Regolamento Edilizio del Comune di Napoli
 

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COMUNE DI NAPOLI

ASSESSORATO ALL’EDILIZIA

 

 

Regolamento Edilizio

 

art.33 della legge 17 agosto 1942, n. 1150

 

 

Adozione: delibera di Consiglio comunale n.104 del 28 aprile 1998

Ratifica testo coordinato: delibera di Consiglio comunale n.294 del 13 novembre 1998

Approvazione: delibera di Consiglio provinciale n.47 del 5 maggio 1999

 


COMUNE DI NAPOLI

ASSESSORATO ALL’EDILIZIA

  

Regolamento Edilizio

 Napoli, settembre 1999

 

Il presente testo coordinato è strumento meramente conoscitivo che non varia il contenuto e l’efficacia degli atti di adozione e approvazione.

In corsivo sono riportate le parti modificate in sede di approvazione.


 

PARTE PRIMA

Capitolo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1 - Oggetto e contenuto del regolamento

1.         Il presente Regolamento Edilizio (RE) costituisce la norma regolamentare di ogni attività di trasformazione fisica del territorio comunale, attraverso procedure finalizzate a disciplinare l’applicazione della normativa urbanistica ed edilizia per il conseguimento della migliore qualità dell’ambiente.

 

2.         L’attività edilizia, le altre attività ad essa connesse, le opere e le urbanizzazioni che salvaguardano o modificano l’ambiente urbano nel territorio del Comune, sono disciplinate dal presente Regolamento, dalle norme di attuazione degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, nonché dalle norme nazionali o regionali vigenti in materia.

 

3.         In particolare il RE:

- disciplina le procedure relative ai provvedimenti amministrativi per l’esecuzione di ogni intervento relativo alla modificazione, manutenzione e salvaguardia degli edifici, dell’ambiente costruito e dell’ambiente naturale;

- disciplina le norme comportamentali per il rispetto delle prescrizioni e dei procedimenti da parte sia della pubblica amministrazione che dei soggetti operatori, pubblici e privati, aventi titolo agli interventi di cui sopra;

- disciplina i requisiti richiesti ed i livelli di prestazione necessari per ogni intervento in relazione agli obiettivi di cui al comma 1;

- detta prescrizioni ed indirizzi in materia di igiene, sicurezza e fruibilità per ogni intervento di cui sopra;

- definisce i metodi di verifica o di controllo necessari.


 

 

Capitolo II

DEFINIZIONI E PARAMETRI

Art. 2 - Definizioni

1.         Ai fini dell’applicazione delle norme e procedure del RE si assumono le seguenti definizioni:

costruzione: opera edilizia, realizzata fuori o entro terra, con l’impiego di qualsiasi materiale che, indipendentemente dalla durata e dalla modalità di installazione al suolo, non rientri espressamente nella categoria dei veicoli, così come definiti dal capo I del titolo III del DL 30 aprile 1992, n.285 e successive modificazioni e integrazioni (Nuovo codice della strada);

 

unità immobiliare: insieme di stanze e vani accessori con autonomia funzionale ed ingresso indipendente;

 

porticato: spazio coperto di uso comune, aperto almeno su un lato, che abbia relazione diretta con lo spazio esterno ubicato allo stesso livello;

 

loggia: spazio coperto, ad uso esclusivo dell’unità immobiliare, aperto almeno su un lato, contiguo ad una delle pareti esterne di una costruzione costituente estensione e pertinenza dell’unità;

 

facciata: parete esterna di una costruzione delimitata alla base dalla linea della sua intersezione con il terreno naturale o modificato ed al colmo dal limite superiore del parapetto di protezione o del cornicione nelle coperture piane oppure dalla linea di gronda nelle coperture a falde.

 

fronte: porzioni di facciate più esterne, con esclusione di sporgenze di qualsiasi tipo, che abbiano esclusivamente una funzione ornamentale o protettiva.

 

piano: lo spazio, racchiuso o meno da pareti perimetrali, compreso tra due solai, limitato rispettivamente dal pavimento (estradosso del solaio inferiore, piano di calpestio) e dal soffitto (intradosso del solaio superiore) che può presentarsi orizzontale, inclinato o curvo, e in particolare:

a)    piano terra o piano fuori terra: il piano, o parti di esso, di una costruzione il cui pavimento si trovi in ogni suo punto perimetrale a una quota uguale, superiore o inferiore di non più di 50 cm a quella del terreno circostante, così come risulta modificato dalle opere di sistemazione.

b)   piano interrato: il piano di un edificio il cui soffitto in ogni suo punto perimetrale abbia quota inferiore a quella del terreno circostante o superiore di non più di 50 cm;

c)    piano seminterrato: il piano di un edificio che non rientri nei punti a) e b) precedenti.

 

spazi interni scoperti: si intendono le aree scoperte circondate da fronti della costruzione e in particolare:

a)    corte: spazio interno circondato per il 70% del perimetro da fronti della costruzione e per la parte restante solo da recinzioni, porticato o aperto;

b)   cortile: spazio interno circondato per l’intero perimetro da fronti della costruzione;

c)    patio: spazio interno di un edificio ad un solo piano, o all’ultimo piano di un edificio a più piani, con normali minime non inferiori a m 4,00, e pareti circostanti di altezza non superiore a m 4,00;

d)   chiostrina: spazio interno di superficie minima superiore a 1/8 di quella delle pareti  circostanti, le quali non abbiano altezza superiore a m 18,00 e con una normale minima davanti ad ogni finestra non inferiore a m 3,00;

e)    cavedio: spazio interno, per la ventilazione dei bagni o locali di servizio ed il passaggio delle canalizzazioni interne, di superficie inferiore a quella minima della chiostrina e comunque superiore a 0,65 mq e sul quale non si aprono luci o finestre. Tale spazio deve essere percorribile per tutta la sua altezza ed attrezzato con scala alla marinara ed avere aerazione naturale.

 

arredi per spazi esterni: costituiscono costruzioni ornamentali per la sistemazione di spazi esterni ad essi strettamente pertinenziali ed in particolare:

a) gazebo: costruzione priva di fondazioni, ancorata provvisoriamente al terreno, coperta, di superficie in proiezione orizzontale non superiore a 25 mq ed altezza non superiore a m 3,00;

b) pergolato: costruzione priva di fondazioni, ancorata provvisoriamente al terreno, costituita da pilastri e travi con copertura in essenze arboree;

c) grillages: struttura verticale o orizzontale in legno forata per il sostegno di essenze arboree non delimitante spazi.

 

tettoie e pensiline: strutture orizzontali  rispettivamente su strutture autonome o a sbalzo costituenti copertura pertinenziale di spazi scoperti di una costruzione.

 

chiosco: costruzione, temporanea e non, di superficie coperta non superiore a 5 mq e di altezza non superiore a 3,00 m, priva di servizi igienici, destinata ad attività non residenziali (guardiania, commercio al minuto, deposito).

 

cose mobili ancorate al terreno: boe, pontili, gavitelli, costruzioni temporanee prive di fondazioni, destinate ad attività residenziali e non;

Art. 3 - Parametri edilizi

1.         Ai fini dell’applicazione delle norme e procedure edilizie del RE e degli strumenti urbanistici si assumono i seguenti parametri quantitativi:

 

superficie utile (Su), espressa in metri quadrati, è la superficie di pavimento dell’unità immobiliare (residenziale e non), misurata al netto di murature, tramezzi, pilastri, sguinci e vani di porte e finestre;

 

superficie non residenziale (Snr), espressa in metri quadrati, è la superficie destinata a servizi ed accessori, a stretto servizio delle residenze, misurate al netto delle murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre, ovvero:

a)    cantinole e depositi anche in sottotetti purché praticabili;

b)   balconi, logge e ballatoi, nella misura massima della loro somma del 15% della Su;

c)    terrazzi;

d)   tettoie, nella misura massima del 30% della superficie scoperta e pensiline, nella misura massima del 5% della Su;

e)    scale e ascensori interni alla singola unità abitativa, misurate per la sola superficie relativa alla proiezione sul piano di accesso;

f)     locali per impianti tecnologici quali: impianti elettrici, radiotelevisivi ed elettronici, di riscaldamento e climatizzazione, idro-sanitari, gas, sollevamento (ascensori e montacarichi) e protezione antincendio;

g)    vani e androni di ingresso, porticati e locali (depositi biciclette e carrozzine, spazi per riunioni) comuni a più unità abitative (sono esclusi i porticati ad uso pubblico); scale e ascensori comuni a più unità abitative, misurate per la sola superficie relativa alla proiezione sul piano di accesso;

h)    spazi per parcheggio e autorimesse, singole o comuni, entro o fuori terra, con relativi spazi di manovra e parcamento (escluse le rampe di accesso), purché di pertinenza delle unità immobiliari, per le sole superfici eccedenti la misura minima di cui all’art.41 sexsies della legge 17 agosto 1942, n.1150 così come modificato dall’art.2 della legge 24 marzo 1989, n.122.

Le Snr non rientranti nelle categorie o nelle quantità di cui ai punti precedenti sono considerate come Su.

 

superficie accessoria (Sa), espressa in metri quadrati, è la superficie destinata a servizi ed accessori, a stretto servizio delle attività non residenziali (produttive, turistico-ricettive, terziarie, commerciali, direzionali) misurate al netto delle murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre, ovvero:

a)     spazi e locali di cui alle lettere b), c) e g) della Snr;

b) spazi coperti di cui alla lettera d) della Snr nella misura massima complessiva pari al 10% della Su;

c) locali di cui alla lettera f) della Snr, nonché per altri impianti tecnologici a servizio dell’attività prevalente ed a questa connessa, quali impianti di depurazione, antinquinamento, serbatoi, gruppi di produzione energetica, e similari;

d) spazi per parcheggi e autorimesse così come definite dalla precedente lettera h) della Snr nonché nella misura di cui all’art.5 punti 1) e 2) del DM 2 aprile 1968, n.1444;

e) depositi, magazzini, archivi, purché interrati.

Le Sa non rientranti nelle categorie o nelle quantità di cui ai punti precedenti sono considerate come Su.

Non costituiscono superficie i locali o porzione di essi con altezza inferiore a 1,80 m, le coperture piane ed i lastricati solari non praticabili, gli spazi per parcheggi pertinenziali,  con relativi spazi di manovra e parcamento, purché di pertinenza delle unità immobiliari, per le sole superfici di cui alla misura minima di cui all’art.41 sexsies della legge 17 agosto 1942, n.1150 così come modificato dall’art.2 della legge 24 marzo 1989, n.122, nonché per le superfici di cui all’art.5 del DM 2 aprile 1968 n.1444.

 

volume complessivo di un edificio, espresso in metri cubi, è la somma del volume di ogni piano; il volume lordo di ogni piano fuori terra è uguale al prodotto della superficie lorda di piano per l’altezza relativa al piano stesso, misurata tra le quote di estradosso dei solai, o, nel caso di piano seminterrato o rialzato, rispetto alla più bassa delle seguenti quote: spazio pubblico (marciapiede, strada, piazza, eccetera) o piano di sistemazione esterna. Nel caso che tali quote siano variabili lungo il perimetro dell’edificio, l’altezza viene calcolata rispetto alla media ponderale delle quote. Nel caso di copertura inclinata (a tetto o a volta) l’altezza è misurata tra l’estradosso del solaio inferiore e il punto medio dell’estradosso del solaio inclinato superiore.

Sono esclusi dal calcolo del volume:

a)    il volume entroterra misurato rispetto alla superficie del terreno circostante secondo la sistemazione prevista dal progetto approvato, se costituente Snr o Sa, o parcheggi pertinenziali;

b)   i porticati o porzioni di essi, se pubblici o d’uso pubblico; qualora i porticati non siano d’uso pubblico, nel calcolo del volume la superficie va considerata pari al 60% di quella effettiva;

c)    le logge, nella misura di cui alla lettera b) della Snr;

d)   le tettoie nella misura di cui alla lettera b) della Snr;

e)    i balconi e le pensiline;

f)     i volumi strettamente necessari a contenere impianti tecnici a esclusivo servizio della costruzione quali extra corsa degli ascensori, serbatoi idrici, vasi di espansione dell’impianto di riscaldamento, canne fumarie e di ventilazione;

g)    i volumi dei vani scala per la sola parte emergente dalla linea di gronda o dalla copertura piana della costruzione;

h)    i sottotetti non praticabili e, per quelli praticabili, la parte di altezza interna inferiore a 1,80 m;

i)      la differenza di spessore dovuta alla ricostruzione di strutture orizzontali con tecnologie diverse, laddove consentito;

j)     i volumi determinati al piano terra per l’abbassamento del solaio di calpestio per rispondere a norme di sicurezza, igiene o antincendio o per l’eliminazione delle barriere architettoniche;

Per i porticati o porzioni di essi e per i sottotetti di cui al punto g) deve esser trascritto, prima del rilascio del certificato di agibilità, presso la Conservatoria dei RR.II. il vincolo pertinenziale tra questi volumi a servizio del bene primario ed il bene stesso.

 

altezza delle facciate, espressa in metri, è l’altezza all’estradosso del solaio di copertura del piano utile più alto rispetto alla quota della linea di terra, definita dal piano dello spazio pubblico (marciapiede, strada, piazza, eccetera) o dalla più bassa sistemazione esterna, di cui al progetto approvato, interessata dal facciata che si considera.  Nel caso in cui il solaio di copertura sia inclinato si considera la sua quota media.

 

altezza massima della costruzione, espressa in metri, è l’altezza maggiore tra tutte quelle relative alle facciate di una costruzione.

 

distanza tra i fronti, espressa in metri, è la distanza minima tra le proiezioni verticali delle pareti finestrate delle costruzioni, misurata nei punti di massima sporgenza, compresi anche balconi aperti, pensiline e simili. Tale distanza va rispettata anche quando le costruzioni si fronteggiano parzialmente salvo il caso in cui le parti che si fronteggiano siano entrambe prive di finestre.

Le norme relative delle distanze tra gli edifici si applicano anche alle pareti di un medesimo edificio non prospicienti spazi scoperti interni (cortili, chiostrine, cavedi, eccetera), salvo quando i fronti di una stessa costruzione costituiscano rientranze planimetriche la cui profondità non superi un quarto della loro larghezza.

 

distanza dai confini e dal filo stradale, espressa in metri, è la distanza tra la proiezione del fabbricato, misurata nei punti di massima sporgenza, compresi anche balconi aperti, pensiline e simili, e la linea di confine o il filo di strade pubbliche o ad uso pubblico.

Art. 4 - Parametri urbanistici

1.         Ai fini dell’applicazione delle norme e procedure urbanistiche, si assumono i seguenti parametri quantitativi:

 

superficie territoriale, espressa in metri quadrati, è la superficie complessiva di un determinato ambito urbanistico, soggetto a pianificazione esecutiva o comunque perimetrato, ed è comprensiva di tutte le aree fondiarie, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, anche sottoposte a vincoli di qualsiasi natura;

 

superficie fondiaria, espressa in metri quadrati, è la parte di superficie territoriale, al netto delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria;

 

superficie minima d’intervento, espressa in metri quadrati, è quella relativa alla superficie territoriale minima necessaria per predisporre e attuare un intervento urbanistico esecutivo;

 

lotto minimo di intervento , espresso in metri quadrati, è la superficie relativa all’area minima necessaria per operare un intervento edilizio diretto o, nel caso di intervento urbanistico esecutivo, l’area minima in cui è possibile frazionare la superficie fondiaria;

 

superficie lorda di pavimento, espressa in metri quadrati, è la superficie lorda di un piano compresa entro il profilo esterno delle pareti. La superficie lorda complessiva di una costruzione è la somma delle superfici lorde dei singoli piani abitabili o agibili, eventualmente anche interrati;

 

indice di utilizzazione territoriale, espresso in mq/mq, è la superficie lorda complessiva di pavimento realizzabile per ogni metro quadrato di superficie territoriale;

 

indice di utilizzazione fondiaria, espresso in mq/mq, è la superficie lorda complessiva di pavimento realizzabile per ogni metro quadrato di superficie fondiaria;

 

indice di fabbricabilità territoriale, espresso in mc/mq, è il volume complessivo realizzabile per ogni metro quadrato di superficie territoriale;

 

indice di fabbricabilità fondiaria, espresso in mc/mq, è il volume complessivo realizzabile per ogni metro quadrato di superficie fondiaria;

 

superficie coperta, espressa in metri quadrati, è la superficie risultante dalla proiezione sul piano orizzontale delle parti edificate fuori terra, delimitate dal profilo esterno dei muri perimetrali, a qualunque piano si trovino, con esclusione delle parti aggettanti aperte;

 

rapporto di copertura, è il rapporto, espresso in percentuale, fra superficie coperta e superficie fondiaria.


 

 

Capitolo III

TIPOLOGIE DI INTERVENTO

Art. 5 - Manutenzione ordinaria

1.         In riferimento all’art.31, comma 1, lettera a), della  legge 5 agosto 1978, n.457, si definiscono interventi di manutenzione ordinaria quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture delle costruzioni e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti sempre che non comportino alterazione delle preesistenti caratteristiche degli edifici e in particolare quelli:

a) relativi alle opere di finitura quali:

- tinteggiatura e/o ogni altro trattamento superficiale delle pareti, degli infissi e delle pavimentazioni interne;

- riparazione, sostituzione e rifacimento degli intonaci, delle pavimentazioni, dei rivestimenti delle pareti, delle controsoffittature, degli infissi interni;

- bonifica delle murature, dei vespai, delle pavimentazioni interne, comprensiva di ogni opera di impermeabilizzazione tesa alla eliminazione di infiltrazioni d’acqua e umidità;

- riparazione, sostituzione e rifacimento degli intonaci e riparazione dei paramenti esterni compresa ogni lavorazione particolare (opere in pietra, in cotto, ecc.), senza alterazione dei tipi di materiale;

- tinteggiatura delle facciate e lavori connessi senza alterazione delle tinte preesistenti per le costruzioni ricadenti nei centri storici definite dallo strumento urbanistico e nelle zone di vincolo ambientale;

- tinteggiatura e sostituzione di parti o rifacimento degli infissi esterni e delle parti metalliche quali inferriate, parapetti, senza alterazione della forma, della sagoma e dei materiali;

- sostituzione di tegole lesionate o mancanti; sostituzione di parti deteriorate dei sistemi di smaltimento delle acque piovane; riparazione o rinnovo dell’impermeabilizzazione delle coperture piane e degli impianti di serre;

b) relativi agli impianti tecnologici quali:

- riparazione e sostituzione di ogni opera relativa agli impianti idrici, di riscaldamento, di smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi, di distribuzione del gas, elettrici, telefonici, di sollevamento verticale, esistenti purché relativi alle singole unità immobiliari o alle sole parti comuni dell’edificio a condizione che non ne derivi la realizzazione di nuovi locali o manufatti.

 

2.         Tutti gli interventi di manutenzione ordinaria non possono comunque comportare modifiche o alterazioni agli elementi architettonici e decorativi delle costruzioni.

Art. 6 - Manutenzione straordinaria

1.         In riferimento all’art.31, comma 1, lettera b), della legge 5 agosto 1978, n.457, si definiscono interventi di manutenzione straordinaria le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali delle costruzioni, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso, e in particolare:

a)    lavori volti all’esecuzione di opere, quali:

- rinnovamento e sostituzione di tramezzature interne;

- riparazione o rifazione di tompagni esterni non portanti, a parità di forma, dimensione e ubicazione;

- rifacimento del manto di copertura dei tetti, compresa la piccola orditura e/o il tavolato, e dei sistemi di raccolta e smaltimento delle acque piovane;

- rifacimento dei rivestimenti delle superfici piane di copertura, compresa ogni opera di impermeabilizzazione e i massetti di pendenza per il deflusso delle acque piovane.

b) opere tese a restituire all’originaria funzione statica singoli elementi strutturali, degradati o lesionati, attraverso il loro rafforzamento o la loro sostituzione, quali:

- consolidamento dei muri portanti e delle fondazioni;

- consolidamento e/o sostituzione di elementi strutturali dei solai, del tetto e delle scale, senza alterazione delle quote e della posizione;

- consolidamento delle strutture voltate e degli archi, senza alterazione delle quote, della posizione e della forma;

- rafforzamento, anche con nuovi elementi di sostegno, graffature e staffe, di singole parti strutturali;

- ogni opera provvisionale di sostegno, ripartizione dei carichi, protezione.

c) lavori volti alla realizzazione e alla integrazione degli impianti tecnologici e dei servizi igienico-sanitari, purché non siano alterate le strutture portanti e i profili altimetrici delle coperture, quali:

- realizzazione degli impianti tecnologici, come definiti dall’art.1 della legge 5 marzo 1990, n. 46, mancanti o integrazione di quelli esistenti, compreso quelli relativi alle energie rinnovabili e alla conservazione ed al risparmio dell’energia, e adeguamenti igienico-sanitari;

- realizzazione degli impianti di scarico degli insediamenti produttivi di cui all’art.2 della legge 24 dicembre 1979, n.650;

- ampliamento dei servizi igienico-sanitari e conseguente adeguamento degli impianti;

- realizzazione di servizi igienici all’interno della singola unità funzionale;

- installazione di impianti ascensore o montacarichi all’interno delle costruzioni, dei cortili e delle chiostrine, quando sia dimostrata l’impossibilità della realizzazione dell’impianto nelle parti comuni dell’edificio e purché esso non interferisca con gli elementi architettonici caratterizzanti le facciate;

- installazione di impianti solari e di pompe di calore destinati unicamente alla produzione di aria e acqua calda per edifici esistenti sulle coperture degli stessi ovvero negli spazi liberi privati annessi;

d) opere finalizzate alla sistemazione di spazi esterni, che non comportino la realizzazione di superfici utili o volumi, quali:

- realizzazione o rifazione di recinzioni, muri di cinta e cancellate;

- realizzazione o consolidamento di muri o di sistemi di contenimento di terreni e scarpate, secondo le norme e le prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici per le singole zone;

- rifazione di pavimentazioni esterne su suoli, realizzazione o rifazione di pavimenti su terrazzi o lastrici solari di pertinenza delle costruzioni esistenti, ivi compreso la realizzazione di scale o botole interne;

- realizzazione di giardini, opere di arredo, quali vasche, aiuole per impianti floreali o arborei, fontane, eccetera;

- realizzazione di pergolati, grillages e gazebi;

e) tutte le opere necessarie per l’adeguamento degli edifici esistenti alle vigenti disposizioni di legge in materia di superamento delle barriere architettoniche, consistenti in rampe, ascensori e manufatti, compatibilmente con le caratteristiche architettoniche ed ambientali degli edifici;

f) realizzazione di cabine elettriche o per la protezione di impianti e quadri di controllo, a servizio e di pertinenza delle costruzioni;

g) realizzazione, modifica o integrazione di mostre, vetrine, tende e insegne per gli esercizi commerciali, terziari o artigianali;

h) l’accorpamento di unità immobiliari;

i)     la demolizione, senza ricostruzione, di opere di modesta entità.

 

2.    Per gli interventi di cui al presente articolo non si applicano le norme di cui all’art.18 della legge 6 agosto 1967, n.765, come modificato dall’art.2 della legge 24 marzo 1989, n.122, relative alle quote minime di parcheggi pertinenziali.

 

Art. 7 - Restauro e risanamento conservativo

1.         In riferimento all’art.31, comma 1, lettera c), della legge 5 agosto 1978, n.457, si definiscono interventi di restauro e risanamento conservativo quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei l’organismo edilizio.

 

2.         Gli interventi di cui al comma precedente sono volti alla conservazione ed alla tutela del bene, nella sua inscindibile unità storico-architettonica così come si è andata configurando nel corso del tempo, ed al loro adeguamento. Essi devono salvaguardarne i caratteri storico-culturali, ambientali e in particolare tipologici, anche laddove gli edifici abbiano subito trasformazioni o ampliamenti nel tempo e assicurarne la funzionalità con destinazioni d’uso compatibili, e comprendono:

a)     la conservazione o l’integrazione:

- delle caratteristiche fondamentali dell’impianto distributivo-organizzativo originario;

- degli elementi di collegamento orizzontali e verticali, quali androni, porticati, ballatoi, scale, caratterizzanti l’organizzazione morfologica e tipologica;

- del sistema degli spazi liberi di pertinenza, esterni e interni, quali le corti, i larghi, i piazzali, gli orti, i giardini, i chiostri, e delle relative caratteristiche dimensionali e formali;

- delle finiture e delle decorazioni connesse all’edificio e alla storia delle sue trasformazioni, sia interne che esterne; le parziali modifiche delle facciate sono consentite soltanto nell’ambito della ricostruzione filologica delle trasformazioni storiche e purché siano salvaguardati o reintegrati gli elementi di valore decorativo;

- della forma e della tipologia degli infissi interni ed esterni.

b) il consolidamento, anche con sostituzione di parti non risanabili, con tecniche non alteranti la struttura, senza modificazione della posizione o della quota ove si tratti di elementi caratterizzanti l’organismo edilizio, dei seguenti elementi strutturali:

- murature portanti sia esterne che interne;

- solai;

- scale con rampe piane;

- tetti;

c) il consolidamento, anche con sostituzione di parti non risanabili, senza modificazione della posizione o della quota, dei seguenti elementi strutturali:

- volte ed archi;

- scale con rampe su voltine;

d) la modificazione o l’eliminazione delle murature non strutturali interne nonché degli elementi di collegamento orizzontali e verticali non caratterizzanti l’organismo edilizio, finalizzate alla riorganizzazione distributiva interna e al miglioramento della funzionalità;

e) la eliminazione delle aggiunte e delle parti non congrue all’impianto organico della costruzione;

f) l’inserimento degli impianti tecnologici e igienico-sanitari richiesti dall’esigenza dell’uso e dalle normative vigenti in materia, compatibilmente con le prescrizioni precedenti;

g) il frazionamento di unità immobiliari coerente con i principi del restauro e risanamento conservativo;

 

3.         Rientrano tra gli interventi, nell’ambito dell’unitarietà del progetto:

a) la sostituzione, nonché l’integrazione, di materiali di finitura e degli infissi con altri materiali non originali, con l’esclusione dell’alluminio anodizzato;

b) l’insieme sistematico di opere finalizzate, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo edilizio, a consentire destinazioni d’uso delle superfici non residenziali (Snr) e delle superfici accessorie (Sa) compatibili con l’organismo edilizio stesso e conforme alle disposizioni, normative e grafiche, dettate dal Piano regolatore generale per le singole zone omogenee;

c) la realizzazione su coperture piane, ai fini della coibentazione delle costruzioni, di

sottotetti non praticabili con pendenza non superiore al 45%, per le sole costruzioni non ricadenti nell’ambito dei centri storici definiti dallo strumento urbanistico o nelle zone di vincolo ambientale.

 

4. Rientrano nella tipologia del presente articolo gli interventi, consentiti dallo strumento urbanistico generale e/o esecutivo, volti al ripristino filologico di elementi e/o parti costitutivi degli edifici eventualmente crollati o demoliti per cause di sicurezza e/o calamità naturali purchè ne sia possibile, attraverso fonti iconografiche, cartografiche, fotografiche e documentarie, accertarne la consistenza. La relazione storica e di rilievo, integrata dalle fonti sopra indicate, dovrà essere asseverata dal tecnico redattore ai sensi degli artt.359 e 481 del codice penale.

 

5.         Per gli interventi di cui al presente articolo non si applicano le norme di cui all’art.18 della legge 6 agosto 1967, n.765, come modificato dall’art.2 della legge 24 marzo 1989, n.122, relative alle quote minime di parcheggi pertinenziali.

Art. 8 - Interventi nei giardini e parchi

1.         Gli interventi sono volti a conservare il bene e ad assicurare la continuità nel tempo attraverso un insieme sistematico di opere che ne consentano una fruizione compatibile e comprendono:

a)     la conservazione o l’integrazione:

- delle caratteristiche dell’impianto distributivo-organizzativo originario;

- dell’impianto botanico, in relazione all’evoluzione del ciclo botanico e delle condizioni fitosanitarie;

- degli elementi di collegamento orizzontali e verticali, quali viali, sentieri, porticati, terrazze, scale, eccetera;

- degli elementi ornamentali e delle decorazioni, quali fontane, grillages, statue, panchine, vasche, peschiere, eccetera;

b) il consolidamento, o la sostituzione, senza modificazione della posizione o della quota ove si tratti di elementi caratterizzanti il bene, dei seguenti elementi:

- muri di contenimento;

- muri di recinzione;

- pertinenze costituenti volumi (guardiania, chioschi, serre, eccetera);

c) la eliminazione delle aggiunte e delle parti non congrue all’impianto originario;

d) la riparazione, l’adeguamento o l’inserimento degli impianti tecnologici ed idraulici necessari dall’esigenza dell’uso.

Art. 9 - Ristrutturazione edilizia

1.         In riferimento dell’art.31, comma 1, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n.457, si definiscono interventi di ristrutturazione edilizia quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti, e in particolare:

a)     opere di consolidamento, rifazione o innovazione delle strutture verticali;

b) opere di consolidamento e rifazione delle strutture orizzontali, anche con variazioni delle quote;

c) opere di risanamento, rifazione o modificazione delle facciate esterne, compreso la variazione delle dimensioni, della posizione e del numero delle aperture, purché ne risulti un sistema compatibile con l’organizzazione distributiva delle facciate e con l’ambiente urbano in cui l’edificio si inserisce;

d) riorganizzazione distributiva delle unità immobiliari, del loro numero e della loro dimensione;

e)     rifazione o creazione di impianti tecnologici, igienico-sanitari ed energetici.

