Balliamo sul mondo
In origine c'era solo una cosa venuta fuori alla chitarra, intitolata "Eroi di latta". Era tutto un altro testo, una canzone in cui io, brufoloso e presuntuoso del cazzo, mi mettevo a condannare chiunque, e questo prima ancora di avere inciso un solo pezzo. Il fatto è che provavo molto rancore nei confronti di chi suonava quel poppaccio elettronico che ha devastato tantissima musica popolare degli anni '80. Gente finissima, tipo i Duran Duran. Credo che il testo cominciasse con un vero tipo: "Quanto fondo tinta serve per avere un bell'eroe?" o qualcosa del genere, rifacendosi un po' a "Blowin' In The Wind". Quando fu il momento di metterla su disco, ragionai: "Cazzo, però, la prima canzone del primo album... Non è male cominciare così!".
Fortunatamente trovai in fretta un altro testo, e devo dire che mi piace molto di più. E' una canzone che mi diverto ancora moltissimo a suonare e forse è quella che ho suonato di più in assoluto. Non so dire il perché: so che è divertente.


Bambolina e barracuda
E' una delle canzoni che mi piacciono meno fra quelle che ho fatto. Però mi ha portato fortuna ed è finita perfino in teatro, con un allestimento curato da Gianni Ippoliti. E' nata come un semplice e innocuo scherzo femminista. Volevo prendere per il culo la figura del playboy trombatore del sabato che la domenica racconta nei minimi particolari la sua storia. Qui c'è un recitato un po' Bogartiano, ironico, in cui il protagonista addirittura racconta che è proprio tutto come pensava: la camera ha poca luce ed è molto più stretta di come immaginava. Insomma, si era già fatto un film, da geometra del sesso. Fortunatamente la presunta Bambolina ha in realtà i denti affilati e da un momento all'altro diventa Barracuda; saltano fuori legacci, pistole e il gioco lo porta avanti lei. Poi, chissà che tipo di racconto avrà mai fatto lui al bar.

Piccola stella senza cielo
Una delle canzoni che più sono rimaste impresse nella gente, fra tutte quelle che ho scritto. A me piace l'atmosfera, mi piace molto il mondo, mentre non sono contentissimo del testo. Trovo che l'immagine sia un po' retorica, per quanto sicuramente efficace. Il tema fondamentale è l'ingenuità vista come un lusso che non ci possiamo concedere, purtroppo, e chi se lo concede è destinato a pagarlo a un prezzo un po' salato.
E' una storia vera, comunque, drammaticamente vera, la storia di una mia amica.

Marlon Brando è sempre lui
Questo è un brano nato come un pezzo demenziale. Lo dico anche se dovrebbe essere un segreto. Ho scritto e continuo a scrivere ogni tanto canzoni demenziali, solo per la sfiga di alcuni amici che sono vittime di queste cose. Il fatto è che periodicamente io e la mia compagna organizziamo delle feste che si chiamano "Feste del tormento e della sofferenza", dove nascono canzoni improbabili di ogni genere. Questo è uno di quei brani, e il suo titolo in origine era "Giorgio Bubba sta con noi". Poi si è evoluto, così, con un testo naif, ma non mi dispiace. L'arrangiamento, invece, è troppo grezzo, e l'esecuzione è proprio brutta. Penso che da un punto di vista della realizzazione questo sia uno dei pezzi peggio riusciti dell'album, anche se alla gente è piaciuto decisamente. Lo proponiamo ancora qualche volta in concerto perché ha un bel tiro, ma non integralmente, solo a pezzi.
La voce che si sente all'inizio gridare "Stella!" è quella del doppiatore di Marlon Brando in "Un tram chiamato desiderio". Un modo di legare questo brano con il precedente.

Non è tempo per noi
Eravamo a fine anni '80, io ho vissuto malissimo quel decennio e questa canzone altro non è che lo specchio del malessere di una persona che non riusciva a credere che si fosse passati così, radicalmente, da un decennio eccessivamente politicizzato a un decennio così vuoto. E' una delle poche canzoni in cui mi sono permesso di usare il noi, perché proprio non mi piace parlare anche a nome di qualcun altro. Quella volta però è venuta così.
Quella sul disco è una versione quasi country, con arrangiamenti di banjo e slide. L'arrangiamento glielo diede Claudio Dentes e devo dire che non mi dispiace, anche se non credo che rispecchi il vero spirito di questa canzone: è una rock ballad, ecco la verità, e come tale l'abbiamo sempre suonata ai nostri concerti. Adesso che la riascolto, trovo anche di avere una voce un po' strana. Mah.

