Gino Boccasile
Stralci da una tesina on line di Emilio Giovio in Scribd dal 28/4/2011(fatta in parte con materiale e immagini di questo sito). Spero non sia per una laurea perché questo vorrebbe dire copiare non essendo esposta la fonte Tra gli strumenti di propaganda usati dal Fascismo ci furono anche i manifesti, originale mezzo di persuasione della gente, il cui impiego è stato maggiore durante i periodi di crisi per sostenere le iniziative del Governo fascista. I messaggi espressi risultavano a volte illusori, ma validi a persuadere la volontà dei più arditi e a stimolare l’orgoglio per la Patria. Durante tutto il Ventennio fascista, ci fu una grande emissione di manifesti politici, che si intensificò soprattutto durante la guerra e durante il breve periodo della Repubblica Sociale Italiana. E’ difficile individuare un linguaggio grafico predominante tra i manifesti politici più rappresentativi del Fascismo. Si va dal realismo alla Beltrame (uno degli illustratori editoriali più noti della prima guerra mondiale) al realismo simbolico di Boccasile; dal Déco, stile prettamente grafico, al più pittorico “Novecento”, fino alle soluzioni della seconda generazione futurista. Il Regime utilizzava linguaggi grafici diversi a seconda delle necessità comunicative, col dichiarato scopo di raggiungere ed avvicinare al “credo fascista” l’intera popolazione. … Uno dei grafici cartellonisti più importanti del periodo fu Gino Boccasile nato in un quartiere del centro di Bari il 14 luglio 1901 da Angelantonio Boccasile e da Antonia Ficarella. La giovinezza dell’artista fu segnata da un terribile episodio, la perdita di un occhio in un cantiere dove era andato a giocare con gli amici. Dopo aver manifestato una precoce attitudine per il disegno terminò gli studi presso la scuola d’Arti e Mestieri nella città natale. Alla morte del padre, anche per evitare di pesare sulla madre, decise di lasciare Bari e si trasferì a Milano. Dopo qualche difficoltà iniziale, la sua abilità grafica lo aiutò ad essere assunto nello studio Mauzan - Morzenti, dove venne introdotto alla cartellonistica pubblicitaria da Achille Mauzan e dove iniziò a disegnare anche figurini e modelli d’abiti da donna. Boccasile riuscì subito ad imporre il suo stile personalissimo: le vetrine che esponevano i suoi lavori erano affollate dalle signore, che ne decretarono successo e notorietà. I suoi disegni erano riprodotti su numerose riviste specializzate come “Sovrana”, “l’Illustrazione” e “Fantasie d’Italia”, dettando legge nei gusti delle donne, ma anche illustrando attraverso le donne stesse messaggi di ogni tipo. Boccasile proponeva nei suoi disegni un tipo di donna florida e provocante, solare, utile all’immagine positiva che il Regime voleva propagandare. ... La genialità del suo tratto e delle sue immagini, riuscivano ad attrarre il frettoloso passante e a comunicargli in un attimo il messaggio per cui erano state create: era una comunicazione visiva di pronta presa, con i personaggi che sembravano balzare, esplodere dal manifesto. L’importanza della componente figurativa nella propaganda fascista si evince dalla diffusione dei manifesti e, anche, delle cartoline, infatti Boccasile disegnò, oltre alle copertine di Le Grandi Firme, manifesti pubblicitari e cartoline. Con lo scoppio del conflitto, complice il Ministero della Guerra che lo designò grafico propagandista, la sua opera si orientò verso la propaganda bellica. Toccò a Gino Boccasile disegnare i combattenti italiani, le armi “potentissime” del Regime, le gesta dei soldati, dalle esaltanti vittorie iniziali alle prime dure sconfitte. Nel 1942, con le truppe italo-tedesche in marcia verso Mosca, fu pubblicata una serie di dodici cartoline di Boccasile (che si firmava Gi Bi), che descrivevano le atrocità dei bolscevichi e le sofferenze del popolo russo. oppresso dal Regime stalinista: sono le cartoline più crude dell’intera produzione di Boccasile. A Milano, dopo l’8 settembre 1943, Boccasile non esitò: aderì alla RSI ed ottenne un incarico presso l’ufficio propaganda. Venne nominato tenente delle SS italiane e continuò a produrre manifesti, in uno studio protetto da militi armati. La guerra civile divampò, ma Boccasile non ammorbidì le sue posizioni politiche, anzi le radicalizzò. In questo periodo i suoi manifesti divennero celebri icone per l’Italia che non si era arresa e continuava a combattere. Il ruolo di grafico della propaganda bellica e politica ed il grado di ufficiale delle SS gli costarono alla fine della guerra un processo. Venne arrestato, incarcerato e processato per collaborazionismo, subendo, in seguito, l’epurazione e una sorta d’esilio editoriale. Assolto per non aver commesso reati, restò emarginato per alcuni anni: molti potenziali clienti avevano paura della sua firma. Riprese la sua attività dal 1946, soprattutto con la grafica pubblicitaria, cambiando leggermente il suo stile. Gino Boccasile morì a Milano nel maggio 1952. |
|
|
|
|
|