 

2. Gli interventi di ristrutturazione edilizia con demolizione e conseguente ricostruzione sono consentiti esclusivamente nei casi previsti dallo strumento urbanistico, generale e/o esecutivo, e nel rispetto dei parametri ed indici, edilizi ed urbanistici, fissati dallo stesso strumento urbanistico di inquadramento sempre che la ricostruzione avvenga nell’ambito dello stesso lotto edilizio.

 

3.         Salvo quanto diversamente stabilito dallo strumento urbanistico, nei casi di cui al comma precedente l’edificazione dai fabbricati esistenti è consentita in aderenza a muro cieco o a distanza tra le facciate pari alla metà dell’altezza della facciata più alta e comunque non inferiore a m 10,00.

 

4.         Agli interventi di cui al comma 2 del presente articolo, si applicano inderogabilmente le norme di cui all’art.18 della legge 6 agosto 1967, n.765, come modificato dall’art.2 della legge 24 marzo 1989, n.122, relative alle quote minime di parcheggi pertinenziali.

Art. 10 - Ristrutturazione urbanistica

1.         Ai sensi dell’art.31 comma 1, lettera e) della legge 5 agosto 1978, n.457, si definiscono interventi di ristrutturazione urbanistica quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.

 

2.         Gli interventi di cui al presente articolo sono definiti nell’ambito degli strumenti urbanistici esecutivi ed a essi subordinati.

Art. 11 - Esemplificazione delle tipologie di intervento

1.         La definizione degli interventi di cui agli articoli precedenti ha carattere esemplificativo. Nel caso in cui l’intervento richiesto non rientri in alcuna delle ipotesi previste, si farà riferimento alla tipologia maggiormente assimilabile, nel rispetto delle definizioni legislative.

Art. 12 - Edificazione

1.         Si definiscono interventi di edificazione quelli rivolti a realizzare in tutto o in parte nuove costruzioni, sulla base delle norme dello strumento urbanistico generale o esecutivo, e in particolare:

a)    costruzioni su aree non edificate;

b)   ristrutturazione edilizia laddove l’intervento ecceda la volumetria esistente;

c)    ampliamenti di edifici esistenti.

 

3.         Agli interventi di cui al presente articolo si applicano inderogabilmente le norme di cui all’art.18 della legge 6 agosto 1967, n.765, come modificato dall’art.2 della legge 24 marzo 1989, n.122, relative alle quote minime di parcheggi pertinenziali.

Art. 13 - Demolizione

1.         Si definiscono interventi di demolizione quelli rivolti alla rimozione, in tutto o in parte, di costruzioni esistenti, che non comporti ristrutturazione o nuova edificazione.

 

2.         La demolizione di costruzioni esistenti comprende obbligatoriamente il trasporto a rifiuto del materiale di risulta e la sistemazione del terreno di sedime.

Art. 14 - Destinazioni d’uso

1.         Le destinazioni d’uso delle costruzioni e delle aree non edificate sono definite dallo strumento urbanistico, generale o esecutivo, secondo le seguenti categorie omogenee:

a)    residenze, singole o collettive, studi professionali, attività culturali;

b)   attività turistico-ricettive e di ristorazione;

c)    altre attività terziarie (direzionali, commerciali, finanziarie); attività produttive di tipo manifatturiero artigianali se laboratoriali e funzioni di servizio; attività produttive industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni e alla prestazioni di servizi;

d)   attrezzature e servizi pubblici o a uso pubblico;

e)    attività agricole o connesse al loro svolgimento, a esclusione della residenza;

f)     parcheggi, autorimesse e box auto.

 

2.         Nelle more dell’approvazione della legge regionale, le opere che comportano il mutamento di destinazione d’uso da una categoria omogenea a un’altra, laddove consentite dallo strumento urbanistico, devono essere munite di provvedimento autorizzativo se riferite a immobile ricadente in area omogenea A, di cui all’art.2 del DM 1444/1968.

 

3.         All’interno della medesima categoria non vi è mutamento di destinazione d’uso, poiché rientrante nello jus utendi.

 

4.         Non costituisce cambio di destinazione d’uso il diverso utilizzo di locali a piano terra o interrati, se precedentemente adibiti a uso improprio.

Art. 15 - Soppalchi

1. La realizzazione di strutture orizzontali intermedie tra due strutture orizzontali consecutive all’interno della medesima unità immobiliare (soppalchi), quando coerente con i principi del restauro e risanamento conservativo e sempre che non costituiscono unità immobiliari autonome rientra tra gli interventi definiti dall’art.31, lett. c) della legge 457/78. In tale caso l’atto di controllo comunale è l’autorizzazione edilizia o la DIA di cui all’art.4, comma 7, della legge 493/93 quando ammessa.

 

2. Le altezze minime interne non possono essere inferiori a quelle fissate rispettivamente per gli ambienti abitativi e per i vani accessori, dall’art.43, comma 2, lett. b) della legge 457/78 e successive modificazioni ed integrazioni.

 

3. Nel caso che le nuove strutture orizzontali intersecano finestre o balconi di prospetti, per i quali lo strumento urbanistico o norme di carattere ambientali impongono l’immodificabilità, va osservata una distanza non inferiore a metri 1 (uno) tra la parete finestrata e la proiezione del piano orizzontale del soppalco.

 

4. E’ consentita, altresì, la realizzazione di soppalchi destinati esclusivamente a deposito con altezza massima di metri 1.80 tra l’estradosso del soppalco e l’intradosso della struttura orizzontale preesistente a condizione che l’altezza utile dei locali sottostanti il soppalco non sia inferiore, a quella fissata, rispettivamente per gli ambienti abitativi e per i vani accessori, dall’art.43, comma 2, lett. b) della legge 457/78 e successive modificazioni ed integrazioni.

 

5. Nei casi in cui la struttura orizzontale di copertura sia costituita da volte, l’altezza interna è quella media tra l’altezza al piano di imposta e l’altezza in chiave.

 

6. Per le destinazioni d’uso non residenziali le condizioni di cui al comma 2 sono riferite al DL 19 settembre 1994 n.626 e successive modificazioni e integrazioni.


 

Capitolo IV

COMMISSIONE EDILIZIA E COMMISSIONE EDILIZIA INTEGRATA

Art. 16 - Definizione e compiti della Commissione edilizia

1.         La Commissione Edilizia è organo di consulenza tecnica. Essa esprime parere sugli interventi proposti in relazione alle norme urbanistiche ed edilizie comunali, regionali e statali, con riferimento anche agli aspetti architettonici ai fini del miglioramento della qualità urbana e della salvaguardia dei valori naturali e culturali del territorio comunale.

 

2.         Essa esprime il proprio parere obbligatorio in materia edilizia in merito:

a)    alle concessioni edilizie di cui al successivo art.26, loro varianti o annullamento;

b) al regolamento edilizio, modificazioni o integrazioni;

c) ai progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico, di cui al comma 1, art.2 della legge 11 febbraio 1994, n.109 e successive modificazioni e integrazioni, presentati dai soggetti di cui al comma 2 del medesimo art.2 della legge citata;

d) ai progetti di trasformazione delle facciate di fabbricati prospicienti su suoli pubblici;

 

3.         La Commissione può essere eventualmente consultata su ulteriori questioni attinenti la materia urbanistico-edilizia e in particolare:

a)    programmi di riqualificazione urbana ex art 16 della legge 17 febbraio 1992, n.179 e relativa legge regionale applicativa del 19 febbraio 1996, n.3;

b)   programmi di recupero urbano ex art.11 della legge 4 dicembre 1993, n.493;

c)   interventi ambientali, di consolidamento o sistemazione di aree urbane, naturali o a giardino o parco, in zone non sottoposte a vincoli di cui alla legge 1497/1939;

d)  accordi di programma.

Art. 17 - Composizione della Commissione edilizia

1.         La Commissione edilizia è nominata con decreto Sindacale ed è composta da:

a)    un esperto in legislazione urbanistico-edilizia, in qualità di presidente;

b)   tre architetti;

c)    tre ingegneri;

d)   due avvocati, esperti in legislazione urbanistica e diritto amministrativo;

e)    un geometra o un perito edile;

f)     un geologo;

g)    un agronomo

E’ facoltà del Sindaco nominare un vice presidente, che sostituisca il presidente in caso di assenza o impedimento, e una o più Commissioni edilizie, anche in riferimento al decentramento comunale e subordinatamente alla riforma dei servizi competenti.

 

2.         Il Sindaco nomina i componenti di cui alle lettere da b) a g) del precedente comma sentiti anche gli Ordini professionali e le organizzazioni più rappresentative del settore edile nonché le associazioni ambientaliste con rappresentanza nazionale, le università, e i sindacati professionali regolarmente riconosciuti. In ogni caso i componenti non possono essere scelti tra i rappresentanti di Enti o Istituzioni, ai quali per legge è demandato un parere specifico e autonomo sulla materia.

 

3.         Per le qualità elettive e le incompatibilità vigono le norme sulle nomine di cui allo Statuto Comunale.

 

4.         I componenti durano in carica per la durata del Consiglio comunale e possono essere rinominati una sola volta.

 

5.         I componenti decadono dalla carica quando risultino assenti, senza giustificato motivo, a tre sedute consecutive.

 

6.         Il componente che cessi dall’ufficio prima della scadenza consiliare, per decadenza, dimissioni o morte, viene sostituito con la medesima modalità e il sostituto resta in carica fino al compimento del periodo per il quale era stato nominato il componente sostituito.

 

7.         Partecipa alle riunioni senza diritto di voto il dirigente del Servizio o suo delegato.

Art. 18 - Funzionamento della Commissione edilizia

1.         La Commissione si avvale di un segretario che viene scelto tra i funzionari amministrativi del Comune.

 

2.         Le riunioni della Commissione sono valide quando intervengono almeno la metà dei componenti, oltre al presidente o al vicepresidente.

 

3.         Le deliberazioni sono prese a maggioranza semplice dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.

 

4.         I componenti non possono presenziare all’esame e alla valutazione dei progetti elaborati da loro o da società o associazioni professionali di cui siano componenti o consulenti o alla cui esecuzione siano comunque interessati. Dell’osservanza di questa prescrizione deve essere fatto esplicito riferimento a verbale della riunione.

 

5.         La Commissione ha facoltà di sentire, durante le adunanze, i progettisti per avere chiarimenti sui progetti sottoposti al suo esame. Per argomenti di particolare importanza la Commissione può invitare alle adunanze, senza diritto di voto, esperti di particolari settori o materie e rappresentanti di categorie sociali interessate.

 

6.         All’atto dell’insediamento la Commissione, su proposta del presidente, sentito il dirigente del Servizio, approva a maggioranza qualificata le procedure relative:

a)    alla convocazione delle riunioni;

b)   alla modalità di espressione del parere, tutelando le eventuali relazioni di minoranza;

c)    alla verbalizzazione delle riunioni;

d)   alla vidimazione degli atti e degli elaborati;

e)    alle modalità di esame delle pratiche.

 

7.         Le procedure e i criteri sono resi pubblici e possono essere modificati dalla Commissione, con motivazione, con le medesime modalità del precedente comma 6.

 

8.         Il compenso del componente della Commissione è pari, per ogni riunione, al gettone di presenza del consigliere comunale ed è aggiornato con le medesime modalità. Al segretario viene corrisposta, se la Commissione si riunisce al di fuori dell’orario di servizio, una indennità corrispondente a quella dei componenti, ridotta del 20%. I compensi vengono liquidati ogni trimestre.

Art. 19 - Commissione edilizia integrata

1.         La Commissione edilizia integrata opera quale organo tecnico-amministrativo per l’esercizio della sub-delega regionale ai sensi della legge regionale 1 settembre 1981, n.65 e della legge regionale 23 febbraio 1982 n.10, in conseguenza del trasferimento alle regioni delle funzioni dello Stato inerenti la tutela dei beni ambientali ai sensi del DPR 24 luglio 1977, n.616.

 

2.         Essa ha il compito di esprimere il parere in merito alle materie sub-delegate di cui all’art.82 comma 2, lettere b), c) e f) del DPR 24 luglio 1977, n.616, nonché quello di consulenza su tutte le questioni di particolare rilevanza che l’Amministrazione comunale o il dirigente del Servizio riterrà opportuno sottoporle per lo specifico fine di salvaguardare valori ambientali, paesistici, architettonici e monumentali e svolge le proprie funzioni in aderenza alle norme della legge 29 giugno 1939 n.1497 e relativo Regolamento di attuazione, e della legge 8 agosto 1985 n.431.

 

3.         La Commissione edilizia integrata, nell’ambito delle proprie competenze, potrà coordinare la propria attività con quella dei comuni limitrofi onde promuovere omogeneità e coerenza di comportamento nei luoghi o nei beni contigui.

 

4.         La Commissione edilizia integrata è composta dai membri della Commissione edilizia di cui al precedente art.17 e da cinque membri di nomina consiliare esperti rispettivamente in:

a)     beni ambientali;

b)    storia dell’arte;

c)     discipline agricolo-forestali e naturalistiche;

d)    discipline di arti figurative, storiche, e pittoriche;

e)     discipline di legislazione beni culturali.

 

5.         Gli esperti, non dipendenti né amministratori del comune, sono eletti dal Consiglio comunale secondo le norme della legge regionale 23 febbraio 1982, n.10 e durano in carica tre anni.

 

6.         Per la validità delle sedute della Commissione edilizia integrata, oltre alla validità della commissione edilizia prescritta al precedente art.18 comma 2, è necessaria la presenza di almeno tre dei componenti esperti.

 

7.         Svolgono le funzioni di presidente e segretario della Commissione edilizia integrata rispettivamente il presidente e il segretario della Commissione edilizia.

 

8.         Gli esperti assenti senza giustificato motivo per tre sedute consecutive sono dichiarati automaticamente decaduti. Il Consiglio comunale provvede alla sostituzione.

 

9.         Per quanto riguarda le procedure di convocazione, di funzionamento interno, di esame e di espressione e registrazione del parere valgono le modalità previste dai comma 6 e 7  del precedente art.18. Le convocazioni, l’espressione dei pareri e la verbalizzazione degli stessi e delle votazioni vanno tenute distinte e in giorni diversi da quelle della Commissione edilizia, assumendo i due organi ruoli e funzioni diverse nell’espressione di pareri di valenza diversa.

 

10.       Il compenso è stabilito con le stesse modalità di cui al comma 8 dell’art.18.


 

PARTE SECONDA

Capitolo I

NORME PROCEDURALI

Art. 20 - Certificato di destinazione urbanistica

1.   I soggetti aventi titolo all’esecuzione dei lavori di cui al successivo art.22 o i tecnici abilitati, da essi delegati, possono richiedere al dirigente del Servizio il rilascio del certificato di destinazione urbanistica.

 

2.   Il certificato indica la normativa di zona, gli usi previsti e consentiti dal PRG vigente, i tipi e le modalità di intervento, gli indici e i parametri edilizi e urbanistici di zona, nonché i vincoli previsti da piani o normative di carattere territoriale urbanistico e paesaggistico-ambientale a livello comunale o sovracomunale, cui deve essere conforme ogni intervento.

 

3. Il certificato, a discrezione del richiedente, può essere allegato alla domanda di concessione edilizia di cui al successivo art.27 o di autorizzazione edilizia di cui al successivo art. 44 o alla denuncia dell’inizio di attività di cui al successivo art. 35.


 

 

Capitolo II

PROCEDIMENTI AUTORIZZATIVI ALL’ESECUZIONE DEI LAVORI

Art. 21 - Opere soggette a procedimento autorizzativo comunale

1.         Chiunque abbia titolo di cui al successivo art.22, che intenda nell’ambito del territorio comunale eseguire nuove costruzioni, ampliare, recuperare o demolire quelle esistenti, ovvero procedere all’esecuzione di opere di trasformazione dell’ambiente o di urbanizzazione del territorio, di cui al capitolo III della parte prima, deve essere munito di un titolo autorizzativo, tranne nei casi e con le procedure di cui al successivo cap.VI.

 

2.         I titoli che consentono l’esecuzione degli interventi di cui al comma 1 sono:

a) la concessione edilizia, di cui al successivo capitolo III;

b) la denuncia di inizio dell’attività, di cui al successivo capitolo IV;

c) l’autorizzazione edilizia, di cui al successivo capitolo V.

 

3.         Per gli edifici costruiti successivamente all’entrata in vigore della legge 765 del 6 agosto 1967 non possono essere consentiti gli interventi di cui al comma 1, nel caso in cui le opere di cui si chiede l’esecuzione determinino modifiche di parti dell’edificio abusivamente realizzate anche se oggetto di richiesta di sanatoria ai sensi dell’articolo 31 e seguenti della L 47/85 e dell’art.39 della L 724/94, non ancora esitata, ovvero per le quali è stato disposto il rigetto dell’istanza di sanatoria; la preclusione di cui al presente comma riguarda, in via esclusiva, le parti dell’edificio abusivamente realizzate con l’esclusione delle altre parti del medesimo edificio, e inoltre i suoli di pertinenza di costruzioni illegittime, limitatamente agli interventi di cui alla lettera b) del comma 2 che, nell’ipotesi, ove consentiti, sono subordinati a provvedimento autorizzativo.

 

4.         La demolizione delle opere illegittime o la restituzione in pristino o il pagamento della prevista sanzione pecuniaria, rimuove il vincolo all’esecuzione degli interventi.

Art. 22 - Soggetti aventi diritto ai titoli autorizzativi

1.         Hanno diritto a richiedere titoli autorizzativi o a denunciare gli interventi di cui al comma 1 dell’art.21 i seguenti soggetti, nei limiti del proprio diritto e fatti salvi comunque i diritti dei terzi:

a)     il proprietario dell’immobile;

b)    il superficiario nei limiti del contratto di costituzione del diritto di superficie;

c)     l’enfiteuta nei limiti del contratto di enfiteusi;

d) l’usufruttuario e il titolare del diritto di uso e di abitazione, limitatamente agli interventi di manutenzione straordinaria;

e) il titolare di diritti reali di servitù prediali coattive o volontarie, limitatamente alla manutenzione straordinaria e agli altri interventi eventualmente rientranti nel suo titolo;

f) il locatario, solo per gli interventi di manutenzione straordinaria urgenti, ai sensi dell’art.1577 del codice civile;

g) l’affittuario agrario e il concessionario di terre incolte, limitatamente a miglioramenti ai fabbricati rurali e alla casa di abitazione;

h)     i titolari di diritti derivanti da provvedimenti autorizzativi, quali:

- il beneficiario dell’occupazione di urgenza e l’avente causa da tale beneficiario;

- l’assegnatario di terre incolte;

- il titolare di servitù coattiva costituita per provvedimento amministrativo o per sentenza;

- il concessionario di miniere e di beni demaniali;

- colui che sia a ciò autorizzato per ordine del giudice.

i)      le aziende erogatrici di pubblici servizi (Enel, Telecom, Aziende municipalizzate, eccetera) anche qualora non siano proprietarie delle area sulle quali chiedono di intervenire e nei limiti dei loro compiti istituzionali.

 

2.         In luogo del titolare possono presentare domanda:

a)    il delegato, procuratore o mandatario;

b)   il curatore fallimentare;

c)    il commissario giudiziale;

d)   l’aggiudicatario di vendita fallimentare.

Art. 23 - Documentazione attestante il titolo

1. I soggetti di cui al precedente art. 22 possono attestare i relativi diritti anche a mezzo di autocertificazione.

 

2. Nei casi di cui alla lettera h), il titolo deve essere attestato dal relativo provvedimento autorizzativo.

Art. 24 - Opere non soggette ad autorizzazione o concessione

1.         Le seguenti opere non sono soggette a procedimenti amministrativi di cui al precedente art.21:

a)     opere di manutenzione ordinaria, come definitive dal precedente art.5;

b) opere connesse alla conduzione dell’attività agricola o forestale, nelle aree a esse destinate dagli strumenti urbanistici;

c)     opere di interesse pubblico di cui al successivo art.48.

Art. 25 - Progettisti

1.   Per tutti gli interventi di cui al precedente articolo 21, i relativi progetti devono essere redatti e firmati da progettisti abilitati, secondo le rispettive competenze, iscritti ai propri Albi professionali e per i quali non siano inibito lo svolgimento della libera attività professionale.


 

 

Capitolo III

CONCESSIONE EDILIZIA

Art. 26 - Oggetto

1.         La concessione edilizia è richiesta, con le modalità di cui al successivo art.27, per i seguenti interventi:

a) le nuove costruzioni a qualsiasi uso destinate compreso gli ampliamenti e le sopraelevazioni di edifici esistenti;

b) gli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui al comma 1, lettera d) dell’art.31 della legge 5 agosto 1978, n.457, come definiti dal precedente art.9;

c) le opere di urbanizzazione primaria e secondaria eseguite dai privati, anche su suolo pubblico ad eccezione di quelle di cui al successivo art.35 lettere d) e f);

d) le varianti a concessioni edilizie già rilasciate che incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, o che cambino la destinazione d’uso o la tipologia di intervento, o che violino le prescrizioni contenute nella concessione edilizia già rilasciata;

e) i parcheggi non pertinenziali;

 f) manufatti, impianti ed ogni altra opera collegata all’attività di cava nel rispetto di quanto disposto dalla legge regionale54/85. Interventi di ricomposizione ambientale delle aree di cave abbandonate nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti;

g) manufatti, impianti ed ogni altra opera collegata all’attività di ricerca, estrazione ed utilizzazione delle acque sotterranee nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti..

 

2.         Hanno i medesimi effetti della concessione edilizia:

a) la pubblicazione dell’accordo di programma di cui all’art.27 della legge 8 giugno 1990 n.142, con le procedure di cui ai comma 4 e 5, e per le opere e i programmi di cui al comma 1 del medesimo art.27;

b) la deliberazione consiliare di approvazione del progetto delle opere pubbliche del Comune, ai sensi e con le procedure di cui all’art.4 della legge 4 dicembre 1993, n. 493, e successive integrazioni e modificazioni.

c) l’approvazione delle opere pubbliche delle amministrazioni dello Stato, previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie, con le procedure di cui agli articoli 29 e 31, comma 2 della legge 17 agosto 1942, n.1150 o, se in variante alle stesse, con le procedure di cui all’art.81 del DPR 24 luglio 1977, n.616 e successive modifiche e integrazioni;

Art. 27 - Richiesta e documentazione delle concessioni

1.         La richiesta di concessione edilizia, redatta in duplice copia di cui una in bollo, è presentata dall’avente titolo di cui al precedente art.22.

 

2.         Alla domanda devono essere allegati, pena la improcedibilità della stessa, i documenti, gli atti e gli elaborati che seguono:

a)     autocertificazione comprovante il titolo di cui al precedente art.22;

b)    progetto delle opere a farsi asseverato da un tecnico abilitato e costituito da:

- relazione ed elaborati grafici di rilievo, comprensivi di documentazione fotografica a colori;

- relazione ed elaborati grafici di progetto;

- dichiarazione di conformità agli strumenti urbanistici adottati o approvati e ai regolamenti edilizi esistenti, nonché del rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie;

- dichiarazione sulla legittimità delle opere oggetto dell’intervento secondo i casi di cui al precedente art.21.

c) pareri e/o autorizzazioni di amministrazioni ed enti non comunali;

d) bollettino di pagamento delle spese di istruttoria;

e) atto unilaterale d’obbligo o schema di convenzione nel caso di concessioni convenzionate.

Art. 28 - Procedure per l’accettazione e il controllo delle concessioni.

1.         Le procedure relative all’accettazione, al controllo e alla emissione del titolo amministrativo definitivo (rilascio, diniego o archiviazione) delle richieste di concessione edilizia sono quelle previste dalle leggi in materia e in particolare dall’art.4 della legge 4 dicembre 1993, n.493 e successive integrazioni e modificazioni.

 

2.         Il provvedimento amministrativo di cui al comma 1 è emesso dal dirigente del Servizio, previa istruttoria d’ufficio e parere della Commissione edilizia.

 

3.         Il rilascio della concessione edilizia dovrà essere subordinato ai seguenti adempimenti, laddove previsti dalle rispettive norme:

a) deposito dei progetti, redatti dai professionisti abilitati, per gli impianti di cui all’art.1 della legge 5 marzo 1990, n.46 e relativi decreti di attuazione;

b) copia dell’autorizzazione prevista dal DPR 24 maggio 1988, n.203, per gli interventi in stabilimenti industriali o altri impianti fissi a uso industriale, compresi gli impianti di imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n.443;

c) pagamento degli oneri di cui all’art.3 della legge 28 gennaio 1977, n.10 e successive modificazioni ed integrazioni, di cui al successivo art.30.

Art. 29 - Atto di concessione

1.         L’atto di concessione edilizia deve contenere:

a)     gli estremi della richiesta e dell’oggetto della concessione;

b)    le generalità ed il codice fiscale del titolare della concessione;

c) la descrizione delle opere con l’elencazione degli elaborati tecnici di progetto, che si intendono parte integrante della concessione nonché l’indicazione delle destinazioni d’uso previste;

d)    l’ubicazione e l’identificazione catastale dell’immobile oggetto dell’intervento;

e) gli estremi del documento attestante il titolo di legittimazione del richiedente la concessione;

f)      l’indicazione della normativa urbanistica che consente l’intervento;

g) gli estremi delle deliberazioni del Consiglio comunale di determinazione dell’entità e delle modalità di pagamento del contributo di concessione;

h) gli estremi delle autorizzazioni di competenza di organi esterni al Comune necessarie; la concessione deve anche richiamare le eventuali condizioni o prescrizioni imposte da tali organi;

i) gli estremi dei pareri, laddove richiesti, delle Commissioni Consultive di cui agli artt.16 e 19;

j)      i termini entro i quali devono avere inizio e devono essere ultimati i lavori;

k) l’entità e le modalità di versamento degli oneri di concessione, ai sensi dell’art.3 della legge 28 gennaio 1977 n.10, di cui al successivo art.32;

 

2.         La concessione deve altresì contenere i seguenti obblighi per il titolare;

a) di richiedere, se necessaria per l’organizzazione del cantiere, l’autorizzazione all’occupazione temporanea di suolo pubblico;

b) di non iniziare i lavori prima dell’avvenuto deposito delle opere strutturali, ai sensi delle leggi 1086/1971 e 64/1974;

c) di comunicare la data di inizio dei lavori, i nomi del direttore dei lavori e dell’impresa esecutrice dei lavori, nonché il responsabile dei lavori, del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori quando queste figure sono previste ai sensi del DL n.494/96 oppure quando tale norma non è applicabile, del responsabile della sicurezza del cantiere ai sensi della L 55/90;

d) di depositare, contestualmente all’inizio dei lavori, la documentazione di cui all’art.28 della legge 9 gennaio 1991, n.10, relativa al contenimento dei consumi energetici;

e) di apporre nel cantiere, ben visibile e leggibile, la tabella recante gli estremi della concessione edilizia, del committente, del progettista, del direttore dei lavori, delle ditte esecutrici, ai sensi della circolare Ministero LP 1 giugno 1990 n.1729/UL;

f)      di conservare presso il cantiere copia della concessione e degli elaborati allegati;

g)     di procedere alla nomina dei collaudatori, laddove previsti ai sensi di legge;

h) di richiedere l’autorizzazione agli Enti competenti per l’allacciamento ai pubblici servizi;

i) di comunicare entro la scadenza del tempo utile previsto per l’esecuzione dei lavori, l’avvenuta ultimazione sottoscritta anche dal direttore dei lavori.

 

3.         Nei casi previsti, alla concessione edilizia è allegata, come parte integrante, la convenzione o l’atto unilaterale d’obbligo, da redigersi e trascriversi come per legge.

 

4.         La concessione ha validità esclusivamente per la persona fisica o giuridica alla quale è intestata e può essere trasferita ai successori o aventi causa, con le modalità di cui al successivo art.32.

Art. 30 - Oneri di concessione

1.         Il rilascio della concessione, ai sensi dell’art.3 della legge del 28 gennaio 1977, n.10, è subordinato al pagamento di un contributo:

a) commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria nella misura determinata da deliberazione comunale, in conformità alle relative disposizioni regionali, ai sensi degli artt.5, così come integrato dal comma 1 dell’art.7 della legge 21 dicembre 1993, n.537, e 10 della legge 28 gennaio 1977 n.10;

b) commisurato al costo di costruzione nella misura determinata da deliberazione comunale, in conformità alle relative disposizioni regionali, ai sensi degli artt.6, così come modificato dal comma 2 dell’art.7 della legge 21 dicembre 1993, n.537, e 10 della legge 28 gennaio 1977 n.10.

 

2.         Il contributo di concessione è parzialmente dovuto o non è dovuto nei casi espressamente previsti dalla vigente normativa.

 

3.         Ai fini del calcolo del contributo di concessione il Comune rende pubbliche le tabelle e i metodi di calcolo relativi agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, provvedendo al tempestivo aggiornamento, ogni volta che ne ricorrano le variazioni.

 

4.         Le modalità del versamento del contributo di concessione sono stabilite con decreto del Sindaco, in conformità all’art.11 della legge 28 gennaio 1977 n. 10.

 

5.         Il ritardato o omesso versamento del contributo di concessione, comporta, previa messa in mora e fino all’entrata in vigore delle relative leggi regionali, l’applicazione delle sanzioni previste dall’art.3 della legge 28 febbraio 1985, n.47 e successive integrazioni e modificazioni.

