ALFONSO I D'ESTE (1476-1534)

e LE GUERRE DEI PAPI NEL TORMENTATO '500 (XVI sec.)

La Riforma e la controriforma e il crollo della Chiesa

«La Chiesa sta diventando per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa d'amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo»  J.Ratzinger.

 

Dal titolo non può trasparire appieno il sunto del nostro capitolo che sarà incentrato su Alfonso d'Este, le sue guerre (perdenti) contro i Papi dell'epoca (8) e alfine la vittoria a cui non fu estranea neanche la vicenda di Martin Lutero che, questa si, mise in ginocchio una contestata gestione della fede e del potere Papale. Alla fine dei conflitti la situazione politica e religiosa nelle corti europee del tempo (Germaniche, Anglosassoni, Nordiche) era radicalmente cambiata. Per saperne di più sulla controparte romana del cattolicissimo Alfonso è bene fare un piccolo excursus sulla figura di Leone X, papa dal 1513 al 1521 (ma parleremo anche di Giulio II Della Rovere il predecessore) in trono dopo Pio III (papa per 1 mese nel 1503) e i bellicosi Giulio II  (papa dal 1503 al 1513) e Alessandro VI Borgia (Papa dal 1492 al 1503) che gli aveva però anche dato in sposa la figlia Lucrezia (1502). Non si può raccontare il ciclo finale del rinascimento e la nascita del protestantesimo, ennesimo scisma nella chiesa, estraniandosi dal contesto come ha fatto la rivista di seguito indicata

   

Leone X

Alfonso I d'Este coi suoi amati cannoni

 

Leone X sarà seguito dai papi Adriano VI, olandese (1521/1523), Clemente VII, nato Giulio "Giuliano" ("de' Medici" come Leone guarda caso), papa dal 1523 al 1534 e Paolo III Farnese dal 1534 al 1549. Tutte le nostre vicende hanno luogo dopo la scoperta dell’America (1492) che molti storici non indicano come la fine del Medioevo ma il punto centrale o focale del Rinascimento. Sono di questi anni alcuni dei personaggi più noti del rinascimento come Leonardo da Vinci (1452-1519) - Michelangelo Buonarroti (1475-1564). Nicolò Copernico (1473-1543) - Ignazio de Loyola (1491-1556 Gesuiti) - Niccolò Macchiavelli (1469-1527) - Raffaello Sanzio (1483-1520), Mantegna morto nel 1506, Bramante (1444-1514) architetto della erigenda Basilica di S. Pietro e altri (vedi nota in calce).

La definizione di -Umanista- legata a Leone X o età dell'oro secondo altri "Roma tanto fioriva di prestanti ingegni di abbondanza incredibile di ogni cosa, rallegrata da una straordinaria benignità d'aria e di cielo !?, che si potè proprio dire che Leone X, dopo tanti secoli, fece rivivere l'età dell'oro" verrebbe dalla scelta prioritaria di svincolarsi dagli "atteggiamenti" bellicosi dei suoi due predecessori e dalla decisione di continuare l'opera della Basilica affidandola a Raffaello e a Giuliano da Sangallo (1445-1516) dopo la morte del Bramante. Entrambi moriranno però nel giro di pochi anni (Raffaello 1520- Sangallo 1516). Il "recente" passato del Papato era stato travagliato e oscuro e solo da 70 anni s'era chiuso il capitolo della cattività Avignonese che aveva visto ben 7 papi "ufficiali" fuori dalla sede naturale di San Pietro e altrettanti antipapi che riempiranno le "cronache" fino al 1437. In fatto di bellicosità poi vedremo che Leone e i suoi successori non furono da meno di chi li aveva preceduti nonostante i proclami. 

GLI ANTIPAPI

   

Niccolò V (Pietro Rainalducci),1328 - 1330
Linea di Avignone
Clemente VII (Roberto di Ginevra), 1378-1394
Benedetto XIII (Pedro de Luna), 1394-1423

Linea di Pisa 1409

http://it.wikipedia.org/wiki/Concilio_di_Pisa
Alessandro V (Pietro Filargo), 1409 - 1410
Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa),1410-1415
Clemente VIII (Gil Sanchez Munoz), 1423 - 1429
Benedetto XIV (Bernard Garnier), 1424 - 1429
Benedetto XIV (Jean Carrier), 1430 - 1437

 

Leone X nasce Giovanni De' Medici (Firenze: secondo figlio di Lorenzo il Magnifico) l’11 dicembre 1475 (un anno prima di Alfonso d'Este), .

Cardinale, in segreto, ricevette una istruzione umanistica, in cui ebbe per insegnanti, tra gli altri, anche il Poliziano. Tra il 1489 e il 1491 studiò teologia e diritto canonico a Pisa e da questo momento (1492) vestì anche l'insegna cardinalizia (ora) ufficiale pur non essendo neanche prete. Nel 1494, i Medici dovettero lasciare Firenze per l’improvviso scoppio d'una rivolta il cui motore principale era Fra Gerolamo Savonarola fustigatore del malcostume bruciato poi sul rogo il 23 maggio 1498 per condanna d'un tribunale della Repubblica fiorentina (non i Medici), a cui s'erano aggiunti due commissari apostolici di Papa Alessandro VI Borgia. I (tre) frati, dopo essere stati sconsacrati, furono impiccati e messi al rogo in piazza della Signoria. Le ceneri di Fra Girolamo furono sparse in Arno. * (vedi qui sotto a sx). Giovanni e i Medici in fuga da Firenze ripararono un po' qua un po' la e il "nostro" cardinale, dopo un periodo all'estero, si trasferì nel suo palazzo (oggi Palazzo Madama) a Roma. Obiettivo da cardinale (poi da papa), sconfiggere la mai morta Repubblica Fiorentina (spalleggiata dai Francesi di Luigi XII, propugnatori dell'ennesimo scisma detto di Pisa) e rimettere la famiglia in trono (1512). Eletto papa il 9 marzo 1513 divenne prete e vescovo nel giro di 4 giorni (pratica per altro consentita ma variata nel tempo: Qualsiasi maschio battezzato può essere eletto papa (cosa avvenuta rarissimamente) e se non ha ancora ricevuto gli ordini sacri gli vengono subito conferiti e viene consacrato vescovo) e potè quindi "accettare" l'investitura papale il 19.

DUCATO ESTENSE  

 

All'epoca "il ducato Estense era forse lo stato italiano meglio amministrato. I sudditi erano molto attaccati alla Casa d'Este e lo dimostrarono in più occasioni. Va aggiunto che con una capacità notevole in quelle che oggi si chiamano pubbliche relazioni i principi ferraresi curarono la distribuzione di grano ai cittadini in caso di carestia. I Ferraresi avevano appreso due cose essenziali per la saldezza dello stato: c'era sempre una buona provvista di oro utile per ogni evenienza: le fortificazioni e le difese naturali rendevano imprendibile la città. Un altro grande vanto del principe era che mai le sue truppe erano rimaste senza il soldo pattuito. Un altro merito degli Este fu la moderna sistemazione urbanistica della capitale primo esempio in Europa di pianificazione. Pur avendo costruito una città esemplare, gli Estensi non furono prodighi (spendaccioni) .. non si concessero mai a stravaganze come accadde a Roma e a Venezia.Clemente VII  Medici sposa Caterina de Medici a Enrico di Francia 1533 Celebre l'università cui accorrevano, perché pagati puntualmente, docenti illustri come il Guarini, Mainardi e Brasavola. da la Storia d'Italia di Pietro Bianchi

 

Clemente VII, il celebrante al centro della figura (ma c'è chi lo nega) unisce in matrimonio una Caterina de Medici di 14 anni !!! a Enrico (II) di Francia suo coetaneo,  perché questa era l'età in cui ci si sposava per contratto.

 

Alfonso I d'Este (1476-1534) duca di Ferrara, Modena e Reggio (succede al padre Ercole I, fratellastro di Borso*, nel 1505), devoto alla chiesa (Gonfaloniere) ma schierato quasi sempre coi francesi, viveva il suo ducato stretto fra la serenissima repubblica marinara Veneziana (oltre che di mare anche di terra !) lo Stato della Chiesa e gli altri stranieri che di volta in volta sceglievano le terre italiane per i loro confronti (nel caso sobillati da Roma). Il suo ducato come quello di Mantova  costituivano un passaggio quasi obbligato per scendere da Nord a Sud (o spostarsi da Est a Ovest). Alfonso d’Este nella guerra contro Venezia  (lega  di Cambrai 1509) riportò vittorie da ascrivere alle sue spiccate capacità personali in tema di armamenti. La pace conclusa però alle sue  spalle da Papa Giulio II portò a forti contrasti col Papato con relativa scomunica e perdita deliberata delle sue province emiliane (che effettivamente perse ma per ora solo Reggio città,  Modena città e Pianura perché il ribelle Frignano non  accolse a  braccia  aperte Giulio II).  Alleatosi con i Francesi, partecipò con le sue artiglierie alla battaglia di Ravenna (1512), contribuendo in modo ancora decisivo alla vittoria contro una lega Roma, Venezia, Spagna. La sospensione della "ammonizione" non impedì che perdesse Reggio ad opera del Duca d'Urbino.  Da notare che questi eserciti si spostavano passando su territori altrui  che sicuramente  consenzienti e correi. Carlo V (nato nel 1500 !!) che finora era rimasto silenzioso perché minorenne, dal 1516 !! eredita la corona di Spagna,  di Napoli  e della Sicilia, "vende" Modena al Papa e libera da feudo imperiale Ferrara  che potrebbe "al caso" (eredità dinastiche) tornare ai Papi. C'era di che stare allegri. Nel 1521 spagnoli e pontifici piegavano  i ribelli del Frignano, la Garfagnana,  Lugo di Ravenna, ecc.

- *Borso, figlio naturale di Niccolo III d'Este (1383-1441)(per i molti figli naturali così di diceva di lui "di qua e di là dal Po son tutti figli di Niccolò" l'elenco è troppo lungo da stendere), il 18 maggio 1452 ricevette i feudi imperiali di Reggio e Modena (già loro dal 1288) dall'Imperatore Federico III come duchi e non più come marchesi. Borso non era nella lista come illegittimo ma scavalcò Leonello il designato e tutti gli altri. Il 14 aprile 1471 il papa Paolo II li nominava (gli Estensi) anche duchi di Ferrara.

Borso, non avendo figli ebbe come successore il primogenito vivente legittimo di Nicolo III, Ercole I (1431-1505) i cui figli
Isabella -  sposa Francesco II Gonzaga marchese di Mantova
Beatrice - sposa Lodovico Sforza detto il Moro Duca di Milano.
Muore a Milano nel 1497 per parto. E a questo periodo che si deve il passaggio alla corte di degli Sforza di artisti come Niccolò da Correggio, Baldassarre Castiglione, Bramante e Leonardo da Vinci che affresca l'Ultima Cena al convento di S. Maria delle Grazie.
Alfonso I - Duca di Modena
Ferrante - Capitano del Re di Francia poi cospiratore morirà in prigione

Giulio - figlio naturale cospiratore pure lui passa in carcere con Ferrante 34 anni (1540) e gli sopravvive per altri 19.
Ippolito I- Cardinale
Sigismondo - signore di S. Martino in Rio, Campogalliano, Castellarano.

