Sul Secchia

 

Uno dei più noti e frequentati corsi d'acqua dell'Emilia-Romagna che, nonostante lo scempio compiuto dai lavori di scavo, presenta ancora tratti molto pescosi e puliti.

 

Il Secchia, uno dei fiumi più importanti dell'Emilia-Romagna, scorre a cavallo delle province di Modena e Reggio Emilia.  Tipico torrente appenninico fino alle porte di Modena, il Secchia si allarga poi in larghe piane a valle della città, perdendo le sue caratteristiche peculiari.  Il tratto più favorevole alla pesca è quindi quello che va da Sassuolo a Colombaia di Carpaneti. I vecchi pescatori locali dicono che, fino pochi anni fa, il Secchia era uno dei corsi d'acqua più ricchi di fauna ittica di tutta la regione.  Sono poi intervenute ruspe e draghe che hanno letteralmente massacrato il letto del fiume.  Alcuni tratti di fiume, effettivamente, hanno subito profonde modifiche e la portata d'acqua si è drasticamente ridotta.  Fortunatamente in questi ultimi anni assistiamo a una netta inversione di tendenza e la natura sembra avere il sopravvento sugli scempi compiuti dall'uomo: quasi tutti i permessi che autorizzavano l'estrazione di ghiaia sono scaduti e, pur con un colpevole ritardo e assurde proroghe, tutte le organizzazioni di scavo stanno scomparendo.  Il Secchia, così, sta ritornando, spontaneamente, allo stato originario e i pesci tornano a popolare in buona quantità le buche più profonde del fiume.

Un tratto doppio

Il tratto scelto come meta di questo itinerario si può dividere in due parti.  Nella parte alta, da Colombaia a Cerredolo, il Secchia presenta un aspetto prevalentemente torrentizio: brevi correntini poco profondi che si aprono in buche abbastanza profonde dove l'acqua rallenta il suo corso.  Queste buche si assomigliano tutte e una vale l'altra: lasche e barbi in testa e al fondo e grossi cavedani nei punti più calmi.  Da Cerredolo a Castellarano, le piane si fanno sempre più lunghe e profonde e il letto del Secchia si allarga notevolmente. I barbi si fanno più rari e predominano i cavedani, cui si uniscono grosse carpe ormai scaltrite.  Anche la zona più a valle, fino a Sassuolo, è assai interessante e pescosa, soprattutto nel periodo primaverile, quando il fiume presenta una buona portata d'acqua.  Da giugno in avanti la siccità e le notevoli captazioni idriche rendono difficile la pesca.  Si ricomincia ad andare bene con le piene autunnali anche perché, in questo periodo, l'acqua imbrigliata dalla diga di Castellarano non viene usata per scopi agricoli.  Le tecniche di pesca, naturalmente, devono adeguarsi a queste differenziate caratteristiche del Secchia.  La parte alta del fiume è, infatti, la palestra ideale per la canna fissa: con una buona fiorentina di 6-7 m si possono affrontare agevolmente quasi tutti i punti del corso d'acqua.  Solo raramente si avverte la necessità di misure più lunghe.  La tecnica più produttiva, in questo tratto di fiume, è la pesca a passata "in movimento": anziché, infatti, insistere in un punto fisso per molte ore, rende molto di più pescare per brevi periodi in un tratto della buca e, successivamente, spostarsi di pochi metri sfruttando il fattore sorpresa.  Una pesca leggera, svelta e molto appassionante.  Sono di rigore montature molto sottili (mai oltre lo 0,10) e grammature non superiori al grammo di peso.  Ami dei n. 18 e 20 con uno o due bigattini innescati (la larva di mosca carnaria è un'esca consentita in queste acque).  In relazione ai pesci insidiati occorre adeguare la distribuzione della piombatura: più raggruppata verso l'amo per barbi e lasche, più distribuita su tutta la lenza per gli smaliziati cavedani.  Occorre anche molta misura nella pasturazione.  Sono posti in cui massicce e continue fiondate di larve sortiscono l'unico effetto di saziare l'appetito dei pesci che, ben presto, si dimostreranno restii ad abboccare.  Effettuando invece periodici lanci di pochissime larve, che stimolino l'interesse delle nostre prede, si avrà sempre a tiro di canna il pesce.  Dove il Secchia si allarga Nei due tratti del Secchia più a valle, Neon le sue larghe piane, la canna fissa spesso, non è più sufficiente.  Molto più produttivo dunque l'uso della canna ad anelli, la cosiddetta bolognese, per poter effettuare lunghe passate anche a buona distanza.  Il mulinello e la frizione si rivelano utili, anche perché, in questo tratto, è possibile imbattersi in pesci di notevole taglia.  Il peso medio delle prede, abbastanza ridotto nel tratto più alto, è qui decisamente maggiore. Oltre agli onnipresenti cavedani, questo tratto del Secchia è popolato da numerose carpe. Negli ultimi tempi, provenienti dalle acque di bonifica, sono state segnalate le carpe erbivore (o amur) che raggiungono anche i 7-8 kg di peso.  Buona, sul Secchia, è anche la pratica dello spinning. Da queste parti l'uso di esche artificiali è pressoché sconosciuto, ma contando sul fatto che. i cavedani sono molto attratti da un piccolo rotante o da un guizzante minnow, i lanciatori troveranno, particolarmente nella parte alta del Secchia, le condizioni ottimali per la loro tecnica di pesca. E può anche accadere che qualche trota, rara ma pur sempre presente, rappresenti una gradita sorpresa.  Lo stesso discorso vale per la mosca.  Tutto il corso del fiume è, generalmente, abbastanza aperto e non sussistono grossi problemi di lancio. Di rigore, se si insidiano i cavedani, la "battuta" dell'artificiale sull'acqua.