Art. 31 - Decadenza e proroga della concessione

1.         La concessione edilizia decade nei seguenti casi:

a)     mancato ritiro della concessione entro sei mesi dalla notifica del rilascio;

b) mancato inizio dei lavori nel termine concesso e comunque non oltre 12 mesi dal suo ritiro;

c)     mancata ultimazione dei lavori entro il termine concesso;

d) approvazione di nuove previsioni urbanistiche laddove la concessione risulti in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano stati iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio.

 

2.         La decadenza viene dichiarata dal dirigente del Servizio e notificata al concessionario.

 

3.         La concessione edilizia può essere prorogata con la fissazione di un nuovo termine e su istanza motivata del concessionario inoltrata nei casi di cui al comma 1, lettere a), b), c), prima delle scadenze relative ai termini rispettivamente per il ritiro, l’inizio o prima dell’ultimazione dei lavori.

 

4.         La proroga del termine di ultimazione dei lavori può essere concessa quando il ritardo nella esecuzione degli stessi derivi da fatti estranei alla volontà dei richiedenti, che siano sopravvenuti a ritardarne il corso. Sarà cura dell’interessato presentare adeguata documentazione al riguardo.

Art. 32 - Trasferibilità della concessione

1.         La concessione è personale ed è valida esclusivamente per la persona fisica o giuridica alla quale è intestata.

 

2.         In caso di trasferimento dei diritti sulla costruzione oggetto della concessione, l’acquirente, gli eredi e gli aventi causa del titolare della concessione possono chiedere la variazione dell’intestazione della concessione medesima. Il dirigente del Servizio, verificata la legittimità, provvede alla relativa variazione.

 

3.         In conseguenza della variazione non si modificano in alcun modo i termini di validità e decadenza previsti per la concessione originaria.

Art. 33 - Annullamento della concessione

1.         La concessione è annullata, con provvedimento espressamente motivato da ragioni di pubblico interesse, nei seguenti casi:

a) perché in contrasto con norme, regolamenti e discipline urbanistiche vigenti all’epoca del rilascio;

b) perché sussistono vizi nel procedimento amministrativo di formazione ed emissione della concessione medesima;

c) quando risulti che la concessione sia stata rilasciata in base a dichiarazioni mendaci sullo stato di fatto o a elaborati e pareri contraffatti.

 

2.         Il provvedimento di annullamento è assunto con la medesima procedura del rilascio di cui al precedente art.28 e operando “ex tunc” determina l’illegittimità delle opere eventualmente già realizzate.

Art. 34 - Concessione in deroga

1.   La concessione in deroga alle norme dello strumento urbanistico vigente e del presente RE può essere rilasciata, ai sensi e con le modalità dell’art.41-quater della legge 17 agosto 1942, n.1150 e dell’art.3 della legge 21 dicembre 1955, n.1357, limitatamente a edifici e impianti pubblici.

 

2.   L’esercizio della deroga, nel rispetto delle norme igienico sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi e, in mancanza, di cui alle norme degli articoli 7, 8 e 9 del DM 1444/68.


 

 

Capitolo IV

DENUNCIA DI INIZIO DELL’ATTIVITÀ

Art. 35 - Oggetto

1.         La denuncia di inizio attività, ai sensi e per gli effetti dell’art.19 della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni e integrazioni, va presentata con le modalità di cui al successivo art.36 per tutti gli interventi di cui al comma 7 dell’art.4 della legge 4 dicembre 1993, n.493, e successive modificazioni e integrazioni, e in particolare per:

a) le opere di manutenzione straordinaria, risanamento conservativo e restauro, così come definite nei precedenti artt.6, 7 e 8 ;

b) le opere per l’eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti, quali rampe o ascensori esterni ovvero manufatti a ciò preordinati anche con alterazione della sagoma dell’edificio;

c)     recinzioni, muri di cinta e cancellate;

d)    aree destinate ad attività sportive senza creazione di volumetrie;

e) opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell’immobile e, limitatamente agli immobili compresi nei perimetri dei centri storici dallo strumento urbanistico, non modifichino la destinazione d’uso;

f) impianti tecnologici al servizio di edifici o attrezzature esistenti e realizzazione di nuovi volumi tecnici, che si rendano indispensabili, sulla base di nuove disposizioni, a seguito della revisione o installazione di impianti tecnologici;

g) varianti a concessioni edilizie già rilasciate che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non cambino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma e non violino le eventuali prescrizioni contenute nella concessione edilizia;

h) parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato nel rispetto dei limiti, vincoli e prescrizioni contenute nella specifica regolamentazione comunale concernente i parcheggi.

 

2.         La denuncia di inizio attività è applicabile esclusivamente ove sussistano tutte le condizioni di cui ai commi 8 e 8-bis dell’art.4 della legge 4 dicembre 1993, n.493 e successive modificazioni e integrazioni

 

3.         La denuncia di inizio attività è inoltre utilizzabile per la realizzazione di opere interne a edifici ancorché insistenti su aree soggette a vincolo paesistico e ambientale.

 

4.         La denuncia di inizio attività ha la medesima efficacia della autorizzazione edilizia e ha validità non superiore a tre anni dalla data di presentazione al Comune.

Art. 36 - Denuncia e documentazione allegata

1. La denuncia di inizio attività, redatta in duplice copia di cui una in bollo, è presentata dall’avente titolo di cui al precedente art.22.

 

2. Alla denuncia devono essere allegati, pena la improcedibilità della stessa, i documenti, gli atti e gli elaborati che seguono:

a)     autocerificazione comprovante i titoli di cui al precedente art.22;

b) nomina del tecnico progettista che assevera le opere a farsi, del direttore dei lavori e dell’impresa a cui si intende affidare i lavori;

c) asseverazione resa dal progettista, con dichiarazione, sulla legittimità della costruzione, o della parte, oggetto dell’intervento;

d)    progetto delle opere a farsi asseverato da un tecnico abilitato e costituito da:

- relazione ed elaborati grafici di rilievo, comprensivi di documentazione fotografica a colori;

- relazione ed elaborati grafici di progetto;

- dichiarazione di conformità agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi esistenti, nonché del rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie;

- dichiarazione sulla legittimità delle opere oggetto dell’intervento secondo i casi di cui al precedente art.21;

e) pareri e/o autorizzazioni di amministrazioni ed enti non comunali, laddove richiesti dalle relative norme;

f) bollettino di pagamento delle spese di istruttoria;

g) atto d’obbligo laddove richiesto.

 

3.         Decorsi venti giorni dalla data di presentazione il denunciante può dare inizio ai relativi lavori, provvedendo:

- all’eventuale deposito ai sensi della legge 5 novembre 1971, n.1086 e 2 febbraio 1974, n.64;

- ad apporre in cantiere, ben visibile e leggibile, la tabella recante gli estremi della denuncia d’inizio attività, del committente, del progettista, del direttore dei lavori, delle ditte esecutrici, ai sensi della Circolare Ministero LP 1 giugno 1990 n.1729/UL;

- alla conservazione, presso il cantiere, di copia della denuncia e dei documenti ed elaborati di cui al precedente comma 2, con gli estremi di presentazione e accettazione.

Art. 37 - Procedure per l’accettazione e la verifica delle denunce

1.         Le procedure relative all’accettazione e alla verifica d’ufficio delle denunce di inizio dell’attività sono quelle previste dalle leggi in materia e in particolare dall’art.4 della legge 4 dicembre 1993, n.493 e successive modificazioni e integrazioni e dall’art.19 della legge 7 agosto 1990, n.241 e successive modificazioni e integrazioni.

Art. 38 - Decadenza degli effetti della denuncia

1.         Gli effetti della denuncia di inizio dell’attività decadono nei seguenti casi:

a)     mancato inizio o ultimazione dei lavori entro tre anni dalla presentazione;

b) ritiro da parte del tecnico progettista dell’asseverazione resa;

c) adozione di nuove previsioni urbanistiche laddove la denuncia risulti in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di presentazione.

 

2.   La decadenza viene dichiarata dal dirigente del Servizio e notificata al denunciante.

Art. 39 - Vizi della denuncia

1.   Quando risulti che la denuncia sia stata presentata in base a dichiarazioni mendaci
sullo stato di fatto o a false attestazioni o quando le opere denunciate siano in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati, con i regolamenti edilizi vigenti o con la restante normativa sullo svolgimento dell’attività edilizia, si applicano le procedure e le sanzioni di cui all’art.4 della legge 4 dicembre 1993 n.493 e successive modifiche e integrazione.


 

 

Capitolo V

AUTORIZZAZIONE EDILIZIA

Art. 40 - Oggetto

1.         Sono soggette ad autorizzazione edilizia:

a)    installazione di infrastrutture di rete, quali condutture elettriche, telefoniche, di gas, idriche, sia da parte di privati che di società concessionarie, quando non siano di pertinenza di singole costruzioni o di complessi immobiliari privati;

b)   occupazione permanente di suolo pubblico o privato per:

- chioschi ed edicole di giornali, con allacciamento alle reti dei sottoservizi;

- macchine distributrici compreso i distributori di carburante e loro annessi strettamente necessari alla funzione;

c) le opere di demolizione, reinterri e scavi che non riguardino la coltivazione di cave e torbiere, compreso la sistemazione degli spazi esterni non di pertinenza delle singole costruzioni che non comportino la realizzazione di superfici coperte o volumetrie;

d) l’occupazione di suolo mediante deposito di materiali ed esposizione di merci a cielo libero;

e) installazione di campeggi liberi;

f) collocamento di ripetitori e impianti ricetrasmittenti di utilità generale e loro volumi tecnici, non al servizio delle singole costruzioni;

g)   costruzione, modificazione e rinnovo di cappelle, edicole e monumenti funerari in genere;

h)   abbattimento di alberi esistenti in giardini e complessi alberati privati o pubblici;

i)     opere temporanee per attività di ricerca del sottosuolo che abbiano carattere geognostico e siano eseguite nell’ambito dei centri edificati;

j)    impianti di serra, ancorché provvisori, stabilmente infissi al suolo e costruiti con materiali permanenti o semipermanenti, in quanto rientranti tra gli annessi agricoli, ai sensi della legge regionale 24 marzo 1995, n. 8 e successive modifiche e integrazioni;

k) parcheggi pertinenziali di cui all’art.9, commi 1 e 4 della L 122/89 e successive modifiche e integrazioni.

Art. 41 - Richiesta e documentazione delle autorizzazioni

1.         La richiesta di autorizzazione, redatta in duplice copia di cui una in bollo, è presentata dall’avente titolo di cui al precedente art.22.

 

2.         Alla domanda devono essere allegati, pena la improcedibilità della stessa, di norma i documenti, gli atti e gli elaborati che seguono:

a)     autocertificazione comprovante il titolo di cui al precedente art.22;

b)    progetto delle opere a farsi asseverato da un tecnico abilitato e costituito da:

- relazione ed elaborati grafici di rilievo, comprensivi di documentazione fotografica a colori;

- relazione ed elaborati grafici di progetto;

- dichiarazione di conformità agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi esistenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie;

- dichiarazione sulla legittimità delle opere oggetto dell’intervento secondo i casi di cui al precedente art.21.

c) pareri e/o autorizzazioni di amministrazioni ed enti non comunali, laddove richiesti dalle relative norme;

d) bollettino di pagamento delle spese di istruttoria;

e) atto d’obbligo laddove richiesto.

Art. 42 - Procedure per l’accettazione e il controllo delle autorizzazioni

1.         Le procedure relative all’accettazione, al controllo e alla emissione del provvedimento amministrativo definitivo (rilascio, diniego o archiviazione) delle richieste di autorizzazione edilizia sono quelle previste dalle leggi in materia.

 

2.   Il provvedimento amministrativo di cui al comma 1 è emesso dal dirigente del Servizio, previa istruttoria d’ufficio.

 

3.   Con decreto del dirigente del Servizio ed in conformità con le norme nazionali e regionali in materia, sono stabilite, entro sessanta giorni dall’approvazione del RE, le modalità e gli eventuali modelli esemplificativi degli atti di competenza comunale, relativi alle procedure di cui al comma 1, con particolare riguardo:

a)    alle norme in materia di responsabilità del procedimento amministrativo, di semplificazione dell’azione amministrativa  e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241;

b)   alle possibilità di surroga degli organi comunali o di consulenza del Comune eventualmente inadempienti;

c)    alla trasparenza, celerità e certezza di diritto degli atti e delle procedure;

d)   all’individuazione delle forme di silenzio-assenso nel caso di mancato rispetto dei termini del procedimento;

e)    alla informatizzazione delle procedure, anche in relazione alla creazione dell’archivio di documentazione sul processo di trasformazione del territorio comunale, di cui al successivo art. 50.

Art. 43 - Atto di autorizzazione

1.         L’atto di autorizzazione edilizia deve contenere:

a)     gli estremi della richiesta e dell’oggetto della autorizzazione;

b)    le generalità e il codice fiscale del titolare della autorizzazione;

c) la descrizione delle opere con l’elencazione degli elaborati tecnici di progetto, che si intendono parte integrante della autorizzazione nonché l’indicazione delle destinazioni d’uso previste;

d)    l’ubicazione e l’identificazione catastale dell’immobile oggetto dell’intervento;

e) gli estremi del documento attestante il titolo di legittimazione del richiedente la autorizzazione;

f) gli estremi delle autorizzazioni e dei pareri di competenza di organi esterni al Comune necessarie; la autorizzazione deve anche richiamare le eventuali condizioni o prescrizioni imposte da tali organi;

g)     i termini entro i quali devono avere inizio e devono essere ultimati i lavori.

 

2.         La autorizzazione deve altresì contenere i seguenti obblighi per il titolare;

a) di richiedere, se necessaria per l’organizzazione del cantiere, l’autorizzazione all’occupazione temporanea di suolo pubblico;

b) di comunicare la data di inizio dei lavori, i nomi del direttore dei lavori e dell’impresa esecutrice dei lavori, nonché il responsabile dei lavori, del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori quando queste figure sono previste ai sensi del D.Lvo. n.494\96 oppure quando tale norma non è applicabile, del responsabile della sicurezza del cantiere ai sensi della L. 55\90”.

c) di apporre nel cantiere, ben visibile e leggibile, la tabella recante gli estremi della autorizzazione edilizia, del committente, del progettista, del direttore dei lavori, delle ditte esecutrici, ai sensi della Circolare Ministero LP 1 giugno 1990 n.1729/UL;

d)    di conservare presso il cantiere copia della autorizzazione e degli elaborati allegati;

e) di richiedere l’autorizzazione agli Enti competenti per l’allacciamento ai pubblici servizi;

f) di comunicare entro la scadenza del tempo utile previsto per l’esecuzione dei lavori, la data di ultimazione sottoscritta anche dal direttore dei lavori;

 

3.         La autorizzazione ha validità esclusivamente per la persona fisica o giuridica alla quale è intestata e può essere trasferita ai successori o aventi causa, con le modalità di cui al successivo art.45.

Art. 44 - Decadenza e proroga della autorizzazione

1.         La autorizzazione edilizia decade nei seguenti casi:

a)     mancato ritiro della autorizzazione entro sei mesi dalla notifica del rilascio;

b) mancato inizio dei lavori nel termine concesso e comunque non oltre 6 mesi dal suo ritiro;

c)     mancata ultimazione dei lavori entro il termine concesso;

d) approvazione di nuove previsioni urbanistiche laddove la autorizzazione risulti in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano iniziati e vengano completati entro il termine di un anno dalla data di inizio.

 

2.         La decadenza viene dichiarata dal dirigente del Servizio e notificata al titolare.

 

3.         La autorizzazione edilizia può essere prorogata, con la fissazione di un nuovo termine, su istanza motivata del titolare inoltrata, nei casi di cui al comma 1, lettere a), b), c), prima delle scadenze relative ai termini rispettivamente per il ritiro, l’inizio o l’ultimazione dei lavori.

Art. 45 - Trasferibilità dell’autorizzazione.

1.         L’autorizzazione è personale ed è valida esclusivamente per la persona fisica o giuridica alla quale è intestata.

 

2.         In caso di trasferimento dei diritti sulla costruzione oggetto dell’autorizzazione, l’acquirente, gli eredi e gli aventi causa del titolare della autorizzazione possono chiedere la variazione dell’intestazione dell’autorizzazione medesima. Il dirigente del Servizio, verificata la legittimità, provvede alla relativa variazione.

 

3.         In conseguenza della variazione non si modificano in alcun modo i termini di validità e decadenza previsti per l’autorizzazione originaria.

Art. 46 -Annullamento dell’autorizzazione

1.         L’autorizzazione è annullata, con provvedimento espressamente motivato da ragioni di pubblico interesse, nei seguenti casi:

a) perché in contrasto con norme, regolamenti e discipline urbanistiche vigenti all’epoca del rilascio;

b) perché sussistono vizi nel procedimento amministrativo di formazione ed emissione della autorizzazione medesima;

c) quando risulti che la autorizzazione sia stata rilasciata in base a dichiarazioni mendaci sullo stato di fatto o a elaborati e pareri contraffatti.

 

2.         Il provvedimento di annullamento è assunto con la medesima procedura del rilascio di cui al precedente art.42 e operando “ex tunc” determina l’illegittimità delle opere eventualmente già realizzate.


 

 

Capitolo VI

LAVORI DI SICUREZZA E INTERESSE PUBBLICO

Art. 47 - Lavori di sicurezza

1.         I lavori strettamente necessari a evitare un pericolo imminente per la pubblica o privata incolumità, possono essere eseguiti senza alcun atto amministrativo preventivo, di cui al precedente art.21, non prima di 24 ore dalla comunicazione di cui al successivo comma 2.

 

2.         All’atto della constatazione, va data immediata comunicazione al dirigente del Servizio, al Servizio tecnico circoscrizionale nonché al Comando dei VU e al Comando Provinciale dei VF, denunciando la situazione di pericolo, l’eventuale urgenza e le opere necessarie.

 

3.         Per le costruzioni vincolate ai sensi delle leggi n.1089/1939, n.1497/1939 e n.431/1985, la comunicazione di cui al comma 1 va inviata contestualmente alla Soprintendenza competente.

 

4.         La comunicazione può essere inviata:

- dai soggetti di cui al precedente art.22;

- da un tecnico abilitato, all’uopo delegato da uno dei soggetti di cui al punto precedente.

 

5.         I lavori strettamente necessari, di cui al comma 1, possono consistere in:

a)     opere di puntellamento provvisionale;

b) spicconatura di intonaci, rimozione di gronde o pluviali e tubazioni in genere, rimozione di ornie e davanzali, rimozione di opere in ferro quali ringhiere, cancelli eccetera, scomposizione del manto di tegole delle coperture di tetti;

c) transennamenti di zone costituenti pericolo imminente per la pubblica e privata incolumità.

 

6.         Nei casi di demolizioni di murature, solai interni o di copertura o di parti limitate di fabbricati per ordinanza dell’amministrazione ex art.38 L 142/90, nella denuncia di inizio dell’attività può anche essere presentato il progetto di ricostruzione, nelle medesime dimensioni e posizioni, delle parti demolite allegando un verbale di consistenza, grafico e fotografico, prima delle demolizioni, redatto dal tecnico di parte e asseverato ai sensi e per gli effetti di legge.

 

7.         Nei casi di cui al comma 3, il progetto di cui al comma 6, deve riportare anche il parere favorevole della Soprintendenza competente.

Art. 48 - Lavori di interesse pubblico

1.         Il Sindaco, con propria ordinanza può disporre le esecuzioni di:

a)    opere di tutela per l’igiene pubblica;

b)   opere di manutenzione ordinaria e straordinaria per il miglioramento della qualità urbana;

 

2.         Nei casi di cui al comma precedente il Sindaco assegna nella medesima ordinanza, un tempo non superiore a 120 giorni. Trascorso tale termine, in caso di mancata ottemperanza, si procederà senza ulteriore avvertenza alla verbalizzazione dell’inadempienza, applicando la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalle leggi e dai provvedimenti comunali vigenti.

 

3. In caso di ulteriore inadempienza del termine assegnato per il pagamento della sanzione pecuniaria, il Comune può intervenire d’ufficio e a spese dell’interessato sotto le responsabilità penali dovute per il mancato intervento.


 

 

Capitolo VII

PUBBLICITÀ E ACCESSO AGLI ATTI

Art. 49 - Pubblicità dei provvedimenti amministrativi

1.         Dell’avvenuto rilascio della concessione viene data notizia al pubblico mediante affissione per la durata di quindici giorni consecutivi, nell’albo pretorio del Comune, con la specificazione del titolare e della località nella quale la costruzione deve essere eseguita.

 

2.         L’affissione non fa decorrere i termini per l’impugnativa.

Art. 50 - Istituzione dell’Atlante edilizio della città di Napoli

1.         Con delibera di Giunta Municipale è istituito l’Atlante edilizio della città di Napoli, con le seguenti finalità:

- documentare, catalogare e rendere disponibile l’archivio storico delle concessioni edilizie;

- catalogare e monitorare le concessioni e le autorizzazioni edilizie via via rilasciate;

- aggiornare periodicamente sulle cartografie comunali le modificazioni del territorio avvenute con riferimento anche alle risorse naturali, ambientali e agricole;

- fornire copia delle documentazioni e delle cartografie;

- rendere disponibile per istituti d’istruzione, culturali e scientifici, i dati relativi ai processi edilizi, anche attraverso bollettini periodici informativi;

- promuovere e partecipare a mostre, convegni e conferenze sull’evoluzione urbanistica della città.

- registrare i nomi dei progettisti degli interventi di cui all’art.26.

 

2.         All’Atlante viene trasferito il patrimonio della cartografia storica della città.


 

PARTE TERZA

Capitolo I

ESECUZIONE DEI LAVORI

Art. 51 - Comunicazione di inizio dei lavori

1.         Il titolare di concessione o autorizzazione deve comunicare al Servizio la data di inizio dei lavori a mezzo raccomandata o consegna al protocollo generale, sottoscritta anche dal direttore dei lavori, almeno sette giorni prima dell’effettivo inizio.

 

2.         Nella comunicazione di inizio lavori devono essere indicati i nominativi e le relative qualifiche degli operatori incaricati e quindi responsabili della direzione dei lavori, della esecuzione e della sorveglianza, di cui al successivo art.57. Qualunque variazione degli operatori deve essere comunicata entro quindici giorni.

 

3.         Alla comunicazione di inizio lavori dovranno essere allegati:

a) comunicazione, se dovuta, degli estremi dell’avvenuto deposito del progetto strutturale ai sensi dell’art.4 della legge 5 novembre 1971, n.1086 e della legge 2 febbraio 1974, n.64;

b) comunicazione della nomina di un tecnico abilitato al collaudo statico ai sensi dell’art.4 della legge 5 novembre 1971, n.1086 e della legge regionale 7 gennaio 1983, n.9 e relative dichiarazioni di accettazione e compatibilità;

c) comunicazione delle nomine del responsabile dei lavori, del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, quando queste figure sono previste ai sensi del decreto legislativo del 14 agosto 1996, n.494 oppure quando non è applicabile il decreto legislativo n.494/96, del responsabile della sicurezza del cantiere ai sensi della legge 14 marzo 1990, n.55;

d) se non inviata precedentemente, documentazione inerente il contenimento dei consumi energetici, ai sensi dell’art.28 della legge 1 gennaio 1991, n.10;

e)     autorizzazione all’allacciamento alla fognatura comunale;

f)      eventuali nulla osta degli Enti erogatori dei servizi, se interessati dai lavori;

g)     dichiarazioni degli operatori tecnici di cui ai comma 2 e 4 del successivo art.62.

h) deposito cauzionale provvisorio (con fidejussione bancaria, polizza assicurativa o deposito presso aziende di credito nazionali) pari all’intero importo presunto delle eventuali opere di ripristino, nel caso di interventi che riguardano strade, spazi e edifici pubblici, anche non comunali

i) copia delle comunicazioni inviate all’INPS e all’Ispettorato del Lavoro, laddove prevista dalla normativa vigente.

Art. 52 - Punti fissi di linea e di livello

1.         Per gli interventi di ristrutturazione edilizia, nuova edificazione o che comunque comportino interferenze con spazi pubblici o reti di pubblico servizio, il titolare di provvedimento amministrativo all’esecuzione dei lavori è tenuto a presentare, con la medesima comunicazione di cui al precedente art.51, la delimitazione delle linee di confine con gli spazi pubblici dell’area di pertinenza oggetto degli interventi.

 

2.         Il Comune può, entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione, richiedere la determinazione sul terreno dei capisaldi planimetrici e altimetrici ai quali deve essere riferita la costruzione, oltre ai punti di immissione degli scarichi nella fognatura comunale ed ai punti di presa dell’acquedotto, ove esista, e di tutti gli altri impianti esistenti relativi alle opere di urbanizzazione primaria.

 

3.         Le operazioni di cui al comma precedente sono eseguite da personale del Comune, oppure messo a disposizione dal titolare del provvedimento amministrativo e dall’impresa esecutrice dei lavori sotto la direzione di un funzionario comunale, ed essere espletata da parte degli uffici tecnici comunali entro trenta giorni dalla richiesta.

 

4.         Delle operazioni è redatto verbale, che viene sottoscritto da tutte le parti presenti.

 

5.         Trascorso il termine di cui al comma 2 senza alcun intervento da parte del Comune, i lavori possono essere iniziati. In tal caso il direttore dei lavori trasmetterà al Comune una relazione, sottoscritta anche dall’impresa esecutrice, che descriva in modo dettagliato le quote di livello del fabbricato riferite ai capisaldi individuati ed alle opere di urbanizzazione esistenti, come indicato al medesimo comma 2.

Art. 53 - Vigilanza durante l’esecuzione delle opere

1.         Le opere e i cantieri sono soggetti a controllo da parte del Sindaco che svolge tale attività avvalendosi degli uffici tecnici comunali e delle strutture sanitarie territoriali.

 

2.         La concessione o l’autorizzazione o la denuncia di inizio dell’attività e la copia degli elaborati relativi, approvati e timbrati dal Comune, devono essere tenuti in cantiere per ogni verifica da parte degli uffici comunali.

 

3. Il cantiere deve essere provvisto di tabella visibile con indicazione dell’opera, degli estremi del provvedimento amministrativo a eseguire i lavori, del nominativo del committente, dei progettista, del direttore dei lavori, dell’impresa esecutrice, del responsabile del cantiere, ai sensi della Circolare Ministero LP 1 giugno 1990 n.1729/UL. La tabella è esente dal pagamento della tassa sulle pubbliche affissioni.

 

4.         Se, in caso di visite di controllo, viene accertata l’esecuzione di opere difformi dal progetto approvato, a meno di varianti in corso d’opera definite dall’art.15 della legge 28 febbraio 1985 n.47, e purché non sia stata dichiarata la fine dei lavori, si applicano le disposizioni di cui al capo I della medesima legge.

Art. 54 - Conduzione del cantiere

1.         Il titolare di provvedimento amministrativo, il costruttore e il direttore dei lavori, nell’ambito delle loro rispettive competenze,  sono responsabili della conduzione dei lavori, della conformità delle opere al provvedimento amministrativo rilasciato ed alle modalità esecutive ivi stabilite, nonché di quanto ne deriva ai fini della responsabilità verso terzi.

 

2.         Durante l’esecuzione dei lavori debbono essere adottate tutte le necessarie precauzioni per garantire l’igiene e l’incolumità dei lavoratori e dei cittadini nel rispetto delle norme vigenti e in particolare del DL 19 settembre 1994, n.626 e successive modificazioni e integrazioni e in attuazione del DL 14 agosto 1996 n.494 o della legge 19 marzo 1990, n.55.

 

3.         Ogni cantiere deve essere organizzato, recintato e mantenuto libero da materiali inutili o dannosi, per tutta la durata dei lavori, sotto la responsabilità del costruttore. Le recinzioni, devono essere solidamente ancorate e garantire la sicurezza di chi vi transita. Le porte delle recinzioni devono aprirsi verso l’interno. Gli angoli sporgenti devono essere segnalati con strisce bianche e rosse e muniti di luce rossa di segnalazione da accendersi dal tramonto all’alba o in caso di scarsa visibilità. I ponteggi prospicienti strade e spazi pubblici devono essere recintati o rivestiti da pannelli fino all’altezza di 2,00 m.

 

4.         Nel caso di interventi in zone di vincolo ambientale o comunque in edifici che rivestano carattere storico o ambientale, le recinzioni provvisorie, dovranno essere definite in sede di concessione o autorizzazione, presentando il progetto relativo ai materiali, ai colori e alle dimensioni, al fine di garantirne la compatibilità.

 

5.         Quando i lavori comportino l’occupazione temporanea di suolo pubblico il costruttore deve munirsi di autorizzazione comunale che stabilirà dimensioni e periodo di permanenza. Se l’occupazione comporta la recinzione di manufatti, cabine, pozzetti di ispezione, centraline di servizi pubblici deve essere comunque garantito il libero e rapido accesso da parte delle Aziende titolari dei servizi.

 

6.         I materiali di demolizione debbono essere fatti scendere previa bagnatura o a mezzo di apposite trombe o recipienti, per evitare il sollevamento delle polveri.  I lavori esterni di qualsiasi genere ai fabbricati prospicienti le aree pubbliche o aperte al pubblico, potranno effettuarsi solamente con opportune protezioni dei fabbricati medesimi onde impedire la propagazione di polveri.

 

7. In caso di interruzione dei lavori, deve essere comunque garantita la sicurezza e l’igiene, liberando il cantiere di materiali polverosi o pericolosi, assicurando il deflusso delle acque e mantenendo in efficienza la recinzione. In caso di inadempienza si procede ai sensi del precedente art.47.