     

-A Roma Iddio nun è trino, ma quattrino

-Chi a Roma vvò gode s'ha da ffa frate (o prete)

-Er mejo poso è sempre quello del prete

-Fa quel che er prete dice e nun quer che fa

-De tutti li cristiani li peggio so l'italiani, e fra questi li romani

 

Nota del sito: Lega di Cambrai - La guerra - Nel 1503 molte e importanti città costiere della Romagna avevano chiesto ed ottenuto la "dedizione" alla Repubblica di Venezia. Papa Giulio II, furioso per il rifiuto di Venezia a restituirle istigò le principali potenze europee a dichiarare guerra a Venezia e il 10 dicembre 1508 queste si trovarono a Cambrai. Per tutta la durata del conflitto tra il 1509 e il 1516 a scontrarsi furono Francia, Papato e la Repubblica di Venezia cui si affiancarono, in tempi differenti, quasi tutte le maggiori potenze  dell'epoca, come la Spagna, l'Impero Tedesco, l'Inghilterra, la Scozia, l'Ungheria, il Ducato di Milano, Firenze, il Ducato di Ferrara, il Ducato di Urbino e i cantoni Svizzeri !!!! alla loro solita maniera come mercenari.

" Io non taccio nel nome di Savonarola"   Martin Lutero

*Una recente piece teatrale di Don Andrea Gallo con questo titolo ripercorre le prediche del domenicano ferrarese contro i potenti (all'epoca i Medici ma fu anche loro amico o alleato quando voleva farsi un suo ordine monastico toscano) e contro la chiesa che alla fine decise la sua condanna per eresia. Suo il famoso "Falò delle Vanità". che bruciò molta letteratura del tempo e antica (si dice anche quadri del Botticelli ritenuti osceni) precursore dei falò nazisti in cui si sfruttava il momento per bruciare i libri "Ebrei" (poi gli Ebrei). Naturalmente le prediche si scagliano contro il malcostume, la tirannia, l'asservimento dell'Italia allo straniero e la chiesa di cui lui (Savonarola) come Don Gallo erano adepti. Se a Savonarola poteva essere riconosciuto la svista di associarsi ad una religione che era quella che era dopo secoli d'abbandono (ma costui era molto più intelligente di quanto non si creda), così non a Don Gallo che per la sua cultura e i suoi studi dopo 500 anni di ostracismo sapeva benissimo in che esercito s'era arruolato. Oggi poi sicuramente secondo la tradizione "revisionista" disconosce anche la responsabilità della Chiesa nella morte di Fra Girolamo Savonarola, nella condanna di Galileo etc.etc.... Partito prendendosela con Berlusconi ha dovuto nel tempo virare su Monti e se ha tempo da vivere ne avrà tanti altri su cui virare. Nella sua lunga vita penso abbia visto ben altro dentro e fuori il suo piccolo  mondo. Resta il fatto che Savonarola per i Luterani è un profeta (se non un santo ma loro non li hanno così evitano anche le cantonate) e per i cattolici ultimamente è quasi santo !!!. "mala tempora currunt" se è valido il tutto e il contrario di tutto. Dovrebbe essere il primo santo elevato agli altari da quelli che lo hanno ucciso.

 

L'altro grande invitato di pietra del periodo, per ora in secondo piano, è Martin Lutero (1483): Dopo un suo viaggio a Roma (1510) non gli ci volle molto, con i Papi elencati, passati e presenti, a farsi una idea del governo romano della chiesa o di cosa fosse la fede nel "soglio di Pietro". In quel soggiorno di 4 settimane fu colpito dalla scandalosa ignoranza e superstizione del clero e dalla mondanità (nel senso che andavano molto le mondane) dei cardinali. Da questo momento un vero e proprio terremoto prese corpo nella sua tedesca mente razionale fatta di scritture sacre e di lunghi studi filosofici (le sue 95 tesi pubblicate anni dopo). Quella di Lutero era una religiosità cupa e drammatica (era di estrazione povera) dove, sulla scia di Sant'Agostino, fortissimo era il senso del peccato (e il suo viaggio non gli recò alcun conforto), "Dio gli era nemico ?". Divenuto dottore in teologia e iniziato l'insegnamento (1513), trovò la soluzione al problema che lo assillava mentre commentava per gli studenti le ”Lettere di S. Paolo” , e soprattutto quella "ai Romani" , dove proprio nel primo capitolo si poteva leggere questa frase : " il giusto vivrà per fede " (San Paolo, Romani: I, 17). Era convinto che il Paradiso non poteva essere guadagnato a suon di tasse o indulgenze (sterilizzando il peccato alla Mastro Lindo). Portando alle estreme conseguenze il suo pensiero, condannò lo stesso primato papale cosa che impedì qualsiasi ravvicinamento e dichiarò che la Sacra Scrittura era l’unica norma di fede. 

 

A tal uopo interrompo il racconto per lasciarlo al vero autore di questo capitolo,  Don Mauro Tranquillo, che in una mini biografia su Leone X nella rivista  "Il Ducato Terre Estensi" n.34/2010. così lo definiva -L’uomo giusto al momento giusto.-Di lui, Leone X, gli avversari diranno che quando divenne papa, a soli 37 anni abbia detto a suo cugino Giulio de Medici futuro papa Clemente VII : «Poiché Dio ci ha dato il Papato, godiamocelo» e in questo senso si dipana la vita di Leone al contrario di quella dei nemici che fece di tutto perché non se la godessero

 

Il contenuto di questa pagina è stato portato a conoscenza della Editrice di Ducato Terre Estensi e dei redattori e autori. Non rileviamo ad oggi, dicembre 2012, alcun riscontro (note del redattore del sito a lato. Testo originale in campo azzurro scuro.

Leone X - L’uomo giusto al momento giusto

     
Lo studiolo di Lutero (Stube)

«Essere neutri permette di dettar legge (ordine) a tutti senza riceverla da nessuno» Leone X

 

Estratti e brani  dell'opera ..pag 5 e segg

 

 

pag 5 e segg ...  Molti hanno voluto vedere in Leone X un uomo inadeguato al suo alto incarico, un fenomeno disastroso per la storia della Chiesa, incapace di affrontare da subito il protestantesimo. Vedremo quanto tale opinione sia infondata: egli fu l'uomo giusto al momento giusto. Il suo pontificato rappresenta un momento cruciale nella storia della Chiesa: è l'ultimo Papa a vedere l'Europa interamente cattolica, la "supremazia culturale" di Roma è al suo apogeo, la politica papale si rivela fruttuosa. Il problema Lutero è ancora solubile alla morte di Leone X. Dopo di lui la situazione precipiterà, per l'inadeguatezza dei suoi successori immediati. Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, diventa Cardinale Diacono a 14 anni, nel 1489 (anche se gli sarà concesso di portare le insegne solo un paio di anni dopo) grazie ai buoni rapporti di suo padre con il Papa allora regnante, Innocenzo VIII Cybo.

ELEZIONE E CARATTERE DEL PAPA pag 7

Il 21 febbraio 1513 moriva Papa Giulio II, e 25 Cardinali (esclusi i quattro cardinali scismatici deposti per aver sostenuto il conciliabolo  di Pisa; vedi sotto a lato) entravano in conclave il 4 marzo. L'11, dopo alcune incertezze, la quasi unanimità eleggeva Papa Giovanni de' Medici, che prendeva il nome di Leone X. Aveva appena 37 anni, come Innocenzo III, ed era solo Diacono (come molti suoi predecessori). Il 15 marzo fu ordinato prete, il 17 Vescovo. Il 19 ebbe luogo l'incoronazione in San Pietro (una carriera fulminante non eguagliata neanche nella prima repubblica italiana). Il suo carattere corrispondeva al suo aspetto: dolce, sempre affabile, amante dello scherzo, restio alle decisioni energiche, evitava di esporsi al pericolo, temporeggiando nella speranza che le cose potessero aggiustarsi da sole, senza dover prendere partito. Giulio II lo chiamava "Vostra Circospezione". Vi era certo una gran parte di prudenza e saggezza in tutto questo, che tuttavia era anche il frutto di una certa apatia, del disinteresse per le cose "serie", del desiderio di piacere a tutti. Com'era naturale, il governo di Firenze era indirettamente nelle sue mani, gestito prima dal fratello minore Giuliano (che aveva creato Capitano della Chiesa) e poi, alla morte di questi, dal nipote Lorenzo, la cui prematura scomparsa (1519) fu un grande dolore per il Papa. Fece Cardinale il cugino Giulio (futuro Clemente VII), figlio illegittimo (e postumo) dello zio Giuliano.....

-  Evito al lettore ulteriori ennesime crudeltà dei divertimenti della corte Papale, a fianco enunciati, citando  solo il pezzo in cui si fanno correre, per divertimento del papa, cavalli, asini, vecchi, giovinetti e giudei che dovevano essere, questi ultimi, i più amati dal Papa. Da altra fonte ricavo che .. gli anni di questo Papa furono davvero l'età dell’oro (nel senso letterale della parola), ed il banchetto rappresentò il momento della massima  esibizione  del potere.  Le cronache del tempo sono piene di questi eventi, attesi dal popolo come occasione per mangiare gli avanzi dei potentati. Il banchiere Agostino Chigi, dopo ogni portata soleva far gettare  nel Tevere,  tra le esclamazioni di stupore della folla, le stoviglie d'argento appena utilizzate (ma le ripescavano)

 

Lascio qui le piccolezze dell'epoca per passare ai divertimenti di un Papa come li racconta sempre Don Tranquillo.

pag. 10….. Che egli amasse le cose belle, e non badasse mai alle spese, è certo, poiché possediamo i libri di conto del Papa, tenuti scrupolosamente dal suo tesoriere, Serapica. Non esitava a spendere per comprare le più belle stoffe, dai velluti ai damaschi passando per le pellicce: a titolo di esempio un pellicciaio francese, nel 1519, gli forni duecento zibellini, cinquecento ermellini, ventisei lupi e altre pellicce per 200 ducati di spesa. Nei suoi viaggi trasportava un letto il cui baldacchino era in broccato giallo e argento, il fondo in broccatello, il frontale in broccato, il resto in stoffe tessute d'oro con lo stemma di famiglia (le 6 palle). Non minore era il suo amore per i gioielli. Ma l'attività che in assoluto il Papa amava di più era la caccia. Si recava intorno al lago di Bolsena, dove si poteva anche pescare, o verso Corneto, alle foci del Tevere, ma soprattutto alla Magliana, luogo all'epoca selvaggio tra il fiume e le basse colline, dove sorgeva la villa di caccia dei Papi. Spesso passava tutto l'autunno alla caccia, poi tornava verso l'inizio del nuovo anno.

