LA BATTAGLIA DELLA CANAPA

       
Stampatura della canapa  

Non era stata una vera e propria battaglia, ma un impegno nazionale limitato a sostenere un settore in crisi che dava lavoro a migliaia di famiglie in aree ben definite e contribuiva al fabbisogno di tessuti e filati che ci venivano preclusi con le sanzioni (cotone).  La vecchia tradizione delle marcite del '700 e '800 riprendeva corpo e permetteva al paese di attestarsi ai vertici mondiali della produzione coinvolgendo altri settori manifatturieri come la moda (già ampiamente autarchizzata), un po' quello che sta succedendo oggi dopo 50 anni di oblio di questo tessuto povero. 

 

Il duce nel maggio del '30, aveva proclamato: "Una moda italiana nei mobili, nelle decorazioni, nel vestiario non esiste ancora: crearla è possibile, bisogna crearla". (quello che ora viene chiamato lo stile italiano il "made in Itally") Già anni prima aveva anche detto "la canapa per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l'estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico agrario che ci interessa ma anche il lato sociale la cui incidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30.000 operai. "

       
 

Nell'aprile del 1933, Torino, eletta capitale dell'eleganza, aveva organizzato mostre e sfilate all'insegna dell'italianità. Racconta la giornalista Elisa Massai: "L'autarchia ebbe almeno il merito di obbligare le case di moda a lasciarsi almeno un po' alle spalle la comodissima abitudine di acquistare a Parigi, moltiplicare in Italia e vendere. Al di là delle forzature, l'idea nazionalista di una moda italiana non era affatto sballata. Il nostro artigianato era di prim'ordine. Avevamo, nelle sartorie, mani preziose. I nostri sarti da uomo erano fra i migliori del mondo. Spesso i tessuti, che passavano per inglesi, di inglese avevano solo l'etichetta. Erano prodotti nostri, salvo alcuni cachemire che noi abbiamo cominciato a lavorare solo negli anni '50. Il progetto di una nostra moda, di una moda che non pagasse tributi alla Francia, non era affatto peregrina. C'erano un humus adatto, un entroterra favorevole. Lo ha dimostrato, a partire dal febbraio 1951, dalla prima sfilata di Firenze, il nostro prêt-à-porter. Nel periodo dell'autarchia di guerra (seconda fase dopo le sanzioni), qualcosa si mosse: modelli un po' scopiazzati ma con dentro un che di nuovo".

       
 

Secoli d’oro quelli trascorsi (6/7/800), almeno per i grandi proprietari terrieri. Bologna al centro di queste produzioni ne aveva tratto un indubbio vantaggio. Tra la fine del 600 e l’inizio dell’800 le campagne bolognesi avrebbero prodotto, annualmente, secondo C. Berti Pichat, volumi di fibra oscillanti tra le 3 e le 5.000 tonnellate (tons). Accresciute, per il perfezionamento della tecnica colturale le rese medie (dai 9 ai 12 q.li/ha), in superficie corrispondono dai 3.000 ai 5.000 ettari. Oltre al mercato interno (domestico) si soddisfaceva la domanda di velame (Serenissima) poi con il turbine Napoleonico (L’Italia era diventata una “provincia” Francese) arriva a 4.800 ettari (4860 tons) sempre per una flotta francese che uscirà sconfitta dagli scontri diretti con gli inglesi (Aboukir, Trafalgar). Il crescente volume di canapa greggia prodotta destinata alla fabbricazione di vele e cordami ora per la marineria britannica aveva potuto contare anche sull'attività (800) di Guglielmo (William) Mac Alister, vice console inglese stabilitosi a Ferrara e proprietario di una macchina per l'imballaggio della canapa pettinata. Il terreno coltivato raggiunge ora i 12.000 ha con 13.000 tons prodotte. Per i mercati continentali lo smercio era in mano agli Ebrei. Il principale centro della produzione era Cento, saltellante storicamente fra Papato, Este e l’odierna provincia di Ferrara dal 1928. Le terre del Reno e dei pescosi canali, ricadevano in buona parte sotto l'antico istituto della Partecipanza e già alla metà del secolo XIX vivevano in una dimensione protoindustriale caratteristica di molte aree europee dove si alternavano filiere industriali e primi processi di lavorazione familiari. L'attività di filatura familiare si era estesa anche ai comuni vicini ad opera di veri e propri organizzatori del lavoro a domicilio, gli industrianti.