 Art. 55 - Cautele per la salvaguardia di ritrovamenti archeologici

1.         Il titolare di provvedimento amministrativo ad eseguire i lavori qualora venissero effettuati ritrovamenti di presumibile interesse archeologico, storico od artistico durante l’esecuzione dei lavori, deve informarne ad horas il Sindaco e le competenti Soprintendenze.

 

2.         Contestualmente i lavori, per la parte interessata dai ritrovamenti, devono essere sospesi e lasciare inalterato lo stato dei luoghi, fermo restando l’obbligo di osservare le prescrizioni di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089.

Art. 56 - Varianti al progetto

1. Gli interventi elencati alle lettere dalla a) alla e) dell’art.8 della legge 28 febbraio 1985 n.47 e successive modificazioni ed integrazioni, fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalla regione Campania con propria legge, costituiscono variazioni essenziali al progetto approvato. Gli interventi di cui innanzi, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dalla concessione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 7 e 20 della stessa legge 47/85. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.

 

2. Le variazioni al progetto approvato comportanti un incremento, contenuto nel 2%, dell’entità delle cubature accessorie e dei volumi tecnici o che incidono sulla distribuzione interna delle singole unità abitative, non costituiscono variazioni essenziali.

Art. 57 - Operatori tecnici all’esecuzione dei lavori

 

1.         Per tutti gli interventi di cui al precedente articolo 21, i lavori devono essere diretti o collaudati da professionisti abilitati, secondo le rispettive competenze, iscritti ai propri Albi professionali e per i quali non insorgano incompatibilità o sia inibito lo svolgimento dell’attività professionale.

 

2.         L’esecuzione dei lavori deve essere affidata esclusivamente a impresa idonea, regolarmente iscritta a una Camera di Commercio; nel caso di opere eseguite in economia dal proprietario, quest’ultimo resta obbligato al rispetto delle leggi e dei regolamenti, sia in materia di lavoro che di esecuzione di opere.

 

3.         Il titolare dell’impresa esecutrice dichiara, con autocertificazione, da allegare alla denuncia di inizio dei lavori di cui al precedente art.51, di essere in regola con le norme relative ai contributi previdenziali e assicurativi del personale impegnato nei lavori e di rispondere per i danni verso terzi.


 

 

Capitolo II

CONCLUSIONE DEI LAVORI

Art. 58 Comunicazione di fine lavori e documentazione per il rilascio del certificato di abitabilità o agibilità

1.         La comunicazione di ultimazione dei lavori deve essere effettuata entro il termine previsto dal provvedimento autorizzativo e comunicato al Servizio entro trenta giorni debitamente firmato dal titolare, dal direttore dei lavori e dal legale rappresentante dell’impresa esecutrice dei lavori.

 

2.         Per gli interventi di nuova costruzione e, comunque per le opere soggette a concesione edilizie, ai fini del rilascio del certificato di abitabilità o agibilità, di cui all’art. 221 RD 27 luglio 1934, n. 1265, come modificato dal DPR 22 aprile 1994, n. 425, il titolare del provvedimento autorizzativo deve allegare all’istanza, i seguenti documenti:

a) relazione  tecnico-descrittiva di cui al successivo art. 64, delle opere eseguite, debitamente sottoscritta dal direttore dei lavori, anche ai fini dell’art. 4 del DPR 22 aprile 1994, n. 425;

b)         certificato di collaudo delle opere in conglomerato cementizio armato od a struttura metallica, ai sensi della legge 5 novembre 1971, n. 1086;

c)         certificato finale di prevenzione incendi (in assenza del certificato, copia della richiesta di collaudo presentata ai VF) o dichiarazione del direttore dei lavori, che l’opera non è soggetta a specifica certificazione sul rispetto delle norme antincendio;

d)         dichiarazione di conformità dell’impianto termico e dell’isolamento termico, ai fini del contenimento dei consumi energetici e della certificazione energetica.  Nella dichiarazione, l’impresa esecutrice e il direttore dei lavori devono certificare sotto la propria responsabilità, ciascuna per gli obblighi che gli competono, la rispondenza dei lavori eseguiti alla documentazione depositata in Comune;

e)         dichiarazione di conformità degli impianti tecnologici, ai sensi dell’art.9 della legge 5 marzo 1990, n. 46;

f)          autorizzazione allo scarico in atmosfera ai sensi del DPR 24 maggio 1988, n. 203;

g)         autorizzazione all’allacciamento degli scarichi provenienti dai fabbricati alla fognatura comunale per gli insediamenti civili, o in assenza di pubblica fognatura autorizzazione allo scarico delle acque reflue secondo le disposizioni della Legge 319/76 ;

h)         dichiarazione del tecnico del rispetto della legge 13/89 all’intervento richiesto resa ai sensi dell’art. 11 del DM 14 giugno 1989, n. 236 (superamento ed eliminazione barriere architettoniche);

i)          documentazione comprovante l’avvenuta iscrizione al Catasto ai  sensi dell’art. 3 del DPR 22 aprile 1994, n. 425.

Art. 59 Relazione tecnico-descrittiva

1.         Al termine dei lavori il direttore dei lavori redige una relazione tecnico-descrittiva, articolata per le diverse unità immobiliari che la compongono, sottoscritta anche dal collaudatore per le rispettive competenze.

 

2.         Con ordinanza del Sindaco ed in conformità con le norme nazionali e regionali in materia, sono decretati, entro sessanta giorni dall’approvazione del RE i contenuti e gli eventuali modelli esemplificativi della relazione di cui al precedente comma 1, ed in particolare:

a)         la descrizione dei lavori eseguiti, delle eventuali varianti, sospensioni e riprese dei lavori;

b) gli estremi del provvedimento autorizzativo e delle eventuali integrazioni;

c) il confronto tra i dati metrici e dimensionali previsti dal progetto e quelli realizzati.

 

3.         La relazione dovrà altresì contenere la dichiarazione di conformità, resa dal direttore dei lavori, che sono stati regolarmente effettuati tutti i controlli in corso d’opera e finali, prescritti dal RE, che l’opera realizzata è conforme al progetto approvato ed alle varianti autorizzate, nonché che è stata verificata l’avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti.

Art. 60 Rilascio del certificato di abitabilità e agibilità

1. La dichiarazione di abitabilità e di agibilità non può essere negata in caso di variazioni non essenziali, salvo l’applicazione delle norme sanzionatorie.

 

2. In caso di silenzio del Comune, trascorsi 45 giorni dalla data di presentazione della domanda, l’abitabilità  o l’agibilità si intende attestata.

 

3. Il termine di trenta giorni di cui al 1 comma può essere interrotto una sola volta dal Comune per la tempestiva richiesta all’interessato di documenti che integrino o completino la documentazione presentata, che non siano già nella disponibilità del Comune e che essa non possa acquisire autonomamente.

Il termine, una volta interrotto dalla richiesta di documenti integrativi, inizia a decorrere nuovamente dalla data di presentazione degli stessi.

 

4. Nei successivi 180 giorni il dirigente del Servizio può in ogni caso disporre un’ispezione da parte degli uffici comunali e, eventualmente, dichiarare la non abitabilità, nel caso in cui verifichi l’assenza nella costruzione dei requisiti richiesti.

 

5.         Qualora in sede di controllo, disposto a campione, delle opere eseguite vengano riscontrate difformità con quanto dichiarato nella relazione tecnico-descrittiva di cui al precedente art. 64, il dirigente del Servizio comunica le risultanze negative del controllo al richiedente invitando lo stesso a produrre, entro un termine prefissato, le proprie controdeduzioni, riservandosi ogni altra successiva azione.

 

6. Trascorso senza riscontro il termine assegnato, ovvero riscontrando la permanenza di risultanze negative, il dirigente del Servizio dispone la rimozione delle cause e l’esecuzione di opere indispensabili ai fini della rispondenza ai requisiti essenziali, assegnando un tempo congruo ed informando contestualmente l’autorità giudiziaria e l’ordine professionale di appartenenza del Direttore dei lavori e del collaudatore.

 

7.         I criteri di scelta delle opere edilizie per le quali si procede al controllo a campione, le modalità e le procedure per la definizione del campione stesso, sono stabilite con delibera della Giunta Municipale.


 

 

Capitolo III

VIGILANZA

Art. 61 - Vigilanza sui lavori

1.         Il controllo sul territorio dell’esecuzione dei lavori è demandata ai Servizi competenti che si avvalgono degli organi di vigilanza municipale.

 

2.         In caso di verifica dell’esecuzione dei lavori in assenza dei provvedimenti autorizzativi di cui all’art.21 o in difformità degli stessi, gli organi di vigilanza sospendono i lavori e comunicano ai Servizi con relazione scritta le violazioni accertate, applicando le procedure e le sanzioni di cui al capo I della legge 28 febbraio 1985, n.47 e successive modifiche e integrazioni.

 

3.         Nel caso di frazionamento di terreni che prefigurano lottizzazioni abusive si applicano le disposizioni di cui all’art.18 della L 47/85 e successive modifiche e integrazioni e in particolare:

a)    è vietato il frazionamento o la vendita o atti equivalenti di terreni non edificabili in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione, il numero, l’ubicazione e la eventuale previsione di opere di urbanizzazione e in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio;

b)   nel caso di frazionamenti catastali o di trasferimento anche senza frazionamenti catastali, di terreni di superficie inferiore a 10.000 mq., il Servizio competente opera il controllo ai sensi del primo comma.


 

PARTE QUARTA  

Capitolo I

REQUISITI DI QUALITA’ AMBIENTALE E TECNICA

Art. 62 - Obiettivi

1.   Per tutti gli interventi vanno assunte, secondo requisiti prestazionali oggettivi e confrontabili, metodologie di controllo di qualità per la promozione e la valorizzazione dell’ambiente, urbano e naturale, in cui si collocano, nonché per il controllo di qualità in termini di sicurezza, igiene, salubrità, fruibilità e risparmio energetico.

 

2.         Il controllo di qualità è demandato agli operatori degli interventi, dal progettista al collaudatore, sotto le proprie competenze e responsabilità, nelle diverse fasi del processo edilizio ed è commisurato e differenziato in relazione all’entità e alle tipologie di intervento.

 

3.   E’ fatta salva la possibilità di autonomo controllo da parte del comune o di altri enti pubblici interessati durante l’esecuzione dei lavori e comunque fino alla verifica di conformità edilizia di cui al precedente art. 57. In caso di inosservanza delle norme previste dai requisiti del presente RE o dalle norme nazionali o regionali in materia, si applicano le sanzioni ivi prescritte.

Art. 63 - Normativa tecnico prestazionale

1.         La normativa tecnico prestazionale riferita a requisiti di qualità ambientale sarà definita sulla base dei criteri di indirizzo generale di cui all’allegato A, al fine di una successiva applicazione inderogabile, conseguente all’elaborazione di una normativa di dettaglio concordata con i soggetti interessati.

 

2.         I requisiti contenuti nella normativa tecnico - prestazionale riferita a requisiti di qualità tecnica, di cui all’allegato B, sono essenziali e il loro soddisfacimento è obbligatorio solo laddove richiesto da norme nazionali o regionali in materia.

 

3.         Con successivo atto deliberativo Consiliare verrà costituita un’apposita commissione tecnica che, in un confronto collaborativo con gli ordini professionali e le associazioni di categoria, adeguerà e integrerà, nel termine di 180 giorni, la normativa tecnico - prestazionale di cui agli allegati A e B secondo rigorosi e dettagliati parametri applicativi da sottoporre all’approvazione del Consiglio comunale e che varrà per gli operatori del settore anche come codice di autodisciplina.

 

4.         Aggiornamenti o varianti alla normativa tecnico - prestazionale sono attivati con le medesime procedure e modalità di cui al comma precedente.


 

PARTE QUINTA

Capitolo I

SANZIONI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

Art. 64 - Sanzioni

1.         Il mancato rispetto degli obblighi previsti dal presente Regolamento comporta l’applicazione delle sanzioni di cui all’art.106 del TULCP n.383/1934, fatte salve le sanzioni amministrative e penali derivanti dalla vigente legislazione urbanistica ed edilizia.

Art. 65 - Modalità procedurali

1.         Con decreto del Sindaco e in conformità con le norme nazionali e regionali in materia, devono essere stabiliti, entro 90 giorni dall’approvazione del RE, i contenuti, le modalità procedurali e gli eventuali modelli esemplificativi degli atti e degli elaborati necessari alla presentazione delle richieste dei titoli autorizzativi, nel rispetto dei principi della semplificazione dei procedimenti, sentiti gli ordini professionali e le associazioni di categoria.

 

2.         Con decreto del Sindaco e in conformità con le norme nazionali e regionali in materia, devono essere stabiliti, entro 90 giorni dall’approvazione del RE, le modalità procedurali e gli eventuali modelli esemplificativi degli atti di competenza comunale con particolare riguardo alle norme in materia di responsabilità del procedimento amministrativo, di semplificazione dell’azione amministrativa e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, di cui alla legge 7 agosto 1990, n.241.

Art. 66 - Norme transitorie

1.         Nelle more delle disposizioni di cui all’articolo n.65, si applicano le disposizioni e i procedimenti generali previsti dal RE o, in mancanza, quelli vigenti o in uso.

Art. 67 - Entrata in vigore e varianti

1.         A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente RE sono abrogate tutte le disposizioni regolamentari emanate dal Comune che contrastino o risultino incompatibili con le norme in esso contenute. In caso di contrasto tra le disposizioni del presente Regolamento e quelle contenute negli strumenti urbanistici vigenti, prevalgono queste ultime.

 

2.         In caso di leggi statali e regionali che determinino variazioni o integrazioni alle disposizioni del presente regolamento, esse saranno immediatamente operative.


 

 

PARTE SESTA

Capitolo I

REQUISITI DI QUALITA’ AMBIENTALE

 

Art. 68 - Relazione tra gli edifici

1. distanza tra le facciate: in tutti gli interventi di recupero di edifici esistenti (compreso gli interventi di ristrutturazione edilizia)  nelle zone soggette a conservazione del tessuto urbanistico, la distanza tra le facciate degli edifici va, generalmente, conservata. Nelle zone caratterizzate da edilizia recente o di ristrutturazione urbanistica, per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione la distanza tra le facciate  non deve essere inferiore alla metà della media delle altezze degli edifici prospicienti, e comunque non inferiore a 10,00 metri. Vanno comunque rispettate le distanze prescritte dalle norme antisismiche.

 

2. distanza dai confini: per tutti gli interventi è consentita l’aderenza ai confini di pareti di costruzioni non finestrate o liberi da costruzioni, oppure di almeno 5,00 metri.

 

3. altezza delle facciate: nel caso di interventi di nuova costruzione o ristrutturazione edilizia l’altezza massima delle facciate non può superare l’altezza media dell’intorno urbano di riferimento, costituito dagli edifici immediatamente adiacenti e da quelli prospicienti per il tratto della facciata di riferimento. Il progetto può considerare la possibilità di altezze minori o maggiori, che vanno però motivate e documentate in relazione della morfologia urbana e dei caratteri edilizi assunti come sistema di riferimento.

Art. 69 - Facciate

1. toponomastica : sulle facciate degli edifici è fatto divieto apporre tabelle, lapidi ed insegne, tranne nei casi di cui al successivo art.72. Gli indicatori toponomastici (targhe viarie e numeri civici) sono definiti dal Comune nella forma, nei materiali e nei colori, in modo omogeneo per aree urbane, strade o singoli edifici. Le targhe sono apposte a cura e spese del Comune, i numeri civici a cura e spese dei soggetti interessati (proprietari, costruttori, amministratori di condominio, esercenti,..). Gli indicatori toponomastici che rivestano interesse storico, tipologico o artistico vanno restaurati e conservati in sito.

Art. 70 - Recinzioni

1. Definizione: ogni recinzione costituisce non solo la separazione di aree anche di natura e uso diversi ma il limite tra spazi dell’architettura. In tal senso l’attenzione verso queste opere contribuisce al miglioramento della qualità urbana complessiva.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se, nell’insieme dell’intervento, si raggiungono i seguenti obiettivi:

- caratteristiche: cancellate o muri di suddivisione tra confini di proprietà possono assumere tipologie edilizie diverse ma comunque in relazione ad un organico progetto di sistemazione delle aree scoperte di pertinenza;

Per gli interventi nei centri storici, nelle zone di vincolo ambientale o, comunque, in edifici che rivestano interesse storico o ambientale, le recinzioni concorrono alla definizione dell’isolato urbano e pertanto la loro forma, tipologia materica ed altezza sono determinate in funzione delle caratteristiche tipo-morfologiche dell’isolato;

- altezze: le recinzioni possono avere altezze variabili in funzione della tipologia, dell’uso e del grado di sicurezza o di riservatezza da raggiungere, comunque non superiori a 3,00 m.  Le recinzioni su spazi e strade pubbliche non possono invece  superare un’altezza massima di 2,50 metri dal piano dell’area pubblica. Per gli interventi nei centri storici, nelle zone di vincolo ambientale o, comunque, in edifici che rivestano interesse storico o ambientale, è consentita la conservazione o la realizzazione di recinzioni di altezza maggiore in relazione alle necessità di tutela storico-ambientale;

- materiali: in linea generale le recinzioni possono essere realizzate in muratura di tufo o di mattoni pieni, a vista o intonacata, in ferro, in legno. Le recinzioni in calcestruzzo devono essere rivestite in tufo, in laterizi o in lastre di pietra o intonacate. Le siepi possono essere protette all’interno da reti e cancelli in ferro. Per i colori valgono le medesime prescrizioni di cui all’art. 70 relativo alle facciate.

Art. 71 - Vetrine, insegne, tende, pensiline

1. Definizione: il basamento degli edifici e la continuità degli assi stradali rappresentano gli elementi di riconoscibilità urbana dell’uomo che cammina: ad altezza dell’occhio umano e nella cadenza del tempo della successione dei passi si fruisce principalmente dell’architettura del piano basamentale. Gli elementi architettonici delle botteghe (artigianali, commerciali o terziarie) quali vetrine, vani di ingresso, cornici, insegne, tende, pensiline, sistema di illuminazione, possono costituire un ulteriore e determinante  parametro di qualità urbana.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi relativi ai locali commerciali, artigianali e terziari al piano basamentale degli edifici.

 

3. Livello di prestazione: in linea generale l’intervento sul piano basamentale deve essere unico ed organico: i progetti di recupero o di ristrutturazione edilizia o di nuova edificazione su interi edifici o su intere facciate devono prevedere un intervento coordinato sui locali del piano basamentale e sui suoi elementi architettonici di dettaglio. Nel provvedimento autorizzativo all’esecuzione dei lavori saranno fissati i termini, non superiori a tre anni, di adeguamento dei relativi esercizi. Per interventi sui singoli locali il progetto espliciterà i criteri generali in riferimento ai caratteri edilizi dell’intero edificio e all’architettura della facciata e del suo basamento, adottando parametri conformi. Il Comune potrà disporre progetti unitari di adeguamento per strade, piazze o larghi di particolare interesse pubblico. Il progetto sarà approvato sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e dovrà prevedere incentivi ed agevolazioni per i soggetti interessati,  tempi idonei per l’adeguamento e forme di surroga in caso di inadempienza nei termini prefissati. Con ordinanze sindacali, ai sensi dell’art. 48, potranno essere intimati interventi di adeguamento alle presenti norme. Si adotteranno inoltre le seguenti prescrizioni:

- per gli interventi nei centri storici, in zone di vincolo ambientale o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale, non è consentito realizzare vetrine, insegne e porte di ingresso sporgenti rispetto al paramento murario del basamento e va conservata la sagoma e la dimensione del vano originario, con il restauro dei materiali di rivestimento delle cornici intorno ad esso. Non sono consentiti impianti e altri mezzi pubblicitari a bandiera o frontali sui balconi.

- nelle altre zone le vetrine, le insegne e gli altri mezzi di pubblicità su pareti non potranno comunque sporgere oltre i 10 cm dal paramento murario. Sono consentiti  impianti a bandiera posti ad altezza, misurata dal bordo inferiore, maggiore di 4,50 m dal piano stradale,  di sporgenza dal muro non superiore ad 1/5 della larghezza della sede stradale in quel punto e comunque entro il limite massimo di 1 m e di altezza non superiore a 60 cm. Non sono comunque consentiti impianti frontali sui balconi.

 ALLEGATI

 

 

ALLEGATO A

REQUISITI DI QUALITA’ AMBIENTALE

Capitolo I

Art.1 - Classificazione

1. I requisiti essenziali sono classificati nelle seguenti categorie:

a)    caratteri dell’ambiente urbano;

b)   promozione dell’ambiente naturale;

c)    ordinamento degli spazi pubblici;

d)   compatibilità dei parcheggi.

 

Sottocapitolo I.I. CARATTERI DELL’AMBIENTE URBANO

Art.2 - Manutenzione urbana

1. Definizione: Una continua e attenta manutenzione degli edifici, degli impianti, delle aree e delle opere in generale che costituiscono la città deve divenire, per tutti gli operatori, pubblici e privati, una prassi costante e responsabile. La città, come complesso di opere naturali ed artefatte, richiede per la sua sopravvivenza e per il suo sviluppo la cura e la manutenzione di se stessa: il degrado per abbandono non è solamente un fattore di inquinamento e di pericolosità, ma anche l’immagine di disattenzione di una società verso il suo habitat.

 

2. Campo di applicazione: tutto il territorio cittadino.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se si attuano le operazioni periodiche di regolare manutenzione sia sotto il profilo della sicurezza e dell’efficienza sia sotto il profilo estetico. I titolari di diritti sui beni, i rappresentanti di società ed enti pubblici o ad essi assimilati, gli amministratori, i concessionari e chiunque sia affidatario di beni ed immobili della città, sono responsabili della periodica esecuzione dei lavori di manutenzione, realizzati e diretti dagli operatori. Il Comune agevola con procedure accelerate gli eventuali provvedimenti autorizzativi all’esecuzione dei lavori ed esercita il necessario controllo e impulso alla loro realizzazione.

Art.3 – Relazione tra gli edifici

1. Definizione: ogni costruzione, da realizzare, modificare, ristrutturare o recuperare assume il suo intorno urbano come parametro di riferimento dell’intervento, in relazione alla forma del lotto, alla morfologia urbana, agli spazi pubblici (strade e piazze) su cui prospetta, alla distanza tra le costruzioni, al sistema di relazioni che si stabiliscono. In tal senso ogni progetto va assunto come parte di un sistema urbano più ampio e non riferito solo all’interno del proprio lotto e concorre, pertanto, al miglioramento della qualità urbana.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi di modificazione edilizia e urbanistica.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se, nel suo insieme e non necessariamente per tutti i criteri, il progetto risponde ai seguenti parametri:

 

- organizzazione urbana: nel caso di interventi di ristrutturazione urbanistica o di riqualificazione urbana che comportino la revisione delle aree edificate o del tessuto viario nonché la determinazione di nuove strade e piazze, il progetto sarà teso a determinare una ricchezza morfologica delle aree, una chiara identità degli spazi di relazione pubblica (strade, piazze), la gerarchia di percorsi, l’individuazione di strade ad uso esclusivo dei pedoni o del trasporto pubblico, la determinazione di forme urbane in cui siano riconoscibili ed assunte a-priori le regole edificatorie ed i caratteri del paesaggio urbano, nell’ambito dei modi peculiari di crescita della città di Napoli. Nel caso di prevalenti interventi di conservazione l’insieme del progetto deve tendere, pur nell’ambito di una autonoma teoria del restauro, a raggiungere un’elevata qualità dell’ambito urbano, non solo attraverso l’eliminazione delle opere estranee all’ambiente, così come si è stratificato nel tempo (conservando quindi anche la storia delle trasformazioni e delle culture che l’hanno determinate), ma anche attraverso i necessari interventi di rifunzionalizzazione e di innovazione compatibili con i valori da conservare;

 

- allineamento: nel caso di nuove costruzioni o di ristrutturazioni che comportino la demolizione e ricostruzione di interventi lungo strade esistenti sarà necessario, laddove possibile, mantenere l’allineamento della facciata degli edifici, in modo da conseguire la continuità della cortina stradale, anche in deroga, per le sole zone soggette a prevalente conservazione del tessuto urbanistico, della distanza tra i facciate degli edifici. Eventuali arretramenti delle facciate, dettati dall’applicazione di norme inderogabili di igiene e sicurezza, saranno compensati dalla ricostruzione dell’allineamento stradale con muri e cancelli di recinzione o corpi edilizi più bassi (negozi-botteghe, porticati, ..);

 

- interventi di relazione: particolare cura sarà assunta nella definizione, laddove possibile, di interventi di relazione e connessione tra le parti, quali porticati, costruzioni ad un piano per attività artigianali e commerciali, gradinate, scale e rampe, muri o cancelli di recinzione, opere di arredo urbano.

Art.4 – Facciate

1. Definizione: tutti gli interventi devono tendere ad assumere le facciate esterne delle costruzioni come parte di un ambiente urbano complessivo, in cui esse concorrono non solo in relazione ai caratteri tipologici degli edifici ma anche come sistema ambientale del costruito. In tal senso, la composizione, i caratteri materici e la manutenzione delle facciate intervengono sulla bellezza complessiva della città e, quindi, come valori di interesse pubblico.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se, nell’insieme dell’intervento, si raggiungono più obiettivi tra i seguenti:

 

- composizione: tutti gli interventi devono tendere ad assumere regole e criteri progettuali che, pur rispondendo alle necessità di illuminazione ed areazione interna degli ambienti, prediligano l’unitarietà delle facciate, in relazione al rapporto tra le parti orizzontali di un edificio (basamento, facciata, copertura), le parti finestrate e le parti piene, il ruolo dei balconi aggettanti e di altri sporti ed aggetti. Particolare attenzione va rivolta al basamento, anche in relazione al piano del “visibile” dell’uomo che cammina, assumendo come criteri di progetto quelli relativi alla riconoscibilità del luogo, alla identità ed alla durabilità (anche ai fini della continua e necessaria manutenzione) dei materiali, alla fruizione, alla sicurezza. Per gli interventi nei centri storici o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale, ogni intervento, anche se non globale sull’intera facciata, deve tendere a rideterminarne la sua unità compositiva, attraverso l’eliminazione di superfetazioni esterne (corpi aggiunti, verande, aperture di vani non omogenei, collegamenti tra balconi, balconi troppo sporgenti), la ricomposizione del basamento (in pietra o stucco), l’apertura di eventuali nuovi vani, laddove compatibile con le normative, o il ripristino di quelli originari tompagnati, la ricostruzione di cornicioni, fregi, lesene, cornici ed altri elementi dell’architettura di dettaglio.

 

- caratteri materici: Negli interventi nei centri storici o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale, gli interventi di consolidamento dei paramenti esterni dovranno tendere alla massima conservazione del sistema strutturale e materico preesistente, ricorrendo a tecniche di ricostituzione dell’equilibrio statico eventualmente alterato e non ad interventi di surroga dello stesso (inserimento di telai in c.a. o in ferro). Analogamente il complesso equilibrio tra verticalità delle murature portanti e verticalità dei vani e le connessioni di scarico delle forze affidato alle piattabande va, laddove possibile, integrato e migliorato, conservando, in facciata, i relativi elementi dell’architettura di dettaglio (timpani, cornici, marcapiani). I materiali e le tecniche di lavorazione della tradizione costruttiva di Napoli, quali le murature a vista (tufo giallo, imbrignite, mattoni di argilla), le pietre (piperno, trachite, pietra lavica, arenarie, marmi), gli elementi metallici (ferro battuto o lavorato, ghisa, rame), andranno conservati con le metodiche proprie del restauro che tengano conto della non aggressività delle tecniche e quindi della reversibilità degli interventi.

 

- materiali di finitura esterna: per le finiture in tutti gli interventi, si farà ricorso, prevalentemente, a materiali ricorrenti nell’ambiente della città ed in particolare:

intonaci: saranno preferiti gli intonaci con malte di calce o comunque con percentuali di cemento non superiori al 15% che lascino traspirare la muratura, con esclusione di additivi industriali impermeabilizzanti;

b) rivestimenti e cornici: per le parti in pietra, marmi e materiali naturali affini, solo per le nuove costruzioni o per le ristrutturazioni edilizie è consentito il ricorso a materiali esterni alla tradizione locale, con esclusione di pannelli in materiali plastici, alluminio o ceramici; sono altresì vietate le ornie in marmo o travertino, mentre sono da preferire intorno a tutti gli infissi cornici in pietra o ad intonaco a stucco: eventuali ornie in acciaio o alluminio sono consentite solo all’interno di tali cornici;

c) per gli elementi dell’architettura di dettaglio sono consentiti, oltre alle pietre naturali o agli intonaci a stucco, anche le ceramiche, i mattoni d’argilla, gli impasti artificiali di cementi e pietre naturali, gli elementi metallici (ferro, ottone, rame, zinco).

 

- infissi: per gli interventi nei centri storici o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale, ad esclusione di quelli vincolati ex lege 1089/39, è consentito solo l’uso di infissi esterni in legno naturale o colorato, in acciaio o in alluminio se verniciati in bianco; per le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni sono consentiti infissi anche in pvc bianco, in acciaio e alluminio in colori scuri (nero, grigio scuro, verde scuro).

 

- ringhiere e cancelli: per tutti gli interventi sono consentiti solo in ferro verniciato o, laddove necessario, in legno: sono da escludersi materiali plastici e alluminio.