Gli ambasciatori dovevano spesso raggiungerlo nei boschi. Leone X cacciava con i cani, con i falchi e perfino con il leopardo, sport costoso che tendeva a scomparire ma che il Papa teneva molto a mantenere, ultimo tra i sovrani d'Europa. Nel 1515 prese energiche misure contro i bracconieri a suo dire responsabili della diminuzione della selvaggina. In realtà ne erano causa le (sue) enormi battute. Cardinali e prelati lo accompagnavano. Il seguito era immenso, ogni Cardinale portando con sé anche centinaia di persone, più "la canaglia" (i cani). Tutti erano alloggiati in modo piuttosto rudimentale, «ma se il servizio era pessimo, il divertimento era grande». Il seguito del Papa era ovviamente numerosissimo…La sua muta contava nel 1519 sessantotto cani; comprava falconi fino a Creta, e bestie da caccia erano il regalo più comune dei sovrani europei al Papa. Si uccidevano le bestie con ogni tipo di arma, mai però con armi da fuoco. Il Papa collezionava anche animali: nei giardini del Vaticano si trovavano dei leoni, un orso, dei pappagalli, i primi tacchini, fagiani, pavoni bianchi e il famoso elefante Arnone, amatissimo dai romani, esotico dono del Re del Portogallo, addestrato a fare le tre genuflessioni rituali davanti al Papa e a spruzzare acqua sulla folla. Banchetti, buffoni e scherzi …

- L'unico eccesso che macchiò il suo proposito di non favorire nessuno  !! (ricordare questa espressione) fu il tentativo di "far fuori" il Duca d'Urbino nipote di Papa Giulio II (della Rovere nipote di un altro Papa Sisto IV) a favore della sua casata.

La lista poi di quelli che favorì fatta da Don Tranquillo (non da me) si allunga. Le ostilità tra Francesi e loro alleati in Italia (Este) contro tutti gli altri erano ancora aperte nel Nord Italia. Abbiamo visto come il Papa avesse temporaneamente assolto il Duca Alfonso, perdono che divenne presto definitivo !!! (concetto altrettanto vago nel rinascimento). Le sue alleanze come diceva Leone «Essere neutri ....»(vedi più sotto) non gli impedì di dichiarare guerra ai Francesi con la "Lega dei Germanici" (Sacro Romano Impero), Inglesi, (ci si aggiungono anche gli Spagnoli) e Svizzeri, con questi ultimi che sconfissero Luigi XII di Francia a Novara il 5 giugno 1513. Il Papa poteva dunque essere sicuro di mantenere Parma e Piacenza, facendo anche il mediatore tra Venezia (che aveva appoggiato in un primo tempo la Francia) e l'Imperatore Massimiliano.

 

Don Tranquillo stralci pag 14 sul sisma luterano….Molti miti sono da sfatare. Evidentemente non si trattava di "vendita" di indulgenze, ma di un'offerta per la costruzione della nuova San Pietro (buona opera) cui era legata un'indulgenza (warrant come si direbbe in Finanza), secondo la dottrina della Chiesa all'epoca già ben definita. Alberto di Brandeburgo, Arcivescovo di Magdeburgo, e amministratore di Halberstadt era stato eletto i1 9 marzo 1514 anche Arcivescovo Grande Elettore di Magonza. Ora era un cumulo di cariche inusitato, e Roma esitava ad accettare; tuttavia l'idea di mettere dalla propria parte l'Arcivescovo Elettore e i suoi parenti ugualmente Principi Elettori di Brandeburgo faceva gola al Papa, che era in pieno dilemma per la scelta del futuro Re dei Romani. Fu così che il Papa concesse la dispensa e lo nominò a Magonza, chiedendo però oltre alle solite competenze di 14.000 ducati anche una composizione di altri 10.000 ducati. Alberto chiese un prestito a Jacob Fugger, il banchiere, che glielo concesse; per facilitarlo ai pagamenti, il Papa gli concesse di pubblicare nelle sue diocesi e nelle terre della Casa di Brandeburgo l'indulgenza per chi contribuiva alla costruzione di San Pietro con il patto che metà del ricavato sarebbe andato alla Fabbrica della Basilica, e metà a coprire il debito. La predicazione dell'indulgenza fu affidata al domenicano Tetzel, uomo di sana dottrina, il cui unico difetto era di predicare per certa l'opinione teologica secondo la quale non era necessario essere in stato di grazia per acquistare le indulgenze in favore dei defunti. Per dire il vero, solo una piccola parte dei debiti di Alberto poté essere saldata con tale predicazione. Fu questa l'occasione per il professore di Wittemberg (Lutero) di pubblicare le sue 95 tesi, il 31 ottobre 1517, primo segno della sua rottura (internamente già consumata) con la Chiesa….

Le guerre del Papa contro gli Este

Questo era dunque lo "scintillante" clima cultural/culinario del tempo con il popolo che a malapena sopravviveva. La Roma di fine '400 era solo un ricordo dei vecchi fasti imperiali. Antiche rovine ovunque di una città che era arrivata a 1 milione di abitanti per farne calce e case. La città contava ora poco più di 50.000 abitanti e la fabbrica di S. Pietro era ancora alla fase progettuale, ma non la Cappella Sistina finita nella volta (il Giudizio Universale fu però realizzato dopo tra il 1536 e il 1541) così come le pareti a cui lavorarono il Perugino, Botticelli, Signorelli, Ghirlandaio ....etc.     segue sotto la Roma del Sacco..

Il nepotismo: Leone e i nipoti cardinali

Leone X  (Firenze, 11/12/1475 – Roma, 1º dicembre 1521)

 

pag 17…..Il 16 aprile 1521 (Leone X muore in dicembre) Lutero compariva davanti a Carlo V a Worms, rifiutandosi di ritrattare. Il 12 maggio, grazie all'Aleandro, l'Imperatore nell'Editto di Worms metteva Lutero al bando dall'Impero, cioè nella condizione di poter essere arrestato ovunque si trovasse. Ma egli era già al sicuro nelle terre del suo amico Elettore di Sassonia. Il naufragio pratico della condanna di Lutero è da attribuirsi non quindi alla negligenza del Papa, ma alla cattiva volontà dei principi tedeschi, alla debolezza di Carlo V che non osava imporsi alla Dieta e certo anche al tradimento di Federico di Sassonia, che pure il Papa aveva sostenuto in numerose occasioni. Abbiamo visto come il Papa avesse sospeso le censure che gravavano sul Duca Alfonso all'inizio del suo pontificato. I rapporti con Ferrara erano legati a quelli con la Francia (di cui gli Este erano tradizionalmente alleati), e ai conseguenti equilibri di potere. Il Duca dalla sua capitale Ferrara poteva lamentarsi con l'Imperatore che, nonostante i patti conclusi dopo l'invasione francese, il Papa occupasse sempre Reggio (che era stata annessa da Giulio II) e anche Modena (che lo stesso Papa Giulio aveva occupato nel corso delle operazioni belliche).

Ma Leone non aveva affatto abbandonato le mire del suo predecessore su Ferrara, benché non lo dicesse con la stessa virulenza; né mancavano al Papa i pretesti per nuocere a Ferrara: in particolare l'affare delle saline di Comacchio (FEUDO IMPERIALE CONTESTATO), che nonostante la proibizione del Papa il Duca continuava a sfruttare, facendo concorrenza a quelle di Cervia, gestite da Agostino Chigi (Il Cardinale) e che apportavano al Papa 50.000 ducati l'anno. .. pag 17...Nel giugno 1519 si era spenta in seguito a parto (difficile) la Duchessa Lucrezia Borgia (moglie di Alfonso); poche settimane prima ella aveva fatto chiedere al Papa, con una lettera commovente consegnata dall'ambasciatore ferrarese in Vaticano, Alfonso Paolucci, un'indulgenza plenaria per tutte le sue colpe. L'ambasciatore narra il suo incontro con il Papa: esposto il caso, Leone avrebbe detto con compiacimento: "Ah, la è gravida?" (toscano), e dopo la spiegazione del precario stato di salute della Duchessa e l'esposizione della richiesta di questa speciale benedizione, Leone avrebbe concluso ''Ne piace, Dio la conservi", tracciando nell' aria il segno della croce (infatti morì). Verso la fine dello stesso anno, in settembre, il Papa pensò di approfittare di una malattia del Duca Alfonso e di un'inondazione del Po, che aveva fatto crollare una parte delle mura, per attaccare direttamente la città capitale. Cominciò così ad ammassare truppe nella regione adiacente a Ferrara, fino a 7.000 uomini tra Svizzeri e mercenari. Non abbastanza per prendere la città di forza, ma abbastanza per smantellare le mura con la giusta dotazione di denaro e artiglieria. La fortezza della Mirandola (in provincia), conquistata da Giulio II (a suo tempo), si riempiva d'armi e munizioni; il Duca temeva d'essere coinvolto da false testimonianze nell' affare del ducato d'Urbino, dando così al Papa un'occasione per dichiararlo traditore. Intanto il Vescovo Alessandro Fregoso aveva messo i suoi 2.000 mercenari a disposizione del Papa, e si pensò di prendere il borgo di Concordia, presso la Mirandola, tenuto da dei vassalli degli Este. Tuttavia l' assalto si rivelò infruttuoso, e quindi anche l'idea di attaccare una città ben più difesa come Ferrara fu messa da parte. Temendo che le truppe di Fregoso sconfinassero, Alfonso aveva fatto riparare la muraglia e rompere il ghiaccio nei fossati che avrebbero reso facile il passaggio.

     
nota.A La nomina dei Vescovi è sempre stato un passaggio cruciale e controverso della storia della chiesa e della “politica” vaticana. Si fa risalire a Carlo Magno la nomina personale dei vescovi quando questi li investì di feudi, che non essendo ereditari, prima o poi riportavano il lascito feudatario in mano al sovrano che poteva disporre a favore di nuovi amici e alleati. Aveva fatto ciò perché i suo feudatari trasmettendosi il titolo di padre in figlio si svincolavano dal rapporto personale fiduciario col Re e Imperatore che era stato la base del sistema. La lotta per le investiture si concluse (sembrava concludersi) col concordato di Worms (1122), stipulato tra Callisto II ed Enrico V, e ispirato all'idea di Ivo di Chartres della doppia investitura: alla Chiesa spettava quella spirituale della cura delle anime con la consegna del bastone e dell'anello; al sovrano spettava quella temporale con la concessione dei beni feudali e delle “regalie”.    Il Sacro Romano Impero (SRI) e Lutero

Occorre a questo punto fare uno stop per capire di cosa si andrà a parlare e se la reazione di Lutero (cui si è accennato prima) e la controreazione di Leone X, era necessaria o no, evitabile o inevitabile, reparabile o irreparabile. Il Sacro Romano Impero (SRI) (Heiliges Römisches Reich (HRR), in latino Imperium Romanum Sacrum (IRS)), dal 1512 per decreto cambia nome in Sacro Romano Impero della Nazione Germanica (in tedesco Heiliges Römisches Reich Deutscher Nation, in latino Imperium Romanum Sacrum Nationis Germanicae) anche se ormai tedesco lo era già da molto. Dal 1273, dopo il periodo dell'interregno, si codificarono, prima nell'uso comune, e poi de jure con la Bolla d'Oro del 1356 emessa dal Reichstag presieduto dall'Imperatore Carlo IV, la natura elettiva della carica imperiale, ponendo fine al controllo diretto del papato sull'Impero . Si decretarono anche le modalità d'elezione del sovrano del HRRDN, che venne scelto da sette Principi Elettori, di cui tre ecclesiastici !!! e quattro laici. La serie cominciava con un Rodolfo I Langravio di Turgovia della casata degli Asburgo dal 1273 al 1291. Carlo V, qui spesso citato, era un Asburgo. Nel 1438 la corona imperiale passava definitivamente nelle mani degli Asburgo che in una lunga trafila è arrivata fino agli anni di Napoleone con un breve interregno all'epoca in cui salì al trono d'Austria una donna, Maria Teresa, che non poteva fare, per la legge salica, anche l'imperatrice del Sacro Romano Impero della nazione Germanica. Il problema si risolse nominando Imperatore il marito Francesco I granduca di Toscana della casata dei Lorena. per sommi capi http://classelime.altervista.org/PDF/LA_RIFORMA_PROTESTANTE_E_CATTOLICA.pdf  

