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Chiarino (L'Aquila)


Appunti sul territorio


Il tenimento di Chiarino qui comprende tutta la proprietà ex-Cappelli (contestata da Arischia), e non solo il territorio storico dell'antico castello di Chiarino. La porzione più settentrionale del tenimento, a confine con la provincia di Teramo, è viva, nei ricordi e nella frequentazione, presso i pochi abitanti del villaggio dell'Ortolano, nel comune di Campotosto, lungo la strada n° 80. I locali di Arischia, al cui comune buona parte della montagna in origine apparteneva, conoscono invece soprattutto le regioni della Macchia, di Solagne e della Montagna Grande. La restante parte è stata indagata presso i locali di Nerito (frazione Paladini).

La prima attestazione del castello di Clarenum è del sec. XII; entro la fine del sec. XV, lo stesso è sicuramente diruto. Nel 1841 il tenimento viene acquisito dalla famiglia Cappelli, che nel 1881 ne affitta una porzione al comune di Arischia. All'inizio di questo secolo sorge la controversia fra il privato ed il comune, poiché Arischia riesce a dimostrare che una grossa parte del territorio costituisce suo demanio.

Geograficamente, la regione si incunea fra due importanti creste montuose che costituiscono altrettanti allineamenti della catena del Gran Sasso. Il crinale più meridionale, spartiacque fra il bacino dell'Aterno e quello del Vomano, comprende la Montagna di San Franco, il Monte Ienca, il Pizzo di Camarda, le Malecoste. Quello settentrionale va da móndë cùrne, o mondàgna rànne (2623 m), attraverso l'insellatura di currëdórë (1595 m) al cocuzzolo di còlle migliózzo (1693 m) sopra l'Ortolano, per poi proseguire in territorio di Nerito. Un crinale secondario isola il vero e proprio bosco di Chiarino: si tratta della cresta del còllë dë ténda (1429 m), che si stacca dal versante settentrionale della Montagna di San Franco. Compresa fra questo crinale e la valle del Vomano, resta appartata la regione di Porcinaro, contigua al tenimento di Marruci. All'interno della valle di Chiarino, si può distinguere la regione di chiarinégliu, frequentata dagli arischiesi, e la regione di solàgne, nella parte alta, mentre al di là del bastione che salda móndë cùrnë alle Malecoste, si apre la vallata del vënacquàrë. A parte, resta il settore alla destra orografica del fosso di Chiarino, contigua al territorio dell'Ortolano.

La regione di Chiarino si presenta come selvaggia e scarsamente antropizzata; tuttavia, non poche sono le presenze storico-architettoniche che la caratterizzano. Basti pensare ai ruderi del 'castello' di Chiarino, con la vicina chiesa di San Martino, e ai numerosi casali e masserie della famiglia Cappelli, che nel secolo scorso diresse in loco una peculiare economia integrata, fra i quali gli stazzi del crastàtu, nella regione di solàgne, e quelli alla vaccaréccia.

Gli itinerari escursionistici CAI sono diversi; qui si è utilizzato come riferimento principalmente il n° 1, che compie una grande traversata della catena del Gran Sasso, dal lago di Provvidenza a Campo Imperatore.


La toponomastica


La montagna dell'Ortolano

1. Il villaggio dell'Ortolano, appartenente al comune di Campotosto, si trova alla sinistra orografica dell'alta valle del Vomano, quindi fuori dall'ambito di questo tomo. Subito fuori il paese, però, comincia un ampio settore, sulla destra del fiume, pertinente all'antico tenimento di Chiarino. Una via ne permetteva la salita verso il centro della vallata. Si tratta della cosiddetta 'via del brigante', nome che trova riscontro nel toponimo Sorg.te del Brigante riportato sulla cartografia IGM.