 

- pluviali e fecali: in generale e per tutti gli interventi le tubazioni esterne di scarico delle acque piovane e delle acque nere, quando non sia possibile inserirle nella muratura o nei tompagni, saranno disposte in maniera organica con il disegno delle facciate e realizzate in lamiera zincata o rame; solo per le nuove costruzioni e in zone esterne ai centri storici è consentito anche l’uso di tubazioni in pvc.

 

- canne fumarie: negli interventi nei centri storici o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale è vietato installare canne fumarie sulle facciate prospicienti strade e spazi pubblici. In generale, per tutti gli interventi, risulta più opportuno porle all’interno delle murature e dei tompagni esterni. Laddove questo non risulti possibile è possibile ubicarle sulle facciate dei cortili interni, nell’ambito di una soluzione organica con tali facciate. Vanno comunque rispettati i requisiti tecnici ed igienici di cui al successivo art.13 allegato b).

 

- impianti a rete: per tutti gli interventi, le reti di telefonia e trasmissioni dati e quella di energia elettrica devono essere riportate “sotto traccia “ alle varie utenze, possibilmente accentrando in un unico locale al piano terra le linee principali, i misuratori di consumo e la gestione delle diramazioni. Le tubazioni adduttrici della rete del gas e dell’acqua potabile, necessariamente esterne, devono essere accentrate in pochi punti e disposte in maniera organica con il disegno delle facciate. Nel caso di interventi nei centri storici o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale, gli impianti a rete non devono alterare o tagliare gli elementi dell’architettura di dettaglio.

 

- impianti tecnici: per tutti gli interventi, ad esclusione di quelli riguardanti attività produttiva a carattere industriale o commerciale all’ingrosso, gli impianti tecnici, quali condizionatori d’aria, depuratori, ripetitori o impianti di ricezione segnali audiovisivi, dovranno essere prevalentemente disposti sulle coperture delle costruzioni. Al di fuori dei centri storici o, comunque, su edifici che non rivestano interesse storico o ambientale è consentita l’installazione di impianti sulle facciate interne, non prospicienti strade o spazi pubblici. Per le attività commerciali, artigianali e terziarie a piano terra si applicano le norme di cui al successivo art.8.

 

- tinteggiature e verniciature: la tinteggiatura delle facciate sarà realizzata con pitture a calce o ai silicati di potassio con pigmenti inorganici naturali, con esclusione di pitture plastiche al quarzo, con resine co-polimere o con resine acriliche in percentuali superiori al 5%. Per le qualità cromatiche si farà riferimento prevalentemente ai colori ricorrenti nell’ambiente della città ed in particolare ai colori del bianco, del grigio nelle diverse intensità, del sabbia, del nocciola e del giallo paglierino, del rosa antico, del salmone e del terra di Siena chiaro, del rosso pompeiano e del rosso mattone, con esclusione dei colori blu e verde. Per la verniciatura di gronde e canali si utilizzeranno, oltre agli stessi colori delle facciate, anche il nero, i grigi scuri ed il marrone. Per gli interventi nei centri storici o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale il progetto di tinteggiatura delle facciate deve essere preventivamente approvato dalla Soprintendenza ai BAA. Il Comune, anche sulla base della predisposizione di piani unitari di abbellimento delle strade, delle piazze o di organiche aree urbane, può ordinare, ai sensi e con le modalità dell’art.48 del R.E., la tinteggiatura delle facciate.

Art.5 – Coperture

1. Definizione: il tipo di copertura (a terrazzo piano, a tetto, a volta, a cupola) caratterizza non solo tipologia edilizia, ma per una città collinare, anche l’immagine dall’alto del paesaggio urbano e gli usi delle superfici scoperte non a livello terreno, secondo una tradizione legata al clima ed alla cultura mediterranea. Pertanto anche l’intervento sulle coperture costituisce un problema di guida comportamentale di interesse pubblico.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se, nell’insieme dell’intervento, si raggiungono i seguenti obiettivi:

 

- coperture a tetto: per gli interventi nei centri storici o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale, vanno conservate le coperture a tetto con la relativa struttura in legno e le tegole in laterizio di copertura. Sono consentiti eventuali interventi di consolidamento della muratura perimetrale, con la creazione di cordoli di incatenamento o l’apposizione di tiranti e catene in ferro. Le parti mancanti sia dell’orditura principale che secondaria che del manto di tegole possono essere integrate solo con analoghi materiali. Al di fuori dei centri storici, per le nuove costruzioni o per le ristrutturazioni le coperture a tetto, laddove previste, possono essere realizzate anche con struttura metallica o in c.a. a soletta continua. Il manto di copertura oltre che con tegole in laterizio (del tipo alla romana con coppi ed embrici, o con soli coppi) potrà essere realizzato con pannelli in rame o in alluminio o in acciaio preverniciati.

 

- copertura a volta: in tutti gli interventi le coperture a volta esistenti vanno inderogabilmente conservate: sono consentiti i soli interventi di consolidamento statico che non ne alterino il comportamento ed il restauro del manto di copertura (in lastre metalliche, in maioliche o in malte pozzolaniche). Per la realizzazione di nuove copertura a volta è consentita la realizzazione di strutture in c.a. Sono comunque vietate le impermeabilizzazioni con manti bituminosi colorati o argentati.

 

- coperture piane: le copertura piane a lastrico solare o a terrazzo, sia esistenti che da realizzare, possono essere rivestite con pavimentazioni in pietra, graniglie, piastrelle di calcestruzzo precolorato, di gres o maiolicate o impermeabilizzate con manti bituminosi neri, non colorati o argentati. E’ consentita la realizzazione di pergole in legno o in ferro o di sistemazione a giardino, previa idonea impermeabilizzazione drenaggio di raccolta delle acque, nell’ambito delle tipologie d’intervento.

 

- coperture leggere non portanti: nel caso di coperture non portanti sono consentite quelle in legno o con pannelli in lamiera di rame o di alluminio o di acciaio preverniciati, con esclusione di pannelli in materiale plastico. Sono consentiti materiali plastici trasparenti per i soli lucernari.

 

- volumi ed impianti tecnici: i volumi e gli impianti tecnici nelle coperture a tetto devono rientrare, per quanto possibile, all’interno delle coperture stesse, mentre nel caso di coperture a terrazzo deve essere prevista una soluzione unitaria. In particolare, per gli interventi nei centri storici, in aree di vincolo ambientale o, comunque, su edifici che rivestano interesse storico o ambientale, i volumi tecnici vanno previsti prevalentemente nei locali del piano terra o interrato. Nei casi in cui risulti indispensabile realizzarli in copertura dovranno comunque essere accorpati in locali arretrati rispetto ai facciate di almeno 2,40 m e dell’altezza minima indispensabili per contenerli, comunque non superiore a 2,40 m. Anche per le nuove costruzioni o per le ristrutturazioni al di fuori dei centri storici, il progetto dovrà particolarmente curare l’organizzazione unitaria dei volumi e degli impianti tecnici, ubicandoli al centro delle coperture. Per quanto attiene agli impianti di ricezione segnali audiovisivi di pertinenza delle costruzioni in tutti gli interventi è obbligatorio ricorrere ad impianti unitari e centralizzati. Queste prescrizioni si applicano anche agli impianti di ricezione e trasmissione non di pertinenza delle costruzioni.

Art. 6 – Cortili e aree scoperte di pertinenza

1. Definizione: i cortili interni, le strade private ed in generale le aree scoperte di pertinenza delle costruzioni costituiscono spazi ad uso limitato della città, la cui organizzazione formale e architettonica contribuisce però alla qualità generale dello spazio urbano.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se, nell’insieme dell’intervento, si raggiungono i seguenti obiettivi:

 

- pavimentazioni: in generale le pavimentazioni degli spazi di pertinenza andranno curate nel disegno, nei colori e nella durabilità ai fini della migliore fruizione. Per gli interventi nei centri storici, nelle zone di vincolo ambientale o, comunque, in edifici che rivestano interesse storico o ambientale, le pavimentazioni (dei cortili, delle strade, delle scale e delle aree scoperte) originarie vanno conservate e restaurate, evitando usi non consoni alla qualità ed alla resistenza dei materiali. Gli eventuali rifacimenti, laddove non sia possibile documentare i materiali originari, saranno realizzati con materiali tipici della tradizione costruttiva coeva. In tutti gli altri casi si utilizzeranno prevalentemente materiali dell’ambiente della città quali le pietre vulcaniche (pietra lavica, pietrarsa), quelle flegree (trachite, piperno, tufo, imbrignite), il cotto campano, le arenarie del casertano, nonché piastrelle di calcestruzzo precolorate. Non va escluso, in via subordinata, il ricorso ad altri materiali (porfido, travertini, basalti, pietra serena, eccetera) entrati nell’uso più recente. Per le superfici non cortilive vanno escluse le impermeabilizzazioni sottostanti alle pavimentazioni, ricorrendo a letti di drenaggio naturale o guidato. Solo per le strade carrabili è consentita la pavimentazione con asfalti o in conglomerato cementizio. Per gli impianti destinati alla produzione di beni e servizi è consentito, per le sole aree scoperte destinate a tale attività, la pavimentazione di tipo industriale. Per le altre aree scoperte (viali, parcheggi ed aree di pertinenza) valgono le prescrizioni precedenti.

 

- impianti tecnici: gli impianti tecnici (serbatoi, pompe di calore, caldaie, depuratori) nonché le cabine di energia elettrica dovranno essere organicamente inseriti all’interno dei cortili o nelle aree di pertinenza, senza creare intralci alla fruizione degli stessi. In generale saranno inseriti in locali tecnici ispezionabili e, laddove possibile, accorpati oppure possono essere mascherati con opere di arredo (grillages, siepi, pannelli murari). Per gli impianti di illuminazione esterna sarà curata non solo l’intensità e la diffusione della luce notturna in modo da assicurare la fruizione in funzione delle attività previste, ma anche la qualità e l’estetica dei corpi illuminanti in modo da costituire un ulteriore elemento di progettazione organica.

 

- opere di arredo: costituiscono i necessari ed indispensabili elementi architettonici complementari di questi spazi. Particolare cura andrà posta nella realizzazione di panchine o sedute, fontane, vasche, chioschi, ma anche di pali, cordoli, muretti ed ogni altra opera analoga. Anche in questo caso l’intervento dovrà rispondere a criteri unitari ed organici di progettazione.

 

- smaltimento delle acque piovane: per tutti gli interventi dovrà essere assicurato un idoneo smaltimento delle acque piovane, per evitare ristagni d’acqua e infiltrazioni in locali sottostanti. In particolare per le aree scoperte di pertinenza, i parcheggi e le strade pedonali, andrà assicurato un naturale deflusso delle acque attraverso un letto di drenaggio non impermeabilizzato. Le griglie di raccolta delle acque, i pozzetti e le canaline saranno realizzate in ferro, ghisa o pietra. Sono consentiti corsetti di calcestruzzo del tipo ad impasto precolorato nelle aree esterne ai centri storici.

 

- manutenzione: va assicurata una continua manutenzione degli spazi scoperti sia al fine del regolare deflusso delle acque, sia per una complessiva pulizia di tali aree che vanno tenute sgombre da depositi di materiali, detriti, oggetti dismessi, nonché liberate da vegetazioni infestanti.

Sottocapitolo I.II. PROMOZIONE DELL’AMBIENTE NATURALE

Art.7 – Aree naturali

1. Definizione: la tutela delle aree naturali, cioè delle aree non edificate e non alterate da profondi processi di trasformazione del suolo, costituisce un obiettivo prioritario di interesse pubblico in quanto patrimonio della collettività della struttura geomorfologica e naturalistica dell’ambiente della città. Gli strumenti urbanistici definiscono la delimitazione, le finalità e le norme di tutela delle aree naturali.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi su tali aree.

 

3. Livello di prestazione: in linea generale l’obiettivo della tutela si esplica attraverso interventi di conservazione, miglioramento e promozione del complesso strutturale delle aree naturali costituito dai caratteri geologici, geo-pedologici, idrologici, fisico-chimici e morfologici del suolo, dalla tipicità e qualità della flora, dalla presenza e habitat della fauna, dalla storicità della formazione e dalla ricorrenza colturale, anche in relazione al paesaggio urbano. Gli interventi consentiti devono tendere a restituire o a conseguire elevati livelli di qualità naturale di tali aree anche attraverso opere di sistemazione o di riqualificazione ambientale secondo le tecniche della bio-ingegneria e l’eliminazione di elementi di degrado (discariche, rifiuti, sostanze nocive, impianti tecnici in disuso, vegetazioni infestanti, eccetera). La conoscenza delle caratteristiche del suolo e le indagini dirette costituiscono la metodologia corretta per ogni intervento, al fine di individuare le qualità tipiche e le variabili ambientali di ogni luogo e di conseguenza le opere più opportune. Pertanto ogni progetto di intervento deve derivare da un’attenta lettura e da un’analisi puntuale di tali caratteristiche che saranno documentate negli elaborati di rilievo. Il requisito può intendersi soddisfatto se si raggiungono i seguenti obiettivi:

 

- consolidamento del sottosuolo: le indagini geognostiche possono fornire gli elementi di conoscenza indispensabili a definire la necessità di consolidamento del sottosuolo dovuta alla presenza di cavità, naturali o artificiali, alle condizioni tettoniche, alle alterazioni avvenute sulla stabilità ed a quelle possibili in relazione ai fenomeni di vulcanesimo ad est e ovest della città. Gli interventi devono tendere a ricostituire gli equilibri statico-geologici per rendere stabile il sottosuolo. Non sono comunque consentiti interventi di consolidamento con palificate, setti o muri di calcestruzzo.

 

- consolidamento del suolo: le indagini geomorfologiche possono fornire gli elementi di conoscenza indispensabili a definire la necessità di consolidamento del suolo dovuta alla presenza di movimenti di massa, erosione, frane, depressioni, a fenomeni di instabilità dei versanti o di piani di scivolamento. La sovrapposizione e l’alternanza temporale di strati superficiali di provenienza eterogenea, spesso dovute a residui, scorie, sottoprodotti di lavorazioni, rifiuti da discarica, costituisce un necessario approfondimento necessario per definire, per aree più limitate, gli interventi di ricostruzione pedologica. Gli interventi devono tendere a riconsolidare gli strati geologici superficiali, ad eliminare i riporti di scorie o di materiali non autoctoni, a ricostruire un substrato idoneo agli interventi compatibili. Per i piccoli e medi pendii si farà principalmente ricorso a tecnologie naturali quali le fascinate, le palificate vive, i gabbioni rinverditi, l’inerbimento per semina.

 

- regimentazione delle acque: le indagini relative all’idrologia superficiale e sotterranea, tese a stabilire la condizione e l’ubicazione delle falde acquifere, la presenza di pozzi, sorgenti, canalizzazioni e reti di scolo delle acque, la capacità di drenaggio delle acque meteoriche e l’interpretazione del loro deflusso, costituisce conoscenza determinante ai fini della difesa del suolo da fenomeni di instabilità per erosione e dilavamento e di tutela delle falde freatiche. Ogni intervento, sulla base delle indagini sopraindicate, dovrà rispondere all’esigenza di regimentazione delle acque superficiali e sotterranee, all’eliminazione di scarichi di acque luride, al controllo dell’efficienza dei letti delle falde acquifere o di eventuali reti e canalizzazioni di acque domestiche presenti: anche in questo caso non è consentito l’uso di manufatti cementizi superficiali.

 

- cave: le cave in disuso, soprattutto dei costoni tufacei, devono essere oggetto di consolidamento con murature dello stesso materiale. L’impianto di vegetazione deve essere attentamente studiato non solo al fine del consolidamento, evitando essenze con impianti radicali dirompenti, ma anche in relazione alla ricostituzione del paesaggio naturale, facendo ricorso ad essenze tipiche della macchia mediterranea sulla base di un progetto organico di impianto vegetale. Le cave “a fossa” possono essere riempite con materiali inerti e terreni vegetali, previa indagine di raccolta e deflusso delle acque meteoriche e sotterranee.

 

- colture agricole: le aree coltivate per la produzione agricola, già esistenti o di nuovo impianto, costituiscono un elemento di forte riconoscibilità del paesaggio urbano e di memoria della città storica. Tuttavia l’attività dovrà svolgersi con criteri di igiene, decoro e compatibilità con l’ambiente urbano. Sono pertanto escluse le attività connesse dell’allevamento del bestiame (stalle, ovili, porcilaie, pollai, conigliere, eccetera), i letamai, le concimaie, i depositi all’aperto di materiale, ad esclusione dei prodotti dell’attività e di materiali legati alla conduzione del fondo (pali, fascine, sementi, concimi, eccetera), le vasche di scolo delle acque, le recinzioni con lamiere e materiali di risulta. Il fondo agricolo, le strade di servizio, i piazzali devono essere manutenuti in efficienza. L’eventuale mungimento di acque da pozzi o falde freatiche deve essere regolarmente denunciato e controllato. I pozzi in disuso devono essere chiusi e impermeabilizzati per evitare inquinamento delle acque sotterranee. Le opere di servizio dell’attività quali palificate, tutori, pensiline, recinzioni e staccionate, pergolati possono essere realizzate in legno, in ferro verniciato o in muratura, con esclusione di elementi, anche prefabbricati, in cemento o plastica.

 

- piantumazioni pregiate: le piantumazioni di pregio sia arboree, che arbustive o floreali, soprattutto caratterizzanti il paesaggio della città, devono essere conservate in sito e, laddove necessario, essere oggetto di interventi di restauro fitologico. Sono inoltre oggetto di tutela le aree di pertinenza delle alberature ad alto fusto relative sia all’apparato radicale che a quello aereo, per una circonferenza, misurata dal centro teorico del tronco dell’albero (rilevato ad 1,00 m dal colletto), pari a 8 volte il diametro del tronco in quel punto. In tale aree è vietato renderle impermeabili con pavimentazioni o altre opere, depositare materiali di risulta, inquinarle con scarichi di acque, effettuare ricarichi superficiali di terreno o materiale organico di spessore maggiore di cm 20. L’abbattimento o l’estirpazione abusiva di piantumazioni di pregio sono oggetto di sanzione ai sensi dell’art.64 del RE L’eventuale necessità di abbattimento di essenze pregiate dovrà essere documentata ed autorizzata ai sensi dell’art.40 del RE.

 

- pavimentazioni: in generale le pavimentazioni (cortili, strade, aree di pertinenza, piazzali, eccetera) devono assicurare il deflusso e la regimentazione delle acque meteoriche: sono perciò escluse tutte le pavimentazioni impermeabilizzanti (bituminose, a base plastica, cementizie, eccetera). Le pavimentazioni in blocchetti di cemento pre-colorato sono consentite purché intervallate da corsetti di drenaggio e permeabilità delle acque meteoriche. Vanno comunque previsti sistemi di raccolta e deflusso in caso di eccessiva piovosità nonché adeguate pendenze per evitare ristagni di acqua o deflussi troppo rapidi. Le pavimentazioni non devono coprire il sistema radicale delle piante.

 

- reti ed impianti: le canalizzazioni delle reti sotterranee possono essere realizzate purché non interferiscano con il sistema radicale delle piante e non interrompano la regimentazione delle acque superficiali o sotterranee. Le reti e gli impianti aerei possono essere autorizzati solo se compatibili con l’ambiente.

Art.8 – Parchi e giardini

1. Definizione: i parchi e i giardini pubblici e privati costituiscono un patrimonio di grande valore non solo per il ruolo equilibratore che svolgono nell’ambiente e nel paesaggio della città, ma anche come testimonianze della storia di culture nella trasformazione e nell’ordine della natura. Il giardino, infatti, nella sua complessa connessione di essenze vegetali progettate e di opere d’architettura, rappresenta una sintesi del pensiero culturale di una società: come tale esso va tutelato ed incentivato.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi su tali aree.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se si raggiungono i seguenti obiettivi:

 

- giardini e parchi storici: la costruzione della città si è intessuta con la storia dei suoi parchi e dei suoi giardini: i giardini dei palazzi nobiliari e dei conventi della struttura urbana greco-romana, quelli connessi alle ville nobiliari dell’area vesuviana e quelli ottocenteschi sulle colline di Capodimonte, del Vomero e di Posillipo, i tre grandi parchi (la Villa Reale di Chiaia, il parco-bosco di Capodimonte e il giardino “la Floridiana”) e la riserva di caccia degli Astroni (oggi oasi naturalistica) borbonici, il parco della Mostra d’Oltremare. Tutti rappresentano valori di interesse pubblico e pertanto possono essere oggetto solo di interventi di restauro, indipendentemente dalla normativa di zona dello strumento urbanistico in cui ricadono. Sono pertanto consentiti, sulla base di una analitica lettura storica, iconografica, documentaria e sulla base di indagini dirette, solo gli interventi di conservazione della connessione strettissima tra essenze vegetali ed architettura, come si sono configurate e stratificate nella storia, salvaguardando la particolare materia del giardino costituita da manufatti artificiali e da vegetazioni vive e quindi mutevoli con i giorni e durante il giorno e con i suoi cicli biologici, o di innovazione laddove necessario, secondo le prescrizioni della Carta italiana per il restauro dei giardini storici del 1981.

 

- giardini e parchi di nuovo impianto: i parchi ed i giardini di nuovo impianto dovranno, pur nell’autonomia progettuale, ricostruire la connessione tra la particolare morfologia del suolo e l’articolazione vegetale basata principalmente sulle essenze a clima mediterraneo. Anche in questi casi l’analisi delle caratteristiche dei terreni e del sottosuolo, del sistema idrologico e dell’ambiente in generale (insolazione, clima, piovosità, umidità, venti) costituisce il parametro determinante e documentato per le scelte progettuali. In generale il progetto dovrà rispondere alle necessità di libero godimento, di riflessione, di passeggio, di gioco, di meraviglia consoni con il concetto di giardino, evitando l’eccessivo ricorso a manufatti o ad attività non compatibili. Per gli elementi di architettura si farà ricorso principalmente ai materiali della tradizione napoletana, con esclusione del cemento e della plastica.

 

- parchi sportivi: anche per i parchi dedicati alle attività sportive all’aperto valgono le indicazioni del punto precedente, con la particolare attenzione all’inserimento dei campi da gioco e delle relative strutture (spogliatoi, uffici, servizi di ristoro, tribunette, illuminazione) in modo da creare un unicum organico e diminuire l’impatto delle ampie superfici sterrate dei campi.

 

- pavimentazioni: in generale le pavimentazioni (strade, aree di pertinenza, piazzali, eccetera) devono assicurare il deflusso e la regimentazione delle acque meteoriche: sono perciò escluse tutte le pavimentazioni impermeabilizzanti (bituminose, a base plastica, cementizie, eccetera). Le pavimentazioni in blocchetti di cemento pre-colorato sono consentite purché intervallate da corsetti di drenaggio e permeabilità delle acque meteoriche. Vanno comunque previsti sistemi di raccolta e deflusso in caso di eccessiva piovosità nonché adeguate pendenze per evitare ristagni di acqua o deflussi troppo rapidi. Le pavimentazioni non devono coprire il sistema radicale delle piante.

 

- reti ed impianti: le canalizzazioni delle reti sotterranee possono essere realizzate purché non interferiscano con il sistema radicale delle piante e non interrompano la regimentazione delle acque superficiali o sotterranee. E’ escluso l’installazione ed il passaggio delle reti e degli impianti aerei.

 

- recinzioni: valgono i requisiti prestazionali di cui all’art.7.

Art.9 – Costa e fascia di mare

-         Definizione: la costa e la fascia di mare antistante rappresentano l’essenza stessa della città: la deturpazione della costa e l’inquinamento del mare equivalgono alla rinuncia di città di mare, alla perdita dell’identità storica, culturale e ambientale. Salvaguardia e promozione sono pertanto non solo le finalità principali ma anche gli strumenti irrinunciabili per uno sviluppo equilibrato e compatibile per una città che vede ed è vista dal mare.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi sulla linea di costa per una profondità di cento metri dalla linea di battigia e sulla fascia di mare per una profondità di 500 metri dalla costa.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se si raggiungono i seguenti obiettivi:

 

-         costa libera sul mare: i tratti di costa naturale (sia rocciosa che sabbiosa) con contatto diretto con il mare vanno salvaguardati e riqualificati con interventi di: eliminazione di elementi di inquinamento (baracche abusive, scarichi di rifiuti solidi e di liquami, depositi, ruderi senza valori storico-tipologici, impianti in disuso, cartelli e segnaletica, eccetera); consolidamento del costone tufaceo e controllo dei fenomeni franosi con tecniche di bio-ingegneria; pulizia e rimpascimento delle spiagge con sabbia di formazione tufacea. La manutenzione e il controllo continuo sono esercitati dal Comune e dall’Autorità portuale o possono essere affidati ai concessionari del suolo demaniale. Sono consentiti solo le attività della balneazione, dell’attracco temporaneo di natanti o della elioterapia nei tratti consentiti dall’Autorità portuale. E’ consentita la realizzazione di strutture esclusivamente con elementi in legno temporanee e smontabili per l’attività balneare nel solo periodo estivo (passerelle, chioschi, pontili mobili) nonché le attività temporanee di spettacolo e tempo libero, sulla base di un progetto unitario di compatibilità ambientale che garantisca l’assoluta salvaguardia dei luoghi. L’autorizzazione sarà rilasciata solo previa presentazione di fidejussione bancaria a garanzia degli eventuali danni ambientali. Le scogliere possono essere realizzate esclusivamente con massi di roccia o di pietra vesuviana, con esclusione di manufatti in cemento.

 

- porti turistici: gli attuali porti turistici (Mergellina, Molosiglio, Borgo Marinari) o i nuovi porti turistici devono consentire la libera fruizione dei tratti di costa interessati e dei pontili stabili. Quelli esistenti devono essere riqualificati attraverso progetti unitari finalizzati: all’eliminazione degli elementi di inquinamento (baracche abusive, scarichi di rifiuti solidi e di liquami, depositi, impianti in disuso, cartelli e segnaletica, eccetera); alla riduzione dei posti barca, garantendo la rotazione e l’attracco temporaneo; alla individuazione di tipologie di natanti per specchi dedicati (barche a vela, barche a remi, piccole barche a motore da diporto, yacht, eccetera); alla realizzazione di adeguate strutture di servizio a terra ed a mare compatibili con l’ambiente; alla realizzazione di aree di fruizione e passeggio anche alberate; alla rifazione delle pavimentazioni, recinzioni, elementi architettonici di arredo secondo criteri unitari e di elevata qualità. I nuovi porti turistici saranno realizzati con gli stessi criteri di progettazione, garantendo adeguate aree di parcheggio, anche non limitrofe.

 

- fascia di mare: nella fascia di mare, tranne che nei tratti destinati alle attività portuali, è vietato realizzare e impiantare strutture di qualsiasi natura anche se temporanee, tranne quelle istituite dagli Enti pubblici preposti alla sicurezza, al controllo ed alla vigilanza o a quelle temporanee per le analisi del mare a cura di istituti universitari o di ricerca pubblici. I pontili per attracchi stagionali per natanti da diporto possono essere impiantati temporaneamente nei tratti e alle condizioni di cui ai punti precedenti. E’ consentito l’ancoraggio temporaneo a corpi non fissi, la balneazione e la pesca. Sono vietati gli scarichi a mare di materiale solido e di liquami di qualsiasi genere.

 

Sottocapitolo I.III. ORDINAMENTO DEGLI SPAZI PUBBLICI

Art.10 - Strade e piazze

1. Definizione: la strada rappresenta l’elemento ordinatore della struttura urbana, di separazione degli edifici e dei lotti urbani, di determinazione delle direzioni di fruizione, di collegamento e comunicazione di poli e funzioni anche lontane: su di essa si svolgono le principali attività della residenza e del lavoro e del tempo libero. Strade, vie, vicoli, gradonate, percorsi pedonali, piste ciclabili, costituiscono una fitta rete di mobilità di livelli e utenze differenziate cui corrispondono gerarchie e caratteri diversi. La piazza rappresenta il luogo privilegiato di rappresentazione di una società: su di essa, nel corso della storia, si sono autocelebrati gli edifici del potere pubblico o religioso, i palazzi nobiliari, le nuove funzioni commerciali e terziarie. Luogo di incontro, di relazioni, di mercato, di celebrazioni o spettacolo, poi snodo di mobilità veicolare, la piazza ha assunto ruoli, forma ed immagini diverse nel tempo e per aree. Piazze, piazzette, larghi, crocevie costituiscono i poli di aggregazione delle aree urbane secondo gerarchie e caratteri edificatori diversi. La definizione di regole costruttive risponde non solo alla determinazione unitaria della strada come spazio pubblico di connessione e della piazza come spazio pubblico di relazione, ma anche a generare un ordinamento, nel senso illuminista di razionalità funzionale e di promozione estetica.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi sulle proprietà comunali.