L’investitura della chiesa naturalmente seguiva quella del clero locale di fatto sostituito dal capitolo della cattedrale (l'insieme del clero della cattedrale), con successiva approvazione del resto del clero. In Germania alla riunione del Capitolo presenziava il Re, per evitare discussioni. Di fatto, i re in Germania dirigevano le elezioni dei vescovi. In Francia poi coi movimenti di una chiesa nazionale  (gallicanesimo) si limitava ulteriormente il potere di Roma sulla nomina. I vescovi francesi affermavano che la Chiesa di Francia doveva riacquistare le sue antiche libertà contro le esazioni papali. E dopo la presa di posizione dei Concili di Costanza (1415) e soprattutto di Basilea (1438) a favore del conciliarismo (Assemblea come nocciolo di democrazia?), cioè della superiorità dei concili sul papa, Carlo VII convocò a Bourges nel 1438 il clero francese, che nella famosa Pragmatica sanctio sostenne la posizione conciliarista e quindi autonomista. Con il concordato del 1516 tra Leone X e Francesco I il papa ottenne che venisse abrogata la Pragmatica sanctio del 1438. Ma dovette concedere al sovrano la potestà di nominare i vescovi. Viene detto testualmente nel concordato, a giustificazione di tale concessione, che il re provvederà alla nomina dei vescovi “per nos”, cioè per il papa, cioè per una sorta di concessione che la Chiesa fa allo stato. Tutto questo ormai stava accadendo alla vigilia dello scisma.

 

Lo scisma di Pisa (Luigi XII vedi sotto) finirà col voltafaccia di 2 dei 4 cardinali non presenti alla sua elezione. Una calata Francese in Italia non prevista portò a una sconfitta della coalizione e alla perdita di Parma e Piacenza per il Papato, ma con in tasca un concordato (Bologna 18/8/1516) che ribaltava la vecchia “Prammatica” con la quale il Re di Francia nominava i vescovi e da qui in poi li avrebbe proposti salvo il benestare del Papa

 

 Napoleone poi cancellò questo sorpassato istituto che di potere effettivo (era carica onorifica) aveva ben poco. Il titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica era riconosciuto allora da una serie di regioni e stati, sia Italiani che Tedeschi , ma anche da regioni oggi francesi (Borgogna) e polacche e ufficialmente era elettivo. L'imperatore, re dei Germani ma prima dei romani (l’origine del titolo discende da Carlo Magno e voleva essere la continuazione della difesa della civiltà cristiana), deve essere eletto dai membri del Collegio dei Principi Elettori (Kurfursten) o Grandi elettori http://it.wikipedia.org/wiki/Principe_elettore , composto da sette membri, tre ecclesiastici A-nota a sx (gli arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri) e quattro laici (il Re di Boemia), l'elettore di Sassonia, il Conte palatino del Reno ed il Margravio del Brandeburgo) secondo la formula della bolla d'oro del 1356. Il protocollo vuole che l'arcivescovo di Magonza, nella sua qualità di arcicancelliere dell'Impero, presieda il collegio, interroghi gli Elettori riguardo alla loro decisione, secondo un ordine ben definito: primo l'arcivescovo di Treviri, quindi quello di Colonia, poi, nell'ordine, il Conte Palatino, il Margravio di Brandeburgo, il Duca di Sassonia e il Re di Boemia. L'ultimo voto (spesso quello decisivo) spetta a lui per fare maggioranza. Il candidato, anche non tedesco, diviene "Re dei Romani" prima di essere eletto imperatore. La conferma papale non è più necessaria. I Principi elettori, diventano i "Consiglieri permanenti del regno". Nonostante il principio elettivo, gli imperatori, dal ‘400, designeranno sempre il loro successore durante il regno, investendo in genere il figlio o uno dei parenti più stretti aprendo così la via a una ereditarietà dinastica su un titolo ormai svuotato del suo spirito. Di fatto, poi si vedrà, saranno sempre gli Asburgo (con il breve intermezzo bavarese di Carlo VII di Wittelsbach (1742-1745)) ad assumere il titolo da aggiungere al loro già più che blasonato. La protezione austriaca della fede si protrasse così fino al 1849 e non mi risulta fosse poi tanto disprezzata. Non esiste una capitale del S.R.I, non esiste una corte. La realtà tedesca germanica (ora in gran parte protestante) ha inoltre il difetto di avere, si dei grandi elettori, ma di avere altre centinaia di piccoli e grandi ducati, regni, città stato etc (alcuni piccolissimi di poche miglia quadrate ma erano 360 !!  e le città libere erano 51!!!) in lite e in guerra tra di loro per problemi interni. Federico III d'Asburgo (Innsbruck, 21/9/1415- Linz, 19/8/1493) fu eletto Re dei Romani quale successore di Alberto II nel 1440. Col titolo di duca d'Austria divenne Federico V (1424), Federico IV come re tedesco e infine Federico III con l'incoronazione ad imperatore del SRI. C'era di che confondersi. Il figlio Massimiliano, che gli era succeduto nel 1493 e che sarà imperatore fino al 1519, sposa la figlia del Duca di Borgogna (Francia) che si aggiunge ai suoi possedimenti. Alla sua morte diventa imperatore il nipote Carlo V Duca di Borgogna, per definizione l'uomo sul cui “impero non tramontava mai il sole” grazie anche alla corona spagnola ereditata dal padre Filippo il Bello marito di Giovanna la Pazza, erede di Castiglia e d'Aragona. Massimiliano emana nel 1495 un "Editto di Pace Perpetuo" !! con il quale proibisce le guerre private; successivamente crea il Tribunale Supremo dell'Impero, vera corte d'appello per le sentenze o i giudizi emanati da principi e città libere.

 

Ora non entro, come fa Don Tranquillo, in chi aveva o vantava diritti, ma noto come nota lui che Francesco I di Francia avrebbe cercato di comprare l’elezione a Imperatore con una forte somma, somma che Carlo V, giovinetto ma non stupido, triplicò. Tutto questo quando era ancora in vita Massimiliano. Per giunta sempre non interessandosi alla questione il Papa stringeva accordi segreti prima con l’uno poi con l’altro dei contendenti (non si sa mai). Alla morte di Massimiliano nel 1519 da Roma partì la famosa indulgenza a pagamento che aggiunse legna al fuoco della protesta di Lutero che rese così pubbliche le sue 95 tesi.

    La Roma di Ferdinand Gregorovius (1821/1891)

Italia del nord nel 1494 la Serenissima, Milano, Mantova,Estensi (Modena e Ferrara), Firenze,Lucca, Siena, Genova...

 

http://digilander.libero.it/almightydaniel/chiesafede/terre_del_papa.html
“era tutto un grande teatro e il Papa (Leone X) sembrava il tribunus voluptatum dei romani, quando si mostrava in Vaticano attorniato da una torma di musicanti, attori, ciarlatani, poeti, artisti, cortigiani e parassiti”. Un mondo così corrotto che le feste religiose erano diventate dei baccanali…Il clamore degli adulatori e dei cortigiani non può più trarre in inganno l' opinione dei posteri, che devono dissociarsi da queste esaltazioni di Leone X e rifiutarsi di collocarlo tra i grandi uomini della storia. Egli ereditò il papato così come lo avevano forgiato e tramandato i Borgia e i Della Rovere e vi aggiunse quella perfetta arte diplomatica medicea nella quale era maestro. Questo sistema dell'intrigo larvato, dell'ipocrisia e della ambiguità politica, lo lasciò poi a sua volta ai suoi successori facendone quasi un patrimonio dogmatico della Santa Sede nel suo aspetto temporale….Quanto alla Chiesa, Leone X la lasciò nell' abisso della rovina. Immerso in piani di splendore e di magnificenza, in abbandoni estetici, egli non mostrò neppure la più superficiale comprensione per la crisi della Chiesa. Inebriato dalla sua magnificenza, godette in lei tutta la grandezza e la pienezza della potenza spirituale come una felicità abbracciante il mondo: il papato era immerso nel suo godimento come l'impero di Roma. Non comprese il suo dovere cristiano, perché, come tutti i papi della Rinascenza, egli confuse la grandezza dei papato con quella della Chiesa, e questa falsificazione romana dell'ideale cristiano, il più lungo e il più terribile degli errori dei papi, generò la Riforma tedesca. Alla sua morte, con la Chiesa ridotta in così male che Baldassar Castiglione ebbe a dire che a descriverla come era nessuno vi avrebbe creduto, ci si rese conto che le finanze erano disastrose e che Leone si era venduto tutto, le tiare, le mitre, gli arazzi, i gioielli, i preziosi e financo le posate d'argento".

I concili di Pisa 1409-1511    

Alla serie di alleanze concluse in funzione antifrancese Luigi XII di Francia oppose il Conciliabolo di Pisa (1511) che tentò di far deporre papa Giulio II, il quale a sua volta gli oppose la Lega Santa (1511-13). Il Conciliabolo era una assemblea ecclesiastica convocata ad iniziativa di Luigi XIII (1462/1515) in risposta a Giulio II, che aveva lanciato l'interdetto contro lui e contro Alfonso d'Este. Il tentativo però, non ebbe successo. Gli intervenuti furono pochi e quasi esclusivamente francesi: 7 cardinali e circa una 30ina fra vescovi e abati. Essi dichiararono la superiorità  del concilio sul Papa,  ma Giulio II  li colpì  con la scomunica. Trasferite  le sedute a Milano,   poi ad Asti, l'assemblea si sciolse a Lione. L'anno dopo i dissidenti fecero atto di sottomissione al papa nel   Concilio Lateranense (1512)  e a  Luigi XII non rimase che incassare la sconfitta. Era questo a distanza di 100 anni il secondo concilio pisano a forte connotazione scismatica. Quello del 1409 fu convocato dalla maggior parte dei cardinali della Chiesa, in quel periodo divisa in "obbedienza romana" ed "obbedienza avignonese".  Questo concilio, nato per superare tale divisione, in realtà non fu mai riconosciuto dalle due "obbedienze" e finì per creare un'ulteriore divisione all'interno della Chiesa cattolica, la cosiddetta "obbedienza pisana".

 

Quando il grande viaggiatore e scrittore francese Michel de Montaigne qualche anno dopo il periodo da noi raccontato visitò Roma (1580) rimase impressionato dallo straordinario livello di violenza nelle strade in confronto alla Venezia da lui appena lasciata. Negli anni ’60 e ’70 del 500 a Roma si verificavano giornalmente due o tre casi di lesioni corporali, negli anni ’80 persino quattro casi al giorno in una città che (dopo il sacco del 1527) era risalita a ca. 80.000 abitanti. Durante il carnevale e nei periodi di Sede Vacante (cosa usuale) la media saliva a cinque delitti violenti al giorno: nel caso estremo della  Sede Vacante, dopo la morte di Pio V nel maggio 1572, si giunse a 114 atti violenti (aggressioni) in 13 giorni  (54 dei quali letali). 