     
bufetteria militare il tipico "burazzo" asciugapiatti  
       

Tomba di Rossoni a Tresigallo dal sito http://www.artefascista.it/tresigallo__fascismo__architettu.htm

 

PRODUZIONE MONDIALE CANAPA

Prima della grande crisi del '29 la produzione si aggirava sui 5/6 milioni di q.li ridotti nel 1934 alla metà poi risaliti a 4-4,5 nel 1937 (escluso India e Cina da tutte le cifre su esposte per la precarietà delle statistiche (lavorazioni piccole e locali ad uso (consumo) proprio). L'Unione Sovietica vanta il primato della coltivazione con oltre 1/3 di q.li. L'Italia col suo milione di q.li si pone al secondo posto fra i produttori ma al primo nel commercio. Producono a scalare Jugoslavia 500 mila, Romania 300, Corea 200, Polonia e Ungheria 120 e altri sotto i 100. L'Italia esporta oltre la metà della canapa prodotta seguita a grande distanza dall'India e Jugoslavia. La produzione, l'esportazione e l'importazione fa si che il manufatto risulti anche di importanza e consistenza notevole in paesi come la Francia, la Germania o l'Inghilterra, paesi di lunga tradizione tessile. La Canapa (6%) costituisce una frazione minima col Lino (8%) dell'intera produzione tessile.

     
 

LINO

 Come detto dianzi le due culture hanno un habitat comune. Il Lino ebbe il suo momento “clou” in Europa tra la fine del 1800 e i primi decenni del ‘900, con gli esploratori e i grandi viaggiatori che si avventuravano in Africa vestiti di lino, lanciando la moda dello stile coloniale o del fresco estate come si direbbe oggi. La produzione si sviluppa nell’America del Nord, India, Brasile, Cina e soprattutto in Russia e nei paesi baltici. Ma il lino migliore e più pregiato proviene dall’Europa occidentale, in particolare Olanda, Belgio (fiandra) e Francia. Nel 1938 è in testa ai produttori l'Unione Sovietica con 6 mil. di q.li (su 8 di produzione totale), seguita da Polonia 400 mila, Belgio ?, Lituania e Germania 300, Francia e Lettonia 200 ed altri sotto queste cifre (Italia 20). Esportatori Russia 900, Lituania 100, Polonia 70, Belgio ?, Francia, Estonia, Lettonia e Olanda 50. 

     

Immagini tratte da "Il tempo della Canapa" di

Giovanni Santunione ed. Il Fiorino Mo 2002

  Il commercio di canapa organizzato dai soli mercanti centesi aveva raggiunto la ragguardevole dimensione di ca 9 milioni di libbre bolognesi (libbra bol.= 0,362 kg =25.000 tons) all'anno superando le altre aree bolognesi. L’unificazione d’Italia non apportava diminuzioni favorendo, con l’espandersi dei consumi e degli scambi, la produzione benché quest’area non fosse collegata alle linee ferroviarie fino alla prima decade del XX secolo. Anche il passaggio dalla navigazione a vela a quella a vapore venne superato con non pochi dolori e tagli nei redditi (ma si era giunti prima della crisi anche a 110.088 ha realizzando una produzione nazionale di 792.048 q.li di fibra). Nel 1910 gli ettari coltivati in Emilia dai 19.000 del 1862-71 passano a oltre 30.000 per superare i 40.000 con il ventennio fascista (nel 1939 49.000 ha con 63.000 tons). La battaglia della canapa, combattuta non solo qui, era stata vinta . La produzione emiliana (Ferrara 26%, Bologna 18%) costituiva oltre il 5O% di quella nazionale che superava ora il milione di quintali di fibra (1° in Europa, Russia esclusa) divisi fra Veneto, Campania (23%) e Piemonte. 
I terreni a canapa debbono ruotare con altre produzioni    
 