 

3. Livello di prestazione: le strade, le piazze, i larghi, i sentieri, di valore storico, che rappresentano il sistema viario premoderno, e quelli di valore ambientale sono oggetto di tutela e riqualificazione. Il Comune definirà, sulla base di uno studio unitario sulla storia e le trasformazioni del sistema delle strade e delle piazze che stabilisca classificazioni tipologiche e gerarchie di valori, la normativa di salvaguardia, le eventuali prescrizioni particolari, le modalità e la gestione degli interventi, tenendo conto dei tracciati e delle forma, dei materiali di pavimentazione e di recinzione, delle alberature, della segnaletica e degli elementi architettonici di arredo. Gli interventi dovranno essere orientati al restauro dell’insieme degli elementi costitutivi, con la conservazione dei tracciati, della forma e dei materiali originari. Eventuali elementi di innovazione non dovranno alterare l’ambiente così come stratificato nel tempo. Fino alla definizione dello studio unitario nei centri storici, nelle zone di vincolo ambientale e comunque in aree pubbliche di interesse storico o ambientale, sono consentiti solo interventi di restauro. In via generale il requisito può intendersi soddisfatto se si raggiungono i seguenti obiettivi:

 

- strade e piazze pedonali: le strade, i percorsi e le aree urbane ad esclusivo o prevalente uso pedonale devono garantire il passeggio, la sosta e l’incontro delle persone senza intralci con veicoli di qualsiasi genere: può essere consentito il solo utilizzo di biciclette. A tale scopo dovranno essere previsti delle nette separazioni con i percorsi veicolari, costituiti da marciapiedi o gradonate o da recinzioni ed elementi architettonici di arredo posti in modo stabile. In caso di attraversamento di strade veicolari o dedicate al trasporto pubblico, queste dovranno essere nettamente segnalate e protette. Particolare attenzione sarà posta per la mobilità di portatori di handicap e per la sicurezza di bambini ed anziani. Potrà essere consentito il carico e lo scarico di merci per le attività ivi presenti solo in orari determinati. Le pavimentazioni, gli arredi, l’illuminazione, le eventuali aiuole, le recinzioni, devono concorrere a definire una elevata qualità urbana sulla base di progetti unitari determinati dalla lettura storico-morfologica dei luoghi e orientati ad un accorto uso dei materiali, con particolare riguardo a quelli tradizionali. In particolare le pavimentazioni andranno curate nel disegno, nei colori e nella durabilità ai fini della migliore fruizione. Si utilizzeranno prevalentemente materiali dell’ambiente della città quali le pietre vulcaniche (pietra lavica, pietrarsa), quelle flegree (trachite, piperno, tufo, imbrignite), il cotto campano, le arenarie del casertano, nonché blocchetti di calcestruzzo precolorato. Non va escluso, in via subordinata, il ricorso ad altri materiali (porfido, travertini, basalti, pietra serena, eccetera) entrati nell’uso più recente. Per gli impianti di illuminazione esterna sarà curata non solo l’intensità e la diffusione della luce notturna in modo da assicurare la fruizione in funzione delle attività previste, ma anche la qualità e l’estetica dei corpi illuminanti in modo da costituire un ulteriore elemento di progettazione organica. Particolare cura andrà posta nella realizzazione di panchine o sedute, fontane, vasche, chioschi, ma anche di pali, cordoli, muretti ed ogni altra opera analoga. Anche in questo caso l’intervento dovrà rispondere a criteri unitari ed organici di progettazione. Per tutti gli interventi dovrà essere assicurato un idoneo smaltimento delle acque piovane, per evitare ristagni d’acqua e infiltrazioni. Le griglie di raccolta delle acque, i pozzetti e le canaline saranno realizzate in ferro, ghisa o pietra. Sono consentiti corsetti di calcestruzzo del tipo ad impasto precolorato nelle aree esterne ai centri storici.

 

- piste ciclabili: il Comune definirà un piano di ciclabilità della città per aree o percorsi. Il piano determinerà piste ciclabili dedicate, corsie protette o nuovi percorsi esclusivi, garantendo la mobilità nella piena sicurezza dal traffico veicolare. Le piste saranno definite anche in funzione del collegamento tra punti di interesse storico della città, della percorrenza in aree di valenza ambientale, dell’attraversamento di parchi, giardini o aree pedonali, e saranno dotate di spazi per la sosta e di attrezzature di servizio lungo il percorso. Le piste dovranno essere adeguatamente protette e facilmente individuabili con pavimentazioni e recinzioni idonee.

 

- strade ad uso promiscuo: Per le strade veicolari con marciapiedi va garantita la piena sicurezza ed agibilità dei pedoni senza alcun intralcio da parte dei veicoli. I marciapiedi dovranno essere tutelati dalla sosta o dalla mobilità veicolare, liberi da depositi di materiali, merci e ingombri che ne riducano la larghezza. Cabine di pubblici servizi, arredi urbani, alberature e pali per la segnaletica potranno essere posti garantendo comunque una larghezza libera, in quel punto, di almeno 1,50 m.

I passi carrai e gli ingressi veicolari in genere che interrompano o attraversino i marciapiedi devono essere segnalati con pavimentazioni di forma o colori diversi e delimitati in modo da impedire l’accesso dei veicoli sui marciapiedi.

Le parti di strada destinate alla mobilità veicolare dovranno avere larghezza e pendenza adeguate secondo le norme del Nuovo codice della strada. Le strade urbane saranno classificate secondo la capacità di traffico e di sosta nel Piano urbano del traffico. Le nuove strade dovranno prevedere, laddove possibile, marciapiedi o percorsi pedonali protetti di larghezza libera non inferiore a 1,50 m e piste ciclabili dedicate.

 

- strade veicolari: per le strade destinate prevalentemente alla mobilità veicolare il Piano urbano traffico normerà l’uso, la capacità di traffico, le tipologie di veicoli e gli spazi di parcheggio e manovra. Per le pavimentazioni stradali andranno utilizzati prevalentemente asfalti fonoassorbenti. Per le strade interne ai centri storici e nelle zone di vincolo ambientale, le pavimentazioni originarie vanno conservate e restaurate, compatibilmente con il carico veicolare previsto. Gli eventuali rifacimenti, laddove non sia possibile documentarne i materiali originari, saranno realizzati con materiali consoni con l’ambiente. Per le strade esterne alle aree urbane particolare cura sarà dedicata all’inserimento ambientale, con la piantumazione di essenze del clima mediterraneo, la realizzazione di muri di contenimento o di recinzione in muratura o rivestiti in muratura, siepi, viminate.

Art.11 - Spazi e attrezzature collettivi

1. Definizione: gli spazi e le attrezzature pubbliche o ad uso collettivo rappresentano non solo i luoghi di servizi destinati alla collettività ma sopratutto i poli di riferimento urbano e di magnificenza di una città. Scuole, teatri, case comunali, stazioni, musei possono determinare, nell’ubicazione, nella ricchezza tipologica, nella cultura architettonica, nell’efficienza dei servizi resi, la rappresentazione urbana di una società. La bellezza di una città si misura dai suoi spazi pubblici e non necessariamente in termini quantitativi ma innanzitutto nei valori qualitativi che essi esprimono.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi sugli spazi e sugli edifici pubblici o ad uso pubblico.

 

3. Livello di prestazione: per i contenuti resi nella definizione, il requisito può intendersi soddisfatto se le opere pubbliche, in generale, raggiungono elevati livelli di qualità dell’architettura espressi in termini di articolazione degli spazi, di ricerca tipologica, di ricchezza dei materiali, di rappresentazione urbana. In tal senso il progetto dovrà rispondere non solo alle funzioni richieste dalla destinazione d’uso, ma anche alla capacità di svolgere un ruolo di aggregazione e riferimento urbano. Le tipologie edilizie assunte dovranno chiaramente estrinsecare la funzione richiesta, evitando il ricorso a contenitori anonimi e privi di riferimento. Gli atri e gli spazi di servizio all’utenza dovranno essere adeguatamente progettati non solo nella capacità fisica di accoglienza e permanenza del pubblico ma anche nella dimensione rapportata all’importanza ed al ruolo. L’edificio dovrà contribuire alla definizione dei lotti urbani senza ricorrere a recinzioni e con gli ingressi posti preferibilmente sulle piazze o sui larghi, evitando separazioni tra il tessuto urbano e le attrezzature pubbliche.

Le norme relative alla sicurezza, all’igiene ed al superamento delle barriere architettoniche saranno utilizzate come ulteriori parametri di soluzioni intelligenti e qualitativamente elevate. I materiali concorreranno alla bellezza e ricchezza complessiva, pur all’interno di una attenta valutazione e contenimento dei costi. Gli spazi esterni di pertinenza saranno curati con eguale attenzione: per essi valgono i requisiti di cui all’art.12.

Art.12 - Sottoservizi

1. Definizione: la rete dei sottoservizi pubblici costituisce non solo la trama impiantistica di fornitura di energia e di eliminazione delle scorie di una città, ma anche la condizione indispensabile alla sua urbanizzazione ed al miglioramento della qualità urbana. L’attenzione verso l’organizzazione e la diffusione delle reti costituisce pertanto un impegno determinante del governo della città.

 

2. Campo di applicazione: tutti gli interventi sui sottoservizi urbani.

 

3. Livello di prestazione: in generale la distribuzione, la diffusione, l’efficienza e la manutenzione delle reti rappresentano gli obiettivi principali che i requisiti prestazionali devono soddisfare. In particolare vanno soddisfatti i seguenti requisiti:

- le reti sotterranee dei servizi di forniture di energia (elettrica e del gas) e dell’acqua e di trasmissione fonica e di dati sono realizzate e gestite dalle società nazionali o comunali concessionarie: esse devono essere realizzate evitando sovrapposizioni e interferenze tra di esse e con la rete di fognatura pubblica;

- ogni azienda erogatrice di servizi, in caso di nuovi impianti o di rifazione di quelli esistenti, dovrà comunicare al dirigente del Servizio, almeno tre mesi prima del loro inizio, i lavori a farsi, le sedi pubbliche interessate ed il tempo di esecuzione degli stessi, dandone contestuale informazione alle altre aziende erogatrici. Fermo restando la necessità di dotarsi di autorizzazione ai sensi dell’art.40 del RE, l’azienda richiedente è tenuta, salvo casi di motivata urgenza, ad attenersi alle modalità ed ai periodi di esecuzione dei lavori stabiliti dal dirigente del Servizio che terrà conto delle interferenze con la mobilità veicolare, dell’eventuale possibilità di associare nello stesso periodo lavori di altre aziende erogatrici, dei disagi derivanti per i cittadini e l’utenza;

- in caso di apertura di tratti e sezioni di strade, piazze o marciapiedi pubblici le aziende erogatrici di servizi seguiranno tutte le prescrizioni impartite in sede di autorizzazione e sono tenute al ripristino della sede pubblica con gli stessi materiali o con altri materiali concordati con il Comune ed a perfetta regola d’arte non solo per la sezione interessata dai lavori per l’intera larghezza stradale lungo il tratto interessato, evitando toppe o rappezzi, sotto la diretta direzione dei lavori di personale tecnico del Comune;

- durante l’esecuzione dei lavori deve essere garantita la sicurezza e l’incolumità per la circolazione pedonale e veicolare e ridotto al tempo minimo indispensabile l’eventuale interruzione di fornitura del servizio;

- la rete di fornitura dell’acqua potabile dovrà essere particolarmente protetta sia dal sovraccarico stradale sia da possibili inquinamenti e non dovrà comportare perdite con possibili infiltrazioni nel sottosuolo;

- le reti di smaltimento delle acque meteoriche e delle acque luride dovranno essere separate, ben impermeabilizzate per evitare infiltrazioni del sottosuolo e delle eventuali falde freatiche e dotate di sistemi di monitoraggio;

- la rete di erogazione del gas e dell’energia elettrica dovranno essere realizzate in modo da evitare ogni interferenza, la piena sicurezza ed efficienza, senza comportare alcuna perdita o dispersione nel sottosuolo.

Sottocapitolo I.IV. COMPATIBILITA’ DEI PARCHEGGI

Art.13 - Parcheggi in superficie e nel sottosuolo

1. Definizione: la realizzazione di parcheggi pubblici o privati pertinenziali costituisce una condizione indispensabile per una corretta politica della mobilità, per la migliore fruizione delle attività e delle attrezzature urbane prevalenti e per la liberazione delle strade e degli spazi pubblici dalla sosta impropria delle auto.

Tuttavia la realizzazione di un diffuso sistema di parcheggi va reso compatibile con la salvaguardia delle aree inedificate, dei valori ambientali e del sottosuolo della città. Le norme dello strumento urbanistico, del Piano Urbano Parcheggi e del Piano urbano traffico definiscono le zone, le modalità ed il dimensionamento dei parcheggi pubblici e privati pertinenziali.

 

2. Campo di applicazione: parcheggi pubblici e privati in superficie e nel sottosuolo.

 

3. Livello di prestazione: il requisito può intendersi soddisfatto se si raggiungono i seguenti obiettivi:

 

- parcheggi in superficie: In generale la realizzazione di aree dedicate alla sosta dei veicoli deve ispirarsi alla necessità di attenuazione dell’inquinamento visivo che tali aree, soprattutto se estese, comporta. Le aree destinate alla sosta di veicoli, ad esclusione di quelle di pertinenza dei complessi industriali, commerciali e terziari, non potranno avere superficie superiore ai 3.000 mq. Nel caso di superfici maggiori esse dovranno essere frazionate in unità di 3.000 mq ognuna ed intervallate da fasce alberate di almeno 50 m. Ogni area dedicata al parcheggio deve essere recintata, secondo le prescrizioni di cui all’art.7, e delimitata lungo il perimetro interno da una fascia, di profondità non inferiore a 3 metri, di essenze arboree a prevalente portamento fastigiato o piramidale (Carpinus betulus, Quercus robur, Populus nigra, eccetera). In ogni area di parcheggio vanno previste adeguate zone alberate e arbustive a delimitazione dei viali di smistamento o di gruppi di spazi di sosta, comunque nella misura non inferiore al 20% del totale di ogni area, oltre le fasce alberate perimetrali. Saranno prevalentemente utilizzate essenze che: consentano un elevato ombreggiamento estivo, abbiano tolleranza verso gli agenti inquinanti, contribuiscano al condizionamento del microambiente, con la filtrazione e l’assorbimento di parte delle sostanze gassose di scarico dei veicoli, non producano organi vegetali voluminosi o pesanti o che attraggano gli uccelli, siano di facile o scarsa manutenzione, corrispondano alle specie climatiche mediterranee del paesaggio della città. Nel caso di aree non piane vanno previste sistemazioni a terrazzamento, per garantire la stabilità del suolo, con la creazione di scarpate naturali regimentate con tecniche arbustive. Nelle aree sottoposte, per gli eventuali muri di contenimento valgono le medesime prescrizioni dei rivestimenti delle recinzioni. Le pavimentazioni dovranno consentire il drenaggio delle acque meteoriche e saranno disposti su letti di drenaggio in pietrisco con esclusione di sottofondi di cemento. Come materiali, oltre a quelli tradizionali dell’ambiente della città, sono consentiti i blocchetti di calcestruzzo precolorato nonché il sistema carreggiabile-erboso, con una percentuale di superficie inerbita non inferiore al 60%. Dovrà essere assicurato un idoneo smaltimento delle acque piovane, per evitare ristagni d’acqua e infiltrazioni, assicurando un naturale deflusso delle acque attraverso un letto di drenaggio non impermeabilizzato. Le griglie di raccolta delle acque, i pozzetti e le canaline saranno realizzate in ferro, ghisa o pietra. Sono consentiti corsetti di calcestruzzo del tipo ad impasto precolorato nelle aree esterne ai centri storici.Va assicurata una continua manutenzione sia al fine del regolare deflusso delle acque, sia per una complessiva pulizia di tali aree che vanno tenute sgombre da depositi di materiali, detriti, oggetti dismessi, nonché liberate da vegetazioni infestanti.Non è consentita la realizzazione di costruzioni o volumi ad eccezione di un chiosco in legno per l’eventuale guardiania, di dimensioni non superiori a 3,00 mq.

 

- parcheggi nel sottosuolo: Per la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo va posta particolare attenzione nei confronti dell’equilibrio geologico e tettonico, della tutela dei corpi idrici, dell’interferenza con i sottoservizi e dell’uso della superficie. Per i parcheggi privati pertinenziali non è comunque possibile realizzare parcheggi con oltre quattro piani interrati (di altezza di interpiano netta di 2,40-2,50 m) e per un numero superiore a 150 posti auto (per una superficie utile complessiva di 4.500 mq). Le opere interrate dovranno essere progettate sulla base di esaustive e dettagliate indagini geognostiche e geopedologiche per documentare la consistenza tettonica del sottosuolo, la formazione di strati del suolo, la presenza di cavità, faglie, piani di scivolamento, materiali di riporto. L’indagine va estesa ad un’area circostante l’intervento dimensionalmente significativa, e comunque non inferiore a 50 m intorno al perimetro, soprattutto in presenza di fenomeni franosi e cavità accertate, di opere rilevanti già eseguite o di importanti reti di servizio. Andranno inoltre documentate le ipotesi di equilibrio e gli effetti determinati sul sottosuolo dalle opere una volta realizzate. Le indagini ed il progetto terranno conto della presenza di corpi idrici (pozzi, falde acquifere, vasche di accumulo anche naturali) formulando previsioni dettagliate per la loro tutela e gli scenari credibili di eventuale interferenza e degli effetti determinati dalla realizzazione delle opere previste. Per quanto attiene le reti dei sottoservizi andranno sentite tutte le aziende erogatrici di servizi, nonché le società di gestione di impianti e il servizio fognatura comunale, al fine di determinare la presenza, l’eventuale interferenza e le opere compatibili o per i possibili spostamenti di linee. Per le superfici soprastanti i parcheggi interrati, fatte salve le destinazioni d’uso definite dagli strumenti urbanistici, sarà predisposto un progetto di forte valenza ambientale che restituisca l’area alla migliore qualità urbana. In particolare sarà ricostituito, laddove possibile, uno strato di terreno vegetale di spessore non inferiore a 100 cm, per la piantumazioni di arbusti e piante tappezzanti. Le zone non interessate dalla realizzazione delle opere nel sottosuolo saranno piantumate con essenze arboree che contribuiscano al condizionamento del microambiente, con la filtrazione e l’assorbimento di parte delle sostanze gassose di scarico dei veicoli. Per le pavimentazioni e lo smaltimento delle acque valgono le prescrizioni per i parcheggi in superficie, con particolare attenzione al sistema di drenaggio e di convogliamento della parte delle acque meteoriche non direttamente assorbita: il progetto dovrà garantire un adeguato smaltimento differenziato e cadenzato in modo da evitare, in caso di forti piogge, l’eccessivo carico sulla rete fognaria o l’accumulo ed il ristagno. Le opere interrate destinate a parcheggio saranno realizzate nel rispetto della normativa vigente sulla sicurezza, sull’inquinamento dell’aria e sul superamento delle barriere architettoniche. In particolare tutte le opere accessorie emergenti dal sottosuolo (muretti di protezione, ingressi, rampe, torrini, canne di ventilazione, scale di sicurezza, montauto, ascensori, eccetera) dovranno ispirarsi a criteri di minimo impatto ambientale, attraverso la più opportuna scelta progettuale di forma, materiali e colori, secondo le prescrizioni dell’art.7. Le rampe di discesa saranno consentite solo per lotti superiori a 3.000 mq, negli altri casi saranno esclusivamente utilizzati sistemi meccanizzati.


 

ALLEGATO B

REQUISITI DI QUALITÀ TECNICA

 

Capitolo I

REQUISITI ESSENZIALI

Art.1 - Classificazione

1. I requisiti essenziali sono classificati nelle seguenti categorie:

a) resistenza meccanica e stabilità;

b) sicurezza da incendio;

c) sicurezza nell’esercizio;

d) igiene e salute;

e) risparmio energetico;

f) fruibilità degli spazi.

Sottocapitolo I.I. REQUISITI DI RESISTENZA MECCANICA E STABILITA’

Art.2 - Resistenza meccanica e stabilità

1. Definizione: la costruzione deve essere progettata e realizzata in modo tale che le azioni, anche eccezionali, cui può essere sottoposta, garantiscano la stabilità e la sicurezza nel tempo e non provochino:

a) il crollo dell’intero edificio o di una sua parte;

b) deformazioni superiori ai limiti ammissibili;

c) danni alle altre parti dell’opera o alle attrezzature principali o accessorie in seguito a deformazioni degli elementi portanti.

La sicurezza di una struttura (o di una parte di struttura), è data dalla capacità della stessa di resistere all’azione dei carichi e sovraccarichi statici e dinamici o di altro tipo, con il rispetto del prescritto coefficiente di sicurezza sui materiali, senza il manifestarsi di eccessive deformazioni e ciò sia singolarmente per ogni elemento, che come comportamento di insieme.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: i requisiti si intendono soddisfatti se la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo della struttura rispondono ai dettami della specifica normativa in vigore. In particolare si deve tenere conto delle ulteriori prescrizioni normative nei casi di interventi:

- in zone classificate a rischio sismico;

- in zone classificate a rischio idrogeologico;

- in presenza di sollecitazioni accidentali;

- in presenza di vibrazioni.

 

4. Metodi di verifica: si applica la specifica normativa vigente verificando l’ammissibilità dei risultati secondo i parametri fissati dalla stessa.

In particolare si farà riferimento alle seguenti disposizioni:

- L 1086/71 e relativi decreti attuativi, per strutture in cemento armato e metalliche;

- DM 20/11/87 “Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento":

- DM 14/2/92 e successive circolari ministeriali “Norme tecniche per l’esecuzione delle opere in c.a. normale e precompresso e per le strutture metalliche.

- L 64/74 e successivi decreti e circolari ministeriali “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche";

Relativamente a chiusure e partizioni si fa riferimento alle prescrizioni definite dalla normativa UNI.

 

Sottocapitolo I.II. REQUISITI DI SICUREZZA DA INCENDIO

Art.3 - Resistenza e reazione al fuoco ed evacuazione di emergenza

1. Definizione: la costruzione deve essere progettata e realizzata in modo che in caso di incendio:

a)   la capacità portante dell’edificio possa essere garantita per un periodo di tempo determinato;

b)  la produzione e la propagazione del fuoco e del fumo all’interno delle opere siano limitate;

c)   la propagazione del fuoco ad opere vicine sia limitata;

d)  gli occupanti possano evacuare o essere soccorsi nel tempo determinato;

e)   siano predisposti i sistemi di sicurezza anche per le squadre di soccorso.

Dovranno quindi in particolare essere controllati: la infiammabilità dei materiali della costruzione, la dotazione di impianti, delle attrezzature e degli arredi, la prossimità di punti di rischio, la compartimentazione, i tempi di propagazione tra i locali, la resistenza e la reazione al fuoco delle partizioni, con riferimento a combustibilità, infiammabilità, velocità di propagazione della fiamma eccetera. In particolare la resistenza al fuoco è data dall’attitudine degli elementi di struttura, di chiusura e di partizione interna a conservare le prestazioni utili a garantire l’incolumità degli utenti per un tempo dato, limitando la propagazione del fuoco fra ambienti diversi senza subire degradi o deformazioni incompatibili con la propria funzione. La reazione al fuoco è l’attitudine di materiali e componenti utilizzati negli interventi edilizi, nonché negli impianti, a non essere causa aggravante il rischio di sviluppo di incendio ed a non sviluppare in fase di combustione gas e fumi nocivi.

 

2.   Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso, con le specificazioni previste dalle norme vigenti.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se vengono rispettati gli ambiti di applicazione e le prescrizioni tecniche e procedurali previste dalle norme nazionali vigenti in materia. In relazione alla resistenza al fuoco la specifica è espressa dalla prestazione in un tempo determinato durante il quale un elemento costruttivo conserva:

- stabilità meccanica (R);

- tenuta alle fiamme, ai fumi e ai gas (E);

- isolamento termico (I).

Gli elementi della struttura portante ed i solai devono quindi garantire una resistenza al fuoco REI per la durata (espressa in minuti) prescritta dalle norme. In relazione alla reazione al fuoco, tale prestazione è da ottenere mediante il controllo dei materiali costituenti l’elemento tecnico, il suo rivestimento superficiale e i relativi strati di posa, in relazione alla loro infiammabilità. In relazione alla necessità di limitazione dei rischi di generazione e propagazione di incendio, il requisito si riferisce al controllo dei seguenti parametri:

- infiammabilità dei materiali della costruzione;

- combustibilità del contenuto degli edifici;

- prossimità di punti di rischio;

- compartimentazione;

- tempi di propagazione tra locali (velocità di propagazione della fiamma);

- dotazione di impianto antincendio.

Pertanto il requisito si intende soddisfatto se nell’intervento edilizio sono previsti e realizzati impianti tipologici e tecnologici tali da conseguire, il rispetto dei parametri sopra riportati. In relazione all’evacuazione in caso di emergenza e accessibilità ai mezzi di soccorso l’organismo edilizio deve essere dotato di un sistema organizzato di vie di fuga, per lo sfollamento rapido e ordinato, nonché realizzato in modo tale da consentire una rapida accessibilità e agevoli manovre ai mezzi ed alle squadre di soccorso. Il requisito si intende soddisfatto se il sistema organizzato per l’evacuazione di emergenza viene progettato in modo tale che siano rispettat :

- tempi di evacuazione ammissibili;

- le idonee dimensioni delle uscite e delle vie di uscita;

- accessibilità e praticabilità ai mezzi ed alle squadre di soccorso.

 

5. Metodi di verifica:

- per gli interventi edilizi destinati ad attività assoggettate al controllo del Comando Provinciale dei VF (DM 16 febbraio 1982 e/o tabelle A e B allegate al DPR 26 maggio 1959 n.689), la verifica è demandata al controllo dell’oggettiva applicazione delle normative vigenti svolta dal Comando Provinciale dei VF ai fini del rilascio del certificato prevenzione incendi.

- per gli interventi edilizi non assoggettati al controllo di cui sopra la verifica è demandata al controllo diretto, da esercitarsi da parte del progettista in fase di redazione del progetto edilizio e successivamente da parte del tecnico verificatore, dell’effettiva realizzazione di opere ed utilizzo di materiali conformi alle prescrizione normative vigenti con particolare riferimento a:

a) DM 26 giugno 1984 relativamente alla infiammabilità e combustibilità di materiali e arredi;

b) Circolare n.91 del 14 settembre 1961, norme UNI 9502/3/4 relativamente alle caratteristiche di materiali e componenti le costruzioni;

c) certificazioni di conformità per materiali e componenti (non ricompresi nella normativa di cui ai precedenti punti a) e b) rilasciata da laboratorio autorizzato ai sensi DM 26 marzo 1985;

d) DM 16 maggio 1987 n. 246 “Norme di sicurezza antincendio per edifici di civile abitazione";

e) DM 1 febbraio 1986 “Norme di sicurezza antincendio per la costruzione e l’esercizio di autorimessa e simili”;

f) Circolare n.68 del 25 novembre 1969 “Norme di sicurezza per impianti termici a gas di rete";

g) Circolare n.73 del 29 luglio 1991 “Impianti termici ad olio combustibile e gasolio”;

h) Circolare n.91 del 14 settembre 1961 “Norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio ad uso civile”;

i) Norma UNI 9494 “Sistemi di evacuazione fumi”.

Per attività non elencate si rimanda alla specifica normativa in vigore. Per quanto concerne la corretta installazione e funzionalità degli impianti si fa riferimento alla specifica certificazione di regolare esecuzione rilasciata dalla ditta esecutrice dei lavori (legge 5 marzo 1990 n.46 e DPR 26 agosto 1993 n.412).

Sottocapitolo I.III. REQUISITI DI SICUREZZA NELL’ESERCIZIO

Art.4 - Sicurezza contro le cadute

1. Definizione: previsioni per evitare cadute involontarie o volontarie. Si riferisce all’altezza, alle dimensioni delle eventuali forature, alla resistenza alle spinte orizzontali di parapetti e di barriere di protezione in genere.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si ritiene soddisfatto quando il parapetto presenti le seguenti caratteristiche:

- nessuna deformazione irreversibile sotto l’azione di una spinta orizzontale sul corrimano pari a:

1.50 kN/m per tribune di stadi e palestre;

1.20 kN/m per altri locali pubblici e scuole;

0.80 kN/m per edifici di abitazione;

- altezza minima rispetto al livello più alto di calpestio pari a 1,00 m;

- non scalabilità;

- vuoti di dimensioni tali da non consentire il passaggio di una sfera di 0,10 m di diametro;

- i vetri delle finestre o dei balconi installati ad altezza inferiore a m 1,00 dal piano interno di calpestio hanno caratteristiche di resistenza conformi a quanto sopra;

- i bancali delle finestre hanno altezza non inferiore a m 1,00;

- le superfici finestrate installate in zona superiori a m1,50 di altezza rispetto al piano di calpestio sono tali da rendere possibile la pulizia e la sostituzione dei vetri dall’interno, salvo specifici sistemi di pulizia appositamente previsti e rispondenti alle norme di sicurezza e antinfortunio; l’apertura di dette superfici finestrate deve essere assicurata con sistemi manovrabili dal basso;

- le scale di uso comune esterne alle unita immobiliari aperte al pubblico e quelle situate nei luoghi di lavoro, anche se interne alle unità immobiliari, sono dotate di corrimano posto ad un’altezza di m 1,00;

- le rampe non rettilinee prevedono pianerottoli di riposo ogni 15 alzate e la pedata del gradino di almeno di cm 30, misurata ad una distanza di cm 40 dal montante centrale o dal parapetto interno;

- le rampe hanno pendenza costante all’interno di ogni tratto;

- i pianerottoli delle scale hanno larghezza e profondità almeno pari a quelle delle rampe;

- le porte si aprono solo in corrispondenza dei pianerottoli.

 

4. Metodi di verifica: DPR 547/55. “Norme in materia antinfortunistica”.

Per quanto riguarda la resistenza alla spinta orizzontale su parapetti e corrimani, si fa riferimento, in sede progettuale, ai metodi di calcolo della scienza e tecnica delle costruzioni, ipotizzando i carichi indicati. Particolare attenzione andrà posta nello studio dei dispositivi di ancoraggio del parapetto alle strutture a cui è vincolato. Per le altre prestazioni si procede mediante verifica diretta e misurazioni.

