Associazione
Lotta alla Trombosi (ALT)
e Centro Trombosi Bianchi-Bonomi, Policlinico di Milano
Si tratta di proteine che funzionano
da inibitori fisiologici della coagulazione, 'arginando' il
processo della coagulazione impedendone un'eccessiva
estensione.
Lo sviluppo di un trombo può anche essere considerato il
risultato di un'attivazione del sistema della coagulazione non
controbilanciata da una sufficiente azione dei sistemi di
inibizione; ne consegue un coagulo di dimensioni eccessive o
in sede inopportuna. Perciò il deficit di uno degli
anticoagulanti naturali facilita l'insorgenza della trombosi.
Gli anticoagulanti naturali più conosciuti e studiati sono:
Un loro difetto può essere congenito
o acquisito. Le alterazioni congenite di tali inibitori
finora descritte in letteratura, sono quasi esclusivamente
trasmesse come carattere autosomico dominante. La condizione
autosomica è rarissima e, quando compatibile con la vita,
determina una grave storia clinica di trombosi fin dai primi
anni di età. Le carenze acquisite si verificano per ridotta
sintesi (epatopatia o tossicità di alcuni farmaci) o per
aumento di consumo (coagulazione intravascolare disseminata,
malattie autoimmuni). Tuttavia, in queste condizioni anche
molti fattori della coagulazione risultano variabilmente
ridotti e non è possibile prevedere, in base ai valori di
laboratorio, da quale parte penderà il piatto della bilancia
emostatica. Perciò il dosaggio degli inibitori fisiologici
della coagulazione, nel caso di carenze acquisite, è
raramente utile dal punto di vista clinico. Si può a priori
affermare (pensiamo soprattutto all'epatopatia e alla
coagulazione intravascolare disseminata), che il tentativo
terapeutico di correggere uno solo dei deficit dei fattori
della coagulazione può far precipitare una situazione già
instabile. Oltre ai tre menzionati, altri anticoagulanti
naturali sono stati identificati, in passato (Heparin cofactor
II) o recentemente (inibitore della via estrinseca Tissue
factor pathway inhibitor TFPI), ma la dimostrazione che una
loro anomalia predisponga alla trombosi non è per ora sicura.
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- E' l'inibitore
fisiologico della coagulazione da più tempo conosciuto.
E' di sintesi epatica e inibisce l'azione di tutti i
fattori della coagulazione attivati, eccetto il V e l'VIII.
Ha una particolare affinità per la trombina ed è detta
anche il "cofattore" dell'eparina, nel senso che
l'azione anticoagulante dell'eparina è mediata dall'
antitrombina III. Infatti l'eparina, farmaco ben noto,
potenzia in modo rilevante l'effetto anticoagulante dell'
antitrombina III.
I soggetti con difetto congenito di antitrombina
III sviluppano frequentemente episodi di trombosi venosa
e, con minore incidenza, arteriosa (infarto miocardico),
anche in assenza di situazioni a rischio identificate in
età giovanile.
Le cause del difetto acquisito di antitrombina III
sono molteplici; la più frequente è l'epatopatia, che
comporta sia un difetto di sintesi proteica sia un
aumentato consumo sostenuto da una coagulazione
intravascolare disseminata (DIC) cronica di variabile
entità. Infatti, in corso di DIC si riscontrano ridotti
livelli di antitrombina III per un aumentato catabolismo
che interessa anche buona parte dei fattori della
coagulazione. Un'altra condizione che si associa a una
riduzione dei livelli circolanti di antitrombina III è la
sepsi da microorganismi Gram-positivi o negativi.
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E' un inibitore fisiologico
della coagulazione scoperto agli inizi degli anni ottanta. E'
sintetizzata dal fegato come zimogeno (cioè allo stato
inattivo) ed è una proteina K dipendente (la sua sintesi è
condizionata dalla presenza di vitamina K). La proteina C
circolante, che viene attivata dalla trombina, svolge
un'azione inibitoria sui fattori V e VIII attivati.
I soggetti con carenza congenita di proteina C manifestano,
oltre a trombosi venose profonde, trombosi venose superficiali
e infarti cerebrali (conseguenti a trombosi venose cerebrali)
con maggiore frequenza rispetto a coloro che presentano
alterazioni degli anticoagulanti naturali. Circa il 50% degli
eterozigoti per il difetto della proteina C sviluppa almeno un
episodio trombotico prima dei 40 anni, mentre i soggetti
omozigoti manifestano spesso trombosi fin dalla nascita, con
estese trombosi viscerali e necrosi cutanee talvolta fatali.
Il difetto acquisito di proteina C è dovuto, come per l'antitrombina,
per lo più ad una ridotta sintesi epatica. I ridotti livelli
riscontrabili nel neonato sono dovuti all'immaturità epatica
e si risolvono entro il 6° mese di vita. Valori inferiori
alla norma per aumentato consumo della proteina C sono
caratteristici della DIC e del periodo post-operatorio. La
riduzione della proteina C può essere causata dalla carenza
di vitamina K (mancata assunzione con la dieta, dicumarolici e
antibiotici che interferiscono con la sintesi di questa
vitamina ecc). Una carenza di vitamina K, determina anche una
riduzione dei fattori vitamina K dipendenti (II, VII, IX, X);
questa situazione è, per esempio, caratteristica dei pazienti
che assumono farmaci anticoagulanti orali. L'effetto
anticoagulante (dovuto alla diminuzione dei fattori della
coagulazione vitamina K dipendenti) prevale comunque
sull'effetto pro-coagulante (dovuto alla diminuzione degli
anticoagulanti naturali K dipendenti).
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Deve il suo nome a Seattle, la
città dove fu scoperta nel 1984. E' una proteina vitamina K
dipendente ed è sintetizzata dal fegato e dalle cellule
endoteliali. E' presente in circolo in due forme: circa il 40%
libera (forma attiva) ed il restante 60% legata a una proteina
(forma inattiva). La proteina S ha funzione di cofattore della
proteina e ne potenzia l'attività.
Le manifestazioni cliniche dei soggetti carenti congeniti di
tale proteina e le situazioni nelle quali di determinano
difetti acquisiti, finora riportate in letteratura, sono del
tutto sovrapponibili a quelle già descritte per la proteina
C.
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