In Emilia risultavano in funzione a fine 800  37.000 telai domestici. Nel mondo producono canapa anche Cina, Giappone, Australia e, negli Stati Uniti, l’Illinois. Siccome di alcuni paesi è ignota l’entità della produzione, la disponibilità mondiale, annota Aducco, deve stimarsi tra i 4 ed i 4,5 milioni di quintali con una quota italiana che si avvicina al 18% che per oltre la metà viene esportata in prodotto finito o semilavorato. L’impiego di mano d’opera “stagionale” arriva a 225.000 operai agricoli e 20.000 industriali. Gli alti e bassi (frequenti in questo settore) dipendono anche dalla meccanizzazione dei processi produttivi degli altri filati come il cotone a noi preclusi poi con le sanzioni !!). Nel triennio 1909-13 la produzione annua mondiale di cotone era di 47.893.000 quintali, quella di juta di 15.316.000, quella di canapa di 5.496.000 che continueranno ad aumentare anche in funzione della guerra per poi ristabilizzarsi e cedere con la grande crisi. Oltre alla spietata competizione con il cotone, il consumo di canapa diminuì anche a causa della concorrenza di altre fibre extraeuropee, come la juta* e l’abacà, dei cavi metallici usati nell’industria cantieristica, e, più avanti nel tempo, con la comparsa delle fibre sintetiche. La recessione iniziò a farsi largo, ma anche se la coltivazione canapiera fu in forte contrazione in tutto il mondo, in Italia essa assunse un andamento più moderato; la canapa italiana era di altissima qualità, il che rendeva possibile una notevole esportazione del prodotto, fatto che riuscì a mantenere la nostra canapicoltura su livelli accettabili, sia per quanto riguarda la superficie coltivata, sia per la produzione complessiva. Nel triennio 1930-1933, le problematiche annesse alla scarsa industrializzazione ed alla violenta concorrenza delle altre fibre, portarono ad una spaventosa crisi, dalla quale ci si poté riprendere solo grazie l’intervento del regime fascista. Fu instaurata una nuova politica economica, grazie alla quale la canapicoltura smise di essere un interesse privato per diventare quello di un’intera nazione. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, ricominciò la tendenza negativa, che poi portò nel giro di un ventennio, alla totale sparizione della canapicoltura. Con le fibre più fini della canapa vengono confezionate lenzuola, asciugamani, camicie ecc.. , mentre quelle più grossolane si utilizzavano per la produzione di sacchi e corde, tende militari e buffetteria.

     
ex casa Gil

immagini dal sito http://www.artefascista.it/tresigallo__fascismo__architettu.htm