Art.5 - Sicurezza di circolazione (attrito dinamico)

1. Definizione: previsione per garantire la normale percorrenza senza rischi di cadute per gli utenti, in particolare per quanto riguarda il pericolo di scivolamento.

 

2. Campo di applicazione: percorsi di collegamento orizzontali e verticali, spazi di uso collettivo e/o aperti al pubblico, pavimentazioni in presenza di bagnato e laddove richiesto da norme vigenti.

 

3. Livello di prestazione: lo strato di usura della pavimentazione deve garantire adeguati livelli di sicurezza contro lo scivolamento, attraverso il controllo del coefficiente di attrito tra il piede calzato e la pavimentazione, che tenendo conto di una manutenzione normale e prevedibile, deve risultare m ³ 0,4(m = coefficiente di attrito dinamico).

 

4. Metodi di verifica: la verifica viene condotta secondo i metodi di seguito specificati:

- giudizio sintetico da parte del collaudatore che, sulla base della soluzione tecnologica adottata, dei materiali e modalità di esecuzione, verifica l’adeguatezza della realizzazione al requisito;

- controllo dei certificati relativi ai materiali e componenti utilizzati.

Art.6 - Limitazione dei rischi di ustione

1. Definizione: le temperature superficiali di qualunque parte accessibile di una costruzione, devono essere contenute entro opportuni valori al fine di garantire l’incolumità degli utenti. Su tutte le superfici con cui l’utente può entrare normalmente in contatto (pareti, pavimenti, involucri di caldaie poste in zone accessibili, ecc..) deve essere assicurata una temperatura superficiale il cui valore sia compreso entro i limiti stabiliti dalle norme specifiche.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: la temperatura superficiale dei corpi scaldanti e di tutte le parti calde con cui l’utenza possa accidentalmente venire a contatto deve risultare inferiore a 70 °C (Q £ 70 C); sono ammesse temperature superiori per le superfici non accessibili, o protette.

 

4. Metodi di verifica: effetti da controllare: possibilità di contatto con superfici ustionanti. La prestazione viene misurata dalla temperatura delle superfici, (Qi), dopo aver portato a regime l’impianto.

Art.7 - Resistenza meccanica agli urti ed allo sfondamento

1. Definizione: capacità degli elementi tecnici a resistere ad urti da corpo pesante senza essere traversati, asportati e senza distacchi di parti e caduta di frantumi contundenti o taglienti, al fine di salvaguardare la sicurezza degli utenti e la sicurezza da intrusioni di persone. Capacità degli elementi di protezione a resistere ad urti da corpo pesante, con riferimento ad esigenze di sicurezza, per evitare cadute involontarie o volontarie. Capacità della copertura, potendo essa essere praticata da personale specializzato per eventuali riparazioni, a resistere all’urto di una persona che accidentalmente vi cada sopra.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se l’elemento considerato resiste alle sollecitazioni previste dalle norme vigenti senza presentare:

- attraversamenti da parte dell’elemento d’urto;

- perdite dell’integrità strutturale;

- distacco di parti;

- caduta di frammenti e di elementi.

In particolare dovranno essere considerati i seguenti componenti, per i quali si fa riferimento alle norme di seguito elencate:

- coperture: per lucernari o opere in vetro si applicano le norme UNI 6534, 7697, 7142, 7143, 7172;

- pareti perimetrali verticali: si applica la norma UNI 9269P ed in caso di vetrate le norme sopracitate;

- infissi verticali esterni ed interni: si applicano oltre le norme sopracitate anche le norme UNI EN162 e UNI EN85 che definiscono anche le prove in opera;

- parapetti: se realizzate in vetro valgono le norme UNI citate.

 

4. Metodi di verifica: la prestazione viene misurata dalla resistenza all’urto dell’elemento tecnico preso in esame. La verifica viene condotta attraverso:

- un giudizio sintetico da parte del collaudatore sulla base dei criteri dettati dalla buona tecnica, per soluzioni tecnologiche sperimentate e consolidate;

- prove specifiche in laboratorio o in opera, cui è possibile ricorrere, a giudizio del collaudatore, in casi particolari o per soluzioni tecnologiche non sperimentate (a esempio coperture leggere in materiale metallico, prodotti fibrosi, plastici, eccetera).

Art.8 - Sicurezza elettrica

1. Definizione: L’impianto elettrico deve essere progettato e realizzato in modo tale da garantire il massimo grado di sicurezza per gli utenti e per gli operatori.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso, con le specificazioni prescritte dalle norme vigenti.

 

3. Livello di prestazione: in linea generale, il requisito si intende soddisfatto quando gli impianti elettrici siano progettati e realizzati nel rispetto della legislazione vigente (legge 5 marzo 1990, n.46 e relativi decreti di attuazione, legge 18 ottobre 1977 n.791, legge 1 marzo 1968 n.186, DPR 547 del 27 aprile 1955), e delle norme CEI vigenti.

In dettaglio sono richiesti:

- protezione contro i contatti diretti;

- protezione contro i contatti indiretti;

- protezione contro i sovraccarichi;

- protezione contro i corto circuiti;

- impiego di materiali realizzati a regola d’arte (in possesso di marchi e di autocertificazione del costruttore);

- esecuzione degli impianti elettrici posti nei locali contenenti vasche o docce rispettando le distanze minime previste dalla normativa vigente;

- controllo del livello di isolamento.

Si applicano in particolare la norma UNI 9620 (CEI 64‑50) e le ulteriori norme CEI 11.1,11.4,11.18,64.2, 64.4, 64.8, 64.12, 81.1.

 

4. Metodi di verifica: le verifiche dovranno essere condotte secondo le modalità previste dalle specifiche normative vigenti. In particolare si ricorda quanto previsto dalla legge 5 marzo 1990 n.46 (Norme per la sicurezza degli impianti) e dai relativi decreti di attuazione, relativamente alla progettazione, installazione, manutenzione e verifica degli impianti.

Art.9 - Sicurezza degli impianti

1. Definizione: gli impianti a servizio degli spazi in generale devono essere realizzati in modo tale da rispondere ad esigenze di fruibilità e sicurezza. In particolare devono essere verificate:

- la resistenza alla pressione interna;

- la resistenza alle sollecitazioni statiche;

- l’assenza di rischi di esplosione;

- il controllo delle fughe di gas;

- il controllo delle fuoriuscite di fluidi inquinanti o pericolosi.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: devono essere rispettati i livelli di prestazione previsti dalle normative vigenti. In particolare si richiama:

- DM 1 dicembre 1975: “Norme di sicurezza per apparecchi contenenti liquidi caldi sotto pressione”;

- Norma UNI 9182 per la resistenza alla pressione interna;

- Normative UNI specifiche per la resistenza alle sollecitazioni statiche di esercizio relative ai materiali e componenti messi in opera;

- Norma UNI-CIG 8274 e 8275 per la sicurezza nell’utilizzazione dei combustibili e norma UNI 9317 e 8364 per impianti di riscaldamento;

- Norma UNI-CIG 7129/92 per il controllo delle fughe di gas.

 

4. Metodi di verifica: le verifiche dovranno essere condotte secondo le modalità previste dalle specifiche normative vigenti. In particolare si ricorda quanto previsto dalla legge 5 marzo 1990, n.46 (Norme per la sicurezza degli impianti) e dai relativi decreti di attuazione, relativamente alla progettazione, installazione, manutenzione e verifica degli impianti.

Sottocapitolo I.IV. REQUISITI DI IGIENE E SALUTE

Art.10 - Assenza di emissione di sostanze nocive

1. Definizione: i materiali costituenti gli elementi tecnici che delimitano spazi chiusi di fruizione dell’utenza (pareti perimetrali, pareti interne, pareti mobili, solai, pavimenti, anche galleggianti, controsoffitti, porte, eccetera) e gli impianti di fornitura servizi, in particolare l’impianto idro-sanitario, non devono emettere gas, sostanze aeriformi, polveri o particelle, dannosi o molesti per gli utenti, sia in condizioni normali che in condizioni critiche (a esempio sotto l’azione di elevate temperature, di irraggiamento diretto, o per impregnazione d’acqua).

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni, secondo le specifiche normative.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se vengono rispettate le prescrizioni tecniche e procedurali previste dalle norme sull’uso di specifici materiali da costruzione e quando i livelli di inquinamento riconosciuti come traccianti delle sostanze presenti sono conformi ai limiti stabiliti dalle disposizioni in merito. In particolare per la classe di materiali a base di fibre minerali, non è consentito l’utilizzo di quelli contenenti fibre di amianto; i materiali a base di altre fibre minerali (di vetro, eccetera) devono essere trattati e posti in opera in maniera tale da escludere la presenza di fibre in superficie e la cessione di queste all’ambiente; in ogni caso non è consentito l’utilizzo di materiali a base di fibre minerali nei condotti degli impianti di adduzione dell’aria. Deve essere comunque segnalato l’impiego di fibre minerali ed individuata la localizzazione, al fine di consentire la messa in opera di opportune azioni di salvaguardia e/o bonifica in un eventuale successivo intervento di ristrutturazione o demolizione.

 

4.   Metodi di verifica: effetti da controllare:

- integrità delle superfici dei materiali a base di fibre minerali;

- qualità dell’aria con riferimento alla presenza di fibre, cessione di sostanze nell’ambiente.

La verifica viene condotta attraverso un giudizio sintetico del collaudatore sulla base del rispetto della normativa vigente, dei criteri dettati dalla buona tecnica e dei controllo della qualità sui materiali e componenti. In casi particolari, ove sia previsto l’impiego di materiali non certificati, la qualità dell’aria potrà essere definita mediante prove in opera o di laboratorio. Si riferiscono in particolare:

- Circolare n.23 del 25 novembre 1991 del Ministero della Sanità “Usi delle fibre di vetro”;

- legge n.257 dei 27 marzo 1992 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”;

- Circolare n.45 del 10 luglio 1986 del Ministero della Sanità “Piano d’intervento e misure tecniche per l’individuazione di materiali contenenti amianto in edifici scolastici ed ospedalieri pubblici e privati”.

Art.11 - Controllo dello smaltimento dei gas di combustione nell’aria

1. Definizione: previsioni per limitare la concentrazione di ossido di carbonio e di anidride carbonica. Controllo dello smaltimento dei prodotti della combustione negli apparecchi a fiamma libera, verificando il funzionamento dei dispositivi dei gruppi termici dell’impianto di climatizzazione, dei riscaldatori di acqua calda per l’impianto idro-sanitario, dell’impianto di smaltimento aeriformi, ed, in particolare, le loro condizioni di installazione ed il sistema di tiraggio dei gas combusti. Il dimensionamento dell’impianto di smaltimento aeriformi deve essere tale da garantire una efficace espulsione degli aeriformi prodotti all’interno degli spazi di fruizione dell’utenza, con riferimento ad esigenze di fruibilità, sicurezza e benessere respiratorio-olfattivo; nel caso di funzionamento meccanico l’impianto di aspirazione deve essere dimensionato in modo da assicurare, oltre ad un’efficace estrazione dell’aria, anche il reintegro della stessa con aria esterna onde garantire soddisfacenti condizioni ambientali di benessere respiratorio-olfattivo.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: deve essere garantita la purezza dell’aria, misurata dal tenore di ossido di carbonio CO in % e dal tenore di anidride carbonica CO2 in %. Si assumono i seguenti valori:

- concentrazione di CO minore di 0.003 %;

- concentrazione di CO2 minore di 0.15 %.

Le condizioni di installazione ed il sistema di tiraggio dei gas combusti devono rispettare le norme riportate dal DPR n.1391 del 22 dicembre 1970 e dalle norme UNI-CIG 712992 unitamente al decreto di approvazione in particolare ciascun apparecchio a fiamma libera deve essere dotato di un proprio adeguato impianto di aspirazione dei gas combusti, a funzionamento meccanico o naturale e di prese d’aria esterne di opportune dimensioni. Per quanto riguarda l’evacuazione dei prodotti della combustione a seconda del tipo di intervento, dovranno essere adottate le seguenti soluzioni:

- nuovi impianti: per gli impianti ricadenti all’interno della UNI-CIG 7129/92, lo scarico dei prodotti di combustione deve essere convogliato sempre a tetto e localizzato in modo da non interferire con eventuali aperture di ventilazione naturale o artificiale poste nelle vicinanze.

- interventi sugli impianti esistenti: è ammesso lo scarico a parte dei prodotti della combustione secondo le indicazioni della UNI-CIG 7129/92 e le prescrizioni del DPR n.412/93, qualora si verifichi la contemporaneità delle seguenti condizioni:

a) non interferisca con eventuali aperture di ventilazione naturale od artificiale;

b) le opere previste non si configurino come interventi di ristrutturazione globale dell’edificio;

c) non si possa usufruire di canne fumarie e non sia consentita la costruzione di nuove con scarico a tetto;

d) non sia possibile l’attraversamento di piani sovrastanti.

Per gli impianti che utilizzano combustibili diversi dal gas, indipendentemente dal tipo di intervento, lo scarico dei prodotti della combustione deve essere convogliato sempre a tetto e localizzato in modo da non interferire con eventuali aperture di ventilazione naturale o artificiale poste nelle vicinanze.

 

4. Metodi di verifica: effetti da controllare:

- ristagno dei fumi;

- cattiva combustione;

- fughe di gas;

- presenza di gas particolari emessi nell’ambito di cicli produttivi particolari derivanti anche da soluzioni specifiche;

- modalità di smaltimento dei gas di combustione derivanti da soluzioni particolari.

Le modalità di verifica e controllo del requisito sono diverse in relazione al vano di installazione ed al tipo di generatore di calore:

a)   generatore di calore installato in vano tecnico adeguato;

b)  generatore di calore di tipo con circuito di combustione stagno, rispetto al vano nel quale è installato (tipo C-norme UNI-CIG)

c)   generatore di calore che preleva l’aria comburente direttamente dall’ambiente (tipo B, norme UNI-CIG). Tale generatore è ammesso solo negli impianti già esistenti.

Si applicano, in particolare:

- legge n.1083 del 6 dicembre 1971: “Norme per la sicurezza dell’impiego del gas combustibile”;

- DM 23 novembre 1972: “Approvazione tabelle UNI-CIG di cui alla legge 6 dicembre 1971 n.1083.

In particolare si richiamano le norme previste dalla Tabella UNI-CIG n.7129/92 e successive modificazioni e aggiornamenti.

- legge n.46 del 5 marzo 1990: “Norme per la sicurezza degli impianti”;

- DPR n.447 del 6 dicembre 1991: “Regolamento di attuazione della legge n.46 del 5 marzo 1990”.

- DPR n.412 del 26 agosto 1993: “Regolamento in attuazione dell’art.4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991 n.10”.

Art.12 - Temperatura di uscita dei fumi

1. Definizione: il requisito controlla l’attitudine degli impianti di climatizzazione ad espellere i fumi dalle canne fumarie a temperature adeguate, al fine di salvaguardare l’ambiente dall’inquinamento termico dell’aria esterna, e garantire la massima economia di esercizio.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni in presenza di impianti, solo se previsto dalle norme vigenti.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto per valori del gradiente di temperatura, £ 1° C/m.

 

4. Metodi di verifica: la verifica viene condotta in opera. In particolare si richiama quanto previsto dalla legge n.46 del 5 marzo 1990 e le norme UNI 7129/92 e UNI 96115 per il calcolo dei camini e delle canne fumarie. Inoltre, per quanto riguarda la conduzione, il controllo e la manutenzione degli impianti di riscaldamento di potenzialità al focolare non minore 35 KW, si farà riferimento alle norme UNI 8364 “Impianti di riscaldamento - Controllo e manutenzione” e UNI 9317 “Impianti di riscaldamento - Conduzione e controllo”.

Art.13 - Portata e alimentazione delle reti di distribuzione acqua per uso idro-sanitario

1. Definizione: le reti di distribuzione dell’acqua calda e fredda dell’impianto idro-sanitario, devono essere opportunamente dimensionate al fine di soddisfare le richieste di acqua calda o fredda da parte degli utenti anche nei periodi di massima contemporaneità. In particolare la temperatura dell’acqua calda per uso igienico-sanitario, dovrà essere controllata al fine di contenere i consumi energetici. Inoltre, le modalità di prelievo dell’acqua destinata all’alimentazione dell’impianto idrico sanitario devono garantire i livelli di igienicità richiesti dalle norme vigenti, anche in caso di approvvigionamento autonomo.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso, a esclusione di quelle in di cui alle lettere c) ed e) dell’art.14 del R.E..

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se l’alimentazione delle reti di distribuzione acqua è realizzata in modo tale da garantire la costanza dell’approvvigionamento e la qualità dell’acqua erogata ai terminali e rispetta le prescrizioni tecniche e procedurali previste dalle norme vigenti in materia, in particolare le disposizioni contemplate dalla norma UNI 9182. In caso di allacciamento all’acquedotto pubblico, il raccordo tra la fonte di approvvigionamento e l’impianto idro-sanitario deve essere realizzato in modo da evitare potenziali contaminazioni dell’acqua da parte di agenti esterni e da consentire la ispezionabilità di giunti, apparecchi e dispositivi: tra questi deve essere compresa una apparecchiatura che eviti la possibilità del riflusso delle acque di approvvigionamento (valvola unidirezionale di non ritorno, eccetera). In caso di fonte di approvvigionamento autonomo in assenza di acquedotto pubblico o privato, le necessarie garanzie igieniche e di protezione delle falde attraversate devono essere raggiunte:

- per i pozzi freatici perforati mediante trivellazioni raggiungendo la profondità necessaria e realizzando le finestrature nella zona prescelta di presenza d’acqua;

-per i pozzi artesiani che attingono da falde sovrapposte attraverso gli accorgimenti idonei (cementazione, sigillatura, eccetera) a ripristinare la separazione originaria delle falde.

In particolare:

- per quanto riguarda l’uso di apparecchiature ad uso domestico per il trattamento delle acque potabili, si rimanda a quanto previsto dal decreto del ministero della Sanità n.443 del 21 dicembre 1990;

- per quanto riguarda la temperatura di esercizio dell’acqua calda per uso igienico-sanitario, si rimanda alla legge n.10 del 9 febbraio 1991 e relativi decreti di applicazione.

- per quanto attiene i pozzi artesiani essi dovranno essere dotati di apparecchiature di abbattimento gas (degasatore) e dovranno altresì essere rispettate le disposizioni previste dalla legge n.319/76 e successive modificazioni ed integrazioni, per quanto attiene l’obbligo di installazione di strumenti per la misura della portata delle acque prelevate.

 

4. Metodi di verifica: effetti da controllare:

- qualità dell’acqua erogata o attinta;

- modalità di approvvigionamento;

- eventuali apparecchiature ad uso domestico per il trattamento delle acque potabili.

Per quanto attiene la verifica delle idoneità delle apparecchiature ad uso domestico per il trattamento delle acque potabili, si dovrà fra l’altro controllare i seguenti aspetti:

- ubicazione delle stesse in locali igienici;

- rispondenza dei materiali utilizzati alle vigenti normative, per le parti a contano con l’acqua;

- presenza di un by-pass automatico o manuale;

- presenza di un dispositivo di non ritorno;

- presenza di punti di prelievo per gli accertamenti analitici a monte ed a valle dell’impianto, nonché di un misuratore di portata;

- rispondenza delle caratteristiche di funzionamento alle prescrizioni tecniche previste dal DM n.443 del 21 dicembre 1990;

- certificazione di collaudo ed attestazioni del corretto montaggio da parte dall’installatore.

Trovano inoltre applicazione le disposizioni di cui alla legge 5 marzo 1990 n.46 “Norme per la sicurezza degli impianti”.

Art.14 - Smaltimento delle acque domestiche e fecali e delle acque reflue industriali

1. Definizione: Le reti di scarico delle acque domestiche e fecali e delle acque di rifiuto industriale devono essere opportunamente dimensionate, ventilate ed ubicate al fine di garantire una buona evacuazione. Inoltre, le modalità di smaltimento devono essere tali da evitare contaminazioni del suolo, delle falde e delle acque superficiali nel rispetto delle prescrizioni vigenti in materia e garantire un benessere respiratorio e olfattivo.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se vengono rispettate le prescrizioni tecniche e procedurali previste dalle norme vigenti in materia; in particolare si applicano le disposizioni contemplate dalla norma UNI 9183. In dettaglio, tutte le acque di rifiuto devono essere convogliate nella fognatura dinamica quando presente, ad eccezione di quelle incompatibili con il trattamento di depurazione centralizzato previsto dal Comune in base alla normativa vigente. Il raccordo tra la rete di smaltimento e la pubblica fognatura deve essere realizzato in modo tale da evitare dispersioni, e deve prevedere un sifone a perfetta chiusura idraulica. Per le zone non servite da fognatura dinamica, lo smaltimento delle acque reflue deve avvenire nel rispetto della legge n.319/76 per gli insediamenti produttivi, e delle disposizioni di cui alla delibera del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall’inquinamento del 4 febbraio 1977 per quanto attiene lo smaltimento sul suolo. In tutti i casi dovrà essere realizzato un pozzetto di ispezione e prelievo, ai sensi della legge n.319/76, prima della confluenza nel corpo recettore.

 

4. Metodi di verifica: prevede un giudizio sintetico da parte del collaudatore sulla base dei criteri dettati dalla buona tecnica, nonché sul controllo di qualità sui materiali e componenti, tramite certificazione delle loro caratteristiche rilevate con prove di laboratorio in base alle normative vigenti per i diversi materiali. Il controllo della rispondenza al requisito delle soluzioni tecniche adottate si basa su una ispezione visiva dettagliata (anche in corso d’opera). In particolare andranno controllate:

- l’adeguatezza delle caratteristiche di impermeabilità (anche nel tempo) dei materiali utilizzati (sia per il materiale o componente in quanto tale che per i giunti e le sigillature) eventualmente anche tramite certificazioni basate su prove eseguite in laboratorio secondo le modalità previste dalle norme relative ai diversi materiali;

- le modalità di esecuzione e posa in opera, in particolare per quanto riguarda i giunti e le sigillature.

Art.15 - Smaltimento delle acque meteoriche

1. Definizione: la rete di scarico delle pluviali e la rete di raccolta delle acque superficiali devono essere opportunamente dimensionate ed ubicate al fine di garantire una buona evacuazione delle stesse.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni, d’uso.

 

3. Livello di prestazione: devono essere rispettati i livelli di prestazione indicati dalla norma UNI 9184.

 

4. Metodi di verifica: effetti da controllare: ristagno delle acque di scarico.

Art.16 - Tenuta all’acqua

1. Definizione: capacità delle chiusure verticali e delle chiusure superiori ad impedire l’infiltrazione di acqua battente. Attitudine delle pareti interne verticali e dei solai ad impedire la formazione di umidità. Previsione di una adeguata impermeabilità degli elementi tecnici destinati alla distribuzione, allo smaltimento o, più in generale, al contenimento di liquidi.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: per quanto concerne le chiusure verticali esterne, quali infissi esterni e facciate continue, si applica la normativa UNI 7979, che classifica gli infissi esterni in base alla tenuta all’acqua, permeabilità all’aria, resistenza al vento. Per quanto attiene le chiusure orizzontali esterne, il requisito si intende soddisfatto se nessuna infiltrazione d’acqua avviene attraverso l’elemento stesso, i giunti tra gli elementi, le connessioni con altri elementi tecnici (coperture, solai, infissi, eccetera). Inoltre non debbono esistere possibilità di infiltrazioni in corrispondenza di eventuali punti di accumulo di neve o grandine.

 

4. Metodi di verifica: il metodo di verifica deve riguardare un controllo sui seguenti elementi: chiusure verticali, pareti perimetrali verticali, chiusura superiore (tetto, terrazzi,eccetera), pareti contro terra, elementi di impianti contenenti liquidi. Effetti da controllare:

- le infiltrazione d’acqua;

- l’assorbimento d’acqua-impregnazione;

- l’adeguatezza delle caratteristiche di impermeabilità (anche nel tempo) dei materiali utilizzati eventualmente anche tramite certificazioni basate su prove eseguite in laboratorio secondo le modalità previste dalle norme relative ai diversi materiali;

- le modalità di esecuzione e posa in opera, in particolare per quanto riguarda i giunti, le impermeabilizzazioni e le sigillature. Una particolare attenzione andrà posta nel controllo delle soluzioni adottate per la protezione delle connessioni con altri elementi tecnici, delle testate, degli elementi esposti alle intemperie (velette, parapetti, eccetera), alla tenuta degli infissi (classe di prestazione; norma UNI 7979), all’evacuazione delle acque meteoriche sulla chiusura superiore esterna (tetto, terrazza, eccetera).

Art.17 - Illuminazione naturale

1. Definizione: l’illuminazione naturale negli spazi chiusi di fruizione dell’utenza per attività principale deve essere tale da assicurare le condizioni ambientali di benessere visivo. A tal fine, tutti gli spazi in oggetto devono godere di illuminazione naturale diretta tramite aperture, di dimensioni tali da assicurare un idoneo livello del fattore medio di luce diurna.

 

2. Campo di applicazione: destinazione residenziale ogni altra destinazione d’uso che comporta la permanenza di persone, secondo le specifiche normative.

 

3. Livello di prestazione: i livelli di prestazione sono definiti dal fattore medio di luce diurna Thm, espresso in %, come rapporto fra l’illuminamento medio degli spazi chiusi di fruizione e l’illuminamento, nelle identiche condizioni di tempo e di luogo su una superficie orizzontale esposta all’aperto, ricevuto dall’intera volta celeste, senza irraggiamento diretto del sole (esposizione verso nord), e dal rapporto di illuminazione (Ri) conteggiato considerando la superficie finestrata al lordo dei telai dedotta quella posta ad una altezza inferiore a m 0,60 dal pavimento in rapporto alla superficie utile netta del vano. Con riferimento alla destinazione residenziale, e specificatamente per gli spazi di fruizione per attività principale (ad esempio destinati ad attività di lavoro, soggiorno, studio, attività domestiche, con esclusione quindi degli spazi destinati a ripostigli, bagni, corridoi, disimpegni ed altri spazi chiusi destinati ad attività secondarie), fino all’approvazione delle normative tecniche di cui al precedente art.92, il requisito si intende soddisfatto se hm ³ 2%. Per gli stessi spazi deve essere inoltre garantita una superficie finestrata minima pari ad 1/8 della superficie del pavimento, (DM 5 luglio 1975, art.5). Il requisito si intende rispettato se entrambi i livelli minimi vengono raggiunti. Per le altre destinazioni d’uso il requisito si intende rispettato se, negli spazi di attività principale, si hanno i seguenti valori del Rapporto di illuminamento (Ri) e del fattore medio di luce diurna (hm):

Ri ³1/8 per locali con Su £1000 mq

Ri ³1/10 per locali con Su > 1000 mq

con hm ³ 2%

La superficie finestrata può essere collocata parte a parete e parte a soffitto in modo tale da garantire condizioni di illuminamento uniformi. Per particolari soluzioni architettoniche (centri commerciali con gallerie interne, centri polivalenti con artigianato di servizio, commercio, eccetera, soluzioni open-space e altre configurazioni) e/o per particolari esigenze connesse con l’attività specifica, è possibile derogare dai suddetti livelli, purché venga garantito un valore hm ³ 2% in corrispondenza dei punti fissi di lavoro (casse, posti fissi di lavorazione, zona uffici, eccetera). Per destinazioni specifiche quali ospedali, case di cura, strutture scolastiche di ogni ordine e grado, locali di pubblico spettacolo, musei, funzioni culturali, ricreative e sportive, si applicano le specifiche disposizioni vigenti. Per gli interventi sui patrimonio edilizio esistente che mantengono la stessa destinazione d’uso, qualora non si raggiungano i livelli previsti e non sia possibile intervenire per vincoli oggettivi sul numero e dimensione delle aperture (edifici classificati e/o vincolati), il progettista dovrà precisare il valore del fattore medio di luce diurna hm o del rapporto Ri, raggiunto in fase di progettazione, nonché gli interventi proposti per conseguire un eventuale miglioramento della situazione preesistente. Per il recupero di spazi precedentemente destinati ad altra attività o non utilizzati, nella stessa situazione precedente (vincoli esterni), il requisito si intende rispettato se Ri ³ 1/16.

 

4. Metodi di verifica: il requisito si intende convenzionalmente soddisfatto se sono rispettate le seguenti condizioni:

a)    rapporto illuminante Ri ³ 1/8;

b)   superfici vetrate con coefficienti di trasparenza ³ 0,7;

c)    profondità dei vani, misurata perpendicolarmente al piano della parete finestrata, minore od uguale a 2.5 volte l’altezza utile dei vani stessi;

d)   per vani affaccianti sotto porticati, il rapporto illuminante Ri va calcolato con riferimento alla superficie del pavimento dell’ambiente interessato, aumentato della quota di superficie del porticato prospiciente l’ambiente stesso;

e)    per vani con superficie illuminante interessata da balconi o aggetti sovrastanti di profondità superiore 1,00 m, la dimensione della superficie illuminante, definita dal rapporto Ri ³ 1/8, dovrà essere aumentata di 0,05 mq ogni 5 cm di ulteriore aggetto oltre 1,00 m;

f)     la superficie illuminante va conteggiata al netto di velette, elementi strutturali o altri ostacoli che ostruiscano o riducano l’effettiva superficie illuminante.

g)    qualora i vani si affaccino esclusivamente su cortili debbono essere rispettate le seguenti prescrizioni:

- l’area dei cortili deve risultare maggiore od uguale ad 1/5 della somma delle superfici (senza detrazione dei vuoti) che la delimitano;

- l’altezza massima dei muri che delimitano il cortile deve risultare inferiore od uguale a 1,5 volte la media delle distanze fra le pareti opposte;

- distanza normale minima da ciascuno finestra al muro opposto ³ 6m;

- l’area dei cortili si intende netta da quella delle proiezioni orizzontali dei ballatoi o di qualsiasi altra sporgenza sotto gronda che risulti maggiore o uguale a 1/20 dell’area del cortile.