 

IL SACCO DI ROMA DEL 1927 - GLI SVIZZERI E I LANZICHENECCHI

Gli svizzeri (mercenari che spesso si trovavano a combattere su due fronti opposti in contrasto con le licenze dei propri cantoni d'origine non ancora investiti dalla riforma PROTESTANTE che sarà causa di conflitti interni per secoli), in genere, concepivano la guerra come un'emigrazione temporanea, una prestazione occasionale, estiva, perciò, partecipavano a guerre brevi (ma importanti) e tornavano a casa a passare l'inverno con il "soldo" e/o il bottino di saccheggio: la divisione calvinista o luterana spaccherà anche all'interno della Svizzera quella unità d'intenti che caratterizzava il piccolo paese montanaro. Questa ricchezza improvvisa, pagati da Re cristiani per uccidere Re cristiani, lascerà il segno anche nella scia del riformismo religioso svizzero. La facilità dei guadagni e le idee pagane dei nuovi tempi, così come l'esempio che veniva dalle corti europee, avevano mutato l'animo dei Confederati; coscienza religiosa e fedeltà erano scadute, contese e delitti aumentavano, la smania del lusso e dei piaceri aveva preso le stesse classi popolari vissute da sempre in dignitosa povertà.  L'immenso bottino di Borgogna (come la scoperta dell’Oro delle americhe) aveva sconvolto i placidi pascoli di Heidi: persino fra i contadini si diffondeva la bramosia dei facili guadagni mediante il "mestiere delle armi".

     

  Francesco Guicciardini, nella sua Storia d'Italia scrive dei lanzichenecchi tedeschi, versione più truce degli svizzeri, durante il Sacco di Roma del 1527: « Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de' santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de' loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiungendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de' soldati (che furono le cose più vili) tolseno poi i villani de' Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna, che arrivò (credo) il dí seguente, salvò molte donne fuggite in casa sua. Ed era fama che, tra denari, oro, argento e gioie, fusse asceso il sacco a più di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore. ».

“Bastardo sodomita, per i tuoi peccati Roma sarà distrutta. Confessati e convertiti, perché tra 14 giorni l’ira di Dio si abbatterà su di te e sulla città” Queste parole risuonarono lugubri il 18 aprile del 1527, mentre dalla loggia di S. Pietro Papa Clemente VII (Giulio De Medici) si apprestava a benedire i fedeli presenti. L’uomo era nudo con in mano un teschio; il suo soprannome era Brandano, al secolo Bartolomeo Carosi (1486-1554). Era una profezia sinistra, che si sarebbe purtroppo avverata dopo pochi giorni. Giulio de' Medici, lo imprigionò più volte e alla fine lo fece gettare nel Tevere chiuso in un sacco ed incatenato. Ma Brandano riemerse vivo e il sacco di Roma puntuale arrivò. Al tempo del "Sacco" (6 maggio 1527), la città era al culmine della sua decadenza morale e urbanistica. La popolazione s'era ridotta a ca 70.000  residenti. Nessuno aveva più fatto lavori d'edilizia pubblica e di servizi. Le cloache che funzionavano erano ancora quelle di 1500 anni prima. Roma era una città insalubre, infestata dalla malaria. L'improvviso affollamento causato dalle migliaia di lanzichenecchi aggravò pesantemente la situazione igienica, favorendo il contagio che decimò popolazione e occupanti. Alla fine di quell'anno tremendo, la cittadinanza di Roma era ridotta di quasi la metà.  

Essere neutri

Carlo V, possedendo la corona di Spagna, quella d'Austria e quella di imperatore del S.R.I., nonché quella di Napoli, di Sicilia e di Sardegna e possedendo anche le Fiandre ed i Paesi Bassi, aveva praticamente accerchiato la Francia, per cui ben si comprende come il conflitto tra i due sovrani era destinato a scoppiare molto presto.Lanzichenecco Nell'arco di tempo che va dal 1521 al 1544, ben quattro furono i conflitti che videro opposti Carlo V e Francesco I di Francia, tutti, o quasi, conclusi a favore del primo com'era prevedibile. In questo contesto va visto quindi l’ultimo anno di regno di Leone X e quello dei suoi successori, all’altezza o meno del compito come asserisce Don Tranquillo. Di tutto si può parlare di questo ininterrotto conflitto durato ben 23 anni, con buona pace delle genti su cui passava ed infieriva, ma di religione si parlò ben poco. Le cose che risaltavano di più erano I SALTI DELLE ALLEANZE dei papi sempre nel concetto di non ingerenza e neutralità che Don Tranquillo chiosa con una ulteriore affermazione di Leone X che dice “Lo stato della Chiesa non è un’isola felice come l’Inghilterra, non si può essere sempre neutrali” Dopo aver detto “Essere neutri permette di dettar legge a tutti senza riceverla da nessuno” !!!.

Nella politica papale ci stava il tutto e il suo contrario.

 

I SALTI DELLE ALLEANZE

Dei 23 anni di guerra che vanno dal 1521 al 1544 ne analizziamo solo una parte coi rivolgimenti di fronte per non addossare a Leone X, come direbbe Don Tranquillo, colpe non sue oltre quelle fin qua elencate e per non andare oltre l'anno di morte di Alfonso I (1534). 
- 1521 Leone X passa dall'alleanza coi francesi (concordato Bologna 1516), a Carlo V (imperatore del SRI).  Il trattato segreto (reso noto solo dopo l'inizio delle ostilità) fu firmato 1'8 maggio 1521: lo scopo era la cacciata dei francesi, il recupero di Parma e Piacenza, la restituzione di Milano allo Sforza; Carlo avrebbe mantenuto Napoli. Mentre dunque Papa e
Carlo V  preparavano l'insurrezione nel Milanese, il governatore francese ad interim, Lescun, fratello del titolare, Lautrec (assente), sconfinò nello Stato della Chiesa alla ricerca di presunti traditori. La guerra fu ufficialmente dichiarata il 1° agosto 1521. Lautrec aveva ai suoi ordini 1600 uomini d' arme, 6000 veneziani, 10000 svizzeri e 6000 "avventurieri" più quello che poteva offrire Alfonso d'Este. Il Papa contava 4000 fanti spagnoli, 6000 italiani, circa 8000 svizzeri.  http://www.schweizergarde.va/home.html 

Il suo successore Adriano VI, nativo di Utrecht (Olanda) ex precettore di Carlo V e nativo di Gand (oggi Fiandre del Belgio) non poté che confermare l'alleanza (alleati per il momento anche l'inglese Enrico VIII e Venezia)
- 1523 Muore Adriano VI e sale al soglio Giulio de Medici col nome di Clemente VII
- 1525 Alleanza questa volta del Papa coi Francesi. Questi sconfitti a Pavia vengono abbandonati dal Papa che ritorna da un Carlo V più che diffidente. Francesco I di Francia caduto prigioniero in quella battaglia dovette firmare una pace “disonorevole” per poi impugnarla a liberazione avvenuta. Il Papa lo aveva autorizzato a rompere la promessa e si schierava di nuovo con lui !!. Per poter mantenere l'integrità territoriale dello Stato Pontificio e la sua autonomia, Papa Clemente riteneva che l'Italia settentrionale e quella meridionale dovevano essere sempre separate e sotto il dominio di dinastie contrapposte. A tal fine nacque, nel maggio del 1526, la Lega di Cognac (o Lega Santa), alleanza tra il Papa, Francesco I di Francia, Milano, Genova e Firenze, contro Carlo V.

Conseguenze: Carlo V scaccia i Francesi dal Milanese. Scende dalle alpi Francesco I, ma viene sconfitto e fatto prigioniero a Pavia (1525). Con la Pace di Madrid, il Milanese diviene un protettorato della Spagna (Carlo V) affidato agli Sforza.
SECONDA GUERRA: 1526-1529.Carlo V   prese atto della costituzione della nuova Lega e tentò di riconquistare il Papa alla causa degli Asburgo. Non riuscendo scatenò contro il Papa la potentissima famiglia dei Colonna, acerrimi nemici di Papa Clemente. Questi, sopraffatto, si rifugiò in Castel Sant'Angelo e fu costretto a riallinearsi politicamente agli Asburgo,  pur di riavere la cattedra di Pietro. Subito dopo, però, chiese l'intervento della Francia e dell'Inghilterra contro Carlo, scatenando nuovamente le ire dell'Imperatore e la sua decisione di un intervento militare diretto. Carlo V intanto, visti i "buoni" rapporti col Papa che si riteneva migliore di Lutero, aveva fatto approvare un documento nel quale, nonostante fosse il principale paladino della Chiesa cattolica e del Sacro Romano Impero,  consentiva a tutte le religioni pari dignità e libertà di culto oltre ad autorizzare il matrimonio dei preti.

Pio III il papa provvisorioDESIDERIO ERASMO DI ROTTERDAM (I467-1536)

dottore in teologia, sorpassava tutti gli uomini del suo tempo per la vastissima erudizione. Nelle sue critiche agli eccessi della Chiesa egli aveva sempre tenuto a precisare di non volere attaccare la Chiesa come istituzione e di non essere mosso da inimicizia nei confronti del clero, mantenendosi equidistante da entrambi tanto da essere tacciato di Codardia. Inviso alla fine ad entrambi gli schieramenti (i suoi libri e quelli di Lutero venivano bruciati in Piazza alla maniera di Savonarola) Erasmo morì nel 1536 nella riformata Basilea. Fu sepolto nella cattedrale ormai dedicata al culto riformato, sebbene egli non si fosse mai allontanato veramente dal cattolicesimo.

 

Per dar maggior peso alla sua rabbia scatenò i "lanzichenecchi", che nel 1527 devastarono Roma.  Prima di arrivare a Roma sconfissero Giovanni de Medici detto dalle bande nere presso Mantova. A Firenze ne approfittano per innalzare una nuova Repubblica. Carlo V  prese "diplomaticamente" le distanze dagli eccessi  delle squadracce, ma colse l'occasione per imporre a Papa Clemente un duro e umiliante trattato di pace, che prevedeva il versamento di una notevole somma di denaro oltre alla riconsegna dei ducati di Parma, Piacenza e Modena, e la consegna delle fortezze di Ostia, Civitavecchia, Civita Castellana e Castel Sant'Angelo (dici poco).  Si giunse, dopo altre schermaglie, alla Pace di Cambrai (1529 o "delle dame" di Luisa di Savoia madre del Re Francese e Margherita d'Austria zia di Carlo V), che mise fine al secondo conflitto tra Carlo e Francesco. La Pace di Cambrai fu detta anche "delle due dame" in quanto i negoziati furono condotti dalle signore predette. La necessità di affidare i negoziati alle "due dame" nasceva dal fatto che esse erano le uniche persone in grado di convincere i due sovrani che la pace era perseguibile ad una sola condizione, e cioè che Francesco rinunciasse al Ducato di Milano e Carlo rinunciasse alla riconquista della Borgogna.

