Sul Calore in Irpinia

 

Il Calore è uno splendido torrente fra l'irpinia e la provincia di Benevento, con acque estremamente limpide e non inquinate e begli esemplari di trote che convivono con barbi e cavedani.

 

Ricca d' vegetazione, la provincia di Avellino (e l’Irpinia in generale) è un insostituibile             polmone verde per tutta la Campania e presenta una rete idrica di tutto rispetto.  Fra tutti, ricordiamo il lago Laceno e il lago San Pietro e gli splendidi torrenti dell'Appennino campano, tra cui il Sabato, l'Ofanto, il Sele e l'Ufita. Uno fra i più importanti e interessanti è sicuramente il Calore, che nasce dai monti Picentini al confine fra il salernitano e l'avellinese, e che si sviluppa per una lunghezza di poco superiore ai 100 km.  Per chi non conosce perfettamente la zona e intende sfruttare questo splendido itinerario, occorre fare subito una precisazione per sgombrare il campo da possibili errori: esistono infatti altri due fiumi che portano lo stesso nome, Calore, ma che niente hanno a che fare con quello qui trattato. Il primo è il Calore cilentano, in provincia di Salerno, che nasce dal Massiccio del Cervati e che presto costituirà l'asse portante di un Parco Nazionale; il secondo è il Calore lucano che con tale nome nasce in prossimità del Monte Girino per assumere poi quello di Tanagro, nel vallo di Diano.  La meta del nostro itinerario è, invece, il Calore irpino, particolarmente nel tratto avellinese che va da Montella alla chiusa di Taurasi.  E’, proprio in questa parte che questo fiume dà il meglio di sé, in tutti i sensi, sia a livello ambientale sia più prettamente faunistico.  Infatti, non appena si giunge al confini con la provincia di Benevento, praticamente dal comune di Apice in poi, si assiste a un incredibile degrado ambientale del fiume, denunciato, fra l'altro, da numerose associazioni ambientaliste capeggiate dal WWF. Per quanto riguarda la viabilità, il punto di partenza è Avellino, raggiungibile in autostrada da Napoli o da Salerno.  Dal capoluogo irpino, percorrendo la S.S. 7 o la S.S. 400, in direzione di Potenza, si incontra il bivio per Castelfranci, 9 chilometri prima del comune di Lioni.   

Un fiume per garisti

Subito dopo il bivio si incontra il fiume che nel tratto da Castelfranci a Taurasi offre le migliori possibilità di pesca. La zona di Castelfranci è spesso adibita a campo di gara.  Se, da un lato, questo crea momentanee interdizioni alla pesca, dall'altro costituisce un continuo e frequente ripopolamento che va a incrementare la notevole quantità di pesce presente.  Oltre alle trote, presenti soprattutto nella zona più alta a prevalente carattere torrentizio, nel Calore sono presenti anche barbi e cavedani di grossa taglia.  La misura minima riferita ai salmonidi è di 20 centimetri e il numero massimo di catture è stabilito in cinque capi giornalieri.  Le acque di questo fiume, e più precisamente quelle da Montella alla chiusa di Taurasi, sono gestite dalla Federazione Italiana Pesca Sportiva e, a giudicare dai risultati raggiunti, si può senza dubbio definire una gestione oculata.  A completamento delle descrizioni regolamentari, occorre precisare ancora le giornate di pesca e le date di apertura e chiusura: sul Calore non si può pescare nelle giornate di lunedì e venerdì (eccetto le festività infrasettimanali) e la stagione di pesca inizia, in linea con le altre regioni, l'ultima domenica di febbraio. 

