Sull'Ofanto e sul Sabato

 

Due piccoli torrenti che sgorgano nel cuore dell'irpinia e le cui acque dalla purezza cristallina, pur risentendo fortemente dei periodi di siccità, ospitano numerosi salmonidi e ciprinidi.

 

L’ Appennino Campano, al centro dell'Irpinia (in provincia di Avellino), è caratterizzato da una straordinaria rete idrica e fluviale, che costituisce un insostituibile polmone per tutta la Campania.  Scorrono qui torrenti con caratteristiche tipicamente montane quali il Sele, il Calore, l'Ufita, l'Ofanto e il Sabato, tutti provenienti dai Monti Picentini, che costituiscono il massiccio centrale dell'Appennino Campano.  Purtroppo, questa ricchezza d'acqua è messa seriamente in crisi nei periodi di siccità a causa di un'indiscriminata captazione idrica (non sempre riconducibile solo a scopi agricoli), che mette a dura prova l'esistenza stessa di questi splendidi torrenti dalle acque pulite.  Anche le due mete di questo itinerario non sfuggono alla regola, ma l'Ofanto e il Sabato (come il Calore irpino) sembrano avere sette vite e nelle loro acque i pesci riescono a sopravvivere anche quando i livelli sono ridotti ai minimi termini.  Bastano poche piogge o un inverno abbondante di neve per riportare miracolosamente la situazione a condizioni accettabili.

Sull'Ofanto

Pur nascendo in Irpinia, l'Ofanto scorre in questo territorio solo per poco più di 30 km. I rimanenti 100, prima dello sbocco in Adriatico, appartengono alla Puglia. Ma il tratto migliore è proprio a cavallo fra le due regioni; per giungervi si fa riferimento al ponte di Leonessa.  Questo è sicuramente il tratto migliore poichè, nella zona a monte, accade un fenomeno negativo: l'acqua "irpina" viene convogliata in condotte che la trasportano all'assetata Puglia; il torrente si riduce a un semplice ruscello, in cui vivono piccoli cavedani e poche trote, frutto di passati ripopolamenti.  Comunque, a valle del comune di Sarda l'Ofanto, anche grazie all'apporto di immissari di destra e di sinistra, riassume una certa corposità e le condizioni di pesca diventano buone. l!acqua proveniente dal bacino di Melfi, inoltre, migliora ancor di più la situazione.  Si tratta comunque di livelli sempre ridotti se paragonati a quelli dei fiumi centro-ettentrionali e tutta la pesca si deve adattare a queste condizioni. La popolazione ittica dominante è costituita da ciprinidi. Fra questi, in particolare, spiccano banchi veramente numerosi di barbi di ogni dimensione da pescare con la classica tecnica della passata leggera, con piombature e lenze ridotte ai minimi termini. Le esche più utilizzate sono la larva di mosca carnaria (bigattino) e quella di tipula (gatoss). Molti locali usano pasturare con i bigattini per radunare i barbi a tiro di canna e riservare il gatoss agli esemplari più grandi, eliminando così le interferenze della minutaglia.  Ma oltre ai barbi in gran quantità, nelle acque dell'Ofanto è sempre possibile qualche gradita sorpresa: alcuni splendidi esemplari di fario autoctone, che si uniscono a quei ciprinidi baffuti e cedono all'invitante richiamo delle esche.  E proprio per questo motivo che, anche se raramente, si vedono pescatori a spinning battere le acque dell'Ofanto. Nei loro carnieri finiscono trote, anche se non di grandi dimensioni, e cavedani di dimensioni più interessanti.

Sul Sabato

Questo torrente dalle acque pulitissime è lungo poco più di 50 km.  Costituisce il principale affluente di sinistra del Calore irpino e anch'esso ha le sue sorgenti fra le pendici dei Monti Picentini.  Il suo tratto più pescoso e quello che va da San Michele di Serino fino ad Atripalda. La vocazione di queste acque è prevalentemente da salmonidi, ma non è trascurabile la presenza di barbi e cavedani.  Non ci si deve scoraggiare alla prima impressione che si ha giungendo sul Sabato: particolarmente nelle stagioni calde, i livelli sono estremamente ridotti.  Ma se s'incomincia a risalime il corso ci si accorge ben presto delle grandi potenzialità di pesca, favorite da acque eristalline che non conoscono alcuna traccia di inquinamento.  Naturalmente è essenziale sfruttare il fattore sorpresa e mettere in preventivo spostamenti continui, specialmente se si è stati preceduti da altri pescatori. La tecnica di pesca più produttiva è sicuramente lo spinning ultraleggero: 2 o 3 lanci al massimo per ogni buca e subito via verso un'altra postazione, sempre pescando a risalire e cercando di mimetizzarsi il più possibile.  La pesca al tocco rende maggiormente nei rari periodi in cui i livelli del fiume salgono.  In questi momenti le esche migliori sono il classico verme di terra e la larva di friganea (portasassi).  I pescatori locali usano molto pescare con la mignatta, insetto di cui il letto del Sabato è gremito e forse la grande efficacia di quest'esca dipende proprio dal fatto che essa costituisce il cibo abituale delle fario locali.  A valle di Atripalda il torrente perde un po' le caratteristiche di purezza della parte alta.  In compenso, aumentano sensibilmente i ciprinidi, cavedani e barbi in primo luogo, ai quali si aggiungono i capitani.  Con l'aumentare di questi pesci, diminuiscono sensibilmente le trote, senza però scomparire del tutto.  In questo tratto, a differenza delle acque pregiate prima descritte, è permesso l'uso della larva di mosca camaria senza limitazioni alle catture.