Conseguenze collaterali: Carlo V assedia allora Firenze: Francesco Ferrucci tenta di rompere l'assedio, ma viene sconfitto a Gavinana e vilmente ucciso da Maramaldo. La guerra è l'apoteosi di Carlo V, che viene incoronato a Bologna (22 febbraio 1530) re d'Italia ed imperatore due giorni dopo, dal papa, che ottiene in compenso il definitivo ritorno dei Medici in Firenze, col titolo di duchi.  L'apoteosi di Carlo V nella penisola però è solo apparente. E' facile diventare Re in una nazione unita: qui fra mille e litigiose signorie e due repubbliche (Siena e Lucca e qualche volta Firenze) la carica di Re è un pò ridicola. Questo non è un paese e un caos. Restava fuori Venezia isolata e sempre più sola alla mercè turca ottomana. 

Salvato dalla morte di Leone X, alla morte di Adriano VI ALFONSO D’ESTE riprese Reggio (Modena fu salvata dal commissario papale F. Guicciardini forse per l’assennatezza nell’amministrare la cosa pubblica dal 1516 al 1523 e da ulteriori migliorie senza cancellare quello di buono che era già stato fatto); poi, sfruttando il dissidio tra Clemente VII e Carlo V, con il quale si alleò (1526), recuperò anche Modena nel 1527.

Matteo da Milano fu il più dotato miniatore della corte ferrarese (Este) del primo '500 e realizzò i loro ultimi grandi cimeli. Già apprezzato allievo del Bramante e di Birago presso la corte di Ludovico il Moro (Milano), nel 1502 fu chiamato a Ferrara per decorare prima il Breviario di Ercole, poi l’Offiziolo di Alfonso I e il Messale del cardinale Ippolito d'Este. Il codice appartenuto alla Biblioteca modenese fino al 1859, fu asportato dagli Estensi (assieme alla Bibbia di Borso e al Breviario di Ercole (con altro pezzo trilogia di mirabile eccellenza) e portato nell’esilio di Vienna degli Austria Este.

 

Si attribuisce infatti a Guicciardini l’aver spostato le macellerie di carne suina dal centro oltre che l’allevamento praticato sotto la benevola protezione della Confraternita di Sant'Antonio, che li allevava a due passi dal Duomo con immaginabili conseguenze sia igieniche che olfattive. Alfonso tornò quindi all'alleanza francese, facendo sposare al figlio Ercole Renata, figlia di Luigi XII (il predecessore di Francesco I) che arrivo in pompa magna a Modena nel 1528.

Renata porterà con se però un segreto che qualche anno dopo esploderà come una bomba sugli Este. Renata era in segreto legata alla chiesa riformata. Il processo a un Fornaio di Faenza tal Fanini nel 1549 sollevò definitivamente il coperchio sul segreto che non era più segreto per molti. Renata in persona cercò di intervenire presso il marito, ma, dopo l'elezione del nuovo papa, Giulio III (1550-1555) nel febbraio 1550, il duca fu fatto oggetto di pressioni e ricatti da parte del cardinale Giovanni Pietro Carafa famigerato inquisitore poi Papa Paolo IV (1555-1559): Carafa minacciò che se Ercole non avesse acconsentito all'esecuzione di Fanini (che fu infatti giustiziato a Ferrara il 22 agosto 1550), l'Inquisitore avrebbe accusato ufficialmente la duchessa stessa. Renata sparì dalle cerimonie e dalla vita di corte e 9 anni dopo, morto il marito, se ne tornò in Francia dove mori nel 1575. 

Il Re di Francia stavolta allargava la lega antiasburgica prendendo dentro la nuova Inghilterra scismatica di Enrico VIII, il Papa, i Luterani e indirettamente i turchi. Davvero una bella e assortita compagnia. .....

Come detto il Sacco di Roma del 1527 e le successive mosse di Francesco I di Francia non fecero che portare gli Estensi ed altri sui loro vecchi troni. La riapertura del conflitto nel 1528, guerra scatenata per il Papa Clemente VII Medici, ma non solo, portò a una cocente sconfitta dei Francesi e dei suoi alleati, Veneziani, Fiorentini, Genovesi con la defezione di Casa Colonna che passò al nemico con il Maramaldo e i Gonzaga. La sconfitta del 2 giugno 1528 da parte di Antonio De Leyva fece cadere le ultime speranze del papa che si era prima arroccato a Castel Sant'Angelo poi a Orvieto dove lo raggiunsero le scuse di Carlo V per il saccheggio "non previsto". Non restava che trattare sia dall'una che dall'altra parte. A Barcellona si concluse un primo accordo il 29 giugno 1529 poi Cambrai il 3 agosto. Il Papa aveva di ritorno le terre romagnole e la promessa di rimettere i Medici a Firenze anche grazie a diversi matrimoni d'interesse come il matrimonio di Eleonora d'Austria con Francesco I, la nipote Caterina de' Medici, figlia di Lorenzo II de' Medici, e il secondogenito di Francesco I di Francia, Enrico di Valois e Alessandro de' Medici detto il moro (figlio illegittimo di Lorenzo), che sposò Margherita, figlia naturale di Carlo V. Oltre che essere illegittimo non era neanche figlio di Lorenzo bensì come si suppone del Papa stesso. Dopo 20 anni gli Este si reinsediavano sulle loro terre con tanto di atto ufficiale dell'Imperatore (1530). Contrariamente a quanto dice Don Tranquillo " I Francesi fuori d'Italia (e ci resteranno di fatto fino a Napoleone..(ma i Francesi avevano già sfiorato lo scisma)" non è del tutto vera perchè ci riproveranno per altri 15 anni. Una cosa che stava per cambiare ulteriormente il campo cristiano era l'imminente scisma Inglese di Enrico VIII*. Sulla presunta miglior bontà di Leone X rispetto ai suoi successori è campo che allo scrivente non interessa.

*La Riforma protestante in Inghilterra (sunto). La causa scatenante va ricollegata al fatto che Enrico VIII non riuscì ad ottenere dal Vaticano lo scioglimento del suo matrimonio con Caterina D'Aragona, da cui non aveva avuto il maschio ereditario. Il re, approfittando del malcontento che serpeggiava nelle file del clero e del laicato cattolico a riforma luterana corrente si rivolse all'arcivescovo Cranmer di Canterbury e riuscì ad ottenere il divorzio da Caterina. Subito dopo la scomunica fece approvare dal Parlamento (1533) una serie di leggi che rompevano i legami con Roma e sottomettevano interamente il clero inglese alla corona e confiscò i beni della chiesa (terre= 1/3 della proprietà terriera inglese) di Roma a cui d'ora in poi nulla era dovuto (oboli etc...). Naturalmente il divorzio fu solo un pretesto: in genere i papi non opponevano alcun veto ai principi e ai re che volevano separarsi dalle loro consorti. In questo caso però il rifiuto fu determinato dal timore di scontentare il parente più importante di Caterina d'Aragona, l'imperatore Carlo V, che rappresentava in quel momento ancora un valido baluardo contro la diffusione del luteranesimo. Era finita l'epoca del feudalesimo e non era più possibile gestire l'economia montante del commercio con le colonie e delle industrie di trasformazione se non in presenza di uno stato organizzato su basi diverse. L'assolutismo.

IL SACCHEGGIO

 

La guerra di Milano come altre dell’epoca finiva o subiva stalli perché finivano le fonti di finanziamento e la possibilità di ricorrere alle casse dello stato per pagare i mercenari. Se questi non venivano pagati incrociavano le braccia ed era già molto che non rivolgessero le picche verso il datore di lavoro. Gli si concedeva allora 24 ore per saccheggiare le terre nemiche e coprire la paga. Naturalmente non c’era un giudice a regolare ciò. Come abbiamo detto da altra parte il passaggio su territori altrui si risolveva sempre in un saccheggio e le campagne d’Europa avevano solchi di devastazione che corrispondono alle autostrade d'oggi  create per altre comunicazioni.

 
     

IL CONCILIO DI TRENTO  1542 (1537)

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1564  Una pezza alla riforma protestante -  LA CONTRORIFORMA
Carlo Borromeo (1538/1584) modello dei vescovi da http://www.paginecattoliche.it/modules.php?name=News&file=article&sid=676     La questione Lutero sembrava essere spenta nel 1520 con la bolla Exsurge Domine (15/6) che intimava a Lutero di ritrattare ufficialmente le sue posizioni o di comparire a Roma per fare altrettanto, pena la scomunica che gli fu comminata, per mancata comparizione, il 3 gennaio 1521 con la bolla Decet Romanum Pontificem per eresia hussita. Lutero venne messo al bando in tutte le regioni dell’impero e dell’Europa cristiana esclusa una. Si erano intanto accodati i suoi discepoli, non ristretti da provvedimenti e molti intellettuali che portarono avanti negli anni il suo pensiero. La cosa risultò molto più semplice del previsto perché era supportata da una nuova invenzione la stampa. Gli anni che vanno dal 1525 al 1530 videro Lutero, ma soprattutto i suoi seguaci, impegnati nel duplice obiettivo sia di consolidare la dottrina riformata, contrastando le repliche e i contrattacchi della Chiesa romana, sia di proteggerla da possibili derive estremiste. Di parare i colpi, a Roma, non passava nemmeno per l’anticamera del cervello. Morto Leone X nel Dicembre del ’21 fu un susseguirsi di Papi “provvisori” contrari anche all’arma del Concilio sollecitata da Carlo V. Solo con Paolo III (15 anni dopo) la cosa venne presa in considerazione cominciando dal mettere ordine in casa con ecclesiastici ritenuti degni di tal nome. CONTARINI, SADOLETO, POLO, G. P. CARAFA (futuro Paolo IV ma per ora prefetto della Congregazione del Sant'Uffizio), GILBERTI, FREGOSO e a parecchi altri che sapevano dove stava il male e quali erano i rimedi e non ebbero paura di manifestare le loro opinioni le quali in certi punti erano così pervase da spirito di modernità da potere esser condivise dagli stessi protestanti. Il Contarini per ordine del Pontefice, partecipò nel 1541 al famoso colloquio di Ratisbona, dove poco mancò che non si giungesse alla sospirata conciliazione. Il Concilio convocato per il 1937 non aprì che 5 anni dopo, 20 dopo la rottura, per essere subito richiuso e riconvocato per il 1545, 13 dicembre, sotto la presidenza dei cardinali Giovanni Maria Dal Monte, Marcello Cervino e Reginaldo Polo. I protestanti, a Worms nel 1545 e a Ratisbona nel 1546, rifiutarono di partecipare al concilio, il quale divenne così un concilio prettamente cattolico, quindi unilaterale e la parola "concilio" perdeva ogni significato. Il dibattito, se così si poteva chiamare, si trascinava stancamente fino alla sospensione (per motivi politici) alla morte di Paolo III. GIULIO III lo riconvocò a Trento (dopo la parentesi Bolognese) per il 1551 sotto la presidenza, del cardinale MARCELLO CRESCIENZO ROMANO, ma, continuando i dissidi con l'Imperatore e persistendo i protestanti nel rifiuto di prendervi parte, il concilio fu nuovamente sospeso nel 1552 e solo dieci anni dopo, da PAOLO IV, fu convocato per la terza volta, di nuovo a Trento. Erano passati ormai 40 anni dalla rottura, anche i discepoli di Lutero avevano a loro volta i propri. Nel 1563 si firmò il verbale o i verbali da parte di 234 tra cardinali, vescovi, generali di ordini, abati e procuratori e i decreti (Decreta Tridentina) furono approvati e promulgati dal Pontefice. Risultati ? Paolo Sarpi, teologo dell'Ordine dei Servi di Maria nella sua Istoria del Concilio Tridentino affermò che il Tridentino ebbe effetti opposti rispetto a quelli auspicati da quanti ne caldeggiarono la convocazione, fallendo nel tentativo di ricomposizione dello scisma protestante e favorendo un'ulteriore centralizzazione della Chiesa cattolica attorno al papato e alla Curia romana, che videro enormemente rafforzato il proprio potere a discapito dell'autorità dei vescovi: « Questo concilio, desiderato e procurato dagli uomini pii per riunire la Chiesa che cominciava a dividersi, ha così stabilito lo scisma et ostinate le parti, che ha fatto le discordie irreconciliabili; e maneggiando da li prencipi per riforma dell'ordine ecclesiastico, ha causato la maggior deformazione che sia mai stata da che vive il nome cristiano, e dalli vescovi sperato per riacquistar l'autorità episcopale, passata in gran parte nel sol pontefice romano, l'ha fatta loro perdere tutta intieramente, riducendoli a maggior servitù: nel contrario temuto e sfuggito dalla corte di Roma come efficace mezzo per moderare l'esorbitante potenza, da piccioli principii pervenuta con vari progressi ad un eccesso illimitato... »

