Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con Lui e disse: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché vi dico: non la mangerò più finché essa non si compia nel Regno di Dio." (Lc.22,14-16)

 

Gesù:

Quando sono nato, già l’Angelo mi ha chiamato Emmanuele, il Dio-con-noi. Se ho lasciato i cieli è per stare con voi, è perché amo questa umanità, amo e rispetto questo corpo creato per la dignità e la gloria, amo stare alle vostre mense. I benpensanti, le teste d’uovo, si sono scandalizzati e mi hanno addirittura tacciato di ‘beone e mangione perché la mia predicazione più importante è avvenuta proprio a tavola: a tavola ho fatto il primo miracolo della gioia per quei due sposi di Cana, sotto la spinta di mia Madre; a tavola mi sono lasciato lavare i piedi dalle lacrime di conversione della peccatrice; a tavola ho raccontato le parabole; alla mensa di Zaccheo è avvenuta la sua conversione; a tavola, nei prati, ho sfamato 5000 persone con pochi pani e pesci... Ed ora sono a tavola con voi amici che bene o male avete condiviso il cammino con me. A questa mensa pasquale ci sono tutti i ricordi, da quelli della storia della salvezza ai ricordi del nostro trascorso insieme ma c’è anche in me la consapevolezza che non solo io a mangiare la Pasqua, ma sarà la Pasqua e sarete voi a mangiare me.

 

 

"Sorse anche una discussione, su chi di loro poteva essere considerato il più grande". (Lc. 22,24)

 

E’ proprio dura non essere capiti. Io, il Figlio di Dio sono lì , pronto per dare la vita, con addosso una nostalgia terribile e quali discussioni mi tocca sentire? Proprio l’opposto di quanto ho insegnato. Ci sarebbe da scoraggiarsi. Forse l’avete provato anche voi. Voi genitori che avete fatto di tutto per i vostri figli e non solo non li trovate pronti a ringraziarvi, ma col dito puntato per dirvi tutto quello che non avete fatto e che avreste dovuto dare loro. Voi preti onesti che dopo aver faticato e dato tutto per il vostro popolo vi sentite ancora dire che avete trascurato il popolo per i vostri interessi. Voi insegnanti coscienziosi che vedete cadere la fatica del vostro insegnamento nell’indifferenza e nella derisione... E’ proprio questo il momento di non perdersi d’animo, anzi il momento di "rendere la faccia dura come la pietra", non tanto per diventare insensibili, quanto per vincere la tentazione del dire: "Ma a che serve?".

 

 

"Mentre cenavano si alzò da tavola, depose le vesti e preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli". (Gv. 13,4-5)

 

Gesù:

Le parole non bastano, l’ho insegnato tante volte: "Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". E’ inutile mettersi a discutere, rimproverare, adirarsi con chi non ha capito o non può capire o non vuoi capire. Ed ecco allora il gesto. Quante volte Dio, mio Padre ha parlato al suo popolo, ma questo popolo dalla "dura cervice" non ha ascoltato. Quante volte Dio ha parlato e fatto: l’Alleanza non è solo un trattato firmato da Dio e dal suo popolo, è Storia concreta della salvezza; a Dio non è bastato promettere un Salvatore, Dio ha mandato me, fatto uomo, concreto. A questi apostoli che parlano su chi sia il più importante, alla mia Chiesa che continua a discutere sull’autorità del Papa e dei vescovi, ai preti che più che interessarsi al bene del proprio gregge pensano a titoli di onore, ai cristiani che nelle comunità vogliono apparire migliori di altri.., a tutte queste persone non serve dare delle parole, ed ecco allora il mio gesto. E’ il gesto di chi si è consegnato nelle vostre mani, il gesto dello schiavo, lo, Dio, non ho paura di sporcarmi le mani con i vostri piedi sporchi, lo sono il servo di Dio e lo manifesto servendo gli uomini, chissà che questo lo capiate e che allora cambi il vostro modo di cercare onori e posti di potere.

 

 

"Cominciò a lavare i piedi dei discepoli" (Gv 13,5)

 

Gesù:

Ho davanti a me questi miei amici, sbigottiti, e mentre lavo loro i piedi, vedo i "piedi dei messaggeri di pace" che corrono per il mondo a portare la buona notizia, vedo i piedi gonfi e pieni di bolle e calli dei miei missionari, vedo i piedi stanchi e affaticati dei lavoratori, vedo le gambe gonfie di fatica ti tante mamme; asciugando quei piedi accarezzo i piedi morbidi e gioiosi dei bambini, penso ai miei piedi che presto verranno piagati da quel chiodo, penso ai piedi dei paralitici che non possono correre ‘come gazzelle sulle alture, penso alla peccatrice che ha lavato i miei piedi e li ha asciugati con suoi capelli, penso a chi fa tanta strada dì penitenza per emendarsi dal male, penso a chi sì china con fatica sulle piaghe doloranti dei malati.... Ecco la mia ricompensa per questo gesto umile: mi accorgo che se anche non verrò capito, il mio amore per voi uomini è speso bene; ci saranno sempre dei piedi che potranno essere confortati da me.

 

 

Gli disse Simon Pietro: "Non mi laverai mai i piedi". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò non avrai parte con me". Gli disse Simon Pietro: "Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo". (Gv. 13,8-9)

 

Gesù:

Non si può non amare un uomo così. E’ un impulsivo, e il suo carattere lo giocherà tante volte. Proprio in questa sera, esaltato per quanto succede, si sentirà di fare promesse come: "Darò la mia vita per te", e ci proverà pure, prima estraendo la spada, poi entrando anche nel cortile del Sinedrio, ma poi non ce la farà e il suo desiderio di salvarsi, di agire con le sue forze lo porterà a rinnegarmi, ma poi anche a piangere amaramente. Lo so che sei un generoso, Pietro, ma conosco anche la tua debolezza, so che entusiasmi e paure convivono in te. Ma ti amo lo stesso. Ti amo per quello che sei anche se vorrei vederti diverso. Ti ho scelto come capo della Chiesa proprio per questo, per far capire ai miei figli che li amo come sono anche con i foro limiti, i loro difetti, ma che li voglio vedere diversi. Qualcuno mi fa troppo esigente e qualcuno troppo indulgente. Io amo la persona con tutti i suoi limiti, ma non amo i limiti in sé, li capisco, li perdono, ma voglio che tu li affronti, che tu non ti nasconda davanti ad essi.

 

 

"Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri".

(Gv. 13,14)

 

NOI:

Spesso siamo disposti a fare molte cose per i nostri fratelli: insegnare loro la verità (quasi noi la possedessimo), dare consigli sul modo di comportarsi, certe volte arriviamo a dare anche dei nostri soldi (purché gli altri ne apprezzino il dono e ne usino come noi vorremmo), ma siamo disposti a "lavarci i piedi a vicenda"? Siamo disposti a cercare la verità insieme e con umiltà? Siamo pronti ad amare e a collaborare con chi la pensa diversamente da noi e ci dà fastidio? Siamo disposti a perdere del nostro tempo prezioso per qualcuno dal quale, molto probabilmente, non riceveremo nulla in contraccambio? Siamo disposti a non storcere il naso davanti a un vecchio non troppo pulito o davanti ad una piaga da medicare che pure ti sconvolge? Siamo disponibili a non giudicare con preconcetto quel familiare che non la pensa come noi? Lavare i piedi, fare questi servizi non dà gloria, non ti mette nelle pagine dei giornali o sulla bocca della gente, spesso non è riconosciuto neppure dai fratelli di fede, ma è la più bella Eucaristia che possiamo celebrare.

 

 

"In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà ".(Mc.14,18)

 

NOI:

Essere stati scelti, chiamati da Gesù, aver abbandonato tutto per seguirlo non rende immuni dalla possibilità del tradimento. Essere stati battezzati, aver conosciuto Gesù al catechismo, essere stati suoi intimi e commensali dei suoi sacramenti, avere dei parenti preti o vescovi non ci rende automaticamente sicuri della nostra fedeltà. Ognuno di noi ha sempre la terribile possibilità di tradire se stesso, il prossimo, Dio. Non fidiamoci troppo di noi stessi della nostra supponenza, del nostro ruolo e neppure della nostra fede: ricordiamoci spesso la frase di San Paolo che sembra ovvia mentre invece è di un realismo che ci coinvolge: "Chi sta in piedi, badi a non cadere".

 

 

"Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altra: Sono forse io?" (Mc.14,19)

 

GESU’:

L’ho sentita arrivare, questa domanda. I miei amici, gli Apostoli, prima si sono meravigliati che potesse esserci un traditore tra loro, prima si sono guardati intorno, hanno chiesto anche concretamente : "Chi è?", ma alla fine è arrivata anche questa domanda: "Sono forse io?". Questa è la domanda più giusta. Quando si sente parlare di un colpevole, non guardare in direzione di un vicino, non scandalizzarti perché anche tra persone perbene, anche in comunità cristiane può esserci il traditore, comincia a guardati dentro. Non scansare quella parola deviandola su altri, accetta che ti colpisca, che ti schiaffeggi, che apra una strada verso la tua coscienza, devi permetterle che ti giudichi, che ti metta in discussione. Prova a dirti: "Si, forse potrei essere io, perché nel mio cuore alberga il bene ma anche il male, perché quei trenta denari qualche volta mi fanno gola, perché non ho ancora capito bene l’amore di Gesù.." Ricordati che la fedeltà in certi casi si può esprimere anche riconoscendosi capaci di qualsiasi tradimento.

 

 

"Uno dei discepoli, quello da Gesù prediletto, stava appoggiato sul petto di Lui". (Gv.13,23)

 

GIOVANNI:

 

Sono Giovanni, il discepolo ‘prediletto di Gesù’. Questo fatto mi ha procurato tanta gioia, ma anche tante incomprensioni, lo so che per Gesù ‘prediletto’ non significa mettere in graduatoria l’amicizia, lo so solo che lo amavo, stravedevo per Lui e so che Lui mi voleva un bene immenso, più che a parole noi ci amavano con tutto noi stessi, io amavo stare "ai suoi piedi" come Maria, la sorella di Lazzaro, io bevevo tutte le sue parole, anche i gesti erano spontanei, significativi, come questo mio reclinare il capo sul suo petto. Gesù non fa distinzione di persone, ama tutti, è morto per tutti, ma Gesù ama anche ciascuno di un amore individuale, personale. Non c’è da essere gelosi gli uni per gli altri, c’è solo da gioire al pensare che "il Signore mi ama in modo tutto particolare" ed anche perché ciascuno di noi può rispondere personalmente a questo amore particolare. Se posso darvi un consiglio, nel rispondere all’amore di Gesù, non scimmiottate nessuno, neanche i santi, ‘amate con tutto voi stessi e soprattutto lasciatevi amare di quell’amore particolare che Gesù ha per ciascuno.

 

 

"Giuda, il traditore, prese la parola: Sono forse io, Rabbi? Ed Egli disse a lui: Tu l’hai detto". (Mt. 26.25)

 

Noi:

Ancora oggi, quando appare il nome di Giuda tutti sentono il bisogno di calcare la mano. Il nome Giuda ha esaurito tutti gli epiteti più infamanti contenuti o meno nei dizionari. E’ facile trovare in lui un capro espiatorio di tutto il male e scaricare su di lui quelle che sono le nostre colpe e i nostri tradimenti. il tradimento di Giuda è un mistero come è mistero il tradimento del cristiano. Forse Giuda è nella notte perché continua a restare nei suoi criteri umani, continua a voler essere lui a guidare il Cristo invece di lasciarsi guidare da lui, Giuda è il cristiano che sta con Cristo fino all’ultima cena, ma che poi non sa vivere ciò che essa significa.

 

 

"Allora uno dei dodici, chiamato Giuda lscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: Che cosa siete disposti a darmi se io ve lo consegnerò?" (Mt.26,14-15)

 

Giuda:

Potrei dirvi molte cose a mia difesa, ma non lo farò perché il mio errore, il mio peccato più grande è stato proprio quello di mettermi sempre al centro della vicenda, del pensare di poter essere io ad aver capito tutto, di essere io a smuovere Gesù da quel suo pacifismo ad oltranza. Una cosa però voglio dirvi: il male non arriva mai all’improvviso. Si prepara in tempi lunghi, cerca le piccole crepe per penetrare in noi, In me ha giocato sul mio egocentrismo, sul mio protagonismo, sul mio attaccamento alle cose e al denaro, sulla mia insincerità, e poco per volta sono diventato più importante io di Lui. Ed anche il mio ultimo gesto è stato guidato da questa mia mentalità accumulata negli anni. Se avessi capito che l’amore di Gesù era più grande del mio pur grande peccato, sarei stato perdonato, avrei continuato forse ad essere apostolo; invece, anche lì, il mio egoismo mi ha fatto pensare più a me, alla mia vergogna, alfa mia sconfitta che alla sua misericordia. Se accettate un consiglio da Giuda: credete più al perdono di Dio che al peccato.