Zone protette

Generalmente, una corretta e lungimirante gestione delle acque comprende la localizzazione e l'istituzione di zone strategiche di ripopolamento, con divieto assoluto di pesca; sul Calore sono stati destinati a questo scopo i due tratti logisticamente più validi: il primo comprende il tratto di 2 chilometri che va dalla chiusa di Taurasi alla centrale Enel di San Mango, mentre il secondo interessa un tratto di 1,7 chilometri dall'inizio della Contrada Vadantino al Calore Faitano.  Non ci si può comunque sbagliare: i tratti descritti sono facilmente identificabili da cartelli posti sul bordo della strada che costeggia il torrente.  Nessun problema di accesso al torrente.  Dalla strada, splendidamente inserita nel tipico paesaggio appenninico, partono numerosi sentieri che si fanno spazio in una fittissima vegetazione di castagni, cerri e salici bianchi; nella zona di Castelfranci, il Calore presenta carattere prevalentemente torrentizio e quindi con sponde piuttosto alte; scendendo verso Taurasi il dislivello diminuisce rapidamente e il fiume offre ampie e profonde buche con acque più tranquille e sponde più agevoli. Come abbiamo visto, trote, barbi, cavedani e lasche convivono in queste acque estremamente pulite.  Questa limpidezza deve improntare tutte le tecniche di pesca che si possono adottare sul Calore: sia che si peschi a passata sia a fondo sia al tocco è d'obbligo l'uso di monofili molto sottili perché, come si è soliti dire, qui i pesci sanno "leggere e scrivere" e sono aiutati in questo dalla limpidezza dell'acqua.  Recenti notizie confermano inoltre una buona presenza di carpe nel tratto basso, anche se molto diffidenti e difficili da catturare.

La prudenza è d'obbligo

Sul Calore vi sono ottime possibilità per la pesca a spinning, limitando rotanti e minnows alle misure e gramma ture più piccole, non oltre, comunque i 5 grammi; i migliori risultati con questa tecnica si ottengono pescando a risalire e, preferibilmente, sfruttando il fattore sorpresa.  Se notiamo, direttamente o attraverso impronte sul terreno, la presenza di molti altri pescatori è preferibile sorpassare a piedi la zona e indirizzarsi verso tratti di fiume più tranquilli. La pesca a mosca può riservare discreti risultati ma è riservata ai pescatori più esperti o comunque a quelli che sappiano muoversi e lanciare anche da sponde molto infrascate. Un discorso a parte meritano le tecniche di pesca con esche naturali.  Ricordiamo, innanzitutto, che in tutto il corso del fiume è assolutamente proibito l'uso e la detenzione del bigattino; per quanto riguarda le altre esche, un posto di riguardo va al classico lombrico e alle camole del miele.  La presenza di barbi e cavedani estende tuttavia questo discorso e nel portaesche di chi si reca sul Calore trovano posto anche le gatte, il sambuco, la crisalide e i portasassi, questi ultimi raccolti direttamente in zona, dove sono particolarmente corpulenti. Possono sembrare fattori trascurabili, ma spesso è molto importante esaminare e verificare anche questi piccoli elementi, al di là della presenza più o meno rilevante di pesci: la microfauna del fiume è un fattore di primaria importanza che, da solo, può indicare il buono o cattivo stato di salute di un fiume.  E il Calore è un fiume in ottime condizioni di salute.

Sanguisughe come esca

Ogni zona ha le sue caratteristiche e tradizioni locali.  Ma in queste acque irpine abbiamo osservato una tecnica decisamente particolare: qui, infatti, i locali pescano moltissimo con la sanguisuga, che chiamano mignatta.  Con questa esca "insolita" i pescatori catturano, lungo tutto l'arco dell'anno, cavedani e barbi, ma anche trote di notevoli dimensioni.  Lo stupore lascia però presto il posto al ragionamento che segue alla constatazione della notevole presenza di questo anellide sotto i sassi ai bordi del fiume e nei numerosi rigagnoli laterali; niente da meravigliarsi quindi se trote e barbi del Calore annoverino le mignatte nel loro menu quotidiano.  L'importante è presentarle ai pesci nel modo più naturale possibile, per mezzo di monofili sottilissimi, pena un deciso rifiuto dell'esca.  Tra le altre esche si segnalano tutti i tipi di frutta presenti in natura, dalle ciliege all'uva, dal sambuco ai fichi, meglio se preceduti da una adeguata pasturazione.