Bar Mario
Io sono contento dell'allegria che c'è in questa canzone, ma la realtà è che dietro questo patina non c'è un cazzo da stare allegri. Sono molto contento del tiro, senti il pezzo come nasce allegramente, con questo riff di chitarra... tra l'altro il riff lo scrisse il chitarrista degli OraZero, quindi è anche un debito che ho con lui. Ad ogni modo, "Bar Mario" non parla di un bar specifico, ma di un ideale di bar. E' la somma dei bar per come io li ho visti al meglio, nei loro lati positivi e nei loro lati negativi. Con una serie di riti sempre uguali che però testimoniavano una vitalità e una voglia di frequentarsi che un po' si è persa, perlomeno nei locali pubblici.
Adesso le birrerie fanno un po' fatica a prenderne il posto, sono un altro mondo. Insomma, il Bar Mario non esiste, anche se esiste un barista che si chiama Mario da cui andavamo noi degli OraZero dopo aver fatto le prove, che adesso si è impadronito di questa sigla. Aveva un bar che si chiamava "River" e l'ha ribattezzato "Bar Mario", e sulle bustine di zucchero ha messo la mia faccia. Va bé. A me piaceva la sigla, perché era semplice e breve, ma avrebbe potuto essere anche Bar Sport o non so cosa. Con il tempo questo bar immaginario è diventato uno dei miei motivi ricorrenti. Mi è piaciuta l'idea di avere un elemento fisso nei vari album. E il "Bar Mario" c'è in ogni mio album, poi lo andremo a vedere in altre canzoni... a volte appena accennato nel testo, però c'è sempre.

Sogni di R&R
Non potrei più scrivere una canzone così, e mi dispiace un casino. E non è per il fatto che certe cose ti vengono una volta sola; è che, ahimé, sabati così non li vivo più. Una canzone ingenua, ma di ingenuità molto belle. A volte mi compiaccio di certe mie ingenuità, me ne congratulo, e mi piace molto l'idea di questo mondo, anche se è un mondo che non posso dire di vivere più.

Radio radianti
Uno dei brani meno considerati in assoluto dalla gente, forse a ragione. E' una canzone che sta ancora nell'onda di "Non è tempo per noi", parla cioè delle radio che, negli anni '80 ma specie verso la fine, stavano prendendo in molte la stessa piega; in parole povere, non contava più quello che lo speaker diceva, contava come lo diceva, contava il ritmo che aveva. Una canzone sul divertimento a tutti i costi, sullo sfolgorìo superficiale.

Freddo cane in questa palude
L'ho scritta in studio, mentre registravo l'album. Volevo fare una "intro" ad "Angelo della nebbia" e venne fuori questo gioco, un bluesettino in cui si immagina una Correggio ficcata nella Louisiana, paludosa. Appaiono dei coccodrilli, appare Zagor, in realtà sono io che praticamente sono dentro un fosso e i miei amici stanno vedendo se riesco a cavarmela da solo. E' una canzone un po' alcolica, ma è una degna "intro", come doveva essere.

Angelo della nebbia
E' una canzone che abbiamo provato a fare per un bel po' dal vivo e la gente dormiva; poi abbiamo smesso di farla e molti l'hanno reclamata. E' uno dei pochissimi testi, ne avrò scritti due o tre, che sono nati prima della musica; ed è fra quelli a cui sono più legato, anche se è penalizzato da un arrangiamento tronfio, vagamente alla Peter Gabriel, che a conti fatti mi sembra poco adeguato alla canzone. Ci sono delle botte di batteria e chitarrone lunghe che c'entrano poco con la delicatezza dell'immagine. Mah, ci venne questo arrangiamento, e amen.

Figlio di un cane
Qui voglio semplicemente rivendicare il mio diritto a essere me stesso. Io sono cocciuto e continuo a ricordarla, questa cosa, cioè faccio i miei sforzi per cercare di essere me stesso e pago poi lo scotto per tutto ciò che questo vuol dire. Vuol dire essere fuori da certi giri, essere fuori da certe mode, fuori anche da certe bande, proprio, anche fisicamente. Non è che voglia a tutti i costi essere controcorrente, è solo il gusto di aver diritto a una propria individualità. Quando mi viene da parlare di questo lo faccio con molta energia. Mi piace urlarle, queste cose, nel senso che sono cose che stanno un po' sul cazzo e a quel punto, va bé, se devono stare sul cazzo che ci stiano belle pesanti. Direi che nella canzone si sente questa energia.


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