 

 

 

"E quelli fissarono a Giuda la somma di trenta monete d’argento". (Mt.26,15)

 

Noi:

Poche monete per una vita, Il costo di una bomba antiuomo e un bambino muore giocando e un altro rimane mutilato per tutta la vita. Poche migliaia di lire e un uomo potrebbe vincere la lebbra, invece essa lo porterà all’emarginazione e alla morte. Per quanto poco si può vendere un uomo, una vita, una speranza! Trenta denari, al tempo di Gesù corrispondevano al prezzo di uno schiavo e Gesù per amore si lascia vendere schiavo. Trenta denari era la paga di un pastore e il Buon Pastore di tutti dà, per trenta denari, la vita per le sue pecorelle. Signore, per pochi denari rischio la mia anima, per pochi denari comprometto la vita di un fratello: fammi capire che il denaro, che pure serve nella vita, non è il metro della vita; aiutami a non v9ndermi per denaro, a non venderti per denaro, a non vendere nessuno per un pugno di denaro che non avrò neppure la magra soddisfazione di portarmi nella tomba.

 

 

"Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione. (Lc. 21,15)

 

Noi:

Certe feste come il Natale, la Pasqua, sono belle per quanto celebrano, ma anche per l’insieme di ricordi, di affetti che suscitano in ciascuno di noi. Per un Ebreo, la Pasqua era la gioia di ritrovarsi insieme, di mangiare in famiglia, soprattutto di ricordarsi delle proprie origini, della fedeltà di Dio, della liberazione, della propria terra, della speranza riposta per il futuro nel Dio fedele. Per te, Gesù, quella Pasqua era il desiderio di realizzare la volontà di tuo Padre, la tua missione, in una parola, pur con tutta la paura umana del dolore, della prova che ti aspettava, il desiderio di amare immensamente Dio e noi. Le prove, da quelle piccole, fino a quella suprema della morte, aspettano anche noi al varco, lo sappiamo, ma noi facciamo di tutto per evitarle, per nascondercele, per sfuggirle e spesso, quando sono inevitabili, o ci ribelliamo o le subiamo. Signore, insegnaci a vivere pienamente tutta la nostra vita. Donaci l’ansia dell’amare in ogni momento, di trasformare in amore per te e per il prossimo, ogni situazione.

 

 

"Prese un pane, rese grazie, Io spezzò.. (Lc.21, 19)

 

Noi:

Un gesto abituale, quello del padre di famiglia, che spezza e distribuisce il pane. Un gesto però che si carica della memoria di una storia di salvezza cominciata in secoli lontani e proseguita nella fedeltà di Dio che continua adesso nella drammaticità del presente. Non è solo più il pane della fraternità, ma è un corpo spezzato, è la vita donata. Grazie Gesù, del dono dell’Eucaristia. Perdonaci per quando trascuriamo questo dono, per quando lo riduciamo ad un rito, per quando non sappiamo tradurlo in fraternità, in pane di carità per i fratelli. Donaci di saper riconoscere sempre in questo pane la concretezza del tuo amore per noi. Fa’ che non offendiamo la tua generosità con il nostro egoismo. Aiuta anche noi a diventare pane di forza, di affetto, di comprensione, di condivisione con i fratelli.

 

 

"Prendete, questo è il mio corpo" (Mc. 14,22)

 

Noi:

Tenendo conto di ciò che succederà nella passione, l’espressione: "Questo è il mio corpo" potrebbe venire completata così: "Questo è il mio corpo tradito, percosso, fatto oggetto di schemi e oltraggi, è il mio corpo crocifisso". Comunicare con quel corpo significa ricevere tutto quello che quel Corpo ha subito. Certo è anche un corpo "glorioso". Glorioso perché la risurrezione manifesterà che l’amore riporta la vittoria sul tradimento, sulla violenza e sugli insulti. Comunicare con quel corpo significherà sempre, per la comunità cristiana, assimilare la Sua forza di amare e la Sua capacità di perdono. L’Eucaristia, allora, non è tanto uno "stare con Lui", ma "lasciarsi portare con Lui". Partecipare all’Eucaristia rappresenta un preciso impegno a crescere e ad essere presenti ovunque l’uomo soffre.

 

 

"Questo è il mio corpo". (Mc.14,22)

 

Noi;

Una volta, vista la lingua diversa e l’abituale distrazione, era il suono del campanello, che durante la messa ci richiamava all’attenzione per il momento della consacrazione. Oggi, usando la nostra lingua dovrebbe essere più facile fare memoria viva dell’ultima Cena di Gesù, ma anche qui, spesso, la ritualità e l’abitudine hanno il sopravvento, per cui rischiamo, come gli apostoli, di non capire il vero senso dell’Eucaristia. Cenacolo e Getsemani sono profondamente uniti, Cenacolo e Calvario sono una cosa sola, Cenacolo e Risurrezione non possono essere indipendenti. E’ lo stesso corpo che qui si fa pane, che è donato nella sofferenza, che vive per sempre. Per vivere bene l’Eucaristia non basta dire: "Qui c’è Gesù!". Bisogna comprendere il significato di questo dono. Comunicare al suo corpo è partecipare alla sua Passione, morte e Risurrezione, fare la Comunione allora non è tanto un intimistico "stare con Lui" ma donare, patire, risorgere, andare, con Lui.

Arturo Paoli, calcando un po’ le tinte racconta che: "Durante il noviziato avevo un confratello, molto serafico che mi chiedeva continuamente: "Che cosa dici a Gesù quando fai la Comunione?". A me , sinceramente dava fastidio perché non sapevo che cosa dire. "E tu che cosa gli dici" "Ah, come ti amo!". "E io sai che cosa gli dico? Gli dico: "Come sei pesante, Signore, come pesi, come pesi"

 

 

"Prendete, mangiate... Bevetene tutti. Perché questo è il sangue della nuova alleanza che è versato per molti in remissione dei peccati". (Mt. 26,26-27)

 

Gesù;

Qualcuno dì voi si chiederà perché l’istituzione dell’Eucaristia proprio in questo momento, perché la sera del tradimento, della fuga , dell’abbandono? Sembra quasi che "quel boccone" spinga Giuda verso il buio della notte a "far presto quello che doveva fare", sembra che intorpidisca gli occhi degli altri appesantendoli nel sonno, sembra che questi amici non capiscano niente..

Amici, non mi sono fatto pane per i buoni. lo mi faccio pane per chi ha bisogno di mangiare, per chi ha bisogno di me. lo non mi faccio pane solo nei giorni solenni, quando si veste l’abito della festa che spesso coincide con l’abito dell’esteriorità. lo sapevo a cosa stavano andando incontro i miei amici, sapevo che avevano bisogno della mia forza, non per non sbagliare, fuggire o tradirmi, ma per avere nostalgia di me, fame di me, perché potessero un giorno ritornare a me. Quanto tradite la mia Eucaristia voi uomini che, per un falso senso di rispetto, vi escludete i fratelli in difficoltà o in peccato dimenticando che l’Eucaristia è proprio per la remissione dei peccati. E poi chi di voi, anche se buono, se confessato, se pieno di buoni propositi, sarebbe degno di accostarsi a me, se non fossi io ad invitarvi? Venite a me, vi aspetto non solo quando siete buoni o presumete di esserlo, ma quando avete fame, quando non siete sicuri, con le vostre forze di promettere di cambiare certe situazioni, venite, saziatevi di me, lasciate che sia la mia presenza, la mia grazia venire incontro alla vostra povertà.

 

 

"Fate questo in memoria di me". (Lc.22,19)

 

lo:

Quando ne ho l’occasione, ad esempio in vacanza, cerco di mettermi in fila con la gente che "va a Messa" e questo non tanto perché non apprezzi il fatto di officiare l’Eucaristia, quanto piuttosto perché qualche volta mi piace entrare in chiesa per poter celebrare da semplice fedele, senza l’apprensione dei riti, non dovendo "far prediche ad altri", ma con il desiderio di ascoltare.

Mi ero preparato bene: avevo letto e meditato le letture prima di partire da casa; mentre mi avvicinavo alla chiesa pensavo a tutti quei miei fratelli con i quali e per i quali Gesù offriva la sua morte e risurrezione, e poi... poi mi hanno rapinato la Messa: un disco intonava canti che nessuno cantava, un impianto di audizione mal piazzato non lasciava capire le già stentate letture; un prete che doveva avere mille impegni e tutti importanti che hanno fatto sì che sfornasse una messa in 27 minuti, compresi gli avvisi del parroco e dell’invito alla "santa" elemosina. "Signore, non si fa così!" E intanto la Messa era andata avanti e, all’uscita, mi sono accorto che, se qualcuno aveva fatto di tutto per "rovinarmi la Messa", ero io che pensando a tutte queste cose vere, mi ero perso l’unica cosa importante per cui ero andato a Messa: Gesù e il suo mistero di incarnazione, comunione e redenzione.

 

 

"Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò" (Mt. 26.35)

 

Noi:

Povero Pietro! Così sicuro di sé, cosi pieno di entusiasmo! E pensare che questa esperienza l’aveva già fatta una volta: quando, davanti alla domanda di Gesù: "Voi chi dite chi io sia?", aveva lasciato parlare in sé lo Spirito santo, era arrivato alla professione di fede; quando aveva ragionato con la sua testa e con il suo buon senso umano si era meritato da Gesù un : "Vattene da me, tu mi sei Satana!". Ora si fida di sé, non riesce a capire il dramma e il mistero di Gesù e ci casca di nuovo. E’ facile, davanti alla povertà di altri, dire: "Se ci fossi stato io al suo posto!". E’ facile addirittura pensare leggendo la passione di Gesù: "Se al posto di quegli apostoli ci fossi stato io non sarebbe successo". Qualche volta poi ( e ci fa sentire importanti), vogliamo riparare nella preghiera per chi offende Gesù, sentendoci così buoni e superiori agli altri. E’ anche facile dire: "Quel povero, se vuoi uscire dalla sua situazione deve comportarsi così e cosà" oppure dire che se si ha fede si deve affrontare la malattia in quel modo. Quando pensiamo e ragioniamo così una voce dovrebbe ricordarci che anche per noi ci può essere un gallo in agguato pronto a cantare sulla nostra debolezza.

 

 

"Gesù disse a Pietro; In verità ti dico: proprio tu, oggi, prima che il gallo canti mi rinnegherai tre volte" (Mc. 14,30)

 

Noi:

Oggi esistono addirittura "scuole delle motivazioni" che cercano di aiutare gli uomini a trovare se stessi, a sentirsi forti, sicuri di sé. Se è un bene conoscere a fondo se stessi, vincere le timidezze e le paure, c’è però il rischio costante del pensare che tutto dipenda da noi, dalle nostre forze. Pietro è sicuro di sé quando proclama la propria fedeltà a Gesù ma non è abbastanza umile (cioè: realista ) da vedersi com’è, con i propri limiti e da chiedere aiuto. Non è essere timidi o paurosi, l’ammettere i propri limiti. Non è da vigliacchi chiedere aiuto, è semplicemente sapere che se non e’ è una forza speciale che viene da fuori di noi, da soli non ce la facciamo.

