In Mar Rosso a dicembre

Sharm, ultimo giorno. Il periodo di NO FLY impone una paua Tiran, sulla Holiday 1sa prima del rientro in Italia, uno spazio senza tempo attraverso il quale lasciarsi scivolare per attenuare il contrasto tra realtà troppo distanti.
Sulla spiaggia dell'hotel, un pensiero all'attrezzatura stesa ad asciugare, lo sguardo al mare, la mente affollata dai ricordi dei 5 giorni di immersioni, mi aggrappo alle 
emozioni intense di questo breve soggiorno: la mia prima vacanza subacquea, nell'insolito periodo addossato al Natale.  

L'agitazione della partenza, l'organizzazione del bagaglio, l'ansia per l'eccessivo peso, dubbi e inquiedutini che sempre mi accompagnano quando affronto situazioni nuove, sono la matassa da cui si dipana il filo che ora vado raccogliendo in un gomitolo di ricordi. Esperienze, emozioni, sensazioni, piccole disavventure, gioie inattese... Troppo da raccontare della rapida sequenza di 10 immersioni: per alcune i ricordi si accavallano, per altre restano gli spaccati di ricca intensità penetrati con gli occhi dell'anima. Per tutte, essere accolti dall'acqua limpida e dalla generosità di questo mare è un piacere che basta a se stesso.

Ras Khati, la prima immersione. Semplice, tranquillo, immediatamente raggiungibile, il sito è un primo assaggio: il battesimo consueto per neofiti e non. Si provano la pesata e il nuovo assetto, si cerca l'affiatamento di gruppo mentre, ospiti indisturbati, si scruta con avidità in ogni dove. Lo sguardo spazia libero e resta catturato dalla sorprendente varietà delle forme in cui la vita si manifesta, come un caleidoscopio dai colori insoliti e bizzarri; viene voglia di fermarsi, tanto cernia dei coralliappare  superfluo e ridondante sommare il proprio movimento alla fluida naturalezza della danza sottomarina. Difficile, però, resistere al richiamo di un reef dalla conformazione intrigante che blandisce la tua voglia di sorprenderti e, ancor di più, seguire la guida allontanandosi prima di aver pienamente soddisfatto il piacere di un incontro.
Avrebbero meritato più attenzione la piccola murena grigia, le tridacne che ben presto avrei imparato a individuare, i trigoni a macchie blu che non hanno mai smesso di affascinarmi per l'agile eleganza del movimento.

E sorrido ricordando che, proprio a causa di un grosso trigone scovato in un anfratto, ho distolto troppo a lungo l'attenzione dalla nostra guida ed ho proseguito per un po' accodandomi a chissà chi.

Essere, senza spazio e senza tempo, in un tutt'uno senza soluzione di continuità, è una sensazione che si è poi riaffacciata tutte le volte che ho pomadrepore a fungotuto abbandonarmi al piacere intenso e carezzevole dell'intimità di un'intesa.
Così è accaduto a Ras Uhm Sid passando su una distesa di maestose madrepore a fungo; negli istanti magici sulla sella di Jackson Reef mentre penetravo le nuvole di anthias affiancata dai profili affilati dei pesci trombetta; quando, a Ras Nasrhani, ho seguito il passaggio dei pomposi pesci Napoleone; e ancora, a Shark Reef, quando mi sono persa nei riflessi lanciati nel blu dai branchi di carangidi.

Ovunque l'acqua limpida annulla le distanze, guida l'occhio attento alla scoperta di sorprendenti capacità mimetiche (grandiosa quella del pesce pietra!) e permette di curiosare seguendo ogni piccolo movimento. Ricordo ipesce balestra blul sasso che, senza apparente motivo, rotolava lungo un pendio sabbioso e che mi ha condotto alla tana di un polpo a Ras Bob; la nuvola di polvere al cui richiamo non ho resistito, ritrovandomi così a seguire il lavoro di un Chirurgo nero forse intento a prepararsi la tana nel reef di Woodhouse e, non lontano, il superbo Balestra blu che ho scorto attirata dal movimento insolito di una colonia di coralli. Le piccole attività degli abitanti del reef, forse prive di interesse per i più, mi hanno sempre affascinata appagandomi non meno degli incontri importanti, come quello con una razza di generose dimensioni che si è lasciata ammirare a lungo sul fondale sabbioso di Jolanda Reef prima di regalarci lo spettacolo del suo volo sottomarino.

Ed ecco, rivedo l'ultimo giorno di immersioni, due tuffi a cui tenevo particolarmente per salutare questo mare portandomi dentro un'impronta forte e dubriefing sulla Holiday1ratura. Così è stato, ma le cose non sono andate come desideravo.
L'entusiasmo del giorno precedente ci aveva trovati concordi 
nel ritornare ai reef di Shark e Jolanda. Ben presto, però, l'aspettativa di ripercorrere il cammino con rinnovato piacere si è tramutata in una faticosa avanzata contro corrente per la scelta della nostra guida di seguire un itinerario alternativo costeggiando il torrione di Shark con parete a destra.
La difficoltà di conciliare l'esigenza di addossarsi al reef con l'assoluto rispetto per l'ambiente, ha assorbito interamente la mia l'attenzione e non c'è stato spazio per altro se non per il timore di essere trascinata nel blu a causa di condizioni ancora peggiori in prossimità della sella tra i due torrioni. 
Ricordo la fatica, il respiro affannoso, l'indice del manometro che scendeva ad una velocità per me insolita e un unico desiderio: uscire presto da quella situazione che sentivo di non riuscire a fronteggiare più a lungo.