Il compito di applicare i decreti tridentini toccava comunque anche ai vescovi. Non è possibile omettere un accenno alla molteplice attività di Carlo Borromeo che incarnò il modello di vescovo secondo lo spirito del concilio di Trento. Egli nacque ad Angera nella fortezza dei Borromeo sul Lago Maggiore di fronte ad Arona (dove qui verrà alzata la sua statua alta 30 metri nel 1698). La madre era sorella del papa Pio IV, che nel 1560 nominò il nipote arcivescovo di Milano, cardinale segretario di Stato, protettore di alcuni importanti Ordini religiosi, protettore del Portogallo e della Bassa Germania, legato di Bologna, arciprete di Santa Maria Maggiore, gran penitenziere ecc....  Le sue rendite erano elevate, eppure per una volta quel cumulo di benefici che cadevano sulle spalle di un ventiduenne non apparivano scandalosi o ingiustificati. Che avesse un'indubbia vocazione religiosa lo dimostrò quando, morto il fratello maggiore, tutti s'aspettavano che rinunciasse alla carriera ecclesiastica (benché cardinale, non era stato ancora ordinato suddiacono), per potersi sposare e proseguire la casata. Invece, si affrettò a farsi ordinare sacerdote. Fu un asceta (si sapeva che cenava a pane e acqua e che dormiva su un saccone di paglia), un lavoratore indefesso, un uomo di preghiera, un temperamento di capo. Il Borromeo a Milano All'indomani del suo ingresso in città (1565), il Borromeo indisse un concilio provinciale con 15 vescovi suffraganei nel corso del quale promulgò i decreti tridentini. Invitò Gesuiti, Teatini, Barnabiti e Oratoriani per avere preti preparati per l'opera di riforma. Effettuò il riordino amministrativo delle oltre ottocento parrocchie della diocesi, riunite in decanati a capo dei quali furono posti i migliori preti che poté trovare. Fondò il seminario, il collegio Borromeo di Pavia, il collegio elvetico a Milano per formare preti destinati a quella parte della sua vasta diocesi posta in territorio elvetico, e il seminario di Ascona sul Lago Maggiore. I preti indegni furono invitati a un "pellegrinaggio" in arcivescovado e di qui condotti in una casa di esercizi spirituali da cui uscivano solo se emendati e pentiti. I monasteri furono riformati: le religiose di clausura furono costrette a mettere le grate di ferro alle finestre e la ruota nel parlatorio per impedire che avessero contatti con persone estranee al monastero.

Le istituzioni del Borromeo a Milano La gente semplice lo capì e lo seguì anche perché provvedeva a ospedali e ospizi sovvenzionati col suo patrimonio. Le sue scuole di dottrina cristiana, gli oratori, divennero l'iniziativa più importante in campo giovanile. Nel 1576 il suo eroismo giunse al culmine durante le peste, quando si recò nel lazzaretto e negli ospedali per celebrare la Messa e portare conforto religioso ai moribondi. Morirà nel 1584, all'età di 47 anni, lasciando una diocesi trasformata in profondità, ma soprattutto lasciando un esempio che fu imitato anche altrove.

 

NEPOTISMO - Latino nepos, "nipote",

Nel medioevo, alcuni papi e vescovi (che avevano fatto voto di castità ?), allevavano i loro figli illegittimi come "nipoti" e concedevano loro incarichi e prebende. Diversi papi sono noti per aver elevato "nipoti" e altri parenti al cardinalato. Ad esempio, Papa Callisto III, dei Borgia, rese cardinali due dei suoi nipoti; uno di loro, Rodrigo, in seguito usò la sua posizione di cardinale come punto di lancio verso il papato, divenendo Papa Alessandro VI. Contemporaneamente, questi elevò Alessandro Farnese, fratello della sua amante, al cardinalato; EsteAlessandro Farnese sarebbe in seguito diventato Papa col nome di Paolo III. Anche Paolo III si impegnò nel nepotismo, nominando ad esempio cardinali due suoi nipoti di 14 e 16 anni (aveva avuto 4 figli da tale Silvia Ruffini: Pier Luigi, Paolo, Costanza e Ranuccio.  La pratica cessò quando Papa Innocenzo XII emise una bolla pontificia nel 1692 che proibiva ai papi di concedere proprietà, incarichi o entrate a qualsiasi parente, con l'eccezione che un parente qualificato (al massimo) poteva essere nominato cardinale !! (Papa mai !!!)

- Paolo III - tengo famiglia http://www.treccani.it/enciclopedia/costanza-farnese.

 

218° Adriano VI 1522 - 1523
219° Clemente VII 1523 - 1534 Medici
220° Paolo III 1534 - 1549  Farnese
221° Giulio III 1550 - 1555
222° Marcello II 1555 (21 giorni di Pontificato)
223° Paolo IV 1555 - 1559 Carafa
224° Pio IV 1560 - 1565

225° Pio V 1566 - 1572 (Santo)

  Costanzo Rinaudo Corso di Storia per i Ginnasi anno 1904 
  Nell'inazione della Santa Sede e della chiesa ufficiale, una controrivoluzione moveva dagli strati inferiori della gerarchia, specialmente dagli ordini monastici. Un nuovo spirito religioso alitava nel mondo cattolico, si provavano sensi di antica austerità e di viva devozione. Parve necessario riformare gli antichi ordini decaduti o instituirne dei nuovi meglio conformi ai presenti bisogni della chiesa e alle condizioni della società civile. Paolo Giustiniani, veneto, richiamava i camaldolesi alla severità primitiva; Matteo Bassi da Urbino riformava 1'ordine dei francescani, derivandone la congregazione dei cappuccini; Giovanni di Dio iniziava l' istituzione dei Padri della carità per la cura deg1' infermi; Gaetano Thiene, secondato dal vescovo Gian Pietro Carafa, fondava l' ordine dei teatini per supplire ed aiutare i parrochi nell' esercizio dei loro ministero; Antonio Maria Zaccaria da Cremona e i milanesi Ferrari e Moriggià istituivano i barnabiti per l'istruzione della gioventù; sorgevano i somaschi, principalmente dediti all' educazione degli orfani; Filippo Neri fondava a Roma la Trinità dei pellegrini, donde più tardi usci la congregazione dei preti dell'Oratorio; ma fra tutti gli ordini nuovi il più attivo ed influente fu la Compagnia di Gesù. Ne fu iniziatore Ignazio di Loyola, cavaliere spagnolo. Ferito nel 1521 a Pamplona, negli ozi della malattia e della convalescenza leggendo le vite dei santi e dei martiri s'accese di fervore religioso. Peregrinò ai santuari, conventi e in Palestina per purificare la sua vita passata; e, sebbene avesse già compiuto trent' anni, ricominciò da capo i suoi studi con umiltà e costanza...   Il nuovo ordine assunse forme diverse dagli altri: non vesti fratesche, non vita contemplativa, non austerità penitente, ma costumi adatti ai tempi, educazione civile, e maniere quasi mondane. Però accogliendo il triplice voto di povertà, obbedienza e castità, statuì una povertà individuale non collettiva, e un' obbedienza cieca ai superiori liberamente eletti, ma con autorità assoluta dopo l'elezione. ntenti principali furono: diffusione del cristianesimo tra gl'infedeli, opporre argine al protestantesimo, devozione assoluta alla santa sede. La chiesa aveva fin qui lasciato l'iniziativa della reazione e della riforma a private istituzioni; alla fine Paolo III risolvette di opporsi ufficialmente al protestantesimo, riordinando l'inquisizione, istituita fin dal secolo XIII, ma poi decaduta e in molte regioni abbandonata. Fu promotore fanatico dell' inquisizione il vescovo di Chieti, poi cardinale Gian Pietro Carafa (in futuro Paolo IV); Paolo III la richiamò in vigore con bolla del 14 gennaio 1542, componendo una commissione suprema del Sant' Ufficio, presieduta dallo stesso Carafa. Allora cominciò la caccia agli eretici senza pietà e senza quartiere. Da quel punto ebbero principio i processi e i supplizi dei sospetti d’eresia, e s'iniziò l'esodo di tanti illustri Italiani. La persecuzione, già fiera sotto Paolo III e Giulio III, assunse un carattere di estrema violenza dopo il 1555, quando il cardinale Carafa fu eletto papa col nome di Paolo IV . Costanzo Rinaudo Corso di Storia per i Ginnasi anno 1904 

(si diceva che se la madre avesse potuto prevedere il futuro del figlio lo avrebbe strangolato nella culla: la collera di Dio incarnata)

http://www.codices-illustres.it/catalogo/offiziolo_alfonsino/

 

da Manuale di Storia ad Uso dei Licei del Prof. Federico Soldati anno 1907).

CAPITOLO X - SPLENDIDA CULTURA IN ITALIA NEL SECOLO DI LEONE X.

La relazione fra politica e religione

(il protestantesimo diventava quasi sempre religione di stato o del principe (vedi il caso inglese anglicano) quindi imposto)

è stata, al contrario, conflittuale per una terza forma (settaristica) di Protestantesimo, non direttamente collegabile a Calvino e Lutero, la cosiddetta "ala radicale" . Fra questi ricordiamo gli Anabattisti, i Quaccheri e i Sociniani. Il confronto fu cruento in Francia, Italia nel XVI e XVII secolo, dove la convenienza politica spingeva i sovrani al potere a schierarsi accanto all'aristocrazia conservatrice, contro le istanze della borghesia emergente più evoluta e spesso indirizzata a nuove forme religiose. Quindi, persecuzioni, stermini e carcerazioni di massa furono attuate dai cattolici contro gruppi aderenti alla Riforma: è questo per esempio il caso dei Valdesi (Riformisti dal 1532) nelle Alpi occidentali, in Calabria e in Linguadoca, dei gruppi luterani, calvinisti o anabattisti in tutte le principali città italiane, o degli Ugonotti in Francia ad opera proprio di Caterina de Medici (massacro della notte di San Bartolomeo). Lo strappo Ortodosso a Est, ricordiamo, era già in corso da 4 secoli.

