Achille Funi

Virgilio Socrate Funi (in arte Achille) nasce a Ferrara il 26 Febbraio del 1890. È il primo di quattro fratelli: Spartaco e Mario (che moriranno in giovane età) e Margherita. Il padre Giovanni, pastaio, è attivo nel sindacato ferrarese e la madre Elvira Maria Bertolini è casalinga. Ancora bambino legge la Bibbia e i testi classici nei quali trova l'ispirazione per il suo nome d'arte: Achille. Nel 1902 si iscrive all'istituto d'arte "Dosso Dossi" della sua città, frequentando i corsi di Figura, Plastica e Decorazione. Nel maggio del 1905, a soli quindici anni, espone in una collettiva al Teatro Filarmonico ottenendo i primi riconoscimenti. Nel 1906 la famiglia si trasferisce a Milano e Funi si iscrive all'Accademia di Brera dove conosce Sant'Elia, Chiattone, Erba, Carrà, Bonzaghi e molti altri artisti promettenti. Le sue prime opere si rivolgono a temi di ambito famigliare e a copie dal vero. Fin dal 1911, il salotto di Corso Venezia di Margherita Sarfatti è l'elegante ambiente dove artisti, intellettuali e politici si confrontano nella conversazione e nel quale anche Funi fa la sua apparizione. Con l'inizio della I guerra mondiale l'artista si arruola nel Battaglione lombardo dei volontari ciclisti e automobilisti insieme a Boccioni, Marinetti, Russolo, Sironi, Erba e Sant'Elia. Tutti i futuristi che hanno fatto domanda di arruolamento nel Battaglione lombardo partono ai primi di giugno per Gallarate e poi per Peschiera. Esistono varie testimonianze scritte dei loro spostamenti fino a Malcesine, Monte Baldo e Ala. Nel dicembre 1915 tutto il corpo V.C.A viene sciolto e chi non è in età di leva viene rimandato a casa, nonostante i buoni servizi prestati. Sironi, già oltre la classe mobilitabile, farà poi domanda per il Corso Allievi Ufficiali del Genio e ne uscirà sottotenente a metà del '17. Negli anni bellici l'artista disegna moltissimo, accumulando, secondo le sue stesse parole, circa 500 disegni, di cui la maggior parte, purtroppo, va persa durante gli spostamenti.  Queste opere raffigurano momenti di pausa della vita dei soldati al fronte, sviluppando una narrazione volutamente pacata, che evita i toni tragici e le scene di battaglia. Di questi ultimi è un esempio il Bersagliere ciclista che, seduto a terra, si riposa mentre è intento a disegnare (lui stesso ?) e i soldati a riposo. I rapporti con la Sarfatti, che risalivano ad anni prima, si fanno sempre più stretti dopo la fondazione del gruppo Novecento, al quale Funi aderisce pienamente eliminando gli ultimi residui di Futurismo dalla sua pittura. Dopo la morte del figlio della Sarfatti, già citata nella biografia di questa in Personaggi, Funi rende omaggio alla medaglia oro alpina del gennaio 1918 con un dipinto. Negli anni Trenta sottoscrive con Campigli e Carrà il Manifesto della pittura murale di Sironi (1933) dedicandosi ad opere di pittura monumentale, soprattutto affreschi. Le più importanti tra queste grandi decorazioni murali sono quelle realizzata nelle sale della Guerra e della Vittoria alla Mostra della Rivoluzione Fascista a Roma (1932), Palazzo dei Congressi Eur, nel Palazzo Comunale di Ferrara (1934), nella chiesa di San Giorgio in Palazzo a Milano (coro e cupola), Chiesa dei Paolotti Piazza Tre Martiri a Rimini e nella chiesa di San Francesco a Tripoli di Libia (1936-39). Negli anni Trenta sotto il Governatorato di Italo Balbo, si cercò di trasformare la Libia in una regione d’Italia attraverso l‘emigrazione di 20.000 italiani. Parallelamente alla creazione di nuove città in Italia, una serie di villaggi in stile mediterraneo furono costruiti per “l’esercito dei ventimila” e Achille Funi con altri membri del circolo dei Ferraresi furono incaricati di decorare gli edifici pubblici dei nuovi centri. Dal 1939 insegna affresco a Brera e dal 1945 pittura a Bergamo. Muore nel 1972 ad Appiano Gentile.

      

 

 

 

 

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Indice

 

 

A. Funi, Ritratto di Roberto Sarfatti con due suoi alpini, 1918 (recto) Olio su tavola, 60 X 50 cm Collezione privata Funi riproduce la faticosa esperienza al fronte in un quadro in cui domina, nel bagliore che gli illumina il volto, la figura di Roberto mentre cavalca un asino dignitosamente portato da due alpini. Il lento incedere del loro cammino sui ciottoli dissestati di uno stretto sentiero montagnoso è calato in una suggestiva oscurità, resa attraverso il sapiente dosaggio delle tonalità brunastre con cui l'artista modella le figure.

Novecento (corrente artistica moderna) esordisce a Milano dalla attività di 7 pittori, Bucci, Dudreville, Achille Funi, Malerba, Marussig, Oppi, Sironi, grazie a Margherita Sarfatti, critica d'arte ed organizzatrice della prima mostra ufficiale del 1926, al Palazzo della Permanente (presenti anche i futuristi Balla, Depero, Prampolini e Russo), cui fanno seguito, l'anno dopo, a Roma, la mostra "Dieci artisti del Novecento italiano". Novecento si riproponeva la continuità con il classicismo in chiave moderna con la riproposizione di temi classici quali il ritratto, la natura morta ed il paesaggio. Gli artisti del Novecento sono affascinati dal "... carattere inconfondibile dell’arte plastica italiana del 400/500/600... " diceva la Sarfatti. La poetica di Novecento si lega quindi al Rinascimento ed alla precedente, composta pittura di Giotto, cercando di darsi un'identità attraverso il legame con le radici culturali nostrane, nel nome di una italianità che il regime fascista strumentalizzerà legandolo ad un concetto di nazionalismo deteriore. La presenza della Sarfatti, “Ebrea”, ne condizionerà la vita e la sua marginalizzazione quando verrà attaccata da Farinacci e dovrà lasciare l’italia. Da Novecento prenderà avvio la pittura metafisica teorizzata anni prima da De Chirico, Carrà, Ardengo Soffici e Giorgio Morandi. Nella sostanziale incertezza teorica con qualche risvolto revisionista, in polemica con le avanguardie europee, questi movimenti, tutti animati da una sorta di tensione visionaria, si riallacciano alla cultura figurativa del Trecento e del Quattrocento italiano, considerata da un punto di vista esclusivamente e talvolta vuotamente formale. Dei primi sette restavano legati a Margherita però solo Funi, Marussig e Sironi, ma tra i nuovi arrivati c’è De Chirico, Campigli, Casorati, Guidi, Morandi, Severini.  L'unico gruppo dissidente è quello toscano di Strapaese guidato da Soffici e Rosai, ma in questa mostra alcuni di loro sono egualmente presenti.