2. Subito al di là del Vomano è la località la pózza, dove si raccolgono le acque, da cui la designazione che si rifà al latino puteus, declinato al femminile, pozza. Salendo, oltre un primo tratto di boscaglia, si giunge alla località delle piàne, un prato in debole pendenza, per poi intraprendenre una ripida ma breve salita nel bosco delle ngòtte. Tale toponimo fa riferimento ad alcune radure che si incontrano lungo la via, essendo derivato dalla locuzione latina (terra) incocta, intensivo di cocta 'cotta, bruciata'. Il tipo toponimico incotta è piuttosto vitale in Abruzzo, e designa sia località esposte a sud, calde ed assolate, sia porzioni di bosco bruciate per la messa a coltura. In tale senso, un'ulteriore evoluzione ha riguardato il significato di ngòtta come 'misura agraria', soprattutto in area chietina. Da notare che le carte IGM riportano un toponimo Encotte da tutt'altra parte.

3. Sulla destra, si trascura il nudo crinale della bandièra, che prenderà il nome da qualche roccione svettante, e si sale alla sella fra le due cime di còlle lùngo (1288 m), toponimo trasparente, pure riportato sulla cartografia IGM (C.le Lungo). Passando dietro la cima più elevata, si scende ad un fosso, dove si trova la sorgente del fondanìno (su IGM Sorg.te Fontanino). Il toponimo Colle Lungo è pure presente nelle fonti storiche, ma il nome del vallone nelle stesse riprende quello della località di San Giovanni, nel fondovalle del Chiarino, mentre sulla cartografia IGM è F.so di Collelungo.

4. Si risale ora all'ampia radura dove si trova lu stàzzo, per poi proseguire guadando altri rami del vallone, fra cui probabilmente la pózza dë lu mùrtë (a Nerito), con riferimento forse allo stesso 'brigante' che dà nome alla via, fino all'attacco della cresta del colle della craparéccia (1363 m), indicato come C.le della Caprareccia sulla cartografia IGM. Tale nome riprende una designazione dialettale formata col suffisso -areccia (latino -aricia) da crapa, per un senso complessivo di 'località dove pascolano le capre'. Nella cartografia storica, tale colle è indicato col nome di Colle di Mezzo.

5. Oltre un valloncello, si rimonta il colle che sulla cartografia IGM è chiamato Torraccio (ed il fosso è F.so del Torraccio). Presso i locali, il toponimo suona piuttosto terràccio, il che presupporrebbe una qualche derivazione da terra, ma va considerata la circostanza che la cima della cresta (1303 m) è un cocuzzolo piuttosto individuato che, per la sua forma, può ben giustificare un traslato geografico da torre, col suffisso accrescitivo -accio.

6. L'ultima località prima del ricongiungimento con il fondovalle di Chiarino è la piàna della stélla, il cui nome, presente nella cartografia IGM come Sorg.te Piana della Stella, deriva dalla voce stella 'scalfittura (nella pietra)'. Nelle carte storiche, invece, si ha menzione di un Colle della Stella, sito ai confini fra il tenimento di Chiarino e quello di Arischia.

7. Più a nord dell'itinerario ora descritto, a confine con Crognaleto, si trova il roccioso cocuzzolo indicato sulla cartografia IGM come Tre Monti (1413 m). I locali conoscono il nome tre monti, che tra l'altro si applica bene alla montagna vista dal paese, ma esattamente nella versione ufficiale, italiana. La parte che degrada verso il Vomano presenta invece un nome assente sulla cartografia IGM, còlle balletùccio, di oscuro significato.

8. A valle del crinale dei Tre Monti passa il solco del fosso di pretazzòla, tagliato a monte dai confini provinciali. Il nome, riportato sulle carte IGM come F.so Pretazzola, è chiaramente un derivato di preta, metatesi dialettale di petra 'pietra', ma il valore della formante è incerto. Probabilmente, l'idronimo dipende dal nome di una omonima contrada, citata nella cartografia storica ma non definibile con precisione.

9. Più sopra, si entra nella regione Barbata, ben nota alla cartografia storica, che costituisce il confine provinciale con Teramo. Questa regione apparteneva in passato interamente all'Università di Chiarino, compreso il crinale ad est dei Tre Monti ed il fosso che nelle carte storiche è chiamato contrada li Pezzone. Oggi il confine taglia diritto fin sul crinale di còlle migliózzo, che si collega in alto con l'arcuato crestone che delimita il tenimento di Nerito (1693 m). Quanto al nome, assente sulla cartografia IGM, è composto da colle e da un nome personale (cognome ?).

