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IN AGGIORNAMENTO - 30/01/2011

Biassa

A Biassa, non ci sono solo i biassei.
In questi ultimi anni, durante i quali gli indigeni autoctoni si sono spinti verso altre mete (pure io: vivo a Santo Stefano Magra), una folta schiera di foestri li ha rimpiazzati. Non esploro le ragioni della fuga (degli autoctoni) e nemmeno quelle dell'arrivo (dei foestri) ... ci ho ripensato: la gente se n'è andata per le oggettive difficoltà di recupero del centro storico, stanti i vincoli paesaggistici imposti dalle Autorità e l'altrettanto oggettiva carenza di servizi. Per questo gli indigeni si sono rivolti altrove, alla ricerca di case abitabili ed economicamente abbordabili. Infatti, solo chi è alla ricerca di un luogo caratteristico, ancorché impraticabile, può affrontare con animo (e portafogli) saldo il restauro di un'abitazione del centro storico. Perchè vi è il rischio reale che una tale abitazione non sia adatta alle esigenze di una normale famiglia, quanto piuttosto risultare una meravigliosa e tipica seconda casa.
Esaurito lo sfogo, affermo che a Biassa c'è anche la chiesa di San Martino. Ecco il campanile in una foto del 1963, con tanto di matrimonio: autore, ed officiante, Don Alfonso Ricciardi, e qua sotto, l'interno della chiesa, probabilmente durante il medesimo evento. La chiesa in stile romanico,  realizzata  interamente in arenaria (sul portale laterale di servizio è scolpita la data 1888), è testimone delle capacità dello scalpellino biasseo, che, evidentemente, non coltivava solo la vite. Intorno al paese, vi sono le cave dalle quali veniva estratta un'arenaria praticamente indistruttibile, che solo in pochi riuscivano a lavorare. Mi risulta addirittura che, negli anni venti, con l'arenaria, e l'opera, dei biassei, sia stata pavimentata qualche piazza di città sudamericane e italiane.
nato

La chiesa è dedicata a San Martino, il famoso Vescovo di Tours, quello che divise a metà   il mantello con il povero mendicante, e grazie al quale il buon Dio ci regala uno scampolo d'estate alle soglie dell'inverno. Si festeggia l'undici di novembre, che, chissà perchè, è anche il giorno della festa dei cornuti. Almeno così racconta in giro qualche malvagio denigratore. Al suo interno,Statua in argento di San Martino (foto del 1959) si trovavano diverse opere d'arte, ed ex voto di cospicuo valore, rimosse a cura della Curia. Perché, purtroppo, da quando il mitico Don Alfonso non c'è più, dalla chiesa è cominciato a sparire qualcosa, e questo atto, pur se doloroso, si è reso necessario.
Sono pure state rimosse le fotografie che metteva in mostra in chiesa, perché turbavano il nuovo sacerdote.  Un vero peccato:  ci davano ogni volta una nuova piccola emozione. Senza retorica, ci ricordavano come eravamo. Avrebbero potuto essere utilizzate per una mostra permanente, magari nella vecchia compagnia, costruita più o meno nel 1500 ed era la sede della Confraternita della Santa Croce. Don Ricciardi la utilizzava come locale di sgombero e ci aveva infilato dentro un 'bigliardino', alias calcio balilla, che andava con £20, il famoso ventino. Alla fine della messa, dava qualche ventino a noi chierichetti: erano gli anni del Signore compresi tra il 1965 eil 1975. Qualche volta, per farlo contento, il ventino lo mettevamo noi. Attualmente risulta inagibile, ma è bellissima! Ha il soffitto arricchito da splendidi affreschi realizzati nel XIX secolo, come ben spiega Giuseppina Mormandi nel volume dedicato alla Confraternita. Se l'edificio venisse restaurato, potrebbe ospitare un museo nel quale esporre altri pezzi della nostra storia e realizzare eventi quali conferenze etc. etc..

Foto Ricciardi - 1970Come la serratura della chiesa di San Martin Vecchio, che risale al  XIII secolo. A destra, invece, ecco ciò che ne è rimasto: un pezzo dell'abside.

E avete notato il panorama della pagina precedente? Si nota il Verugoli al netto della selva di ripetitori che lo impreziosiscono. A me pare che stia meglio, non solo di salute!

Ma avanti..... c'è dell'altro!

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