 

 

 

 

"E uscendo se ne andò con i discepoli al monte degli Ulivi e cominciò a provare paura e angoscia". (Mc. 14,33)

 

Gesù:

La festa della Pasqua è finita e comincia la mia Pasqua di passione. Ho bisogno di silenzio, di preghiera, ho bisogno di trovare il Padre. Dal volto stanco degli apostoli, dal loro parlare su chi sia il più grande e chi il traditore ho capito che due sofferenze mi aspettano. quella terribile fisica, ma anche un’altra ancora più terribile: la solitudine, quella solitudine che toccherà il suo abisso quando anche il Padre sembrerà abbandonarmi. Ho bisogno adesso di Lui per affrontare la solitudine, non solo mia ma di tanti uomini. Solitudine di interi popoli abbandonati alla loro sorte, alla morte di fame perché non rientrano nella logica produttiva dei potenti, solitudine di bambini abbandonati o trascurati perché la necessità del lavoro (o altre volte anche solo la logica del profitto e del successo) li lascia soli per intere giornate, solitudine degli emarginati e dei poveri che nelle megalopoli rumoreggianti magari trovano le mille lire, ma difficilmente qualcuno che abbia un po’ di tempo per loro, solitudine degli anziani che hanno solo più nei ricordi il loro unico sfogo, solitudine dei moribondi che dietro un pio (o ipocrita) paravento muoiono in una corsia d’ospedale. Ecco perché, preso da queste angosce attanaglianti ho bisogno di incontrare nella preghiera il Padre, per potergli rimanere fedele nella solitudine ed anche per poter essere fedele e solidale con voi, per poterti dire che anche quando arrivano certe prove, certe solitudini in cui ti senti abbandonato da tutti, anche se non lo senti, Lui c’è, Lui sa, Lui ti può rinnovare la speranza.

 

 

"Vegliate e pregate per non entrare in tentazione" (Mc.14,38)

 

Noi:

Nella sua solitudine Gesù sembra quasi elemosinare una preghiera dai suoi amici e ci indica la forza della preghiera per vincere la tentazione.

La tentazione di Gesù è uguale alla nostra. Non è tanto il diavolo come ce lo raffiguriamo noi, con tanto di coda, corna e forchettone, quanto il solito pensiero di poter risolvere i problemi unicamente con le nostre forze. La tentazione di Gesù e la nostra può essere quella o di fuggire o di risolvere con la forza. Vinci la tentazione solo se ti fidi di Dio, delle sue strade misteriose, se conti poco su te stesso e molto su di Lui, e qui hai bisogno di forza. E in questo caso valgono di più le gambe che sanno inginocchiarsi che quelle che sanno correre, le mani che sanno giungersi che quelle che sanno diventare pugni, il cuore che sa farsi tenerezza che non quello che sa indurirsi.

 

 

"E diceva: Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io ma ciò che vuoi Tu". (Mc. 14,36)

 

Noi:

Proprio nel momento dell’abbandono, dell’angoscia, della tentazione, scaturisce una delle più belle e profonde preghiere di Gesù che diventa esempio di come dovrebbe essere la nostra preghiera. Prima di tutto la confidenza: "Padre" (il termine è ancora più familiare: "Papà buono"). Gesù non parla al Dio dei filosofi o dei teologi, non ad un Dio lontano, ma a suo Padre, ad un Dio misterioso fin che si vuole, ma che ha "sentimenti e viscere" di Padre. Gesù si fa presente al Padre e fa il suo atto di fede in Lui, poi gli presenta la sua situazione: la morte, l’angoscia, la delusione, la solitudine gli fanno paura. Gesù, nella sua umanità non ha nessuna voglia di soffrire e di morire. Ma la sua preghiera va oltre. Si fida totalmente del Padre. E’ disposto sulla parola del Padre, a compiere la sua volontà. Mi chiedo se le nostre preghiere sono così: semplici, poche parole essenziali; una preghiera che è sempre atto di presenza, una preghiera che dice quello che si desidera, ma che ha fiducia che Dio, Padre, andrà oltre la nostra richiesta. Quando prego ho veramente tanta fiducia da dire: "Padre, non come voglio io, ma come vuoi Tu"? E se poi Dio mi prende sul serio?

 

 

"Pregava ancora più intensamente ed il suo sudore divenne come gocce di sangue che colavano fino a terra".

(Lc. 22,44)

 

Noi:

Quella del Getsemani è una preghiera talmente intensa e carica di sentimenti che ‘costa sangue a Gesù’. Noi, spesso crediamo che la preghiera sia un angolo beato, e se è vero che da essa possiamo trovare conforto, è anche vero che se non è preghiera rituale, parolaia, ma sincera, essa risente anche della tragicità dei momenti difficili della vita. Signore Gesù, la tua preghiera era talmente vera, talmente difficile, piena di dolore per il dolore tuo e del mondo, che anche il tuo corpo vi ha partecipato. Hai sudato sangue, ma nonostante tutto hai avuto la forza di fìdarti dì Dio e di abbandonarti a quel Padre che, per amore ti chiedeva la vita. Noi ci fermiamo spesso alla prima parte della tua preghiera e chiediamo che siano allontanate le prove. Aiutaci a fidarci anche al buio sapendo che tutto, anche quello che non capiamo, quello che ci fa gridare, nelle tue mani è un bene per noi e per gli altri.

 

 

"E il suo sudore divenne come gocce di sangue che cadevano fino a terra" (Lc. 22,44)

 

Il Dolore:

Gesù sa benissimo quello che sta per succedergli. Egli stesso ha detto a Giuda: "Quello che devi fare, fallo presto". Ha fretta di farla finita e lo vuole, ma la sua natura umana si ribella davanti ai dolore e alla prova. Inizia allora questa tragica lotta tra la sua volontà e la sua natura : cominciò a sentir "paura e angoscia". Queste gli derivano soprattutto da due cose: il doversi far carico di tutti i peccati del mondo e il prevedere in anticipo tutte le sue sofferenze fisiche e morali. Tutto questo porta Gesù a sudare sangue. E’ il fenomeno fisico, rarissimo, ma descritto in medicina come "ematoidrosi". Essa si produce in condizioni particolarissime: una spossatezza fisica accompagnata da una scossa morale, conseguenza di una profonda emozione e di una grande paura. Il fenomeno consiste in una intensa vasodilatazione dei capillari che ci sono sotto la pelle. Questi si rompono a contatto con le ghiandole sudoripare. Il sangue si mescola al sudore e, dopo l’essudazione si coagula sulla pelle. Da notare che queste emorragie microscopiche si producono su tutta la pelle, la quale in tal modo diventa debole, indolenzita, resa fragile per tutti i colpi futuri che Gesù dovrà affrontare.

 

 

"Li trovò addormentati" (Mc.. 14,40)

 

Noi:

Questi occhi pesanti non sono solo frutto di un pranzo abbondante, ma sono occhi ciechi, incapaci di vedere, di vegliare, di cogliere il mistero che si sta compiendo. Sono i nostri occhi che diventano incapaci di cogliere l’amore dì Dio, di vedere il vero volto di Cristo oggi. Siamo noi, che talmente abituati da televisione e giornali, vediamo ogni giorno la passione di Gesù negli uomini, ma dormiamo. Quando al mattino apro il giornale, mi ripropongo di leggerlo da cristiano che si informa, che prega, che cerca di andare aldilà dei semplici fatti. Ma le notizie, le cattiverie, gli odi sono talmente tanti che qualche volta ti trovi a pensare: "Beh, oggi nella cronaca non c’è niente di importante" e hai appena finito di registrare le solite tre o quattro rapine, le decine di scippi, il barbone cui hanno incendiato il cartone su cui dormiva, la sporcizia negli ospedali... E siccome "non c’ è niente di speciale", a parte le solite guerre, le rappresaglie, i rapimenti, i ricchi che arricchiscono sempre più, guardi i programmi della televisione per sapere come ti stordirai questa sera o il risultato della partita su cui è più facile discutere. E’ vero che per il novanta per cento di questi casi non si può fare niente, ma è giusto essere addormentati quando Gesù viene ed ha bisogno dite?

 

 

"Gesù gli disse: Giuda con un bacio tradisci il Figlio dell’Uomo?". (Lc. 22,48)

 

Noi:

Chissà perché lo avrà fatto? Perché era predestinato? Perché amava i soldi? Perché si riteneva deluso da Gesù? Per provocare una reazione di Gesù? Qualunque sia stato il motivo, certo è che la scelta di un bacio per tradire è terribilmente triste. Noi riusciamo a capire che ci sono persone invidiose, persone che ci odiano, ma quanto è amaro scoprire il tradimento del nostro amico, della persona che amiamo. Gesù, il tradimento del tuo amico Giuda. è forse uno dei dolori più grandi per te. Lo avevi scelto, chiamato, amato, aveva camminato, mangiato con te... ed ora te lo trovi contro. Signore, quando l’amore è tradito viene voglia di non amare più. Eppure tu hai continuato ad amare Giuda, lo avresti anche perdonato come perdonerai agli altri e a coloro che ti metteranno in croce. Ti chiediamo con tutto il cuore: quando l’amore è tradito, fa che non tradiamo l’amore.

 

 

".... e lo baciò". (Mc. 14,45)

 

Noi:

Ogni volta che vedo una mamma baciare il suo bambino rimango profondamente colpito dal profondo rapporto che questo gesto così semplice instaura: rapporto di sicurezza e protezione, rapporto affettivo e senso di pace, gusto di vita, piacere e serenità. Così, spesso, vedendo due fidanzati o sposi baciarsi è facile capire che questo gesto parte dal cuore, passa attraverso gli occhi e i sensi e comunica più di lunghi discorsi. Giuda sceglie il bacio come segno del tradimento e prima di tradire Gesù tradisce questo segno d’amore. Giunge ancora a noi un profondo insegnamento evangelico da questo "bacio tradito": neppure i segni più grandi sono immuni dal rischio di falsità ed ipocrisia. Ogni segno ha senso se dietro al segno c’è una persona che dà senso al gesto. Noi cristiani spesso abusiamo di parole e di gesti. Qualche esempio: preghiamo dicendo: "Ti amo, mio Dio, con tutto il cuore" ma il mio cuore è tutto di Dio o delle mie preoccupazioni? Ci scambiamo in chiesa la stretta di mano augurandoci la pace, ma qualche volta stiamo macchinando contro qualcuno che ci ha offeso per fargliela pagare non per vendetta.., ma per senso di giustizia!". Ho visto certi incontri tra cristiani (ed anche tra preti) pieni di sorrisi, di pacche sulle spalle, di parole più grosse di noi e poi ho visto gli stessi, nel quotidiano, neppure salutarsi per la strada. Quel bacio di Giuda è segno di innumerevoli tradimenti dell’amore.

 

 

"Con spade e bastoni siete venuti a prendermi". (Mc. 14,48)

 

Noi:

A chi fa paura Gesù?

Gesù fa paura a Giuda, infatti egli si raccomanda di portarlo via "sotto buona scorta. Quella di Giuda non è malvagità. Giuda ha paura dì doversi incontrare con Gesù faccia a faccia. La "buona scorta" deve servire a rendere inoffensivo non un delinquente particolarmente pericoloso, ma un innocente che Giuda non osa più guardare in faccia dopo il tradimento.

Gesù fa paura ai capi del popolo. Hanno visto i miracoli, sanno che Gesù ha un buon numero di seguaci, potrebbe esserci un’insurrezione popolare. Essi calcolano in termini di potere, e chi non ragiona come loro diventa un’incognita, un rischio e quindi fa paura.

E a noi Gesù fa paura?

Gesù non è venuto nel mondo per far paura ma per aiutarci a vincere le paure. L’unica paura dovrebbe essere quella di non essere fedeli alla sua parola.

 

 

"Rimetti la spada nel fodero". (Mt.26,52)

 

Gesù:

Non mi sono mai trovato così indifeso come quando qualcuno dei miei amici cerca di difendermi nella maniera sbagliata. lo voglio vincere soltanto con l’amore. Quando invece si pretende di vincere con altre armi ( potere, forza, leggi, astuzie mondane, diplomazia terrena, finanza) ne esco sconfitto ( dagli amici, non dagli avversari), e continuo a dirvi: deponete quelle armi, non sono quelle del Vangelo, con la forza non convincerete nessuno, con il potere vi farete solo dei nemici, i soldi creano invidia e non servono a comprare il cuore di nessuno. Io non sono impressionato dalle "spade e bastoni" dei miei nemici. Sono molto più allarmato per quella spada di Pietro. lo vi ho insegnato un amore più forte di tutto il male. La spada non sconfigge il male, lo perpetua.