10. Detto Colle Migliozzo si salda alla mole del Monte Corno tramite l'insellatura di currëdórë (1595 m), corrispondente (ma solo nel nome, giacché la collocazione non è corretta) al toponimo Corridoio delle carte IGM. Si tratta, infatti, di un 'corridoio', nel senso proprio della voce italiana di 'lungo camminamento che unisce'. La solagna di questo crinale è nota alla cartografia storica col nome di contrada le Pozze, per via di alcuni valloncelli che la solcano, confluendo nella valle di Chiarino. Non si sa se da tale toponimo debba dipendere la strana designazione IGM le Pozze collocata addirittura alla testata della valle, citata in dialetto come lë pózzë.


La valle di Chiarino

11. Fra i due distinti settori della montagna di Chiarino, corre una lunga strada sterrata, che permette di compiere un affascinante percorso nel vasto bosco dell'ex-proprietà Cappelli. La partenza è dal lago artificiale di Provvidenza, nei pressi del km 34 della strada statale n° 80, alla confluenza del fosso di Chiarino col corso principale del Vomano. Guadato il fosso di Colle Lungo (o di San Giovanni), dopo più di 1 km dall'avvio, si trovava una deviazione sulla sinistra che saliva ad una radura, dove è uno dei casali Cappelli (1152 m), segnato sulle carte IGM. E' questa la zona del Prato del Retrofoglio, citato nella cartografia storica, del cui nome si è però perso il ricordo.

12. Si entra quindi nella regione indicata nella cartografia storica come San Giovanni, da non confondere con analoga località di Porcinaro. Dopo circa 2 km, seguendo la strada di fondovalle (itinerario CAI n° 1), si perviene al rudere del castello di Chiarino (1262 m), con vicina la cappella di San Martino e un mulino dei Cappelli, anch'esso diruto. Più avanti, c'è la presa dell'acquedotto di Chiarino (1307 m), in passato nota come la sorgente del Vomano, oltre la quale si comincia ad uscire dal bosco. Qui era il vecchio confine fra il tenimento dell'Università di Chiarino e quella di Arischia.


Il Colle Tenne

13. La terza parte dell'antico tenimento di Chiarino si estende sulla sinistra orografica della valle, insieme ad una porzione del tenimento del diruto castello di Porcinaro. A monte del lago artificiale di Provvidenza, si innalza ripido il crinale detto Schiena d'Asino, per via della forma, nelle carte storiche, mentre è C.le Salere sulla recente cartografia IGM. In cima, c'è l'ampio crinale di còllë dë ténda (1429 m). L'origine di tale toponimo dialettale sembra dipendere dalla designazione ufficiale C.le Tenda della cartografia IGM, mentre una attestazione più antica, che compare spesso nella cartografia storica, è Colle Tenne. Quanto al toponimo Colle Salere, esso è pure presente nelle mappe storiche, ma designa tutt'altra località, a confine fra il tenimento di Arischia, quello di Chiarino e quello di Pizzoli, e deriva dalla voce salera, che indica un lastrone di pietra piatta sul quale si disponeva il sale per le capre.

14. Seguendo il tracciato della strada statale n° 80, si passa nei pressi della foce del fosso di cèsa lònghë, proveniente dall'omonima regione, riportata come Cesalunga (e F.so di Cesalunga) sulla cartografia IGM. In questo caso, la voce cesa andrà interpretata come 'bosco ceduo', visto che non appaiono tracce di disboscamenti e riduzioni a coltura.

15. Nei pressi del km 32 della statale, si guada con il Ponte di San Giovanni l'omonima valle alla sinistra orografica del Vomano, che prende il nome dalla chiesa di San Giovanni di Porcinaro. Più avanti, sulla destra della valle, scorre il fùssë dë lë calcàrië, che corrisponde al F.so delle Calcare riportato sulle carte IGM, dall'appellativo calcara (latino *calicaria) che indica una 'cava di pietre per la calcinazione', ma anche la fucina utilizzata per il medesimo scopo.

