Sull’alto Tevere

 

Le acque di quello che era chiamato "biondo fiume" non sono certamente pulite come un tempo ma ancora oggi offrono, nella zona di Montemolino, ottime possibilità di pesca.

 

Il Tevere non è più quello di una volta e la colorazione delle sue acque non è delle più invitanti né per i pesci, né per i pescatori.  Eppure, molti sportivi locali della zona alta del fiume giurano che, proprio nel tratto visitato in questo itinerario, ci sono più pesci di un tempo, a dispetto di tutte le inutili nostalgie del passato. E c'è da credervi, quanto meno a giudicare dai risultati delle gare di pesca che si svolgono nella zona di Montemolino, ma anche da quelli delle semplici battute di pesca, condotte da molti appassionati della passata.  Cavedani, carpe, tinche e savette sono le specie più rappresentative, ma non mancano pesci gatto, anguille e, purtroppo, gli immancabili carassi che, ormai, hanno invaso una buona parte dei fiumi italiani.  Chiudono il quadro i barbi che ttittavia, sono sempre più rari nel corso principale del Tevere e abbondano, invece, in alcuni splendidi immissari di questo grande fiume dell'Italia centrale.

A monte o a valle?

Giunti sul ponte presso Montemolino, non c'è che l'imbarazzo della scelta: sia a monte sia a valle, infatti, il Tevere offre buone postazioni di pesca.  Le rive sono piuttosto agevoli, pur fra una vegetazione abbastanza fitta.  In particolare verso valle, dal ponte prendono le mosse due strade sterrate (percorribili in auto) che costeggiano il fiume per circa 2 km, fino alla cascata.  Le postazioni più numerose sono in riva destra e sono costituite da ampi spiazzi, facilmente raggiungibili.  Chi sceglie la parte a monte del ponte può contare su un sentiero di circa 50 m che, in riva destra, prende le mosse da una piazzuola in prossimità di una cava, facilmente individuabile sulla strada provinciale.  La sponda meno agevole è quella sinistra, sempre a monte, anche per la presenza di coltivazioni e campi arati, dove i contadini non guardano di buon occhio il passaggio dei pescatori.

Pescando alla passata

La tecnica sicuramente più adatta è la classica passata, praticata sia con canne bolognesi dai 6 ai 7 m, sia con le "fisse" da 9 m in su.  Il Tevere di Montemolino è anche un'ottima palestra per gli appassionati della roubaisienne.  Si pesca estremamente "leggeri".  In nessun posto del fiume si avverte, infatti, l'esigenza di superare i 2 g di peso. Quando si scalano i piombi verso il basso-lenza, i primi pesci ad abboccare saranno carassi, carpe e barbi; i cavedani, al contrario, sembrano preferire finali piuttosto lunghi e fluttuanti, magari con la taratura del galleggiante concentrata in una torpille a circa 1 m dall'amo. I monofili sottili (fino a un massimo dello 0,12) sono d'obbligo: l'uso di diametri maggiori limita drasticamente il numero e la frequenza delle abboccate.  L’esca principe rimane il bigattino, innescato su ami molto piccoli (n. 16 o 18, ma anche fino al 20) e accompagnato da una pasturazione fatta di poche larve incollate e lanciate in acqua con buona frequenza. Quando qualche temporale vela in modo consistente le acque del fiume, la situazione può essere risolta con innesco di un bel verme di terra. Nei mesi invernali, i grossi cavedani si lasciano ingannare dalla budellina di pollo.

A legering

Nel Tevere di Montemolino questa tecnica di pesca rende veramente molto, specialmente se effettuata con i caratteristici pasturatori, pieni di bigattini. Nulla di particolare nell'attrezzatura, a eccezione della montatura: poiché il fondo del fiume è prevalentemente fangoso, è consigliabile adottare una buona distanza fra il pasturatore e l'amo, da 1 a 1,5 m. In questo modo si eviterà che l'esca rimanga adagiata sul fondo, in modo improduttivo.  Pescando a legering si potranno sondare tutte quelle fasce di fiume al largo dove non si riesce ad arrivare con la passata. Spesso i pesci, in particolare le carpe, frequentano di preferenza queste zone tranquille.  La larghezza del Tevere è qui abbastanza elevata, anche più di 50-60 m. Spesso, quindi, concentrare la pasturazione al centro fiume può essere problematico.  Ecco allora che gli appassionati di questa tecnica di pesca sono soliti effettuare, periodicamente, un certo numero di lanci "a vuoto". Quando il pasturatore pieno è giunto sul fondo, pochi energici strappi, impressi dalla canna, lo svuotano del prezioso contenuto.  Con tale sistema contando molto sulla precisione di lanci "mirati" e concentrati nella zona di pesca, si otterrà il risultato di radunare i pesci in quel preciso punto dove, successivamente, arriveranno anche l'amo e l'esca.