 

 

"Lo condussero davanti al Sinedrio e gli dissero: Se tu sei il Cristo, diccelo". (Lc. 22,66)

 

Noi:

Signore. donaci, un segno. Quante volte vorremmo avere un segno concreto e sicuro di Lui: "Se mi vuoi bene, guariscimi! Se vuoi che creda in Te, dammi la prova...". E presi nel ricercare una risposta come la vorremmo noi diventiamo incapaci di leggere e capire le migliaia di segni che già abbiamo. Qui i farisei, gli scribi, i sommi sacerdoti non cercano neppure più un segno. Di miracoli, di segni Gesù ne aveva già fatti tanti; cercano piuttosto un "non segno" che permetta loro una giustificazione per accusare Gesù, un qualcosa che li faccia sentire giusti, ortodossi nella loro religione e che al tempo stesso permetta di togliere di mezzo Gesù che con le sue parole, con la sua vita, con i suoi discepoli, comincia a diventare ingombrante, che non rientra "nell’ordine costituito". Gesù, purtroppo siamo abilissimi nelle maschere: sappiamo nascondere con un sorriso ipocrita, l’odio, il rancore, il disprezzo; sappiamo vestire di giustizia anche i soprusi, troviamo mille motivi per giustificare azioni indegne. Diciamo di cercare la verità, ma non sarà che, invece, abbiamo paura della verità perché ci incomoda? Aiutaci a togliere la maschera per far emergere il volto di Dio che è in noi.

 

 

"Alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di Lui". (Mc. 14.57)

 

Noi:

li resoconto del processo davanti al Sinedrio è come il resoconto di tanti falsi processi e di tante ingiustizie perpetrate contro gli uomini. Quando si vuole fare del male a qualcuno, la scaltrezza degli uomini trova tutto ciò che le è necessario e anche l’atto più nefando si riveste di forme di giustizia Gesù accetta in silenzio e vede sfilare queste tristi persone che però non riescono a trovare l’accordo. Mi sembra di leggere tra le righe ciò che l’evangelista vuole insinuare: quando ci si mette contro la verità, è difficile trovare un accordo ed esplodono le contraddizioni. Non è possibile mettersi contro Gesù e dire il vero. E il silenzio di Gesù è il maggior rimprovero. Il suo non è il silenzio della passività o della protesta, ma è l’amore che prende su di sé ogni ingiustizia. Gesù è veramente "il servo innocente che non aprì bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca".

 

 

"Allora il Sommo Sacerdote si stracciò le vesti dicendo: Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?". (Mt.26,65)

 

Sommo Sacerdote:

Vorrei dire una parola in particolare a tutti coloro che detengono o pensano di detenere il potere religioso, affinché la mia esperienza non sia inutile. Noi preti, religiosi pensiamo di avere un incarico particolare da Dio. Ed è vero, siamo scelti e mandati per un qualcosa più grande di noi. Ma attenzione a confondere missione e servizio con potere ed autorità. Noi, con la scusa della Bibbia o del Vangelo siamo portati a diventare protagonisti, giudici, politicanti e rischiamo di non essere più al servizio della Parola di Dio, ma di usare la Parola per i nostri intrighi, interessi politici: io per salvaguardare "la purezza della legge", per togliere di mezzo un bestemmiatore, per paura di una insurrezione, non solo non ho riconosciuto il Messia ma non ho saputo neanche vedere l’uomo che avevo davanti.

 

 

"Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso". (Mc. 14,65)

 

Noi:

Le stesse persone che hanno cercato la maschera di un giudizio religioso formale, inappuntabile, ora danno sfogo alla bestia che c’è dentro di loro. L’uomo, abbandonato ai suoi istinti fa emergere l’aspetto più negativo di se stesso. Si arriva alla beffa, a non considerare più la persona che hai davanti. Gesù, velato viene invitato ad indovinare, a fare il profeta da baraccone.

Davanti a Gesù bendato e beffeggiato, così prega Alessandro Pronzato:

"Abbiamo bisogno che tu tenga ben stretta la benda sul volto. Te l’abbiamo messa apposta. E’ il nostro atto di pietà. Verso noi stessi, non verso il condannato. Vogliamo poter continuare il nostro gioco malvagio senza incrociare il tuo sguardo. Abbiamo bisogno dell’anestesia per poter fare il male. Quella benda tra l’altro la dice lunga sul nostro coraggio. E’ rassicurante, per noi. Siamo sicuri che, così, non vedi dove parte il colpo. E non ci accorgiamo che, invece, tu dovresti vedere. Non è questione di "indovinare" il colpevole. Devi sapere a chi regalerai il perdono.

 

 

"Una delle guardie gli diede uno schiaffo. Gli disse Gesù:

Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?". (Gv. 18,22-23)

 

Gesù:

I miei discepoli si erano grandemente stupiti quando avevo loro insegnato la strada del perdono; abituati alla "legge del taglione" erano sbigottiti davanti al perdonare "settanta volte sette" e ancora di più al "porgi l’altra guancia a chi ti dà uno schiaffo". E ancora oggi c’è chi prende questa frase con facili sogghigni ("dopo il secondo schiaffo poi il Vangelo non dice più niente") o facendo diventare il perdono cristiano una specie di masochismo ("pestami fin che vuoi intanto sono buono e perdono"). Ci voleva allora una spiegazione. E tutta la mia passione è una spiegazione dell’amore e del perdono, ma in particolare l’episodio di questo schiaffo. Credete che non avrei potuto far seccare quella mano sacrilega che mi colpiva ingiustamente? Eppure non l’ho fatto: la violenza non la si vince con altra violenza; Dio non si impone mai con la forza o a suon di miracoli. Però non accetto neppure passivamente. lo cerco di salvare e di aiutare e allora ecco la mia frase che cerca di far ragionare, che cerca di vincere gli istinti più bassi, più bestiali attraverso il ragionamento. Qualcuno di voi potrà dirmi: che cosa ne hai ricavato? E’ vero, spesso non si ricava niente, ma hai rispettato un uomo, gli hai offerto una possibilità, non ti sei affidato anche tu alla violenza scadendo ad essa. E’ una strada estremamente difficile, ma è la strada di Dio che ti invito a percorrere.

 

 

"Ma Pietro incominciò a imprecare e a giurare: non conosco quell’uomo che voi dite".(Mc.14,71)

 

Noi:

Mentre il Maestro è processato anche Pietro subisce un processo. I due interrogatori sono quindi collegati tra loro. L’uno riguarda Gesù e l’altro il discepolo. Si svolgono inoltre con una certa simmetria. A Gesù si chiede: "Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio Benedetto?", e a Pietro: "Tu eri con Gesù?". Gesù conferma: "lo Io sono" e si rivela pienamente, Pietro rinnega e non sa. Come il Sommo Sacerdote si rivolge agli astanti dicendo: "Che ve ne pare?", così la serva sì rivolge ai presenti dicendo: "Costui è di quelli". E come, infine, l’assemblea del Sinedrio sentenzia la morte di Gesù, così la servitù sentenzia di Pietro: "Tu sei certo di quelli". Questo episodio allora, come tutto il Vangelo, ha qualcosa da insegnarci: il cristiano deve essere pronto alla testimonianza sia nella grande occasione che davanti alla persona più insignificante e ci richiama ancora alla vigilanza perché nessuno, sia come singoli che come comunità possiamo ritenerci immuni, garantiti da cedimenti e compromessi.

L’umile riconoscimento della propria debolezza vale più di tutte le dichiarazioni altisonanti di coraggio e di fedeltà.

 

 

"Pietro negò dicendo: Donna, non lo conosco". (Lc.22,57)

 

Noi:

Pietro ama, ma ha paura. Ama Gesù, gli spiace di essere fuggito. Vuoi vedere come andrà a finire. Vuoi essere pronto ad intervenire nel caso Gesù facesse un bel miracolo per liberarsi. Ma ha anche paura di venir arrestato, di far la stessa fine di Lui, allora segue, ma sta alla larga. Arriva però il momento in cui è coinvolto e allora.., bisogna difendersi... Gesù, non me la sento di puntare il dito contro Pietro. D’altra parte non lo hai fatto neppure tu; è bastato un tuo sguardo per far si che Pietro si rendesse conto e "piangesse amaramente". Ma, te lo dico sinceramente, non lo condanno perché troppe volte il mio è l’atteggiamento di Pietro. Amo, vorrei fare per te, per i miei fratelli, ma ho paura. Ho paura di compromettermi troppo, ho paura di dover pagare di persona. Perdonami, Gesù, dopo tanti anni avrei dovuto capirlo che amare e paura, amare e stare alla larga, non possono coniugarsi insieme.

 

 

"E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù... e, uscito all’aperto, pianse amaramente".

(Mt. 26,74-75)

 

Noi:

Il richiamo stridente di quel "gallo" è la voce della coscienza riscoperta di Pietro. Chissà se lo sentiamo ancora cantare anche per noi e in noi? E’ il gallo che, come vigile sentinella, lancia l’allarme contro le nostre alleanze con la notte l’ipocrisia, la menzogna, gli affari. E’ il gallo che "ci ricorda" le troppe attese che abbiamo deluso, il povero che abbiamo tradito, il martire per la causa della giustizia che non sappiamo o vogliamo riconoscere. Quel gallo dovrebbe essere in servizio permanente nella Chiesa. Per destarci dal sonno. Per farci avvampare le gote di rossore (l’unica luce, forse, che ci permette di camminare nell’oscurità in cui ci siamo cacciati). Per farci spuntare negli occhi quelle lacrime che, sole, ci permettono di ritrovare i lineamenti del Condannato per noi.

 

 

"Tutta l’assemblea si alzò e lo condussero da Pilato". (Lc.23, 1)

 

lo:

Caro Gesù, i religiosi condannano e poi ci vuole il braccio politico per eseguire la condanna e Tu, il Re dei Re, Colui che verrà alla fine dei tempi a giudicare i vivi e i morti ti lasci giudicare ingiustamente da un piccolo procuratore romano. Vedo in te i tanti che hanno sofferto e soffrono a causa dei sistemi del potere terreno. Sei l’innocente che tace, che non ha voce; sei Colui che paga per tutti gli altri. Ti prego per tutti coloro che hanno potere sulla terra. Fa che ogni potere, sia politico, militare o religioso non si mascheri ipocritamente da servizio, ma sia realmente e unicamente a servizio del più povero, della giustizia e sappia di derivare unicamente da Te.

 

 

"E lo consegnarono a Pilato" (Mc. 15,1)

 

Noi:

E’ difficile avere notizie precise su Pilato. Gli scrittori giudaici, forse con esagerazione, lo presentano come persona crudele. Dai Vangeli ne viene fuori un breve ritratto di un uomo ambizioso ed opportunista. A me fa venire in mente l’uomo della politica. Dall’uomo dei grandi partiti fino ai più piccoli politici" delle aziende e degli uffici che si occupano di far carriera, senza troppe grane, per questo disposti a "fare le scarpe" ai piccoli che danno loro fastidio, condendo il tutto di rispettabilità, untuosità e privilegi di classi sociali. Pilato in un primo tempo tenta di sfuggire "la grana Gesù" proponendone la liberazione. Non essendoci riuscito deve scegliere e in questo non tiene conto di Gesù ma "da buon politico", deve tener conto della folla, delle autorità locali, della propria popolarità, della carriera, e dei "pesci" più grossi di lui. Gesù vuoi portare gli uomini a sceglierlo o a rifiutano. Pilato non sceglie Gesù o la sua negazione, sceglie se stesso e la sua politica, La non scelta è quella peggiore. Quante volte io sono Pilato davanti ai miei fratelli! Quanti Pilato ci sono nel mondo!

 

 

"Pilato prese dell’acqua e si lavò le mani dicendo: lo sono innocente del sangue di questo giusto. Pensateci voi!".

(Mt. 27,24)

 

Pilato:

Pensavo che un po’ d’acqua sarebbe bastata: in fondo io non c’entravo, erano affari religiosi e io non solo non me ne intendevo molto di ebraismo, ma non ero neppure molto religioso. Aver grane con questo popolo testardo e con l’imperatore che già mi aveva cacciato in questa terra lontana, era proprio l’ultima cosa che cercavo. Un po’ d’acqua, qualche segno di disprezzo per questo popolo, tanto per far vedere il mio potere, e basta! Ma quell’uomo che io ho riconosciuto giusto mi è rimasto sulla coscienza: puoi far di tutto per cercar scusanti, per giustificare il tuo operato, per lavanti le mani dei problemi degli altri, ma una voce, uno sguardo, un rimprovero silenzioso, questi non li puoi cacciare. Puoi lavarti le mani, far finta di essere a posto, ma non sei contento, non sei in pace... e meno male che sia così, perché fin che c’è una coscienza che rimorde c’è anche la possibilità di cambiare!

