Sul Lario in riva occidentale

 

La riva dei Lario fra Rezzonico e Gravedona è la meno frequentata da turisti e pescatori.  Offre dunque più di una sorpresa a chi vuole tentarvi una battuta di pesca.

 

La riva occidentale dell'alto Lario, da poco a monte di Menaggio fino a Dongo, salvo scarsi e brevissimi pianori, è costituita da rive rocciose che scendono a piombo nel lago.  Qui l'acqua raggiunge profondità molto elevate già vicino a riva: la isobata dei -50 corre in certi punti addirittura a meno di 30 m dalla costa. Anche la strada che percorre questo tratto di costa (La statale 340d) non pare invitante per turisti e pescatori; infatti è stretta, attraversa alcune gallerie ed è poco favorevole allo scorrimento veloce. E’ comunque pittoresca per la sua posizione alta rispetto al pelo dell'acqua e per la vista che spazia dalle cupe e profonde acque sottostanti a quelle più azzurre del centro lago. Poco urbanizzata, questa parte di costa occidentale del Lario è dunque rimasta ai margini del fenomeno turistico che da sempre interessa il Lago di Corno; di conseguenza è anche poco battuta dai pescatori.  Infatti, i punti costieri in cui potersi appostare sono scarsi e malamente agibili ed è quindi più logico ricorrere alla barca per avvicinare quei tratti scoscesi di costa, impossibili da raggiungere via terra.

I punti migliori

Non tutto il tratto oggetto di questo itinerario è però interessato da coste alte e scoscese. Vi sono anche alcuni pianori, soprattutto in corrispondenza di piccoli affluenti.  Per esempio, lasciata Menaggio alle proprie spalle, chi percorre la strada costiera in auto può trovare punti di appostamento pianeggianti ad Acquaseria, quindi a Santa Maria e poi a Rezzonico, dove sfocia un torrentello di scarsa vena che però ha contribuito alla creazione di una prominenza pianeggiante con moletti e pontiletti.  Più a nord vi sono buone posizioni di accesso in località San Vito, Calozzo Mianico e Musso, da dove la riva riprende verticale fino a Dongo.  Qui sfocia il torrente Albano che costituisce una interessante alternativa di pesca, poichè ospita molte trotelle.  Da Dongo ha inizio finalmente la costa più dolce e bassa che giunge fino a Gravedona, cittadina.che sorge all'estremità settentrionale di un ampio pianoro (La "Pancia di Gravedona") che si protende tondeggiante verso il lago.  Al vertice della Pancia si trova la foce del torrente che l'ha creata, il loro, anch'esso ricco di salmonidi. Nella cittadina di Gravedona le posizioni di pesca sono numerose: da quelle del molo perimetrale della darsena al lungolago, dalla zona dell'imbarcadero agli approdi e così via.  I punti invece accessibili lungo la strada e fra le rocce, da Rezzonico a Gravedona, sono da valutare caso per caso dal pescatore, il quale, se per i suoi spostamenti usa l'automobile, dovrà prima di tutto trovare un buon posto dove parcheggiare il suo veicolo lungo la strada, quindi cercare un varco adatto e non pericoloso per scendere fin sulla riva del lago.  Se si pesca dalla barca non c'è bisogno di fornire troppi suggerimenti, se non quelli di portarsi a breve distanza dalla costa rocciosa e appena al largo degli arenili e, soprattutto, delle foci, ancorando la barca se si intende praticare la pesca a spinning o con il galleggiante, oppure muovendosi avanti e indietro parallelamente alla riva per praticare la traina con la tirlindana o con la cavedanera. 

Le tecniche e i pesci

La riva rocciosa è frequentata da molti cavedani medi e grossi, i quali si possono insidiare dalla barca (più difficilmente da terra) con il lancio di artificiali verso riva, standone a non più di 30 m. 1 minnows sembrano essere le esche migliori per questi ciprinidi, per quanto anche i cucchiaini rotanti da cavedano diano buoni risultati se si recuperano a mezz'acqua o quasi in superficie.  Ecco perché, per gli specialisti, può essere più interessante pescare con barca in movimento, trainando una cavedanera.  I cucchiaini, questa volta usati più a fondo, interessano i bei persici, sia a spinning con barca ferma (o dalla riva) sia a tirlindana con barca in movimento.  Un'altra tecnica in uso è lo jigging, che consiste nel calare verticalmente un pesciolino in balsa munito di paletta fino a toccare il fondo, a circa 50 m di profondità, imprimendogli poi un movimento di saliscendi. Per questa pesca occorre una canna corta, dovendo calare l'esca a perpendicolo sotto la barca, ma si può manovrare anche la lenza a mano come si fa con il bolentino nel mare. C'è chi sostituisce il minnow con una lenza scoubidou oppure con un'esca naturale: un pesciolino vivo G'usellina sarebbe la migliore, ma in mancanza va benissimo anche l'alborella piccola) o un grappolo di vermi. Fra l'altro potrebbe abboccare qualche bottatrice e persino qualche anguilla se si pesca all'alba, verso l'imbrunire o in giornate cupe.  Portandosi al largo di arenili o di foci fluviali, dove il fondo ghiaioso è meno elevato e lo si può anche scorgere, è più probabile l'incontro con i persici, sia da terra, sia dalla barca. Abbondano naturalmente i banchi di alborelle.  Per chi agisce dalla riva, il discorso migliora sensibilmente non solo se ci si trova a pescare lungo i pianori e i pontili delle varie località e presso le foci, ma soprattutto se ci si trova a Gravedona, dove le specie ittiche incrociano tanto sotto la spiaggia della Pancia quanto sotto la riva del lungolago, dei moli, degli approdi di vario tipo; si tratta solo di sceglierne uno e di occuparlo arrivando un po' presto sul posto, cioè prima degli altri pescatori.  I fondali che si susseguono si alternano fra sabbiosi, ghiaiosi e algosi.  E tra le alghe è possibile incontrare anche delle belle tinche.  Le esche naturali (se non si pesca a spinning) spaziano dalle solite larve di mosca carnaria alla camole, quindi pane, polenta e pesciolini vivi.  Chi vuole praticare la pesca notturna a fondo dovrà appostarsi nei punti accessibili e non eccessivamente profondi lungo la riva rocciosa oppure dai moli, dai pontili e presso le foci fluviali, da cui insidiare anguille e bottatrici.  Ma si devono impiegare piombi finali di tipo allungato o temolini data la frequente eventualità di incastri tra le rocce e i sassi del fondo.