**La Soc. An. Cafioc per la lavorazione della canapa in fiocco tendente a ridurre al minimo l'importazione del cotone; la sua capacità di lavorazione è di 10 tonn giornalieredi fiocco con un impiego di 200 unità lavorative.
La Soc. Catexil per la trasformazione della canapa in fiocco pregiato; la sua capacità di lavorazione è di 50 q.li con un impiego di 90 unità lavorative.
La Soc. An. Canapificio di Tresigallo per la lavorazione della canapa verde; la sua capacità di lavorazione e di 180 q.li giornalieri con un impiego di 100 unità lavorative.
Il magazzino grande della Federcanapa per l'ammasso e la selezione della canapa da esportazione; la sua capacità di ammasso è di q.li 50.000 con un impiego di 30 unità.
Lo Stabilimento della Soc. An. CELNA per la produzione della cellulosa dal canapulo e dalla paglia; la sua capacità di lavorazione è di 660 q.li di cellulosa al giorno con la possibilità di raddoppiare la produzione proporzionalmente alla disponibilità di materie prime; l'impiego della manodopera è di 400 unità lavorative.
  Capitale effettiva e morale di questa nuova espansione Tresigallo piccolo borgo ferrarese che aveva per unico vanto la nascita di un ras locale Edmondo Rossoni. Scriveva il ministro da Roma ad un suo "fido" il giorno 13 novembre 1935 ("XIV dell'E.F."): "Se con un miracolo – come quelli fatti finora – potessimo coprire prima dell'inverno tutti gli edifici che ti ho dato ordine di incominciare, e sistemare tutte le strade e piazzali, avremmo la vittoria a portata di mano…". E Tresigallo divenne l'Eldorado, la California de "noiartri". Contemporaneamente allo sviluppo agricolo industriale (zuccherificio, caseifici, conserviere, macchine agricole ecc** legate alla produzione principale della canapa). si è andato man mano sviluppando il centro edilizio con nuove strade, piazze ed edifici pubblici. Tra i più importanti vi è da segnalare il bellissimo edificio della Colonia post-sanatoriale dell'I.N.F.P.S. circondato da un magnifico parco che ne rallegra il soggiorno. Vengono poi le costruzioni del Ricovero, l'Asilo Nido, la Scuola del ricamo le Scuole elementari, La Casa Littoria, La Casa della G.I.L.(qui a fianco prima e dopo il restauro), il Dopolavoro Filarmonico, l'Albergo, Palazzine e Case Popolari completano l'inquadramento urbanistico di questa piccola cittadina che avrà un sicuro avvenire di lavoro e prosperità.
       

http://www.istitutodatini.it/biblio/images/en/casanat/20b2-129/htm/elenco.htm

*La juta, ricavate da piante della famiglia delle malvacee (parenti della canapa)  viene dall’Asia equatoriale e per la stragrande maggioranza dal bacino del Gange (India)

http://web.econ.unito.it/prato/papers/qr74.pdf  canapa piemontese da seme

 

Indice

 

sotto

ANNIBALE CARRACCI, [Arti, mestieri e figure tipiche] Roma 1646.

 

Vista la competenza economico -finanziaria del  Professore Sabbatucci gli si addice di più un incarico di consulente del Governo Monti che quello di storico. Se poi ci raccontasse  le sfumature fra i ladri di allora e quelli d'oggi e sul loro destino potrebbe anche assurgere alla gloria patria come un novello Cincinnato...

 

RACCONTARE LA STORIA DI IERI PER RACCONTARE QUELLA D'OGGI

Il consulente storico della Rai Giovanni Sabbatucci, con l'esperienza accumulata in un libro di fantascienza "Storia del socialismo" in 6 volumi !!!, si avventurava per l'ennesima volta su un'altra trasmissione e su campi a lui sconosciuti, per cui viene anche pagato con soldi pubblici, "La Grande Storia" in onda sulla tradizionale Rai Tre (replica del 10 agosto 2012) stigmatizzando le ruberie di  cui sono capaci i partiti (allora il partito), i politici e gli amministratori pubblici (tanto che sembrava una radiocronaca d'oggi o di un recente passato fino al grande processo al capo del "socialismo" italiano Bettino Craxi si vede a lui tanto caro, o "caro" a chi glielo ha commissionato) nel ventennio. Naturalmente non era nelle sue intenzioni raccontare quella di ieri e per metafora quella di oggi altrimenti taglierebbero anche lui.  Ebbene si citava fra gli altri "ladri" (tanti compreso "Ganassa" Costanzo Ciano) il Rossoni di Tresigallo di Ferrara per le spese sostenute per il suo paese che al consulente sembravano eccessive e del tutto inutili per un borgo di 4 "villani". Sabbatucci dimenticava che quel borgo era la capitale d'una vasta area di coltura della canapa e che,  malgrado Sabbatucci, tutt'ora resiste l'edilizia popolare di allora come in altre città, tanto da resistere anche ai terremoti cosa che non hanno fatto (sia civili che industriali) quelle costruite dalle Cooperative in Emilia. Per buona pace dei terremotati, dopo un gran can can su inchieste e perizie, sulla cosa è probabile scenda  una coltre di nebbia.  In pianura le nebbie sono sia invernali che estive.