 

 

"Essi però insistevano a gran voce chiedendo che venisse crocifisso". (Lc. 23,23)

 

Noi:

Stupiscono questo accanimento, questa mancanza di misericordia, questo fanatismo, questo correre dietro a chi grida più forte, questa sete di sangue.. Qui non risuona alcuna voce a favore della giustizia e del Giusto: Colui che non era venuto a giudicare il mondo, ma a salvarlo, viene condannato da tutti. Mi scandalizzo. davanti a questo, ma poi ripenso: e le mie condanne? e i miei giudizi inappellabili nei confronti degli altri? e il mio modo spiccio di liquidare gli altri appiccicandogli addosso una etichetta di giudizio indelebile? E il mio accodarmi agli altri? L’andare con la maggioranza? Il rincarare la dose? E allora non mi stupisco più di chi cerca la condanna di Gesù perché spesso neppure io ho il coraggio di alzare la mia voce a difesa del giusto. Fammi capire , Signore, che non basta scandalizzarci del silenzio e della incomprensione degli altri, ma che devo cominciare ad aver compassione io, che devo cominciare almeno a non diventare connivente con il mio silenzio.

 

 

"Pilato lo mandò da Erode" (Lc.23, 7)

 

Noi:

E’ il gioco dello scarica barile. Gesù non è più una persona, è un incomodo ingombro che passa di mano in mano. Sembra quello che succede ai nostri poveri: " Va’ all’ufficio assistenza", "va’ in parrocchia", "dipendi dall’assistente sociale del quartiere", "bisogna rivolgersi ad un altro ufficio"... e l’uomo non è più uomo: è una cosa scomoda a cui deve sempre pensare qualcun altro. Gesù tu taci e segui la trafila e le mene politiche di un potere che gioca sulla tua pelle. Sei portato davanti ad un re di Israele che dovrebbe, tramite la Scrittura, poterti riconoscere come Messia ma che, invece, si aspetta solo il divertimento di qualche miracolo a buon mercato. Aiutaci, Signore a non giocare mai con le persone, fa che sappiamo vedere e rispettare la dignità di ogni uomo. Fa’ che davanti a qualunque persona sappia vederla per quello che è non per quello che mi serve.

 

 

"Erode sperava di vedere qualche miracolo... Ma Gesù non gli rispose affatto". (Lc. 23,8-9)

 

Erode:

E’ estremamente brutto avere a che fare con i profeti: ti sconvolgono la vita, non li trovi mai dove vorresti, cercano in tutti i modi di toglierti dalle tue sicurezze... Prima quel Giovanni Battista! La sua ombra è rimasta con me, quella voce ha continuato a gridare ancora più forte quando gli ho fatto tagliare la testa.. .e poi, questo Gesù! Mi avesse fatto qualche bel miracolo, mi avesse rassicurato nelle mie paure, mi avesse gridato addosso. Giovanni gridava, questo tace, ma tutti e due mi hanno sconvolto la vita. Oggi posso dire una cosa che avrei dovuto capire anche allora: Dio non lo si compra con il potere, Dio non vuole coscienze addormentate, se vuoi essere religioso devi davvero lasciarti turbare il sonno e le comodità sia da chi ti grida addosso, sia da chi, non dandoti facili risposte, proprio con il suo silenzio ti provoca ad uscire dal tuo egoismo per intraprendere la strada che porta a Lui.

 

 

"Essi si misero a gridare insieme: A morte costui! Dacci libero Barabba". (Lc. 23,25)

 

Noi:

A Barabba è andata proprio bene! Rischiava la croce, conseguenza delle sue malefatte. In un altro momento non avrebbe trovato di certo comprensione da parte dei capi ebraici e del popolo. Ma qui c’è uno che bisogna far fuori ad ogni costo: dà meno fastidio un brigante che uno che mette in crisi le consolidate tradizioni statali e religiose. E Barabba, senza muovere dito, si trova salvo. O Gesù, già da questo fatto riusciamo a comprendere il piano di Dio per salvarci. Noi da soli non ce l’avremmo mai fatta. Ma tu, l’innocente, prendi il nostro posto di peccatori e noi, senza quasi saper come, siamo salvi. Non sappiamo dai Vangeli quale sarà stato l’atteggiamento successivo di Barabba: se sarà stato riconoscente o, se bevendo qualche bicchiere in una bettola, avrà riso della giustizia umana e di "quel povero diavolo che è morto al mio posto". Ma una cosa la sappiamo: noi siamo dei "graziati" per merito tuo, o Gesù.

 

 

"Allora Pllato prese Gesù e lo fece flagellare" (Gv. 19,1)

 

Il Dolore:

La flagellazione era il preambolo legale di ogni esecuzione. Gesù è spogliato e, tutto nudo, viene legato per i polsi ad una colonna dell’atrio, con le braccia sollevate in alto. La flagellazione veniva effettuata con delle strisce di cuoio multiple, su cui erano fissate all’estremità due palle di cuoio o degli ossicini. Per la legge ebraica erano previsti 39 colpi, ma il numero delle sferzate di solito superava bellamente quanto definito, ci si fermava solo quando ci si rendeva conto che continuando il suppliziato sarebbe morto. I carnefici molto probabilmente erano due, uno da ciascun lato. Ai primi colpi le corregge lasciano delle lunghe tracce livide, delle lunghe ecchimosi bluastre sottocutanee. La pelle di Gesù, oltretutto, è già particolarmente sensibile a causa della sudorazione di sangue del Getsemani. Ma sono le palline di piombo a determinare le maggiori contusioni. Esse fanno sì che il sangue zampilli, che lembi di pelle si distacchino e restino pendenti. Poco per volta tutta la parte superiore diventa una superficie rossa di sangue. Ad ogni colpo, il corpo trasalisce in un doloroso soprassalto. Ma ben presto le forze del suppliziato vengono meno: un sudore freddo inonda la sua fronte, la testa gli gira in una vertigine di nausea, brividi gli corrono lungo la schiena. Le gambe cedono e se non fosse legato molto in alto per i polsi Egli cadrebbe nella pozza del suo sangue.

 

 

"E intrecciata una corona di spine gliela misero sul capo". (Mc.15,17)

 

Noi:

Gesù, vestito da re, incoronato di spine: sembra una penosa burla fatta da uomini privi di umanità. Ma anche questa scena oltraggiosa racchiude e illumina il mistero di Cristo. Gesù è veramente il re dell’universo: "tutto è stato creato per Lui e in vista di Lui" dice san Paolo. Gesù è veramente ‘re’ nel significato pieno della parola, colui che regge, sostiene, governa. Gesù non è come certi re o potenti della terra che reggono il proprio potere, se stessi ed usano solo dei propri sudditi per fìni personali o di prestigio; Egli, "da ricco che era si fece povero per noi" per fare noi ricchi con Lui. Quella corona di spine che fora il capo di Gesù, allora, non è solo una atroce beffa, ma è la vera corona del Cristo Signore, quello scettro, non usato per comandare, ma che segna con i suoi colpi il re, è lo scettro del servizio che Gesù ha scelto. I soldati godono di uno scherzo volgare e cattivo, ma non si accorgono che sono proprio loro a realizzare la vera regalità di Cristo. "Non sono venuto per essere servito, ma per servire", dovremmo ripetercelo anche noi che fin dal giorno del Battesimo siamo stati consacrati ‘re’ come Gesù non per onore ma per reggere con Lui e come Lui, pagando di persona e con amore.

 

 

"I soldati Io rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutano: ‘Salve re dei Giudei’: E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia si prostravano a Lui". (Mc. 15,16-19)

 

Il Dolore:

Si usava sottoporre il condannato ad ogni sorta di beffe e maltrattamenti che dipendevano soltanto dall’immaginazione dei carnefici: Per Gesù il motivo è facile: lo si accusava di essersi fatto re dei Giudei e questo, nella mentalità grossolana dei legionari, ha fatto venire in mente l’idea di una mascherata. La vecchia clamide di un legionario sulle spalle nude fa le veci della porpora reale, una grossa canna nella destra, ed ecco lo scettro. Ci vuole però una corona altrettanto originale. Certamente c’erano fascine di arbusti lasciate lì per accendere dei fuochi nelle notti fredde. Sono arbusti flessibili e forniti di lunghe spine, molto più lunghe e più dure di quelle dell’acacia. Se ne intreccia con precauzione ( perché pungono) una specie di fondo di canestro che Gli si applica sul capo, Se ne ribattono i bordi e con una fascia di giunchi ritorti si serra la testa tra la nuca e la fronte. Le spine penetrano nel cuoio capelluto ed esso sanguina. Lunghi rivoli di sangue colano sulla fronte, incrostano capelli e barba. Ma non basta: gli si inginocchiano davanti, lo schiaffeggiano, e giù bastonate sul volto e su quella calotta che ogni volta fa sempre più penetrare, con dolore atroce e insistente, le spine nel capo.

 

 

"Rilasciò loro Barabba e consegnò loro Gesù". (Mc. 15,15)

 

Noi:

Pilato con un colpo solo riesce a liberarsi di due ingombranti problemi: egli regala al popolo due prigionieri: è affare loro!

Anche di Barabba sappiamo poco. Spesso restiamo stupefatti di questo scambio: Barabba, un omicida sedizioso viene liberato al posto di Gesù, il Figlio di Dio. Non ci siamo ancora resi conto evidentemente che Barabba siamo noi. Ciascuno di noi è il criminale che ha avuto la vita salva in cambio di Cristo. Questo baratto non è tanto una proposta di Pilato quanto la proposta di Dio stesso. E la scelta tra i due non avviene tanto da parte delle folla o dei capi del popolo che istigano la gente, è una proposta-offerta che Gesù stesso fa. Lui si è dichiarato colpevole al nostro posto. Lui, l’innocente ha preso su di sé la pena che era stata comminata a noi. E può stupire una "coincidenza": il nome Barabba significa "Figlio del Padre"; grazie a Gesù in quel momento ciascuno di noi è diventato Barabba, cioè figlio del Padre.

 

 

"Pllato disse loro: prendetelo voi e crocifiggetelo": (Gv.19,6)

 

Noi:

Ormai il giudizio è fatto. Piiato è un vile, un pauroso. Ha più paura di una rivolta, di rischiare il suo posto che di commettere un’ingiustizia. Gesù diventa così il simbolo di tutta l’umanità tradita dai suoi capi, ingannata dai suoi maestri, crocifissa dai re che divorano i sudditi, dai ricchi che fanno piangere i poveri. Ma non puntiamo solo il dito sugli altri, spesso siamo noi che giudichiamo i nostri fratelli, che consideriamo quell’uomo inaffidabile perché secondo noi ha già sbagliato, che distribuiamo etichette con tanta facilità, che facciamo pesare sugli altri la nostra supposta superiorità culturale il giudizio è fatto. Come Pilato possiamo complimentarci con noi stessi per la nostra astuzia nell’aver ben condotto questo caso spinoso, come lui possiamo lavarci le mani.., intanto ad eseguire la condanna ci pensano altri e a morire è l’Altro.

 

 

Essi allora presero Gesù ed Egli, portando la croce si avviò verso il luogo detto del Cranio".  (Gv. 19,17)

 

Noi:

Una legge estremamente crudele quella che, oltre a condannare a morte, costringeva anche il condannato a portare l’asse orizzontale del patibolo fino al luogo della esecuzione. Ma anche in questo Gesù ci è di esempio. La Croce non è solo il momento finale, è anche il cammino di tutta la vita: "Se qualcuno mi vuoi seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt.8,34). La croce non è un ‘optional’, è il quotidiano per chi vuole essere cristiano. E se è vero ed anche giusto che uno le croci non se le deve andare a cercare, è altrettanto vero che esse ti piombano sulle spalle o sono la conseguenza di certe scelte. Convincimi, o Signore, che la salvezza non è fuggire la croce, che non è possibile seguirti al Calvario da turista, da osservatore. E’ un mistero, non lo capisco, ma se tu lo hai accettato, e io mi fido dite, non posso tirarmi indietro.

