WTO?

 What Trade Organization?

“Ci sono certi visi, con un sorridere di adolescenteche dimostrano come nessuna società contenga il mondo” (Pier Paolo Pasolini)

 

Una dieta per il WTO

I Paesi membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) si ritroveranno a Doha, la capitale dell’Emirato Arabo del Qatar, dal 9 al 13 novembre, a due anni dalla fatidica Conferenza Ministeriale di Seattle.

Non si può dire che questi due anni siano stati particolarmente brillanti per il WTO: in crisi di legittimità, provata dalle divergenze fra Europa e Stati Uniti ed animata dalle proteste dei paesi in via di sviluppo, stanchi di essere marginalizzati.

Nei giorni immediatamente successivi al fallimento di Seattle, ci furono molte dichiarazioni a favore di un cambiamento delle modalità operative del WTO e tante promesse di maggior attenzione verso le esigenze dei paesi in via di sviluppo.

Ma i paesi forti hanno tirato dritto per la strada che meglio conoscono, riaffermando in ogni occasione il consueto ritornello che "libero commercio e investimenti alimentano la crescita globale e la riduzione della povertà(2).

Certo la liberalizzazione del commercio può giocare un ruolo positivo nel generare la crescita economica ma dare per acquisito che lo sviluppo del commercio mondiale provochi automaticamente la crescita di tutti i paesi del pianeta è semplicemente assurdo. Ed inoltre, quale "crescita" indicano i dati statistici ? A favore di chi ? A quale prezzo ?

Non stupisce che sia sempre più faticoso convincere l’opinione pubblica internazionale che l’approccio neoliberista risponde agli obiettivi sociali ed ambientali dell’intera popolazione mondiale. Ripetere che "Qui si fa business, il resto non ci riguarda" non è più sufficiente, è una difesa ridicola, anche se a ben guardare, fa emergere un punto cruciale del problema:le regole WTO a cosa devono servire ?

Come è possibile che la sua carta costitutiva sia così povera di riferimenti ai valori umani, non faccia alcun riferimento agli organismi delle Nazioni Unite e come unico obiettivo elenchi lo sviluppo sostenibile ?

Liberalizzare i mercati, de-regolamentare, privatizzare non sono operazioni neutrali o asettiche, sono politiche che influenzano il nostro lavoro, i luoghi in cui viviamo, il nostro modo di vestire, di mangiare, la musica che ascoltiamo, i libri che leggiamo, l’aria che respiriamo e l’orizzonte che possiamo guardare la sera, prima di coricarci.

Per questo il WTO non può continuare a "sfuggire" alle proprie responsabilità e ad agire come se stesse al di sopra delle altre istituzioni internazionali facendo finta di occuparsi solo di problemi tecnici. 

 

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