16. Oltre il Fosso delle Calcare, si trova la modesta elevazione di còllë nfrànghë (1286 m), che costituisce un'appendice della ben più imponente Montagna di San Franco, dalla quale deriva il nome, che in ultima analisi va ricondotto all'eremo di San Franco d'Assergi, sul versante meridionale di detto monte.

17. L'ultimo fosso prima dei confini di Marruci è il F.so Rascito, come riportato sulla cartografia IGM, il cui nome però suona sulla bocca dei locali di Nerito fùssë dë li scìtë, quasi un 'fosso delle uscite'. In realtà, il toponimo ufficiale sembra stavolta più rispondente all'origine del nome. Il termine grasceto, da cui deriva Rascito per tramite della fonetica locale (metafonia da -u, soluzione r- del nesso iniziale gr-), è infatti un collettivo di grasso, nel senso di 'terreno fertile, grasso', con riferimento alle piane di Porcinaro che qui cominciano ad allargarsi.


La regione della Macchia di Arischia

18. Il vasto bosco che si estende alla sinistra orografica della valle di Chiarino è noto alla cartografia IGM come Bosco di Chiarino. In passato, invece, essendo parte del tenimento di Arischia, tale regione era nota come Macchia di Arischia. Il confine passava, come già visto, sul Colle Tenne, oltre il quale, sulla destra, scende al fondovalle il fùssë vëtëcàrë, che trae il nome dalla località delle vëtëcàrë, sita più a monte, dove erano alcuni stazzi (1331 m). La cartografia IGM segna le costruzioni, ma non il toponimo, che dipende dal fitonimo vetica 'vetrice, una pianta dei lughi umidi', mentre riporta il nome F.so delle Vetecare. Il nome della località dove si trovano gli stazzi, già appartenente al tenimento di Chiarino, è invece presente nella cartografia storica come Forcuni delle Piscine, nome che deriva dall'appellativo forcone, derivato di forca nel senso di 'biforcazione (di una valle)', e con riferimento alla vicina località Piscine, che invece apparteneva al comune di Arischia.

19. Sempre sulla sinistra orografica della valle, è poi la volta del crinale con il quale termina il còllë pratónë (1391 m), chiamato C.le del Pratone sulle carte IGM, da qualche grossa radura (prato) che vi si trova. In effetti, il toponimo pratóne è conosciuto anche ai locali di Arischia, che però vi indicano la parte bassa della Valle del Paradiso, sotto il rifugio "Antonella Panepucci", per cui non si sa se le due località coincidano. A quota 1359 m, si trova poi una ampia insellatura percorsa da una vecchia mulattiera: si tratta della località del Morticello, ben nota alla cartografia storica.

20. Un secondo vallone è quello di fùssë dë ciardìnë, alla cui foce è segnalata una baracca (è forse questa la Capanna Speranza citata in documenti del secolo scorso). Il nome del fosso dipende da quello della località ciardìnë, che si troverebbe più a monte, secondo l'indicazione Giardino della cartografia IGM. In verità, è probabile che il toponimo ciardìnë sia in origine un altro nome per l'intera Macchia, come confermerebbe l'antico nome del fosso, Vallone della Macchia, nonché lo stesso significato del termine giardino, che si applica a località rigogliose di vegetazione.

21. Dalla baracca alla foce del Fosso di Giardino partiva un vecchio sentierino che risaliva il crinale di còlle fiorëndìnë (1410 m), che segue ancora sul lato sinistro della valle. Quanto al nome, riportato come C.le Fiorentino sulla cartografia IGM, dipenderà da un personale. La parte più bassa dello stesso crinale è chiamato nelle mappe storiche Colle Giannantonio, da un cognome di Arischia.

22. Si passa in seguito sotto il còllë dë li brihàndë, un cocuzzolo (1525 m) indicato anche sulla cartografia IGM come C.le dei Briganti, col nome che ancora si riferisce alla presenza dei briganti in questa regione, così come la vicina vàlle egli brigàndi, un breve fosso che si getta nella valle principale.