 

 

Poi lo condussero fuori per crocifiggerlo". (Mc. 15,20)

 

Il Dolore:

La croce è pronta, gliela caricano sulle spalle. Può ancora farcela un uomo in quelle condizioni a portare la sua Croce? E’ vero, non è tutta la croce, ma solo il grosso braccio orizzontale, il "patibolum", ma esso pesa ancora almeno una cinquantina di chili. E il cammino comincia, a piedi nudi, per le strade dal fondo irregolare, cosparso di ciottoli i soldati lo tirano con le corde che lo legano. Il percorso fortunatamente non è molto lungo, circa 600 metri. Anche se i vangeli non ne parlano certamente Gesù deve essere caduto più volte, le sue ginocchia e la sua spalla diventano una piaga. E’ spossato, quel trave gli sfugge e gli scortica il dorso. I soldati, per paura che non ce la faccia ad arrivare vivo, requisiscono Simone di Cirene e lo costringono a portare quella trave.

 

 

"Mentre lo conducevano via presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù". (Lc. 23,26)

 

Noi:

Se ne tornava a casa tranquillo dopo una giornata di lavoro nei campi; forse non si era mai interessato di politica e molto poco di cose religiose. Ed ecco che si trova a portare una croce per un altro. C’erano i soldati romani, c’erano tutti quei "ben vestiti" del Sinedrio... ma, no! Per portare la croce vanno bene solo le spalle di un povero! Un povero che aiuta un altro povero a portare la croce su cui quell’altro tra poco verrà inchiodato! Gesù, quel Simone forse l’avrà fatto per amore, forse bestemmiando per le palesi ingiustizie, ma intanto ti ha alleviato un po’ di pena. Sarà poi diventato cristiano? Battezzato? cattolico? apostolico? romano? o forse senza tutto questo non sarà uno di quei giusti che non sanno neppure di esserlo di cui proprio tu avevi parlato dicendo: "Venite benedetti.., perché avevo fame.., avevo sete.. e mi avete aiutato?" Aiutaci a non chiederci tanti perché, a non disquisire sottilmente quando c’è qualcuno da aiutare, ma ricordaci che "se avremo dato anche solo un bicchier d’acqua, non perderemo la ricompensa".

 

 

"Mentre lo conducevano via, requisirono un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù". (Lc.23, 26)

 

Noi:

Simone di Cirene è uno che "non c’entra", uno capitato lì per caso, uno che non sappiamo neppure se avrà accettato di fare volentieri questo servizio o se lo avrà fatto maledicendo soldati e condannati per questo extra poco piacevole della sua giornata lavorativa, eppure è uno che in un modo o nell’altro "porta sollievo". Quante volte noi "non c’entriamo". Che cosa mi riguarda la malattia, la fame, la solitudine, l’abbandono, i problemi economici, le difficoltà familiari degli altri? E come Caino rispondiamo a Dio: "Sono forse io il guardiano di mio fratello?". Eppure le spalle di Simone Cireneo, magari brontolante, hanno per lo meno alleviato le spalle doloranti del Salvatore. E’ vero che non sono io a risolvere il problema della fame nel mondo, ma è vero che posso dare almeno un panino al marocchino che muore di fame e di freddo. E’ vero che non so far miracoli per guarire gli ammalati, ma un po’ del mio tempo, un sorriso lo posso dare, ed è già molto per qualcuno.

 

 

"Lo seguiva gran folla di popolo e di donne che si lamentavano e lo compiange vano". (Lc.23,27)

 

Noi:

Grazie al cielo non c’è solo la turba che arresta Gesù, la folla che sobillata dai capi e dai sacerdoti grida: "A morte". C’è anche una gran folla di popolo che segue silenziosa e addolorata la passione di Gesù. Il popolo dei semplici ha capito qualcosa. Se non ha capito il Figlio di Dio, sa commuoversi almeno davanti alla sofferenza e all’ingiustizia perpetrata all’uomo Gesù. Ci sono uomini che diventano pietra, ma su questa pietra cadono le lacrime di queste pie donne. Gesù parla alle donne che piangono, mentre guarda la faccia chiusa degli uomini. A chi piange si può rivolgere una parola, ma chi ha il cuore impietrito non viene scalfito né dalla parola né dal dolore.

 

 

"Gesù, voltatosi presso le donne, disse: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli". (Lc. 23,28)

 

Noi:

Queste donne non sono ipocrite. Il Vangelo ce le ricorda al seguito di Gesù, ci dice che lo hanno aiutato economicamente, ce le presenta ai piedi della croce con Maria, saranno le prime depositarie dell’annuncio della risurrezione. Ora piangono per Gesù e certamente Gesù apprezza questo amore, ma tramite loro ci aiuta a capire il senso della passione: il dolore non deve essere solo per la sua passione, ma per i nostri peccati che ne sono la causa. Gesù, oggi il peccato è in ribasso. Con la scusa della liberazione dell’uomo ci autogiustifìchiamo di tutto. Sovente ci sorprendiamo a pensare: "lo non ammazzo, non rubo... che peccati ho?" E intanto continuiamo una vita egoistica, individualistica attaccata al benessere e a valori molto effimeri. Non ti chiediamo di diventare tristi pessimisti che vivono con tante paure legalistiche, ma ti chiediamo di aiutarci ad accorgerci del male che è in noi per poterlo combattere con la forza che viene proprio dalla tua passione redentrice.

 

 

"Condussero Gesù al luogo del Golgota" (Mc. 15,22)

 

Noi:

Guardando a qualche vecchio crocifisso, forse ci siamo chiesti perché ai piedi della croce si rappresenti un teschio. E’ un’antica leggenda priva di storicità che racconta che sul Golgota (che significa luogo del Cranio) ci fosse stata la tomba del nostro progenitore Adamo. Ma se dal punto di vista storico questo racconto rappresenta una costruzione immaginaria, dal punto di vista teologico è una magnifica verità: il sangue di Cristo, il nuovo Adamo, ha purificato quello del primo Adamo. La località poi si trova appena fuori dalla cinta delle mura della città. Gerusalemme non ha accolto Gesù, lo ha cacciato fuori, come un impuro: per motivi religiosi di purità, colui che è venuto a purificarla deve essere allontanato. E qui mi chiedo se non succeda ancora così, qualche volta. Cristo offre la sua vita per la Chiesa e per noi, però è un profeta scomodo che stravolge le nostre abitudini, rischia di mandare in crisi le nostre sicurezze e baluardi. E allora è molto più semplice starsene comodi in usi e abitudini consolanti, in facili preghiere giustificanti.... e Cristo? Fuori del nostro territorio è molto facile metterlo in croce senza neanche sporcarci le mani.

 

 

"Poi lo crocifissero". (Mc. 15,24)

 

Il Dolore:

Arrivati al Calvario, bisogna denudare il condannato. Per le vesti esterne è ancora facile; ma la tunica aderisce intimamente alle sue piaghe, per così dire a tutto il corpo, e toglierla è semplicemente atroce. Per aver una idea di questo pensate a quando dovete togliere la prima medicazione già disseccata da una larga piaga contusa. Per Gesù ogni filo di lana aderisce alla superficie, quando lo si solleva strappa una delle innumerevoli terminazioni nervose messe a nudo nella piaga. Queste migliaia di choc dolorosi si addizionano e si moltiplicano, ciascuno aumentando via via la sensibilità del sistema nervoso. Per Gesù la ferita non è una sola, ma di quasi tutta la superficie del corpo e soprattutto di questa schiena ridotta in modo deplorevole. Il sangue riprende a scorrere. Viene fatto distendere sul dorso. Le piaghe del suo dorso, delle cosce. dei polpacci. si incrostano di polvere e di ghiaietta. Sul Calvario il legno verticale è già piantato. Le spalle di Gesù vengono fatte appoggiare sul legno orizzontale posto a terra., Il carnefice prende un chiodo (un lungo chiodo appuntito e quadrato che in corrispondenza della testa è largo 8 millimetri), lo appoggia sul polso, in quella piega anteriore che conosce per esperienza. Un solo colpo del grosso martello: il chiodo è già piantato nel legno, ove qualche colpo energico lo fissa ancor più saldamente. Non sappiamo se Gesù abbia gridato, certamente il suo volto si è spaventosamente contratto. Al colpo di martello il suo pollice, con un movimento violento, prepotente, si è messo in opposizione nel palmo: il suo nervo mediano è stato leso. Ha provato un dolore indicibile, folgorante, che si è diffuso nelle sue dita, è ‘zampillato’, come una lingua di fuoco, fino alla spalla ed è esploso nel suo cervello. E’ il dolore più insopportabile che un uomo possa provare quello dato dalla ferita dei grossi tronchi nervosi. Ma almeno il nervo fosse stato tagliato di netto! Invece esso non è stato distrutto che in parte; la lesione del tronco nervoso rimane in contatto con quel chiodo e su di esso, tra poco, quando il corpo sarà sospeso, si tenderà fortemente come una corda di violino, e vibrerà ad ogni scossa, ad ogni movimento, risvegliando il terribile dolore. E Gesù ne ha per tre ore. L’altro braccio è allungato; gli stessi gesti si ripetono e gli stessi dolori. Ma questa volta pensiamoci Egli sa già che cosa lo attende. Ora è inchiodato su quel braccio di croce. I carnefici impugnano le estremità della trave e rialzano il condannato, dapprima seduto e poi in piedi; quindi, facendolo camminare all’indietro, lo addossano al palo verticale. Ma questo avviene facendo trazione sulle due mani inchiodate. Con un grande sforzo, rapidamente, perché è molto pesante, essi alzano legno e condannato e lo incastrano al palo verticale (che non è molto alto). Il corpo, stirando le braccia, che si allungano obliquamente, è un po’ disceso. Le spalle, ferite dalla flagellazione e dal trasporto della croce, hanno strisciato dolorosamente sul legno ruvido. La nuca, che sovrasta il legno orizzontale ha urtato il legno. Le punte taglienti del grande cappello di spine hanno lacerato ancora più profondamente il cranio. La povera testa è inchinata in avanti, poiché Io spessore della corona le impedisce di riposare sul legno, ed ogni volta che Egli la solleva, ne risveglia le punture. Il corpo appeso è sostenuto soltanto dai chiodi piantati nei polsi. E potrebbe bastare. Esso non cade in avanti. Ma è di regola inchiodare anche i piedi, Per questo basta piegare le ginocchia e stendere i piedi a piatto sul legno verticale e poi inchiodarli nella parte di mezzo tra il secondo e il terzo osso metatarsale.

Qui, grazie a Dio, nulla più di un banale dolore in confronto a quello dei polsi; ma il supplizio ha appena avuto inizio. Con due uomini tutto il lavoro non è durato più di due minuti e le ferite hanno sanguinato pochissimo. Gesù si è accasciato. Dopo tante torture, per un corpo sfinito, questa immobilità costituisce quasi un riposo. Ma adesso Gesù ha sete. prima aveva rifiutato la pozione analgesica, vino mescolato con mirra e fiele. Gesù non ha bevuto nulla da ieri sera. E’ mezzogiorno. Il sudore del Getsemani, tutte le fatiche, le emorragie gli hanno sottratto una gran parte di sangue e di liquidi, I lineamenti sono tirati, il volto è solcato di sangue che si coagula dappertutto. la bocca è semiaperta e il labbro inferiore già comincia a pendere. Un filo di saliva scende dalla barba, mescolato al sangue che esce dal naso schiacciato. Ha sete, ma non può deglutire in quella posizione. Ma la sofferenza è appena iniziata. Dopo un attimo uno strano fenomeno si produce. I muscoli delle braccia si irrigidiscono spontaneamente, in una contrattura che andrà accentuandosi: si tratta di crampi. Tutti, poco o tanto abbiamo sofferto questo dolore, progressivo e acuto, magari in un polpaccio, tra due coste, un po’ dappertutto. Bisogna distendere, questo muscolo contratto. In Gesù succede così. Tutti i muscoli poco per volta si irrigidiscono, le dita dei piedi si incurvano si instaura una forma di tetania. I muscoli dell’addome si irrigidiscono, poi quelli intercostali, quelli del collo e quelli respiratori. Il respiro si è fatto a poco a poco più corto e superficiale. Le, coste, già sollevate per la trazione delle braccia, si sono ancora più sopraelevate. L’aria entra fischiando ma non riesce quasi più ad uscire. Gesù respira con l’apice del polmoni, inspira un po’ ma non può più espirare. Ha sete d’aria; come un enfisematoso in piena crisi d’asma: il suo volto pallido, a poco a poco è diventato rosso, poi passa al violetto purpureo e poi al cianotico. Colpito da asfissia, soffoca. I polmoni gonfi d’aria non possono più vuotarsi. La fronte è coperta di sudore, gli occhi escono fuori dalle orbite. Quale atroce dolore deve martellare nel suo cranio! Ma la sua ora non è ancora giunta. Lentamente, con uno sforzo sovraumano, ha preso punto d’appoggio sul chiodo dei piedi. Il collo dei piedi e le ginocchia si distendono un poco e il corpo, a piccoli colpi, risale alleggerendo la trazione delle braccia. Ecco allora che spontaneamente il fenomeno diminuisce, regredisce la tetania, i muscoli si distendono, almeno quelli del torace. La respirazione diventa più ampia e più profonda, i polmoni si svuotano e ben presto il volto ha ripreso il suo primitivo pallore. E questo succederà parecchie volte. Ogni volta che Gesù vorrà parlare, ogni volta che vorrà ritrovare un po’ di respiro, dovrà risollevarsi appoggiandosi sui chiodi dei piedi. E’ l’asfissia periodica dell’infelice che viene strozzato e a cui si lascia riprendere vita per soffocarlo più volte. E tutto questo dura tre ore prima che Egli si abbandoni totalmente nelle braccia del Padre. Il capo si è inclinato con il mento sullo sterno. Le gambe sono dure come l’acciaio e bruciano: effetto della tetania.

