LA BATTAGLIA DEL GRANO

 

  La stabilità raggiunta dal fascismo dopo il 1924 favorisce la concessione di crediti e la rinegoziazione del debito di guerra con gli Usa da parte del Ministro Volpi (1925-1928). La Banca Morgan concede a Mussolini un prestito di 50 milioni di dollari, raddoppiandolo subito dopo e alla Fiat ne concede uno da 10 milioni. Accompagnano queste misure alcuni provvedimenti in campo economico che qui solo accenneremo. Unificazione delle Banche Centrali di emissione (1926), quota 90 per la quotazione lira-sterlina, riduzione affitti e stipendi, bonifiche di zone paludose tra cui l’agro pontino (dal 1928) e assegnazione terre a braccianti. Uno di questi imponenti interventi è quello fatto nei confronti della produzione agricola, con la battaglia del grano. Il progetto é ambizioso, ed é quello di rendere l’Italia autonoma nella produzione del grano che rappresenta ormai da anni il 50% del deficit della bilancia dei pagamenti, circa 4 miliardi di lire.
         

 

  L'Italia che consuma 75 milioni di quintali anno di grano, ne importa 1/3 per pareggiare con la produzione. Con l’aumento della superficie coltivata del 15% la produzione grazie a nuove varietà viene incrementata del 50% e si raggiunge l'autosufficienza. L'Italia esporta poche cose, fra l'altro solo prodotti di grandi complessi industriali, come la chimica, la meccanica e prodotti agricoli tradizionali (vino, olio, paste etc).

Nel periodo antebellico, quinquennio 1910-14, la superficie media investita a grano in Italia era stata di ha. 4.760.260; il prodotto medio di q.li 48.763.800 e quindi una produzione unitaria (per ha.) di q.li 10,24. Il deficit fra la produzione ed il fabbisogno nazionale viene compensato da una importazione media di q.li 14.893.350. Con la guerra questi numeri non si sconvolsero sul piano quantitativo ma su quello del consumo per gli uomini al fronte.

         

 

  Variava quindi l'importazione che saliva a q.li 19.265.388 di media. Nel periodo successivo caratterizzato da lotta politica la superficie non cambia anche questa volta di molto ma cala la resa per ettaro che scende a q.li  9,64 per ha. Nonostante le perdite di uomini il consumo aumenta e si deve ricorrere ad ulteriori importazioni che salgono a q.li 25.616.063. In pratica metà della nostra produzione viene importata per coprire il consumo. Si mangiava quasi 550 gr di pane al giorno, grandi e piccoli compresi il che per la fascia intermedia vuol dire anche 750 gr .
L'ascesa al potere di Mussolini segna un svolta sulla politica alimentare e non solo. Superficie media investita a grano ha. 4.655.600. Produzione media q.li 57.681.700; resa unitaria q.li 12,39. La importazione risente il beneficio che l’agricoltura ha ottenuto dalla tranquillità e dalla fiducia rinate nel paese, riducendosi in media a quintali 23.756.500.
         

 

  Di poco ma cominciano a calare le importazioni e migliorano le sementi oltre che i trattamenti. E arriviamo al 1925 quando viene bandita la battaglia del grano che durerà 8 anni. Superficie coltivata ha. 4.908.996; produzione q.li 65.839.500; resa unitaria q.li 13,41; importazione q.li 16.795.637. Nela 3a e ultima fase il ritmo si accelera e conduce alla vittoria: Superficie coltivata ha. 5.008.529; produzione q.li 78.184.850; resa unitaria q.li 15,61; importazione 1932 q.li 10.556.870; 1933 (fino a tutto novembre) q.li 4.333.510.
Gli sforzi compiuti dagli agricoltori concorrenti possono essere misurati dalle massime rese unitarie (le così dette «punte») raggiunte anno per anno: così, mentre la massima produzione registrata nel primo concorso fu di q.li 41,30 per ha., essa andò man mano salendo negli anni successivi nella seguente misura: 2° concorso: q.li 46,25; 3°: q.li 48,80; 4°: q.li 46,08; 5°: q.li 58,09; 6°: q.li 62,81; 7°: quintali 64,47; 8°: q.li 62,28; 9°: q.li 70,94; 10°: q.li 82,24.
         