solfarolo o sulfanerSulfen: Così erano chiamati gli antenati (in uso a quasi tutto l'800) dei fìammiferi di oggi, che venivano costruiti con uno stecco di canapa imbevuto nello zolfo. Con i sulfen (in italiano zolfanelli) non era possibile innescare la fiamma ma solo provocarla attingendo dal barlume delle braci che restavano nel focolare al mattino, dopo che di notte erano state ricoperte con la cenere. Erano anche utili per andare in "prestito" di fuoco dai vicini nel caso che il proprio si fosse spento. C'erano anche i venditori ambulanti di sulfen, detti sulfaner (Solfari vedi a fianco), che avevano fama di insidiare le donne delle case alle quali bussavano per vendere e proporre baratti e commerci di tipo ingannevole da cui il detto: - An 't fer insulfaner (o non ti lasciare imbrogliare). Un altro articolo tipico della canapa la stoppa per tubazioni dell'idraulico sostituita solo di recente dal silicone

dal libro "Il tempo della Canapa" di Giovanni Santunione ed. Il Fiorino Mo 2002

 

Un'altra cosa divertente è quando nel racconto si adombrano ruberie del tempo al Monte dei Paschi di Siena: probabilmente lo storico voleva raccontare l'odierna situazione di quella banca salvata con denaro pubblico (2 miliardi di euro). Un consiglio spassionato: coi soldi rubati ieri e oggi sicuramente Monti saprà come far quadrare il Bilancio. Per chi non rimborsa basta inaugurare una nuova Piazza Loreto e avrete la fila degli spontanei. Se poi tagliate il compenso a Sabbatucci il problema del deficit lo avete risolto. 

La trasmissione che aveva come sottotitolo Mussolini, Soldi, Sesso e Segreti  non racconta nulla di nuovo che non abbiate già letto in queste pagine, da cui probabilmente hanno per l'ennesima volta copiato, con lo scoop finale del suo conto corrente in Dollari in Vaticano che sicuramente lo Ior, viste le attuali difficoltà  dell'Istituto e del suo capo in capo, restituirà per non passare da riciclatore. I riciclatori non entrano in Paradiso

Una chiosa felice finalmente: nel raccontare dei Ciano mangiasoldi la rettifica di una fiction di anni fa "Edda, consulente sempre Sabbatucci, quando.... si metteva in bocca a Mussolini  la frase "Ciano chi ?", alla notizia che la figlia era fidanzata con tal Galeazzo figlio di Costanzo formalmente sconosciuto.

Naturalmente in quella come in questa occasione ho spento il televisore e sono passato ad altro perché il senso del ridicolo era debordato. Riporto dalla critica televisiva del momento "Edda è una fiction storicamente corretta"

Così lo storico Francesco Perfetti, uno dei maggiori esperti del periodo fascista, difendeva la veridicità di "Edda", Sono stati otto gli studiosi e gli storici di “chiara fama” e di orientamento politico e culturale molto diverso di cui la Lux Vide si e' avvalsa per la sceneggiatura della fiction di Raiuno "Edda", compreso il Giovanni Sabbatucci ormai straconosciuto per le stupidaggini che riporta nella sua consulenza a spese del contribuente. Probabilmente andò diversamente perché furono i Ciano a dire "Mussolini chi?".

Dopo le inchieste su Mussolini sarebbe opportuno aprire una inchiesta come spende i soldi la Rai e non aspettare 40 anni che ce lo dica un'altro.".