Ancora un’ultima offesa a quel corpo: "Un soldato gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua". li colpo di lancia che ha colpito il costato ha raggiunto l’orecchietta destra del cuore, perforando il pericardio. Ora davvero "tutto si è consumato", e il centurione può dire: "Veramente quest’uomo era giusto!"

 

 

"Lo crocifissero". (Mc. 15,24)

 

Noi:

Mi ha sempre colpito la sobrietà di Marco. Tutto il suo Vangelo porta qui, o meglio tutto il suo Vangelo parte di qui e la crocifissione è raccontata solo con un verbo. Ricordo di aver letto o sentito racconti lunghi e particolareggiati (qualcuno con la presunzione di essere una rivelazione particolare), pieni di scene agghiaccianti, di aver visto artistiche crocifissioni (anche opere d’arte) con tutto un susseguirsi di particolari, di scene... Marco ha solo una parola. Davanti alla croce del Figlio di Dio le parole non servono: serve solo contemplare e capire il suo amore, e lasciarsi invadere da esso.

 

 

"Quando giunsero a/luogo detto Cranio, Io crocifissero". (Lc. 23,33)

 

Noi:

Lui offre le mani a chi gliele inchioda, quelle mani che sono sempre state colme di semente, che hanno accolto i bambini, che si sono posate ad accarezzare i malati. Offre i piedi a chi glieli inchioda, quei piedi che si sono scorticati lungo tutte le strade.

E’ il momento in cui l’Agnello di Dio viene scannato. Forse i nemici avevano paura che scappasse, come un uccello prendesse la via del cielo. Per questo gli hanno inchiodato le ali sul legno. Ma lui è venuto per restare, per toccare il fondo della condizione umana, non per fuggire. E’ stato piantato proprio qui, quell’albero secco, nel "luogo del Cranio", giardino desolato e perfino macabro. Ora Lui è innalzato tra cielo e terra e non è più pianta secca. Grazie ad una linfa rosseggiante, è diventato albero vivo, con in cima il suo frutto maturo. Pare che tra Dio e l’uomo debba sempre esserci di mezzo un albero. Ma questo è l’albero definitivo. A questo albero è sospeso il casto del pane e il boccale del vino. A disposizione di tutti. Ancora una volta Dio ha preparato una mensa nel deserto. "Prendete e mangiate.. .","bevetene tutti...". Dio è immobile, paralizzato da quattro chiodi. Ma le sue mani restano aperte. e le braccia sono spalancate, in uno smisurato gesto di benedizione che abbraccia tutti, compresi quelli che hanno usato il martello, compresi i due malfattori accomunati alla sua pena. Dio è immobile. Ma il dono non può essere arrestato. Come non può essere bloccato il sangue che sgorga da quel corpo diventato un unica piaga. Dio è immobile. Ma si ha l’impressione che prenda l’avvio, dai punti più diversi della terra, una immensa processione, attirata irresistibilmente da quella bandiera color sangue.

 

 

‘E con Lui crocifissero due ladroni, uno alla sua destra e l’altro alla sinistra".(Mc. 15,27)

 

Noi:

Ricordiamo tutti il brano di Vangelo dove Giacomo e Giovanni erano andati da Gesù a chiedergli: "Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Ora alla destra e alla sinistra, non seduti sulla sedia del comando, ma crocifissi con Lui, sono due briganti. Giacomo e Giovanni ed anche noi siamo allora in grado, adesso, di comprendere che cosa significa "sedere alla destra e alla sinistra di Gesù". La croce rivela anche il cristiano. Ma davvero la croce può essere strumento di salvezza? Essa è strumento di tortura, studiata apposta per prolungare il dolore, per essere strumento deterrente. E’ solo chi sta sulla croce che può trasformarla in segno di amore ed è solo il modo con cui guardiamo la croce che può renderla segno di salvezza. Gesù, quante croci nel mondo! Leggendo i giornali spesso siamo colti da senso di impotenza davanti a tante sofferenze, molte delle quali dovute alla perfidia dell’uomo. E quando guardiamo la tua croce spesso ci chiediamo. "Perché?". Oggi ti chiedo una cosa grossa; insegnami a guardare alla tua croce e alle nostre croci con i tuoi occhi e con il tuo cuore; solo così capiremo qualcosa e anche la croce sarà segno non di tortura, ma di salvezza.

 

 

"Si spartirono dunque la sue vesti tirandole a sorte". (Mt.27,35)

 

Noi:

Quando il corpo di un uomo viene dato in pasto alla curiosità, alle offese volgari, alle sghignazzate della teppaglia, quello non è più un uomo. Gesù è esposto al ludibrio della teppaglia. E’ una conseguenza anche questa dello ‘svuotamento’ iniziato con l’incarnazione: "... Pur essendo di natura divina, spogliò sé stesso. ."(FiI.2,6-7). Difficile convincersi che quell’uomo spogliato, ‘esposto’, è colui che è stato definito "irradiazione della gloria di Dio" (Eb. 1,3), nella quale abita ogni pienezza (Col.1 ,19). Eppure il suo splendore consiste proprio nella spoliazione totale. E la pienezza è quella di chi ha donato tutto, ora anche i vestiti e prima gli amici, il prestigio, il favore popolare... poteri terreni lo hanno vinto, l’hanno spogliato di tutto. Ora veramente è messo a nudo l’Amore assoluto e si manifesta senza ombre la gloria di Dio. Dobbiamo guardare. Quel corpo nudo è linguaggio del Verbo che ormai non ha più bisogno di parlare. Nessun dubbio. Se ne va nudo, come era venuto. Non ci ha tolto nulla, non si è preso nulla della nostra mercanzia. E’ una specie di Natale. Lui è nudo come un neonato, ai posto della culla c’è la croce.., tra poco, cessate le urla sguaiate, Egli si addormenterà....

 

 

"Lo schernivano dicendo: Ha salvato altri, salvi se stesso se è il Cristo di Dio" (Lc. 23,35)

 

Noi:

Proprio nel momento cruciale della sua vita ritorna per Gesù la tentazione che aveva siglato l’inizio della sua vita pubblica: "Se sei il Figlio di Dio, dì a questo sasso che diventi pane... buttati giù dal pinnacolo del tempio...". Anche qui il diavolo, servendosi dei capi dei popolo tenta Gesù: "Guarda che è più facile convincere il popolo sulla tua divinità con un miracolo grandioso che salvi te e che porti la gente a crederti; oltretutto eviterai la delusione dei tuoi discepoli e le sofferenze di tua madre!" E’ sempre la stessa tentazione che torna anche per noi: "Perché faticare tanto per il Vangelo? Perché morire senza vedere frutti? Non è meglio smussare le pagine più difficili della Parola di Dio, dare alla gente ciò che vuole secondo la moda, apparire più che essere?" Gesù resta in croce. Vince la tentazione, con la sofferenza, per amore. Preferisce la fedeltà a Dio anche nel buio, piuttosto che l’apparenza trionfante. Signore, aiutami a non essere l’eterno uomo in fuga davanti alle responsabilità. Fammi comprendere che le mie mani, a volte ti servono più inchiodate che non facendo cose che sono apparenza ma che non hanno Io spessore di un amore donato.

 

 

"Ha salvato gli altri, non può salvar se stesso?" (Mc. 15,31)

 

Noi:

Per chi vede dall’esterno, la Passione di Cristo non ha niente di glorioso, ma è qualcosa di scandaloso, ridicolo, disprezzabile. Cristo sulla croce non viene concesso all’ammirazione, ma al disprezzo, al compatimento. Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso..." Qui l’incomprensione tocca uno dei suoi vertici. Quella gente non arriva a capire che Gesù può aiutare gli altri proprio perché non può soccorrere se stesso. Può salvare gli altri soltanto perché non ha accettato di salvare la propria vita, ma ha accettato di perderla. Il grande miracolo di cui tutti abbiamo goduto è che sia riuscito a non scendere dalla croce. Se la gente capisse il significato della crocifissione, prova suprema dell’obbedienza di Cristo al Padre e del suo amore per gli uomini, dovrebbe sentirsi al sicuro proprio perché i chiodi tengono...

 

 

"C’era una scritta sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei". (Lc. 23,38)

 

Noi:

Pilato, facendo apporre questa scritta, pensava di beffare Gesù e i capi degli Ebrei:

Guardate un po’ il vostro re che bella fine ha fatto, e per di più Io avete voluto voi!", ma non sapeva invece di dire la verità. Gesù è realmente re dei Giudei e di tutti gli uomini. Non c’è un trono ma un duro legno che scarnifica e uccide; non uno scettro, le mani sono inchiodate; non, un comando, una condanna, ma un perdono e una preghiera; non una corona tempestata di diamanti, ma una corona di spine pungenti. Tu, o Gesù, sei il re dell’universo, sei la Parola che crea, che guida, che salva, sei la Via, la Verità, la Vita e muori come l’ultimo pezzente disperato della terra. La vita non l’hai tenuta, l’hai regalata. Non hai chiesto la vita dei tuoi sudditi per te. hai dato la tua vita per loro. Non hai imposto nuove leggi e pesanti tributi, ma hai pagato tu, di persona. Re dell’universo, insegnaci il servizio!

 

 

"Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". (Lc.23,34)

 

Noi:

Questa frase di Gesù sulla croce può essere interpretata in tanti modi: Gesù è venuto per perdonare e non per giudicare. - L’estremo atto eroico di perdono. Una pia bugia in quanto alcuni sapevano bene di voler far fuori almeno un giusto se non il Figlio di Dio. A me piace anche leggerla cosi: Gesù sa che sono presenti alla sua crocifissione dei responsabili coscienti e sa che c’è una folla sobillata, sa che ci sono esecutori di ordini, sa che c’è gente che vorrebbe dissentire ma o ha paura, o si trova impotente. Ma per tutti ha una parola di misericordia e di preghiera: sono il suo popolo; è venuto apposta per loro; offre la sua vita per loro. Anche noi possiamo trovarci in vari modi davanti al crocifisso. Certe volte vogliamo fare a meno di Gesù perché la sua parola ci dà fastidio, disturba i nostri piani; altre volte perché ci lasciamo trascinare dalla mentalità del mondo, altre volte ancora per rispetto umano, per paura, per poca fede. Gesù ci ama nella nostra povertà, il suo dito non si punta accusatore nei nostri confronti, Egli offre ancora il suo sacrificio per ottenerci misericordia. Ma non possiamo neppure rimanere indifferenti davanti a tanto amore: se abbiamo capito quanto Gesù ci ama ora sappiamo quello che facciamo".

 

 

"Gesù diceva: Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno"L (Lc. 23,34)

 

Noi:

Perdonare non è molto facile. Dire: "Ti perdono" quando vedi il pentimento può essere eroico, ma anche soddisfacente; dire: "Padre perdonali perché non sanno quello che fanno" mentre stai morendo sulla croce dove proprio loro ti hanno messo, è da Dio e lo si può fare solo con la forza di Dio. Gesù è venuto a portare il perdono e la misericordia del Padre, e lo testimonia proprio nel momento supremo della sua vita. Grazie del tuo perdono, Signore. E’ un perdono pagato nel tuo sangue, quindi ancora più prezioso, da non sprecare, da non banalizzare ed è un perdono che ci invita a perdonare. Quando mi porto appresso il mio bagaglio di odio, il mio desiderio di vendetta, ricordami queste tue parole sulla croce, fammi capire la mia debolezza e povertà, fa che riesca buttare questi pesi nelle tue braccia. Sarò più leggero e gusterò meglio la tua misericordia.

