Sul Savuto

 

Quelli della Sila sono i più bei paesaggi della Calabria montana. Qui nasce il Savuto, fiume ricco di trote, che scorre tra pareti rocciose e ampi tratti più accessibili, coperti di vegetazione.

 

Il Savuto nasce dal Monte Scorciavuoi.  Scendendo verso il piano, questo fiume si arricchisce delle acque di alcuni laterali silani, forma un lago, e quindi continua il suo percorso verso il mare Tirreno, dove sfocia a poca distanza da Nocera Terinese.  Nel tratto inferiore ha numerosi affluenti, alcuni dei quali ben ripagano la risalita del pescatore, tra questi il Cannavina, il Merone e il Sasso.  E’ questa la parte del Savuto che ci interessa, il tratto a valle del lago. Subito dopo il bacino, l’acqua di solito è poca e non vale assolutamente la pena di pescare in questa zona, ma qualche chilometro dopo ecco che il torrente si trasforma, si riempie di acque limpide e abbondanti dalla corrente veloce.  Il percorso del torrente diventa in questo tratto incassato, i salti si susseguono frequentemente alle cascatelle tra i grandi massi con le sponde a momenti strapiombanti e di roccia e in altri punti ricoperte da una Coltissima vegetazione di grandi felci, lecci, faggi, ontani.

Un paesaggio aspro

In qualche punto si incontrano piccoli tratti pianeggianti, che però non sempre sono facili da raggiungere, come d'altra parte tutto questo tratto del Savuto. Ci sono gole con pareti a picco che sono molto interessanti per chi pesca, ma che al tempo stesso richiedono non poca fatica per essere raggiunte, cosa non sempre possibile.  In tal caso devono essere aggirate e superate, il che richiede ulteriore fatica. Questa parte del Savuto è senz'altro la più bella, sia dal punto di vista paesaggistico, sia per la dimensione delle trote che ne abitano le acque, ma è anche terreno per gente che non ha paura di fare qualche passaggio arrischiato e che deve avere buone gambe e molto fiato.  Il punto di partenza può essere il paesino di Parenti, a poca distanza da Rogliano: un ripido sentiero porta a un piccolo ponte di legno e da qui si può incominciare la pesca.  Procedendo verso monte, il percorso, pur con le caratteristiche che abbiamo appena descritte, è se non agevole comunque percorribile, a parte la necessità di aggirare qualche buca irraggiungibile.  Se la stagione lo consente, ci si può muovere più agevolmente nell'acqua, pescando però molto più in su e stando attenti a non farsi troppo sentire dalle trote, tutte fario di ceppo locale.  Ci sono anche tratti semipianeggianti, dove pare di trovarsi in un mondo diverso, in un ambiente dall'aspetto molto meno selvaggio. 1 mesi migliori per pescare sono la seconda metà di maggio, giugno e settembre, purché non ci sia stata troppa siccità nei mesi centrali estivi.

Dopo il disgelo

Fino a tutto aprile e anche nella prima metà di maggio c'è lo svantaggio dell'acqua di neve, che rende assai infruttuosa qualsiasi battuta di pesca.  Pare che in certi anni la neve sia rimasta sulla Sila Piccola sino alla fine di maggio.  Una delle migliori tecniche di pesca per il tratto di cui abbiamo appena parlato è senz'altro lo spinning leggero, che si presta perfettamente alle caratteristiche ambientali del torrente.  Si può anche provare con la mosca, secca o sommersa, ma non nelle ore centrali della giornata, e bisogna comunque saper manovrare la canna con maestria, per non impigliarsi negli onnipresenti rami, cespugli e rovi.  Chi però è in grado di destreggiarsi all'inglese tra queste difficoltà ambientali può avere la certezza di fare buone catture, anche perché raramente in queste acque qualcuno pesca a mosca.  La tecnica che viene più naturale è sempre la pesca al tocco, con lombrichi vivaci; questa tecnica è però difficilmente produttiva nelle ore centrali di sole, perché non sempre è possibile tenersi abbastanza lontani dal punto in cui si pesca.  Le trote sono tutte fario locali di taglia media, ma non mancano gli esemplari più grandi.  Per scoprire dove si celano, basta avvicinarsi cautamente a una buca profonda.  Se non si riesce a vedere neanche l'ombra di una trotella, o se, dopo il primo lancio, non si vede ombra di movimento dietro il cucchiaino, con ogni probabilità in quel punto vive una delle vecchie farlo, e l'assenza di piccole trote significa che si tratta di un esemplare che ogni giorno divora tutte quelle che gli capitano a tiro. Vale dunque la pena di mettersi a pescare con attenzione, cambiando esca e magari anche tecnica se il primo lancio non è stato perfetto.  

Le ultime macrostigma

Pare che in queste acque sia ancora possibile catturare qualche macrostigma, la rara trota che un tempo viveva soltanto nel sud del nostro paese e nelle isole maggiori.  In questo caso sarebbe un delitto non liberarla, a meno che non si tratti di un esemplare che supera i 3 chili, per dare un contributo alla Sopravvivenza di una specie che ormai è i n estinzione anche in quelle zone dove fino a un ventennio fa era diffusa. Continuando la risalita si incontrano sempre maggiori quantità di trotelle, da rimettere immediatamente in acqua vive e intatte.  Chi invece decide di pescare verso valle è praticamente costretto, per quanto riguarda la scelta della tecnica, a limitarsi al tocco.  Il Savuto, poco a valle del ponticello da cui siamo partiti, diviene incassato e si restringe, mentre le rive si innalzano e diventano più ripide e difficili e, qualche volta, veramente pericolose.  Le buche sono spettacolose anche se non grandi, alimentate da cascate e cascatelle abbastanza profonde che ospitano gli esemplari più grandi di tutto il Savuto.

Canne facili da trasportare

L’ideale qui sarebbe una canna fissa, lunga 5 metri e oltre, così da poter arrivare agevolmente in tutti i punti migliori.  In realtà una canna così lunga non è consigliabile poiché, viste le acrobazie che a volte si è costretti a compiere per spostarsi lungo le pareti di roccia, portarsi dietro una canna lunga diventa un impaccio notevole.  Va quindi bene una telescopica, meglio se regolabile, che può, quando si deve affrontare un passaggio davvero impegnativo, essere chiusa completamente.  Sono consigliati ami abbastanza grossi, intorno al n. 5, se si usa come esca il lombrico.  Le camole del larice, quando si riesce a procurarsene, danno risultati sorprendenti. Continuando verso valle, si arriva a un vero e proprio orrido, dove l'ambiente è così selvaggio che viene da pensare che nessuno ci sia mai passato prima.  Le buche sono molto belle e invitanti, ma anche faticose e pericolose da raggiungere.  Bisogna poi considerare, non per ottimismo eccessivo ma per affrontare adeguatamente una situazione che si può verificare, che in certi punti, quand'anche si riuscisse ad agganciare una bella trota, non si riuscirebbe poi a salparla, perché manca letteralmente lo spazio.  In ogni caso, almeno nei punti raggiungibili, vale la pena di insistere, perché i risultati possono essere tali da giustificare abbondantemente tutta la fatica che risulta necessaria per arrivare fino alle gole più nascoste del Savuto.