23. A monte del sentiero CAI n° 1, passa un altro itinerario, che ricalca la via che congiungeva Arischia agli alti pascoli del Chiarino. Dal valico della piàna de cavallàri (1789 m), anche noto come Belvedere, si scende nella sottostante vàlle egliu paraìsu, la prativa 'valle del paradiso' così chiamata in contrapposizione all'orrida vàlle ell'inférnu che si trova più ad ovest.

24. Occorre quindi scendere lungo il pratóne, che chiude la valle a monte della fascia boschiva, o direttamente, o passando per il rifugio "Antonella Panepucci", sito a confine con Marruci, nei pressi dei 'Tre Confini', in località indicata nelle antiche mappe come Colle Sassicheto. Sotto il rifugio si trova il rudere della capànna egli accàri (1664 m), una costruzione utilizzata dai 'vaccari', ovvero dai conduttori di vacche dell'azienda Cappelli.

25. Si scende ora nel bosco, per guadagnare un'antica mulattiera proveniente dal tenimento di Marruci. Si guada in breve un fosso, detto lë pisciarèllë a Nerito, mentre ad Arischia è la piscìna. Sono entrambi idronimi; il primo, da pisciaro, traslato geografico per 'esile rigagnolo', fa riferimento alla scarsa portata, mentre il secondo riflette la voce piscina 'pozzanghera, stagno', dalla quale anche la già citata designazione Forcuni delle Piscine. La cartografia IGM ha adottato una terza designazione, le Piscinelle, quasi media fra le due.

26. Più avanti, si toccano i ruderi di un rifugio Forestale (1500 m), sotto la sorgente di chiarinégliu (chiarënìëllë a Nerito). Lo stesso nome lo si ritrova più avanti, come F.so Chiarinello, tributario del Fosso di Giardino, trattandosi di un trasparente diminutivo di Chiarino, nome della intera regione.

27. Il secondo fosso che concorre a formare il Fosso di Giardino è indicato sulla cartografia IGM come F.so dell'Acqua Grossa, in dialetto l'àcqua ròssa, ovvero 'l'acqua (nel senso di rio portatore d'acqua) grossa'. Il fosso è guadato dalla mulattiera quasi 1 km più avanti. Nelle mappe più antiche, però, la designazione si applica ad un vallone che si trova più ad est del Colle Fiorentino.

28. L'ultimo tratto percorso dalla mulattiera di Chiarinello prima di ricongiungersi al fondovalle di Chiarino è caratterizzato da una monotona traversata nel bosco detto di màcchja làrga per la sua estensione. A spezzare tale percorso, è l'ampia radura del pràtu ella córte (pràtë dë la córtë a Nerito), toponimo composto da prato e da corte, nel senso di 'luogo chiuso (dal bosco)', come il significato italiano di 'cortile'. La voce corte, infatti, derivando dal latino classico cohors, -tis, in origine 'recinto per il bestiame' e simili, ha assunto nel medioevo, con la nota variante curtis, quello di 'cortile, luogo chiuso'. Nella cartografia IGM, il toponimo compare come Prati della Corte.


Le regioni di Solagne e del Venacquaro

29. A monte delle sorgenti del Vomano, ora presa dell'acquedotto di Chiarino, il nome della valle cambiava in Valle Lunga, come testimoniano le antiche mappe. Risalendo lungo il sentiero CAI n° 1, si passa sotto l'orrida chiusa di Monte Corno, uscendo alla vaccaréccia (1500 m), dove sono i resti di una masseria Cappelli ed un fontanile. Il toponimo rientra nel quadro delle formazioni del tipo vaccareccia, porcareccia, caprareccia, ecc., e si riferisce a località frequentate dai pastori di tali bestie, ed in definitiva dalle bestie stesse.

30. Dalla Vaccareccia, con salita più ripida, ci si porta in località crastàtë (ad Arischia ju crastàtu), la quale non corrisponde a quella segnata come il Crastato sulle carte IGM, bensì una zona a monte della Vaccareccia, dove la valle si allarga ospitando anche dei notevoli stazzi (1700 m). Addirittura, nelle mappe storiche, si trova la designazione Monte del Castrato, che indica un elevazione a sud di Monte Corno (2377 m, o 2300 m).