Nessuna tregua, neanche sulla sella tra i due reef dove, per la corrente ancora più robusta, procedevo a fatica sfiorando il fondale, ormai fortemente contrariata dall'infelice scelta di un percorso che stavo seguendo in condizioni al limite delle mie possibilità.

E' stato allora che l'ho vista: vicinissima, mi sovrastava sulla destra una bellissima murena gigante. Sento ancora l'emozione e la gioia impetuose che hanno spazzato via il cattivo umore mentre con nuova energia ho pinneggiato per oppormi alla forza che mi trascinava via dall'incontro insmurena giganteperato. E' vivo il ricordo della caparbietà con cui ho contrastato affanno e stanchezza fino a quando, raccolto il suggerimento di qualcuno, mi sono aggrappata al fondale e ho rifiatato: finalmente ferma di fronte all'imponente creatura, mi sono concessa qualche istante di indiscusso piacere che avrei poi rivisto fissato dagli scatti di un amico. 

La lettura del manometro è una sferzata che spezza l'incanto: i 50bar residui sono una misera scorta, assolutamente insufficiente per l'esplorazione del secondo reef. Malvolentieri lascio l'appiglio e pinneggio energicamente per segnalare alla guida la riserva d'aria, appena degnando con uno sguardo un'altra murena che in condizioni differenti mi avrebbe calamitata verso la sua tana.
A causa del vento e della corrente, anche il ritorno sulla barca non è stato dei migliori; a quel punto, decisamente contrariata dalle incomprensioni con la guida nell'ultima fase dell'immersione, stanca, con il miglior umore nero, ero decisa a rinunciare all'ultimo tuffo pur di non ripetere l'esperienza.

Mi faranno però recedere dall'amaro proposito le rassicurazioni sulle differenti condizioni del prossimo sito, il desiderio di non privarmi di un ultimo sguardo ai fondali di Ras Mohammed e la certezza che mi sarei acquietata nella ritrovata sintonia.

Distesa sul comodo lettino di una spiaggia artificiale e ben attrezzata per il comfort degli ospiti rivedo l'ultima vestizione, il salto in acqua, l'ok con i compagni, la lenta discesa, il  passaggio su una colonia di inavvicinabili anguille giardiniere e poi... ovunque uno squallore inenarrabile.
mezzi cingolatiIl reef completamente distrutto: né forme, né colori, né movimento. Tutto è immobile in un grigiore spettrale la cui sterile fissità evoca un gesto di abuso, di violenza. Non c'è traccia di ciò che un tempo è stato questo luogo, nulla a cui aggrappare la speranza di un prossimo futuro che renda veniale quello che oggi appare un disastro gratuito senza perdono.

Mi chiudo opponendomi con ogni forza, non so dove poggiare lo sguardo per evitare lo spettacolo indecente di immondizie e di abbandono, rifiuto di seguire i compagni nell'esplorazione di jeep e di mezzi cingolati che, se ho ben compreso, sono stati lì affondati dopo una delle tante guerre che hanno segnato la storia delle genti del Sinai.

Non posso interrompere l'immersione, ma non vi partecipo; resto immobile nell'acqua ferma, molto più distante dello spazio che mi separa dai compagni che filmano e scattano foto ricordo.
La meticolosanudibranco quadricolore esplorazione di uno scoglio mi premia con la scoperta di un simpatico nudibranco quadricolore e il guizzo inaspettato di un pesce leone, mentre inganno il tempo fissando il movimento degli aculei dei ricci diadema.
Appena uno sguardo alla sagoma di un piccolo squalo grigio che si delinea in lontananza e, dopo circa 50 minuti, ecco -finalmente!- il segnale di risalita: nei residui 90bar potrò poi rileggere tutta la mia amarezza.

Solo dopo ho saputo che questo sito di immersione è stato oggetto di un articolo su una nota rivista di subacquea e che, incuriosito, uno dei partecipanti lo ha proposto quale meta dell'ultimo tuffo.

Sharm, ultimo giorno. La luce radente del sole al tramonto mi ricorda che il tempo della vacanza è passato e che è ora di tirar le somme: restando ben salda nello spazio e nel tempo, non mi sorprende che il gioco di luci e di ombre proietti un bilancio nettamente positivo.

Questo luogo non è il paradiso; la trappola del disincanto è semSharm - Shark Baypre pronta a scattare di fronte allo scempio dei reef distrutti, ai segni inequivocabili dei fondali violati da atti predatori, all'indecente sfrontatezza della pesca abusiva, al nauseante odore di gasolio delle troppe imbarcazioni, all'imperizia di improvvistati nocchieri, all'ingordigia di quanti -ospiti e non- siedono al ricco banchetto dello sfruttamento massivo e irrispettoso.
Nonostante tutto, la natura di questo luogo affascina per la vitalità prepotente e impetuosa, per i colori densi dai contorni forti, per le trasparenze inebrianti, per la luce tagliente che si risolve in rivoli di bagliori mentre ovunque, con forza o con dolcezza, le cose parlano a chi conserva la capacità di meravigliarsi.

Persa nei pensieri, raccolgo quindi le mie cose e saluto il mare con gratitudine, stringendo forte il mio gomitolo: il suo dono più bello.

Tiziana



4 gennaio 2008

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