3 novembre 2004
Stefano Facchielli,

che quasi tutti voi conoscevate solo come D RaD, era quell'omone apparentemente burbero che, nei palchi dei teatri dove suonavamo, sedeva dietro di me tutto concentrato ad azionare groove, campionamenti ed elettronica varia, cercando di concedere il meno possibile allo spettacolo. Ogni tanto, ridendo, ci diceva che qualcuno del pubblico, vedendolo lì sopra quasi immobile, gli chiedeva se per caso non fosse l'addetto luci. Ebbene l'omone che a voi poteva sembrare burbero, burbero non era. Aveva una qualità sempre più rara: era discreto.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di collaborare con lui.
Non riesco a farmi una ragione che sia successo soltanto per due anni.

Stefano era una persona aperta, curiosa, disponibile oltre che una delle persone più allegre e contente di vivere che abbia conosciuto. Ma il ricordo della sua allegria rende ancora più difficile capacitarsi che gli sia capitato quello che gli è capitato. Difficile crederlo, quasi impossibile accettarlo.

Al secondo giorno di prove col gruppo era amato da ogni componente. Al secondo giorno di tour era amato da ogni tecnico. Artista ed edonista sapeva godere appieno di ogni cosa buona gli capitasse e te lo sottolineava sempre con quella risata grassa che finiva sempre mescolata alla tosse per le innumerevoli paglie quotidiane. Era entrato con la sua elettronica in un gruppo di lavoro (il nostro) che, groove, campionamenti ecc, li aveva sempre orgogliosamente rifiutati. Arrivato con i suoi gusti soprattutto "underground" nella nostra situazione da "mainstream". Eppure ha fatto funzionare da subito le cose al punto che il suo intervento, "discreto" appunto, e pensato all'inizio in piccola misura, ogni sera prendeva più spazio. Non perché lo proponesse lui: eravamo noi a chiederglielo. Aveva un atteggiamento davvero rilassato verso gli eventi e la professione e la vita. A me sembrava l'atteggiamento di qualcuno che doveva avere capito un po' meglio i pesi delle cose. Credo gli abbia fatto piacere vedere la nostra collaborazione live finire in un album triplo. Credo gli abbia fatto piacere sentire passare così tante volte per radio il suo intervento nel riarrangiamento di "Piccola stella senza cielo". Sono sicuro che gli abbia fatto piacere che una delle sue composizioni grafiche sia stata usata come copertina di "La neve se ne frega" (perché oltretutto Stefano era un buon fotografo e si dilettava di elaborazioni di immagini). Era orgoglioso quando gli ho comunicato che Feltrinelli l'aveva accettata. Orgoglioso, come vi dicevo prima, in modo rilassato. Dandogli il giusto peso.

Una delle sue frasi più famose fra di noi fu:
"La mia massima aspirazione è quella di passare inosservato". Ebbene mi dispiace per te, Stefano, ma non ci sei riuscito. Perché, fortunatamente, noi ti abbiamo potuto osservare, stimare ammirare. Anche se ora, increduli, ci tocca ricordare e rimpiangere.