Cesare Bartolena
Cesare Bartolena nasce a Livorno nell’aprile del 1830. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze col maestro Enrico Pollastrini. Nel 1848 partì volontario nella prima guerra di indipendenza. Uno dei suoi primi lavori fu “La madre del coscritto”. Fu ritrattista anche di casa reale, ma è apprezzato soprattutto per i dipinti in cui raffigura scene militari. Molte delle sue opere sono commissionate come Artiglieria eseguita per conto del Duca di Aosta e santi e madonne per chiese diverse (Madonna della consolazione chiesa del Soccorso). Frequentò poi il Caffè Michelangelo di Firenze, ritrovo abituale dei macchiaioli, ma non aderì mai a tale movimento. Cesare Bartolena seppe conferire alle sue figure la perfezione tipica dell'immagine fotografica, che ricorda vagamente alcune soluzioni iperrealistiche moderne. Ciò si deve soprattutto al suo interesse verso la fotografia che lo spinse anche ad aprire uno studio professionale con il francese Alphonse Bernoud. Fallita l’avventura fotografica , riprese la sua produzione artistica, dedicandosi maggiormente a realizzare quadri di piccolo formato che tentò di piazzare presso gli amici nei momenti di difficoltà. E’ suo la "partenza dei Volontari Garibaldini" in basso (1872) commissionata e donata al Comune di Livorno da un gruppo di livornesi. Fu zio di Giovanni Bartolena, anch'esso pittore. Morirà indigente a Livorno il 14 maggio 1903. |
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GIOVANNI BARTOLENA (1866 - 1942) Giovanni Bartolena nasce a Livorno il 24 giugno 1866 e può considerarsi, insieme ad Oscar Ghiglia, Plinio Nomellini e Renato Natali il rappresentante della continuità del movimento macchiaiolo nell’ambito labronico (Livornese). Qui trascorre gli anni giovanili insieme ai fratelli Francesco e Adolfo nella villa di famiglia. Lo zio Cesare lo avvia verso l’arte della pittura e, appena terminati gli studi regolari, lo convince a iscriversi all’Accademia di Firenze e a frequentare il corso di libera pittura tenuto da Fattori. Il suo primo successo avviene nel 1892 alla “Promotrice di Torino”. Dopo questo evento, però, Giovanni stenta a decollare, nonostante la grande cerchia di clienti affezionati che gli ordina in continuazione nature morte e paesaggi. Nel 1898 si trasferisce a Marsiglia per cercare fortuna, ma dopo solo sei mesi trascorsi a vivere di espedienti ritorna in Italia. Soggiorna, quindi, prima a Lucca e poi a Firenze, dove rimane fino al primo conflitto mondiale. Conosce Mario Galli, che lo incoraggia e gli procura un soggiorno in Versilia presso Nomellini. Ritornato a Livorno conosce l’industriale Querci, uno dei suoi futuri e più appassionati collezionisti, e nel 1917 il Fabbrini, direttore del «Corriere di Livorno», che sarà suo mecenate per tre anni durante i quali gli offrirà anche vitto e alloggio in una cascina di Campolecciano. Nel 1925 conosce il commerciante di tessuti Cassato, altro mecenate, che organizza la sua prima personale a Milano con giudizi lusinghieri anche da parte di uno dei padri del Novecento italiano, Carlo Carrà. Nel 1929 si separa da Cassuto, senza tuttavia sospendere la sua partecipazione alle esposizioni. Muore a Livorno il 16 febbraio 1942
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Bozza dell'opera "Bersaglieri al campo" di Cesare Bartolena |
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Stampa dell'opera
sotto: Versione |
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Cesare Bartolena La partenza del coscritto ( Piazza dei Quattro Mori
a Livorno), 1874 |
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C. Bartolena, Volontari Livornesi - Museo Civico
Fattori Livorno Numerosi furono i livornesi che fecero parte della spedizione dei Mille voluta da Garibaldi nel 1860. Un primo contingente di 35 volontari con a capo Jacopo Sgarallino lasciò il porto labronico il 1° di maggio con il piroscafo Etruria per recarsi a Genova e quindi a Quarto dove imbarcò con il grosso del contingente sul piroscafo Lombardo il cui comandante era Nino Bixio e il direttore di macchina Giuseppe Orlando. Un secondo contingente di 77 volontari agli ordini di Andrea Sgarallino lasciò Livorno il 2 di maggio seguente sulla tartana Adelina. Questo gruppo sbarcò a Talamone il 5 maggio e si riunì ad altri volontari per compiere nello Stato Pontificio una diversione che aveva lo scopo di ingannare il governo borbonico. Quando anche il Lombardo e il Piemonte gettarono le ancore a Talamone i volontari vennero riuniti e riordinati in nuove compagnie ad una delle quali fu assegnato il nome Livorno. Al termine tutti diressero verso la Sicilia. Andrea Sgarallino portò con sé la bandiera che aveva salvato a Curtatone e Montanara e l’affidò come portabandiera al livornese Cesare Gattai, uno dei più giovani partecipanti all’impresa che morì successivamente a Calatafimi. Quella bandiera tornò integra a Livorno. Organizzati e guidati dal livornese Vincenzo Malenchini, che aveva combattuto in Lombardia nel 1848, altri 1200 volontari toscani, dei quali ben 800 livornesi, partirono il 19 giugno 1860 dal Calambrone per raggiungere Garibaldi in Sicilia, come ricorda ancora un cippo eretto in questa località. Malenchini aveva creato per l’occasione un centro di reclutamento in una trattoria di via della Rondinella. Infine un’ultima spedizione di circa 2.000 uomini, diretta anch’essa in Sicilia, vide la partecipazione, tra i tanti, di Giovanni Guarducci che era stato a capo della difesa della città nel maggio del 1849. dal sito http://www.provincia.livorno.it/WebRis/Art5.htm |
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