31. Si entra quindi nell'ampia regione delle solàgne, che corrisponde a tutta la testata della valle di Chiarino, fino ai confini col Venacquaro, come riporta anche la cartografia IGM (Solagne). Ma in origine il toponimo doveva riferirsi al versante 'a sole', ossia esposto a sud, di Monte Corno, e ciò è confermato dalle mappe più antiche.

32. Più sopra, la valle di Chiarino termina con due insellature che permettono il passaggio alla regione del Venacquaro. Una è la furchétta dë lu mulìnë (2187 m), per la quale è ormai entrato nell'uso degli escursionisti il nome Forchetta della Falasca, riportato nelle guide e carte CAI. L'altra sella è la furchétta dë venacquàrë (2236 m), corrispondente alla S.la Venacquaro della carta IGM, ripresa nella nomenclatura CAI. L'origine di questa doppia denominazione può così spiegarsi: la prima sella veniva percorsa in salita dal Venacquaro, ed in discesa verso il mulino Cappelli (nei pressi del 'castello' di Chiarino), mentre la seconda in senso opposto, verso il casali del Venacquaro (2001 m). Quanto al nome della regione di Venacquaro (venacquàrë a Nerito), riportato da tempo sulle cartografie IGM, esso appare come un composto di vena e di acquaro, nel senso di 'fascia di rocce da dove scaturisce l'acqua'. Tale regione, delimitata dalla cresta delle Malecoste (a Nerito lë malëcòstë) a sud, dalla cresta fra il Cefalone (cëfalónë ad Assergi) e la montagna di Intermesoli ad est, dalla cresta fra le Malecoste e Monte Corno (móndë cùrnë a Nerito) ad ovest, faceva parte, insieme al Chiarino, del tenimento ex-Cappelli, ed ora del comune dell'Aquila.


Il Monte Corno

33. Chiude a nord la vallata di Chiarino l'imponente mole di móndë cùrnë (2623 m), una delle montagne più alte dell'intero Appennino. Si tratta della cima segnata sulla cartografia IGM come M. Corvo, per evidente errata interpretazione del nome dialettale in uso a Nerito, che riprende la voce corno, utilizzata come traslato geografico. Per i locali di Arischia, invece, la montagna è detta la mondàgna rànne, ovvero 'la montagna grande'.

34. Il versante meridionale di Monte Corno, ripido e difficilmente praticabile, viene chiamato lë scafféttë a Nerito, nome ripreso dalla cartografia IGM che riporta le Scaffette. Secondo tale dizione, il toponimo parrebbe derivato da un tipo toponimico scafa, 'cavità, buca', da cui anche il nome di Scafa (Pe). Secondo i locali di Arischia, però, il nome della località è le staffétte, dal nome dialettale dalle ripide cenge erbose che caratterizzano questo versante.

35. Una importante emergenza su questo lato della montagna è la rótta egliu crapàru, anche detta ju rottó, come riportato da Gizzi in un suo articolo sul 'Bollettino del CAI', la quale si trova a 2390 m nella fascia rocciosa sotto la cima. Tale grotta, il cui nome rimanda alla figura del capraro, il 'pastore delle capre', probabilmente collegato al sistema Cappelli, è più agevolmente raggiungibile dalla via normale di salita al Monte Corno da sud (sentiero CAI n° 1C).

36. Lo stesso articolo di Gizzi riferisce di un toponimo relativo ad una importante fascia sorgentifera completamente trascurata dalla cartografia ufficiale, il cui nome sarebbe dei 'tre capi'. Al vallone che da qui ha origine, scendendo sopra gli stazzi del Castrato, può riferirsi il toponimo che si riscontra sulle mappe storiche, Valle dei Canali, dipendente dall'appellativo canale 'grondaia', nel senso traslato di 'fosso apportatore di acque'.


Last modified: January 7, 2003
by Antonio Sciarretta
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