12 giugno 2006
Ciao a tutti.

La mattina del nove, appena sveglio, con ancora addosso l’adrenalina per il concerto di Bologna, mi chiama Maio e mi dà una tremenda notizia: un ragazzo di trentanove anni era morto durante la notte in seguito alla caduta da una balaustra proprio lì al Dall’Ara la sera prima.
Poi mi spiega che Massimo (così si chiamava) era venuto al concerto perché all’ultimo minuto una sua amica aveva dovuto rinunciare e gli aveva regalato o venduto il biglietto.
Si era messo a penzoloni su quella balaustra e da lì era caduto alle 20 e trenta circa.
Diceva di non essersi fatto niente nonostante il volo di tre metri.
Sembra che anche quelli del pronto soccorso si fossero rassicurati alle sue parole.
Più tardi ha cominciato a sentirsi male e hanno dovuto fare degli accertamenti.
Hanno trovato una forte emorragia interna aggravata da una patologia cronica già esistente.
Non hanno potuto farci niente.
Poco dopo le tre se n’è andato.
L’assurdità della concatenazione di questa serie di eventi non fa che aumentare il mio sconvolgimento.

Credetemi avevo molta voglia di scrivervi delle emozioni che ho vissuto in questa parte di tour, quello degli stadi.
Ma le emozioni di cui parliamo hanno a che fare con il nostro tacito accordo, quello di ballare, stonare, commuoversi, urlare, lasciarsi andare ecc.
In una parola: vivere.
Perché questo vogliono essere questi concerti: un inno e una celebrazione alla vita.
E’ anche per questo che non riesco a capacitarmi di quello che è successo.
Per quanto possa servire porgo tutto il mio cordoglio e la mia solidarietà alla madre di Massimo (che, mi dicono, da qualche anno è pure vedova).
E a lui, ora che è stato deciso che lo dovesse fare, buon viaggio.