Art.18 - Oscurabilità

1. Definizione: negli spazi chiusi per attività principale deve essere possibile ottenere, quando richiesto, un opportuno oscuramento in relazione alle attività svolte dall’utente, al fine di:

- evitare i disagi provocati da un’insufficiente attenuazione della luce entrante, in relazione ad attività di riposo e sonno;

- contribuire al raggiungimento di adeguate condizioni di benessere igrotermico ed estivo.

Anche negli spazi chiusi di pertinenza deve essere possibile ottenere, quando richiesto, un opportuno oscuramento in relazione alle attività svolte dall’utente, onde evitare:

- condizioni non adatte alla conservazione di alimenti e/o cose;

- eccessivi apporti di calore durante la stagione estiva.

 

2. Campo di applicazione: funzione residenziale e assimilabile quale alberghiera, sanitaria e per gli spazi destinati al riposo e sonno.

 

3. Livello di prestazione: fino all’approvazione della normativa tecnica di cui al art.63 del RE, si osserveranno i seguenti valori

a) spazi chiusi per attività principali - Il livello di illuminamento E, espresso in lux, deve poter essere regolabile fino ad ottenere: E £ 0.2 lux. Debbono inoltre essere eliminabili le proiezioni localizzate di raggi luminosi negli spazi destinati a lavoro, riposo, sonno, ed attività similari. E’ comunque essenziale che l’oscuramento sia regolabile secondo l’esigenza dell’utente.

b) Spazi chiusi di pertinenza - Il livello di illuminamento E, espresso in lux, deve poter essere regolabile fino ad ottenere: E £ 0.5 lux.

 

4. Metodi di verifica: effetti da controllare: insufficiente attenuazione della luce entrante. La prestazione viene misurata dal livello di illuminamento, E [lux].

Art.19 - Temperatura dell’aria interna

1. Definizione: gli spazi chiusi di fruizione dell’utenza per attività principale, per attività secondaria e gli spazi chiusi di circolazione e di collegamento devono essere tali che, nella stagione fredda, sia assicurata in ogni loro parte una temperatura dell’aria interna idonea allo svolgimento delle attività previste. A tal fine, la temperatura dell’aria in tali spazi deve essere contenuta entro opportuni valori e non deve presentare eccessive disuniformità nello spazio e nel tempo, con riferimento ad esigenze di benessere igrotermico invernale. Inoltre, nella stagione fredda, la temperatura dell’aria, negli spazi chiusi riscaldati, dovrà essere opportunamente limitata al fine di contenere i consumi energetici per riscaldamento, con riferimento ad esigenze di economia di esercizio.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso ove sia necessaria la climatizzazione degli ambienti.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se la progettazione, esecuzione e collaudo degli spazi in esame rispondono alla specifica normativa in vigore, ed in particolare alla legge 9 gennaio 1991 n.10 ed ai relativi regolamenti attuativi.

In particolare, per gli spazi chiusi per attività principale e secondaria, la temperatura dell’aria interna, ti, espressa in °C nella stagione fredda (di cui al DM 7 ottobre 1991), deve risultare negli spazi chiusi di fruizione per attività principale e secondaria compresa fra 18 °C e 22 °C; inoltre, le temperature non devono presentare una disuniformità tra i diversi punti degli ambienti superiore a 2 °C. Per gli spazi chiusi di pertinenza per attività principale la temperatura dell’aria interna, nella stagione fredda deve risultare, anche negli spazi destinati al deposito (cantine e simili), maggiore di 4 °C. Per gli spazi chiusi di circolazione e di collegamento ad uso comune la temperatura dell’aria interna, nella stagione fredda deve risultare maggiore di 7 °C.

 

4. Metodi di verifica: la determinazione del valore della temperatura dell’aria interna, va eseguita secondo prove in opera , per ogni ambiente, di norma nella parte centrale dell’ambiente e comunque ad una distanza D ³ 0,6 m. dalle pareti e ad un’altezza di m 1,80 dal pavimento. Contemporaneamente alla misura della temperatura dell’aria interna va effettuata la misura della temperatura dell’aria esterna. Per quanto riguarda le variazioni nello spazio, sono da rilevare le temperature in punti particolari quali: punti situati a m 0.25 dalle chiusure orizzontali e verticali, a m 1.00 dalle sorgenti di calore, nonché quelli compresi entro i m 2.00 di altezza nella parte centrale. Per una completa valutazione del benessere ambientale, vanno controllate, le misure relative: alla velocità dell’aria, alla temperatura media radiante e all’umidità relativa.

Art.20 - Temperatura superficiale

1. Definizione: le temperature delle superfici interne dell’ambiente devono essere contenute entro opportuni valori, al fine di limitare i disagi dovuti sia ad irraggiamento sia ad eccessivi moti convettivi dell’aria, con riferimento a esigenze di benessere igrotermico e tattile. In sostanza, su tutte le superfici dello spazio di fruizione dell’utenza per attività principale con cui l’utente può entrare normalmente in contatto (pareti, pavimenti, ecc.) deve essere assicurata una temperatura superficiale il cui valore sia compreso entro i minimi stabiliti, in funzione delle temperature dell’aria interna previste per le specifiche attività.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso in presenza di impianto di riscaldamento

 

3. Livello di prestazione: la temperatura superficiale, Qi (o Q x, nel caso dei ponti termici), espressa in °C, su tutte le superfici interne di elementi di chiusura e di elementi di partizione relative agli spazi chiusi di fruizione dell’utenza per attività principale (superfici di pareti perimetrali, pareti interne in prossimità di pareti perimetrali, eccetera), deve essere compresa nell’intervallo pari a ¹3 °C rispetto alla temperatura ambiente. Devono inoltre essere rispettati i seguenti livelli di prestazione anche nel caso di impianto a pannelli radianti:

- Qi £ 25 °C nei locali di soggiorno e attività domestiche;

- Qi £ 28 °C nei locali di circolazione e di cura personale.

Tali prescrizioni sono da riferirsi a tutte le destinazioni d’uso per le quali sia prevista una temperatura dell’aria interna di esercizio per il periodo invernale compresa fra i 18 °C e 22 °C. Per temperature d’esercizio nella stagione fredda diverse da quelle considerate, si dovrà mantenere lo stesso intervallo di oscillazione. Per i corpi scaldanti è ammessa una temperatura superficiale comunque inferiore od uguale a 65 °C. Inoltre la temperatura superficiale di tutte le parti calde, con cui l’utenza possa accidentalmente venire a contatto, deve risultare inferiore od uguale a 70 C. Per superfici vetrate od infissi, quando sia prevista la raccolta e lo smaltimento dell’acqua formatasi per condensazione, sono ammessi valori di temperatura ottimali in funzione dell’estensione della superficie.

 

4. Metodi di verifica: prove in opera di controllo dei valori ammissibili.

Art.21 - Ventilazione

1. Definizione: la ventilazione negli spazi chiusi è finalizzata a:

- limitare il grado di umidità relativa, onde garantire adeguati livelli di benessere igrotermico invernale;

- contribuire al raggiungimento di un sufficiente benessere igrotermico estivo;

- assicurare le condizioni di benessere respiratorio olfattivo;

- assicurare un adeguato ricambio d’aria, onde evitare l’insorgenza di problemi connessi alla presenza di un’eccessiva quantità di vapore d’acqua nell’ambiente, ristagni di aria calda, impurità dell’aria, formazione di colonie batteriche, gas nocivi. In tutti gli spazi chiusi per attività principale e secondaria deve essere evitata una cattiva qualità dell’aria tramite la predisposizione di finestre apribili di dimensioni e conformazione idonee ad assicurare un adeguato numero di ricambi d’aria/ora; è consentita l’installazione di servizi igienici in ambienti non direttamente illuminati e areati dall’esterno purché sia comunque assicurato un idoneo numero di ricambi di aria/ora.

 

2. Campo di applicazione: funzioni residenziale, alberghiera, terziaria e di servizio, sanitaria, strutture collettive.

 

3. Livello di prestazione: è espresso in numero di ricambi d’aria/ora continui, n (m3/hm3), che rappresenta il rapporto tra il volume d’aria rinnovato in un’ora all’interno di un determinato spazio chiuso ed il volume dello spazio medesimo. Fatte salve le prescrizioni derivanti da normative vigenti per specifiche attività, quali ospedali, scuole, sale di pubblico spettacolo, eccetera, i livelli di prestazione indicati debbono essere conseguiti attraverso ricambi d’aria continui ottenuti dalla permeabilità degli infissi, e dalle prese d’aria esterna integrate, laddove non sufficienti, con ventilazione meccanica continua. I livelli da raggiungere sono i seguenti:

a) spazi ad uso residenziale:

- superficie apribile delle finestre ³ a 1/8 della superficie di pavimento (ricambio d’aria discontinuo)

- n ³ 0,5 m3/hm3 (raccomandato: n ³ 1 m3/hm3 con ricircolo)

- cucine in aggiunta n ³ 3 m3/hm3 inseribile in corrispondere a dei punti di cottura con collegamento esterno tramite canna di esalazione.

- bagni non areati direttamente: n ³ 5 m3/hm3, temporizzato con collegamento esterno.

b) spazi ad uso comune per attività collettiva n ³ 20 m3/hm3(o determinabile in relazione alla capienza dello spazio in 30 m3/hm3 per persona);

c) spazi di circolazione e di collegamento ad uso comune n ³ 0,5 m3/hm3

d) spazi con destinazione terziaria e di servizio n = 2,5-5 m3/hm3

e) spazi ad altre destinazioni d’uso:

- tutti i locali devono essere dotati di superfici finestrate e apribili ³ a 1/20 della superficie del pavimento in relazione al tipo di attività svolta.

- almeno il 50% della superficie apribile deve essere a parete e le finestre situate in copertura devono avere meccanismi di apertura facilmente azionabili dal basso.

- di massima le aperture devono essere uniformemente distribuite sulle superfici esterne, onde favorire un migliore ricambio d’aria.

Eventuali sistemi di ventilazione forzata, climatizzazione o condizionamento non possono essere sostitutivi della ventilazione naturale, tranne i casi in cui l’apertura di finestre è in conflitto con le esigenze tecniche o tipologiche delle attività svolte, (es. cinematografi, sale operatorie, caveau, eccetera). Per quanto concerne impianti di condizionamento o climatizzazione si rimanda alle specifiche normative vigenti che fanno riferimento a norme UNI, ASHRAE.

 

4. Metodi di verifica: prove in opera di controllo dei valori ammissibili.

Art.22 - Umidità relativa

1. Definizione: gli spazi per attività principale devono essere tali che in ogni loro parte sia evitata la formazione di condense non momentanee; pertanto, il grado di umidità relativa dovrà essere contenuto entro opportuni valori minimi e massimi stabiliti, con riferimento ad esigenze di benessere igrotermico invernale.

 

2. Campo di applicazione: funzioni residenziali, alberghiere, terziarie e di servizio, sanitarie, strutture collettive.

 

3. Livello di prestazione: il livello di prestazione atteso del grado di umidità relativa, UR, espresso in %, nel periodo invernale deve essere: 30% £UR £ 70%. Negli ambienti nei quali è prevista la produzione di vapore (bagni, cucine e simili) è possibile superare momentaneamente i livelli di prestazione suddetti.

 

4. Metodi di verifica: la determinazione della quantità di vapore d’acqua nell’ambiente va eseguita in opera effettuando la misura del grado di umidità relativa UR mediante specifica apparecchiatura (Psicrometro), in assenza di radiazione solare diretta, schermando l’elemento sensibile dall’influenza di notevoli effetti radianti, ad un altezza di 1,50 m dal pavimento. Al fine di ottenere valori significativi, è necessario che la prova si svolga in condizioni corrispondenti alle condizioni d’uso.

Art.23 - Protezione dalle intrusioni

1. Definizione: gli spazi chiusi di fruizione dell’utenza per attività principale e secondaria devono essere opportunamente protetti dalla possibilità di intrusioni di insetti e di animali pericolosi o nocivi.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: deve essere garantita la impossibilità di intrusione, infiltrazione e diffusione di insetti e animali pericoloso nocivi a finestre e porte chiuse. In particolare:

- i fori di aerazione di solai e vespai a intercapedine ventilata devono essere sbarrati con reti a maglie fitte;

- le aperture delle canne di aspirazione e di aerazione forzata devono essere munite di reti a maglie fitte alla sommità delle canne ed in posizione accessibile per i dovuti controlli;

- le condutture di scarico uscenti dai muri non devono presentare forature o interstizi comunicanti con il corpo della muratura;

- deve essere assicurata la perfetta tenuta delle fognature nell’attraversamento delle murature;

- i cavi elettrici, telefonici, televisivi devono essere posti in canalizzazioni stagne.

 

4. Metodi di verifica: la verifica viene condotta secondo un giudizio sintetico da parte del collaudatore, che dovrà valutare la possibilità di intrusioni animali attraverso gli impianti, le partizioni e le chiusure.

In particolare, andranno individuati eventuali particolarità costruttive o difetti tecnici che possono innescare condizioni favorevoli all’ingresso e alla diffusione di insetti e animali nocivi, volatili anche attraverso prese di aspirazione, condotti, canne fumarie, eccetera.

Art.24 - Protezione dal rumore

1. Definizione: la costruzione deve essere progettata e realizzata in modo che il rumore cui possono essere sottoposti gli utenti si mantenga a livelli che non nuocciano alla loro salute e tali da consentire soddisfacenti condizioni di sonno, di riposo e di lavoro. I requisiti del presente articolo sono essenziali per tutti gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia. Sono invece raccomandati per tutti gli altri interventi di recupero. Particolare attenzione dovrà essere posta nel caso di residenze annesse o situate in prossimità di attività lavorative o di altro tipo che siano sorgenti di rumore. In tal caso il rumore prodotto all’interno nei confronti dell’esterno, ad esempio dalle attività che si svolgono nei locali pubblici o di pubblico spettacolo, dovrà essere abbattuto fino a rientrare entro i livelli successivamente definiti, adottando i necessari accorgimenti. Nei locali e vani tecnici (infrastrutture tecniche quali centrali termiche, centrali frigorifere, sale macchine, sale ascensori ecc.) deve essere garantito un livello di pressione sonora contenuto entro opportuni ed adeguati valori. Il livello di benessere uditivo viene raggiunto mediante adeguati valori del potere fonoisolante (IR in dB) e del rumore di calpestio (ILn in dB) dei componenti edilizi utilizzati.

 

2. Campo di applicazione: destinazioni residenziali ed assimilabili, strutture ricettive e turistiche, quali alberghi, convitti, convivenze e comunità.

 

3. Livello di prestazione: in relazione alla suddivisione in zone e alla destinazione d’uso prevalente, ai sensi del DPCM 1 marzo 1991, in funzione dei limiti massimi dei livelli sonori equivalenti negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno, il livello sonoro indotto (si intendono indotti tutti i rumori provenienti dall’esterno e dagli impianti, dalle apparecchiature e dalle attrezzature anche interne all’edificio, ma non al locale utilizzato per le attività inerenti lo spazio oggetto della norma) misurato dal livello continuo equivalente della pressione sonora, LAeq espresso in dB(A), deve risultare contenuto entro i seguenti valori:

- spazi per attività principale e secondaria        : 40 dB(A) nelle ore diurne (6-22) e 30 dB(A) nelle ore notturne (22-6)

- locali e vani tecnici: 75 dB(A) nelle ore diurne e notturne.

 

4.   Metodi di verifica: la determinazione del valore del livello equivalente della pressione sonora, va eseguita, con prova in opera, secondo quanto previsto DPCM 1 marzo 1991, allegati A e B. Al fine di ottenere valori significativi, è necessario che la prova si svolga in condizioni rappresentative del fenomeno, e cioè sufficientemente sfavorevoli rispetto alle condizioni di progetto, eseguendo la misura nei luoghi e nei momenti in cui il rumore interferisce o può interferire con l’attività delle persone.

Sottocapitolo I.V. REQUISITI DI RISPARMIO ENERGETICO

Art.25 - Contenimento dei consumi energetici

1. Definizione: la costruzione ed i relativi impianti di riscaldamento, raffreddamento ed aerazione devono essere progettati e realizzati in modo che il consumo di energia durante l’utilizzazione dell’opera sia contenuto, tenuto conto delle condizioni climatiche del luogo, senza che ciò pregiudichi il benessere termico degli occupanti. Pertanto il sistema costruttivo nel suo complesso deve essere progettato in modo da controllare il consumo di energia tramite la limitazione delle dispersioni termiche secondo i limiti fissati dalla legge 9 gennaio 1991 n.10 e dal DM 23 novembre 1982. A tal fine, le dispersioni di calore per trasmissione, attraverso le superfici che delimitano gli spazi chiusi riscaldati e le immissioni d’aria dall’esterno, devono essere opportunamente limitate, al fine di contenere i consumi energetici per riscaldamento, con riferimento ad esigenze di economia di esercizio.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso normate dalla legge 10/91.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se vengono rispettate le prescrizioni tecniche e procedurali previste dalle norme nazionali vigenti in materia, in particolare dalla legge 9 gennaio 1991, n.10, dai relativi decreti di attuazione e dal DM 23 novembre 1982 “Direttive per il contenimento del consumo di energia relativo alla termoventilazione ed alla climatizzazione di edifici industriali ed artigianali”. In particolare, per quanto riguarda la conduzione, il controllo e la manutenzione degli impianti di riscaldamento aventi potenza termica al focolare superiore a 35 KW, si veda la norma UNI 9317 “Impianti di riscaldamento - Conduzione e controllo” e la norma UNI 8364 “Impianti di riscaldamento - Controllo e manutenzione”.

 

4. Metodi di verifica: le verifiche dovranno essere condotte secondo le modalità e le procedure previste dalle specifiche normative vigenti.

Sottocapitolo I.VI. REQUISITI DI FRUIBILITA’ DI SPAZI

Art.26 - Accessibilità, visibilità, adattabilità

1. Definizione: per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi ed attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza ed autonomia. Per visitabilità si intende la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare. Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo dell’alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizi ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta. Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

 

2. Campo di applicazione: tutte le destinazioni d’uso.

 

3. Livello di prestazione: il requisito si intende soddisfatto se la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici rispondono alle prescrizioni della relativa normativa in vigore, e in particolare:

- per gli edifici pubblici o aperti al pubblico, della legge 30 marzo 1971 n.118 e del relativo regolamento di attuazione,

- per gli altri edifici, della legge 9 gennaio 1989 n.13 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e del relativo regolamento di attuazione (DM 14 giugno 1989, n.236).

 

4. Metodi di verifica: si fa riferimento alle norme delle leggi in materia sopra riportate.

Art.27 - Caratteristiche minime di abitabilità

1. Definizione: in ogni costruzione devono essere previsti spazi che, per quanto riguarda il numero e il tipo, siano rispondenti alle esigenze connesse allo svolgimento delle attività previste.

 

2. Campo di applicazione: destinazioni d’uso residenziale e pertinenze, uffici e studi privati, attività direzionali e terziarie.

 

3. Livello di prestazione minimi funzionali per le residenze:

altezze: Per le attività residenziali o ad esse assimilate, l’altezza interna dei vani non deve essere inferiore a:

- 2,70 m per gli altri spazi per attività principale e per gli spazi di circolazione e collegamento dell’edificio.

- 2,40 m per gli spazi per attività secondaria, per gli spazi chiusi di pertinenza, per gli spazi di circolazione e collegamento interni, per gli spazi destinati alla cura ed igiene della persona;

Nel caso di spazi con soffitto non orizzontale, si fa riferimento all’altezza media; con soffitto ad andamento a più pendenze si fa riferimento all’altezza virtuale (hv) data dal rapporto v/s dove v è il volume utile e s la superficie utile del vano. Fermi restando i limiti precedenti riferiti all’altezza media così calcolata, non vanno computati gli spazi di altezza minima inferiore a m.1,80; tali spazi potranno non essere chiusi con opere murarie o arredi fissi, soprattutto se interessati da superfici finestrate ventilanti ed illuminanti, e saranno opportunamente perimetrati ed evidenziati negli elaborati di progetto. Per le autorimesse di solo parcheggio ad uso privato l’altezza minima deve essere di 2,40 m; è ammessa un altezza minima di 2,00 m nei soli casi di interventi sul patrimonio edilizio esistente e per capacità inferiore a 9 autoveicoli. Si applicano comunque le normative previste dal DM 1 febbraio 1986.

 

superfici minime: le unità immobiliari residenziali non possono avere una superficie utile inferiore a 45 mq. Nel caso di residenze collettive la superficie minima di ogni stanza non deve essere inferiore a 8 mq/posto letto. Per quanto riguarda la superficie minima dei singoli vani, in riferimento a quanto prescritto dal DM 5 luglio 1975, per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq 14 per i primi 4 abitanti, e mq 10 per ciascuno dei successivi. Le stanze da letto devono avere una superficie minima di mq 9 se per una persona, e di mq 14 se per due persone. Ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno mq 14. Le stanze da letto, il soggiorno e la cucina debbono essere provvisti di finestra apribile. Oltre a tali indicazioni generali, occorre rispettare i minimi funzionali previsti dalle norme vigenti (in particolare dalla legge 30 marzo 1971 n. 118 e relativo regolamento e dalla legge 9 gennaio 1989 n. 13 e relativo regolamento) per la fruizione degli spazi da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

 

cucine: ogni unità immobiliare residenziale deve essere dotata di uno spazio adibito ad uso cucina, illuminato ed areato direttamente dall’esterno. Si possono realizzare anche cucine in nicchia, o utilizzare spazi da adibire a zona cottura, purché areati meccanicamente con ricambio d’aria continuo pari a 0,5 mc/hmc e, in corrispondenza del piano cottura inseribile, in aggiunta, pari a 3 mc/hmc. In tal caso lo spazio soggiorno (di superficie > 14 mq previsto dal DM 5 luglio 1975) va misurato al netto della superficie destinata a cucina.

 

bagni: ogni unità immobiliare deve essere dotata di uno spazio destinato a servizio igienico. La superficie deve essere tale da contenere le dotazioni impiantistiche minime di cui al successivo art.120. Tutti i bagni, compresi eventuali locali igienici, devono avere pavimenti e pareti impermeabili per un’altezza non inferiore a m 1,50. Per le dimensioni e dotazioni dei bagni per portatori di handicap si rimanda alla legge 13 gennaio 1989 n. 13 e relativi decreti applicativi.

 

4. Livello di prestazione minimi funzionali per le attività diverse dalle residenze:

altezze: ai sensi del DPR 19 settembre 1994 n.626 e successive modificazioni e integrazioni, l’altezza minima netta deve risultare non inferiore:

- a 3.00 m per gli spazi destinati alle attività principali;

- a 2.70 m per gli spazi destinati ad attività secondarie;

- a 2,40 m per gli spazi di circolazione e collegamento, ripostigli, servizi igienici.

 

superfici minime: tutti gli spazi di seguito riportati devono rispondere ai requisiti relativi al benessere ambientale (temperatura, umidità, ventilazione, illuminazione, eccetera) ed inoltre rispettare le ulteriori prescrizioni. Le dimensioni minime dei locali di lavoro devono essere di 14 mq. Per quanto riguarda gli uffici e gli studi privati la superficie minima può ridursi a 9 mq per vano, garantendo comunque per ogni addetto almeno 6 mq. I servizi igienici devono avere una superficie di almeno 1,2 mq ed essere accessibili attraverso un antibagno in cui, di norma, va collocato il lavandino. l servizi igienici devono avere pavimenti e pareti lavabili. Nei luoghi di lavoro i servizi igienici devono essere, distinti per sesso, in numero non inferiore a 1 ogni 10 (o frazione di 10) persone occupate e contemporaneamente presenti. La collocazione dei servizi deve tenere conto dell’esigenza di poter essere raggiungibili dalle persone con percorsi coperti. Nei luoghi di lavoro i lavandini devono essere in numero di almeno 1 ogni 5 persone contemporaneamente presenti. Nel caso che l’attività svolta comporti l’esposizione a prodotti e materiali insudicianti, pericolosi o nocivi devono essere realizzate docce e spogliatoi. Le docce devono avere pavimenti e pareti lavabili, essere individuali, distinte per sesso ed in numero non interiore a 1 ogni 10 (o frazione di 10) persone occupate e contemporaneamente presenti. Le docce devono essere collocate in modo da essere in comunicazione con gli spogliatoi. Gli spogliatoi devono essere dimensionati per contenere gli arredi (armadietti personali, sedie o panche, eccetera) per tutto il personale occupato, distinti per sesso ed avere dimensioni tali da rendere gli arredi agevolmente fruibili da parte delle persone. Per quanto riguarda i locali destinati ad ambulatorio negli ambienti di lavoro si rimanda all’art.30 del DPR 13 marzo 1956 n.303.

 

5. Livello di prestazione. minimi funzionali per destinazioni d’uso specifiche valgono le disposizioni normative vigenti in materia. In altri casi, non contemplati dalle norme vigenti, è compito del progettista definire e indicare i minimi funzionali in relazione agli specifici obiettivi di progettazione.

 

5.   Metodi di verifica: per la progettazione di interventi che riguardano ambienti adibiti

ad attività lavorative si fa riferimento alle prescrizioni contenute nel DPR 19 marzo 1956 n.303 e DPR 27 aprile 1955 n.547 e leggi di recepimento di direttive CEE. Per gli interventi relativi ad immobili destinati ad attività specifiche che richiedono l’autorizzazione all’esercizio, nonché per le attività classificate ai sensi dell’art.2 della legge 33/90 e sue modificazioni, si richiama la normativa di settore.

 

7. L’uso residenziale di locali esistenti e compresi in edifici vincolati ai sensi della legge 1089/39 con altezze interne inferiori a quelle minime previste dal precedente terzo comma è consentito solo previo parere favorevole della competente ASL.

 

8. Nel caso di realizzazione di soppalchi con superficie minore o uguale al 70% di quella dell’ambiente sottostante, l’altezza minima interna tra il soppalco e la struttura orizzontale superiore può essere inferiore a quelle di cui al precedente terzo comma solo previo parere favorevole della competente ASL.

Art.28 - Dotazione minima di impianti

1. Definizione: i locali, in generale, devono essere dotati delle attrezzature impiantistiche minime necessarie per lo svolgimento delle attività previste. Le dotazioni minime di seguito riportate rappresentano requisiti essenziali per le relative destinazioni sottoelencate, qualora non regolamentate da specifiche normative vigenti.

 

2. Campo di applicazione: destinazioni d’uso residenziali ed assimilate.

 

3. Livello di prestazione:

cucine: per quanto attiene all’impianto idro-sanitario, gli spazi cucina devono possedere:

- un terminale collegato alla rete di distribuzione dell’acqua potabile calda e fredda, dotato di rubinetto/i per la miscelazione e regolazione della portata;

- un terminale, dotato di rubinetto e predisposto per il collegamento con una eventuale lavastoviglie, se non prevista in altro locale apposito.

Gli spazi cucina dovranno inoltre essere dotati di due terminali distinti per lo scarico di acque domestiche provenienti dal lavello e dalla lavastoviglie. Per quanto attiene all’impianto del gas, gli spazi cucina devono essere dotati di terminali per l’erogazione di gas per il collegamento con l’apparecchiatura cucina e, ove sia presente, con la caldaia. Per l’impianto di smaltimento di aeriformi, gli spazi cucina devono essere dotati di una canna per l’espulsione all’esterno, mediante aspirazione meccanica, di una quantità d’aria tale da ottenere un numero di ricambi come previsto dall’art.23 (ventilazione).

 

bagni: per quanto attiene all’impianto idro-sanitario, gli spazi bagno devono possedere:

- tre terminali, a servizio del lavabo, del bidè e della vasca da bagno o piano doccia, dotati di rubinetto/i, per l’erogazione di una quantità d’acqua potabile con temperatura regolabile da parte dell’utente;

- un terminale, a servizio del water, per l’erogazione di una quantità d’acqua tale da garantire la pulizia del water stesso;

- un terminale a servizio della lavatrice, dotato di rubinetto (se non previsto in altro locale).

Gli spazi bagno dovranno inoltre essere dotati di tre terminali per lo scarico di acque domestiche, collegati al bidè, al lavabo ed alla vasca da bagno o piatto doccia, di un terminale, collegato al water, per lo scarico delle acque fecali e di un terminale di scarico predisposto per il collegamento con lo scarico della lavatrice, ove prevista. Gli spazi bagno dovranno infine essere dotati dei seguenti apparecchi idro-sanitari: water; bidè; lavandino; vasca o piatto doccia (obbligatorio in almeno un bagno per ogni unità immobiliare).

 

4.   Metodi di verifica: in ogni caso per quanto concerne la progettazione, l’installazione e la manutenzione degli impianti a gas per uso domestico si rimanda a quanto previsto dal DM 21 aprile 1993. Approvazione delle tabelle UNI - CIG 7129/92. Per quanto concerne l’impianto elettrico esso deve essere progettato e realizzato secondo le prescrizioni di cui all’art.10.


 

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 Copyright Arch. Maurizio Borriero. Ultimo aggiornamento: 24-10-02.

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