John Collier in 1893 exhibited "A Glass of Wine with Caesar Borgia", showing a smiling Lucrezia topping up the glass of a hapless guest at the Borgia table. E' del 1893 l'opera di John Collier "Un bicchiere di vino con Cesare Borgia", che mostra una sorridente Lucrezia col fratello che rabbocca un bicchiere e il padre.

 

§ 89. Primato degl'Italiani nella cultura. - Le lettere e le arti, che si erano svolte nel medio evo in seno ai nostri liberi comuni e corroborate con lo studio dei capolavori greci e romani, raggiunsero in questo periodo di continue guerre e devastazioni un grado altissimo di perfezione; e l'Italia, come l'antica Grecia, divenne maestra di civiltà a' suoi conquistatori. Forse non si vedrà mai più una nazione così dominata dal sentimento del bello, che suscitò centinaia di artisti, dei quali gl'infimi sarebbero tenuti per grandi al nostro tempo e altrettanti mecenati quanti erano i Principi e i grandi signori. Dei Principi nessuno superò, nel favorire il rinascimento, Giulio II e Leone X. Il primo di questi Pontefici pose di nuovo Roma nel posto di città classica del mondo, che avea tenuto un'altra volta al tempo dei Cesari; per lui il Bramante dava principio alla riedificazione della basilica di S. Pietro, Michelangelo scolpiva il Mosè e dipingeva il Giudizio, e Raffaello copriva di affreschi le stanze del Vaticano. Giulio II fondò il celebre museo del Vaticano, dove fece collocare l'Apollo di Belvedere e il gruppo del Laocoonte, scoperto nel gennaio del 1506: due capolavori dell'antichità che fecero progredire la scultura, cui servirono da modelli.
Leone X si mostrò vero erede di Cosimo e di Lorenzo il Magnifico nel proteggere i letterati e gli artisti; egli favorì con tale ardore il rinascimento, che fu dato il suo nome alla civiltà del secolo in cui visse. I migliori ingegni di quel tempo accorrevano a Roma; ed il cardinale Riario potè dire con ragione di questa città, scrivendo ad Erasmo (1) « Ciascuno ha la sua patria, ma Roma è la patria universale di tutti i letterati, che li nutre ed esalta », Ma non si può non biasimare Leone X di aver troppo secondato il gusto pagano del suo tempo; e non è temerità il pensare che Dio abbia voluto punire la Capitale del mondo cristiano, macchiata da un rinascente paganesimo, scagliando contro di essa le orde luterane del Frundsberg, che dispersero i letterati e gli artisti (§ 70)


§ 90. Lettere. - L'Italia diede in quest'epoca, con molti minori, due grandissimi letterati: Machiavelli ed Ariosto.

Il Machiavelli è sommo fra gli storici e statisti italiani: nacque a Firenze di nobile famiglia nel 1448; e nei quattordici anni che corsero dalla morte del Savonarola (1498; § 59) al ritorno dei Medici (1512; § 73) tenne l'ufficio di secondo segretario della ricostituita Repubblica fiorentina, e andò a 23 legazioni. Ritornati i Medici, fu messo in prigione, ma poi liberato per ordine di Leone X; e morì poco dopo il sacco fatale di Roma. Una delle sue opere principali il Principe. Con questa egli mira ad uno scopo santissimo: liberare l'Italia dai barbari; ma chiede la libertà d'Italia ad un Principe, che, ad esempio del Valentino (§ 62), si mostri affatto indifferente ai mezzi buoni o tristi; con una politica, che oltre di essere malvagia in sè stessa, è più atta a guastare una nazione che a procacciarle una durevole indipendenza.
L'Ariosto (1474- 1533) ci offre il più bel poema romanzesco che sia mai stato fatto. Sulle tracce del Boiardo, egli canta nell' Orlando Furioso « Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori », con tale ricchezza di fantasia, tanta grazia e naturalezza, da essere veramente insuperabile. Peccato ch' egli adoperi la sua arte eccellente in cose frivole, a danno anche del pudore; ma bisogna farne colpa, piuttosto che al poeta, alla società in cui visse, perduta nei piaceri.

§ 9I. Belle arti - Nelle arti belle, e specialmente nella pittura, il genio italiano raggiunse in questo tempo una perfezione tale, che forse non sarà mai eguagliata. Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello e Andrea del Sarto.
Raffaello è il più grande dei pittori italiani. Egli nacque ad Urbino nel 1483 e a ventun'anno avea già dato lo Sposalizio della Vergine. Dopo essere stato alcun tempo a Firenze, la culla dell'arte italiana, fu chiamato a Roma, che n'era divenuta la capitale, dal gran mecenate Giulio II; e nel 1508 diede principio agli ammirabili affreschi che si vedono nelle Stanze del Vaticano. Morì nel I520, giovane di trentasette anni; e tutta Roma, e lo stesso papa Leone X, piangendo, ne accompagnarono il feretro, preceduto dall'ultimo suo lavoro non ancora compiuto, la Trasfigurazione.
Michelangelo Buonarroti fu grande come pittore, architetto e scultore; ma nella scultura superò tutti. Nacque in Toscana nel 1474, e morì nel 1564: una lunga vita di novant'anni che comprende tutta l'età aurea delle arti. La statua del Mosè è la più meravigliosa delle sue opere: nessuno saprà mai rappresentare con maggiore potenza, maestà e luce divina il condottiero del popolo ebreo, profeta di Jehova. Del suo valore nella pittura è prova il Giudizio Universale e la Volta della Sistina (conclusa nel 1512 quest'ultima); e negli ultimi anni mostrò quanto fosse grande anche nell'architettura, elevando l'immensa cupola di S. Pietro (§ 75).

    MATRIMONIO DEI PRETI
Nel 1545 verrà creato il nuovo Ducato di Parma e Piacenza assegnato dal papa Farnese alla sua stessa famiglia. Il territorio di Parma si era costituito in Comune nel 1221 ma poco più di 100 anni dopo, per lotte fra le signorie locali, entra nell’orbita del ducato milanese ceduto dalla signoria dei Da Correggio (Contea). Il primo padrone, Luchino Visconti non pensa a conquistarsi la simpatia dei parmigiani, anzi si fa  temere come i suoi successori Gian Galeazzo e Filippo Maria. Nel 1449 ai Visconti succedono gi Sforza e il trattamento migliora leggermente. Francesco Sforza si preoccupa del benessere di Parma, promuovendo anche gli studi e le arti che stanno in quegli anni rifiorendo un po' ovunque. La crescita viene però interrotta nei primi decenni del Cinquecento, quando città e contado, per la loro posizione geografica, sono pesantemente colpiti dal passaggio delle truppe impegnate nelle guerre per la conquista della penisola.  La contea di Correggio resterà autonoma sotto la protezione Imperiale fino al 1635 quando passerà agli Este.  

Confutazione degli errori e calunnie contro la chiesa e la sovranità sparse in due libelli intitolati l’uno Discorso Istorico Politico dell’Origine, del progresso, e della decadenza del potere de’ chierici su le signorie temporali con un ristretto dell’istoria delle due sicilie …Tomo II 1794

Nella storia dell’ultimo generale Concilio non si riferisce della legge, di cui ragioniamo; anzi si racconta che l’imperatore Carlo V nel suo editto intitolato “Interim”, vale a dire "fra tanto", permise il matrimonio dei Preti, finchè il Concilio vi pigliasse quella deliberazione , che più conferisse alla Chiesa che l’Imperatore Ferdinando fece istanza al papa per la concessione delle mogli ai sacerdoti, e che la medesima domanda per i suoi stati fu avanzata dall’oratore del duca di Baviera al Concilio, e il nostro Anonimo Riflessivo sulla fede del Visconti narra che “biasimati i legati del papa dal partito Pontificio, poiché avevano permesso che si disputasse nel Concilio su l’articolo del matrimonio dei preti …. Si scusavano dicendo che il Vescovo di Cinque Chiese lo aveva richiesto nel nome del Duca di Baviera, e dell’Imperatore, e che la mira di rendersi favorevole il partito dei Cesarei fu quello, che fece lor credere necessario di compiacerli su quell’articolo e dal Tuano riporta la rimostranza fatta dai Teologi cattolici della Germania e diretta al Papa con lettere di S.M.C. e degli elettori Ecclesiastici, per indurlo ad accordare il Matrimonio ai Sacerdoti di quelle provincie. La chiesa dallo Spirito Santo diretta non si determinò ad esigere da quelli, che desideravano di essere promossi al sacro Ministero, la perfetta continenza per un qualche apparente vantaggio presentato dalle circostanze dei tempi e dalla proposizione degli affari, che le vicende posteriori dimostrar potessero insussistente e dannoso ma per la somma mondezza e il sommo distacco dalle cure del secolo, che necessariamente si richiedono..…..

   

L'INQUISIZIONE

"Riconciliarsi mai: non mai pietà; sterminate chi si sottomette, e sterminate chi resiste; perseguitate a oltranza, uccidete, ardete, tutto vada a fuoco e a sangue" (papa Pio V, già grande inquisitore, in lettera a Filippo II di Spagna).

http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Pio_V al secolo Antonio Michele Ghislieri  Mentre Ghislieri era Inquisitore generale avvenne la distruzione delle colonie calabre dei valdesi. La strage di Calabria si concluse con la cattura di circa 1.600 persone e l'uccisione di 2.200 uomini, donne e bambini. Pasquino (fustigatore dei costumi romani) «Quasi che fosse inverno, brucia cristiani Pio siccome legna per avvezzarsi al fuoco dell'inferno» (Roma, 1570)

 

Una conseguenza naturale della controriforma fu, ancor prima che si riunisse il Concilio, il rafforzamento della Inquisizione con la creazione del Sant'Uffizio oggi Congregazione per la Dottrina della Fede retto fino alla sua elezione al pontificato (1981-2005) dal Cardinale Ratzinger, segretario Tarcisio Bertone (1995-2002). Dal 2 luglio 2012 nella mani dell'Arcivescovo  Gerhard L. Müller. Del Sant'Uffizio ne fu artefice papa Paolo III Farnese, il 21 luglio del 1542, con la "Bolla Licet ab initio" che riorganizza il Tribunale dell’Inquisizione Romana e ne affida la direzione alla Congregazione dell’Inquisizione generale o Santo Uffizio.

La stampa era un efficace strumento di diffusione delle dottrine protestanti e per questo andava al rogo. Per la Chiesa di Roma il libro rappresentava un pericolo per la sua capacità di propagarsi tra la popolazione. Tra i processi più celebri del Sant'Uffizio, oltre quello di  Galileo Galilei, quello contro Giordano Bruno, domenicano e filosofo bruciato il 17 febbraio 1600 in Campo de' Fiori. il 18 febbraio 2000 il papa Giovanni Paolo II, tramite una lettera del suo segretario di Stato Sodano, espresse profondo rammarico per la morte atroce di Giordano Bruno, non riabilitandone però la dottrina.

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