 

  Con il rilancio dell'agricoltura e gli incentivi, si introducono i concimi, le varietà selezionate, le prime macchine agricole, i trattori ecc. Il risultato della "battaglia del grano" fu un successo; la produzione raggiunse nel 1931 il traguardo di circa 80 milioni di quintali. Non era mai accaduto a storia d'uomo, ma le distorsioni non tardarono a vedersi. Si era appena partiti con i grandi investimenti pluriennali, che già nel 1927 sui mercati esteri crollò  il prezzo dei cereali. Mussolini dovette chiudere le frontiere per non far franare il prezzo al mercato libero !?. Con la messa a coltura del grano, a scapito di altre produzioni tradizionali (esportabili) si pareggiò sì il deficit di bilancio, ma non si razionalizzò l’economia con gravi distorsioni nelle colture trainanti tradizionali (nella specie, Meridionali). La battaglia del grano, giunta al suo massimo con le nuove terre dissodate, andò a saldarsi con le sanzioni “etiopiche” e l'autarchia. L'altra metà del popolo non marinaro (padano) iniziò quindi a scoprire e a consumare il pesce di mare. Dal prezzo irrisorio sui mercati interni, nei porti era ancora inferiore.
         

 

 

ORTI DI GUERRA - I NOSTRI

 

A Napoli un chilo di vongole costavano 5 centesimi, la trentesima parte di un chilo di pane, mentre un chilo di triglie o di sogliole a Venezia, non superavano il costo di un etto di pane. Il pesce azzurro (sgombri, sarde, alici) veniva ributtato a mare. A Pescara, in banchina, era venduto a 2 centesimi il chilo, pari a mezz'etto di patate o al costo di mezzo uovo. Il fascismo puntò su questo alimento "autarchico", inaugurando a Milano (poi nelle altre grandi città, come Firenze, Torino, Roma ecc.) il Mercato del Pesce. I pescivendoli ambulanti invasero la pianura Padana, fino al più piccolo sobborgo con le loro moto e la cassetta frigo sul sellino posteriore (ma vendevano anche pesce di fiume). Il baccalà (il merluzzo) secco costava addirittura 2 lire e 50. Nel Veneto il matrimonio cucina-baccalà norvegese secco (stoccafisso) diventò quotidiano. Del resto con la misera somma di 4 lire (3 lire di baccalà secco e 1 lira  di farina gialla) si poteva mangiare tutta la settimana. Ad un certo punto, quando le ristrettezze alimentari aumentarono, si rilanciò il consumo del riso in sostituzione della pasta perché era autoctono, abbondante ma poco conosciuto

         

Con auto a metano Piazza della Scala (sullo sfondo)

  Il riso però continuò ad essere considerato cibo povero, poco calorico, per malati, senza incrementi significativi del consumo. L’utilizzo del riso al nord rimase comunque molto diffuso favorendo l’impiego stagionale delle mondine che partivano da ogni paese della pianura Padana e venivano “pagate” in natura con il prodotto raccolto. Nel dopoguerra del tema se ne approprierà anche il cinema neorealista.  La metà della paga se ne andava comunque per mangiare. Per fare un confronto, oggi prima dell’Euro, la spesa media delle famiglie per l’alimentazione equivale al 20/25% delle sue entrate. Da notare che un bracciante agricolo guadagna dalle 5 alle 7 lire il giorno, circa 150/200 lire il mese, 2.400 lire l'anno. Un impiegato - operaio specializzato, 300/350 lire per annue 3.600 e  800 lire é lo stipendio di un impiegato di alto livello. 1000 lire quello di un medio dirigente d'industria o un capoufficio dirigente statale e 3000 un generale o un Professore.
         
QUELLI DEGLI ALTRI    
         

 

 

         
     
Orti di guerra – Coltivazione di aree urbane (piazze, aiuole dei giardini pubblici, parchi, etc..) precedentemente destinate a verde pubblico o privato. Le superfici sono perlopiù destinate a cereali, e spesso viene enfatizzato per motivi di propaganda il momento della trebbiatura, che avviene nelle piazze delle città come proseguimento della vecchia battaglia del grano. Nelle scuole perfino nei vasi al posto dei fiori si seminavano chicchi di frumento che venivano diligentemente curati dagli scolari delle varie classi (si inventarono vere e proprie gare) , annaffiati e infine con una grande festa "mietuto".  

     

Giuseppe Rambelli - La Battaglia del Grano

Musolini mietitore 

 

 

 

 

 

e

trebbiatore

     

 

     

 

 

 

       
 

Mao: la sua battaglia del grano

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