 

 

"Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso".

(Lc. 23,42-43).

 

Noi:

In mezzo a tutti questi tradimenti, fughe, incomprensioni, cattiverie, curiosità, un grano di fede. Non viene dai religiosi, non dai sapienti, non dai potenti, ma da un ladro morente: il regno dei poveri si sta compiendo davvero se un ladro sofferente trova compassione e fede e per di più non per ottenere una liberazione immediata ma una promessa futura. Mi riempie di gioia sapere che il primo ‘santo’ sicuro sia stato un ladro, perché veramente il regno di Dio si compie, perché allora davvero in quel paradiso c’è un posto anche per me. Gesù, molto onestamente, non so dirti se nelle stesse situazioni avrei avuto la fede di quel ladro, ma ti dico grazie per lui e per noi per avergli fatto quella promessa. Nel momento del passaggio fa che anch’io possa posare Io sguardo sulla tua croce sicuro che la tua misericordia mi dirà: "Oggi sarai con me, in paradiso".

 

 

"Stava presso la croce di Gesù sua Madre" (Gv. 19,25)

 

Noi:

Maria è presente al momento della sofferenza del Figlio. Lei, modello di ogni credente, non può non ripercorrere l’itinerario del Figlio. Come una madre che inghiotte per prima la medicina amara in modo da incoraggiare il bambino, così Maria ha vissuto in anticipo questa esperienza fin dalla presentazione al tempio quando Simeone le aveva predetto: "Una spada ti trafiggerà l’anima". Maria, la madre è vicina a tutte quelle madri che soffrono per e con i propri figli: le madri degli handicappati, dei minorati psichici, dei drogati, dei condannati Lei, la Madonna, sa dove incontrare il Figlio. Lungo la via dolorosa l’appuntamento è sicuro. Non sempre, invece, riesce a trovare noi. Non ci trova là dove dovremmo essere, non ci trova come dovremmo essere. Quanti appuntamenti mancati nella nostra vita, nella nostra testimonianza cristiana. Appuntamenti con la santità, con la storia, la preghiera, i fratelli Maria aiutami a non fuggire sempre davanti a tuo Figlio che mi chiama.

 

 

"Stavano presso la croce di Gesù, sua Madre, Maria di Cleofa, Maria di Magdala, e il discepolo che Egli amava".

(Gv. 19,25)

 

Noi:

Poco per volta si è fatto il vuoto i miracolati, ricevuta la grazia se ne sono andati a casa; i curiosi, ormai hanno visto come è andata a finire, gli Apostoli si sono dispersi e rintanati per paura; restano la Madre, la sorella della Madre, una peccatrice perdonata e un discepolo ancora ragazzo. E’ la solitudine appena lenita da chi veramente sa amare, perché quei quattro sanno amare veramente e ti ringrazio, o Signore, perché insieme a Tua Madre, tra chi sa amare sul serio hai voluto una peccatrice. Amare come tua Madre non ne sono capace, insegnami almeno ad amare come la Maddalena.

 

 

"Ora presso la croce di Gesù stava sua Madre" (Gv. 19,25)

 

Maria:

Ho rivissuto infinite volte quel terribile momento. Mio figlio, il Figlio di Dio ucciso su una

croce e proprio da quei fratelli, da quei miei altri figli che è venuto a salvare! L’ho rivissuto nel dramma di tutte quelle mamme che hanno visto i loro figli partire e non più tornare, che hanno pianto, piangono e lottano vedendo il loro figlio inchiodato sulla croce della droga. Lo rivivo con tutti coloro che subiscono ingiustizia, con tutti coloro che sono spettatori partecipi e impotenti della morte di un loro caro. Dio mi ha voluto mamma e io rivivo la gioia e il mistero doloroso di ogni maternità. Siete tutti miei figli e ai piedi di ogni vostra croce, siatene sicuri, mi troverete sempre muta ma partecipe, silenziosa ma presente. Dio non mi ha pensato solo per suo Figlio, ma anche per ognuno di voi.

 

 

"Gesù, vedendo che c’erano sua Madre e il suo discepolo prediletto, disse alla Madre: Donna, ecco il tuo Figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua Madre" (Gv. 19,26-27)

 

Don Mazzolari:

L’egoismo non dice mai basta; l’amore non dice mai basta. Sono due avventure del cuore. L’una tiene e l’altra dà, l’una pretende, l’altra si immola. Ora la spoliazione di Gesù è completa: Gesù non ha più niente, neanche la Madre. Muore senza madre benché ella stia ai piedi della croce. Uguale olocausto Egli chiede alla Madre, direi che glielo impone, non per mancanza di pietà ma per farne la Pietà, avendo misurato la dilatazione del suo cuore e il desiderio di compartecipare pienamente all’opera del Figlio. Non può morire con Lui, ma è crocifissa con Lui. Nessuno parla: non la donna, non il discepolo, ma è tutto un aprirsi silenzioso e senza limiti, come la braccia del Crocifisso.

 

 

"Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle tue mani affido il mio spirito".(Lc. 23,46)

 

Noi:

Il mistero della morte avvolge tutta la vita degli uomini. lì Dio-con-noi ha voluto sperimentare anche il momento della morte. Qualcuno della morte ha terrore, qualcuno, magari malato o solo, da anni la invoca, qualcuno grida disperato. Gesù prova tutti questi stati d’animo: "Come vorrei già aver ricevuto questo battesimo", "suda sangue", "Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato?" ma alla fine si butta come un bambino tra le braccia del Padre: "Nelle tue mani affido il mio spirito". Gesù, verrà anche per me il momento della morte, e nonostante tutte le mie prevenzioni, paure, culture, in quel momento mi troverà solo, nudo e avvolto nel mistero. Fa’ che in quel momento ci sia finalmente per me l’abbandono più totale, sicuro che quello non sarà il salto nel buio, ma il caldo abbraccio della paternità di Dio, nella misericordia da te meritata.

 

 

"Ma Gesù, dando un grido forte, spirò" (Mc. 15,37)

 

Noi:

Quante volte questo grido è stato elevato dall’uomo.

Nel suo lamento risuonano l’abbandono di tutti i perduti, il grido di tutti gli oppressi e di tutti gli uomini senza speranza, la disperazione dei falliti, l’urlo dell’ucciso proditoriamente che si vede sottratta la vita in cui credeva e sperava: è l’abisso dell’uomo senza salvezza e senza Dio, di colui che vive oltre il limite delle leggi... è il grido disperato, a volte gridato con gli occhi, come quella mamma che in india non ha pane per i suoi figli e li vede morire, come quegli occhi grandi, dilatati dei prigionieri dei campi di sterminio, comandati a scavarsi la fossa. Si, è il grido di chi muore ma è anche e soprattutto il grido di uno che nasce. Quel grido è il grido di uno che passa attraverso il buio della morte, ma saluta, al tempo stesso il "giorno di Dio" che spunta sul mondo. In fondo quel grido può anche essere il grido della mia nascita nello Spirito. Lo Spirito che dal fondo del mio essere, mi suggerisce la preghiera del neonato: "Abbà, Padre".

 

 

"Visto ciò che era accaduto il centurione glorificava Dio: Veramente quest’uomo era giusto". (Lc. 23,47)

 

Noi:

Tutto è finito, ma tutto comincia La morte ha avuto la sua vittoria, si è presa l’autore della vita, ma tutto comincia.

Gesù, non sei morto invano! Ai piedi della croce, un lontano, uno di quelli per cui tu sei venuto, fa la sua dichiarazione di fede. La tua sofferenza, le lacrime di tua Madre, proprio nel momento della sconfitta danno frutto. Quando tutto sembra finire, Signore, che io sappia che tutto sta per rinascere. Quando il chicco di frumento sta marcendo è lì che nasce la nuova pianta, quando sto pagando perché l’amore non è compreso, vilipeso, ucciso, è lì che nasca l’amore. Sei veramente il Dio della vita che fa nascere dalla morte! Grazie, Gesù, con te non si può mai smettere di sperare.

 

 

"C’erano alcune donne". (Mc. 15,40)

 

Noi:

Attorno alla morte di Gesù sembra essersi creato il vuoto... Ma loro c’erano!

E’ una specie di vittoria di gruppo di queste donne. I religiosi, i saggi, gli apostoli, sono altrove. Le donne, invece, come tutti i poveri, gli oppressi, sono realmente vicine al Cristo crocifisso: esse lo possono vedere e credere perché almeno in parte, vivono e quindi comprendono la sua stessa situazione. Esse hanno capito fino in fondo che cosa vuoI dire "seguire Gesù": vuoi dire mettere i piedi là dove li ha messi Lui, vuoi dire non fare strepito, ma contemplare in silenzio ciò che si è manifestato sulla croce. VuoI dire "stare con Lui" gioire e soffrire con Lui. Ai piedi della croce non c’è soltanto l’esclamazione di fede del centurione, ma c’è anche un’affermazione di fede silenziosa, partita nell’umiltà da lontano ed ora realizzata in questa silenziosa sofferenza che prefigura il silenzio della tomba ma anche l’attesa fiduciosa della risurrezione.

 

 

"Giuseppe d’Arimatea calò il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia". (Lc. 23,53)

 

Noi:

Una sepoltura di corsa, il grembo della terra si apre e sembra inghiottire il suo creatore. Silenzio. Tristezza. Anche la speranza più radicata sente il colpo secco di quella pietra che si chiude. E’ l’esperienza del buio, della notte, del dolore che non trova risposta, del Dio a lungo invocato che sembra assente, è la paura che tutto nella vita sia solo morte, è la vittoria del male, è l’odio che vince l’amore... Quante volte abbiamo fatto questa esperienza! Eppure basta leggere la Bibbia e crederci per capire: "Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, vi riconduco nel paese di Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirà le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare il mio spirito in voi e rivivrete; vi farà riposare nel vostro paese. Saprete che io sono il Signore... (Ez 37,12-14)

 

 

"Lo depose in un sepolcro scavato nella roccia" (Mc. 15,46)

 

Io:

Nel mio ministero di prete, quante volte ho visto questo gesto. Gente giovane, anziana, amici, sconosciuti..Dopo tutti questi anni non mi sono ancora abituato, grazie al cielo, alle sepolture. Il mistero della morte, del dolore di chi resta, della pietà umana e cristiana pervadono tutte la sepoltura. Anche tu, o Gesù, che pur avevi fatto uscire Lazzaro dal sepolcro ora entri in una tomba. E’ vero che i tuoi amici, se avessero creduto veramente alle tue parole, avrebbero potuto credere alla risurrezione. E’ vero che anche noi, guardando a te possiamo credere che il corpo dei nostri cari che viene sepolto è destinato alla risurrezione, ma in quel momento è difficile: il dolore della mancanza della persona cara a volte prende il sopravvento, il buio di quella tomba che si chiude spesso sembra chiudere anche il nostro cuore. In quei momenti, Signore, ricordaci le tue parole: " Se il chicco di frumento muore, porterà frutto" e ricordaci soprattutto che tu "sei la risurrezione e la vita" e che "chi crede in te, vivrà in eterno".

 

 

"Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto". (Lc. 24,5-6)

 

Gesù:

Canto la fedeltà di Dio, mio Padre. Canto la sua misericordia e il suo perdono. Canto la vita che non muore. Dio non mi ha abbandonato nelle tenebre della morte. Dio ha accettato il mio sacrificio, Il male che sembrava avermi sconfitto è sconfitto definitivamente. Canto la mia gioia per tutti voi, fratelli per i quali ho offerto la mia vita; nelle vostre lotte, nei vostri dolori, ora c’è speranza, nella vostra povertà c’è la ricchezza di Dio. La meta della vostra vita odora di perdono e di eternità. Risorgete, fratelli; fate anche voi la vostra Pasqua, il vostro passaggio dal male al bene, dalla morte alla vita. Il vostro Dio, l’eterno èil Fedele, il Misericordioso, la Vita che dura per sempre.

     
     
 

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