daZEROaDIECI


Luciano Ligabue, dopo "Radiofreccia" (film che ha risvegliato il cinema italiano dal letargo e ha lanciato Stefano Accorsi, ormai primo attore della sua generazione) voleva archiviare l'esperienza regia e per tre anni ha pensato solo alla sua musica.
"Poi una storia mi è piovuta addosso. Ho chiamato Procacci e quella stessa sera eravamo già partiti. Non era previsto, ma quando senti che hai qualcosa da raccontare lo devi fare."

Cast di sconosciuti, o quasi. Le uniche facce note, Elisabetta Cavallotti, vista nei panni di Moana Pozzi nello scabroso "Guardami" di Davide Ferrario, e Fabrizio Sacchi, protagonista di "Tandem" insieme alle iene Luca (Bizzari) e Paolo (Kessisoglu).
"Non avrebbe avuto senso lavorare con il gruppo di "Radiofreccia". Sarebbe stato divertente, ma questa è un'atra storia e volevo gente nuova."

Ligabue stavolta non ha neppure inciso una colonna sonora, solo un singolo, "Questa è la mia vita" (uscito per la WEA in contemporanea al film e che contiene anche uno strumentale, "daZERoaDIECIsuite") che ha avuto comunque un video d'autore, girato a Rimini - come il film - e firmato dall'australiano Richard Lowenstein, quello che ha diretto il fortunato "E morì con un falafel in mano". Stavolta, Liga lascia la regia a un altro e fa il protagonista, ma evita di dire "mai più".

"DaZEROaDIECI" arriva in sala l'8 febbraio 2002 circondato da molto mistero, grande attesa e una brezza da ultima spiaggia che ricorda molto quella di "Fandango" (non a caso titolo che dà anche il nome alla casa di produzione creata da Domenico Procacci).
Nel film americano, ad aspettare Kevin Costner e compagni, dopo l'ultima sbronza c'è il Vietnam, qui la svolta non è così tragica, ma è comunque decisiva. Quattro ragazzi (ammesso che il nome vada ancora bene per gli ultratrentacinquenni) riprendono un fine settimana lasciato a metà vent'anni prima. Destinazione Rimini, il luogo ideale per sentirsi leggeri, frivoli, senza responsabilità. La riviera dove tutti hanno passato la loro prima vera vacanza fuori giri: notti a ballare, giornate senza pensieri, divertimento puro. Il posto perfetto per tornare indietro: "Saltiamoli questi vent'anni", urla uno dei protagonisti. L'intento è proprio quello, salvo poi ritrovarseli addosso tutti in un colpo e non sapere cosa farci. E spaventarsi davvero come se non ci si aspettasse di doverci fare i conti; c'è chi prova a scappare comunque e chi li guarda in faccia e riesce a superare l'angoscia, a cambiare o semplicemente a trovare il modo di aggiustare qualcosa qua e là. La paura è quella di ingrigirsi, di passare nell'anonimato, di perdere quella frizzante sensazione che, in fondo, la vita potrebbe migliorare da un momento all'altro. Da lì il tormentone: "Da zero a dieci: quanto stai oggi?". E la risposta varia a seconda di come ci si alza.
Uno dei personaggi all'inzio del film commente lanconico: "A trentacinque anni una cosa la capisci per forza. Fino ai trenta fai parte di una generazione di cui parlano in tanti: cosa ingoiate, cosa ascoltate... Dopo sei solo diventato un consumatore meno interessante".
Suona come un epitaffio ed è vissuto come tale, scansato per 48 ore a dare la caccia alla libertà perduta che sembra tornare insieme a 4 ragazze conosciute anche loro 20 anni prima e adesso di nuovo presenti in una vita che scalcia per non andare avanti.


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