La
decisione è presa: si parte per Cayo Largo. Per me questo
viaggio ha il sapore della conquista, anche perché per la
prima volta mi confronto con la paura di un volo che mi
porterà a destinazione non prima che siano trascorse 13 ore.
Al confronto, le precedenti esperienze di viaggio sono poco
più di una passeggiata.
Già so che, comunque andrà la vacanza, mettere
piede sull'isola cubana sarà un premio assoluto.
Pioggia,
caldo umido e battaglioni di 'mosquitos' ci accolgono all'arrivo
mentre, frastornati dal lungo volo e dai sei fusi orari attraversati a
ritroso, cominciamo a crearci i nostri punti di riferimento in questo
giorno lungo 30 ore.
Grazie alla pioggia caduta di recente faccio la conoscenza dei
più bizzarri abitanti del resort e mi lascio conquistare
dalla simpatia delle loro sagome, dai buffi atteggiamenti di
difesa, dalle corse spericolate lungo i vialetti, dagli audaci
tuffi in
piscina, dalla meraviglia per i pasti fatti di frutta e di fili d'erba:
la presenza assidua e discreta dei granchi rossi mi
accompagnerà per l'intero soggiorno trovandomi sempre pronta
a spiare incuriosita le loro piccole attività quotidiane.
Non
ho particolari ricordi della prima immersione, forse anche
perché troppo presa dalla necessità di
familiarizzare nuovamente con l'attrezzatura che non indosso
dall'ottobre scorso; di sicuro nulla di spettacolare, altrimenti il
ricordo si sarebbe imposto alla memoria.
Deludenti, invece, i fullday già prenotati (e pagati!)
dall'Italia per imposizione del diving Avalon che, con la promessa di
tuffi spettacolari in siti fino allo scorso anno non visitabili,
obbliga ad impegnarsi in anticipo. Poiché a Cayo Largo non
esistono altri diving, si è costretti ad accettare le
condizioni e..... le conseguenze.
La 'Caribe Oriental' è la barca più veloce a
disposizione dell'Avalon e quindi è l'unica in grado di
raggiungere in un paio d'ore Cayo Siguo e Cayo Blanco. Purtroppo
l'imbarcazione è piccola, scomoda, rumorosa e non
organizzata per il trasporto di attrezzature subacquee che vengono
sistemate in ordine sparso sul ponte di poppa. La vestizione avviene
dove capita, in precario equilibrio; dopo l'immersione il caos regna
sovrano e la cordialità dell'equipaggio non compensa la
scarsa esperienza nell'assistenza ai sub. Insomma, decisamente scadente il servizio che l'Avalon offre ai propri clienti.
Molto
probabilmente il mio giudizio sulle quattro immersioni dei fullday
è troppo severo, ma è conseguenza delle
aspettative (deluse!) indotte dalle descrizioni dei luoghi e degli
eventi stagionali che, nel periodo di riproduzione del plankton (da
maggio a settembre), danno per certo l'incontro con tonni, carangidi,
squali di barriera, aquile di mare e delfini, e indicano come probabile quello con squali balena; invece... niente di tutto questo.
I
fondali vergini sono ricchi di spugne dai colori accesi e dalle forme
più disparate, i coralli sono dappertutto (anche quello
'nero' è facile trovare entro i -25), l'incontro con le
grosse aragoste caraibiche è una costante che dopo un po'
smette di catturare l'attenzione; frequenti le murene verdi e non
insoliti i banchi di grugnitori che, simili ad un fiume sottomarino,
affatano con il movimento sincrono che riflette lame di luce. I fondali sabbiosi, poi, sono disseminati di conchiglie che rivelano delicate
sfumature di colore.
Da una parete a strapiombo nel blu, una razza puntinata ci lascia intravedere l'eleganza del suo nuoto mentre una tartaruga impiega tutta la sua potenza per sfuggire alla nostra curiosità.
Ma io, da Cayo Largo, volevo di più.
Decidiamo
quindi di rinunciare al terzo fullday e di goderci una gionata di relax
sulle spiagge dell'isola interpretandone l'alfabeto di luci e di
colori, affascinati ed intimoriti da una natura prepotente, perfino
violenta, nelle sue manifestazioni di bellezza.
Ultimo
giorno di immersioni: la nostra scelta cade sui siti sotto costa (Cueva
del Negro e Balenados) perché facilmente raggiungibili ed a
breve distanza l'uno dall'altro. E qui, inaspettatamente, il mare di
Cayo Largo prende almeno in parte la sua rivincita.
La ricchezza, la varietà e la concentrazione di specie non
lasciano spazio a distrazioni, il fondale movimentato e ricco di
anfratti riserva continue sorprese, lo squarcio di azzurro che sovrasta
la Cueva del Negro fa da sfondo a nugoli di glass fish insidiati dai
tarponi.
Mi è sembrato spesso di essere in una centrifuga trovandomi
non di rado a testa in giù perché malamente
strattonata da Ventura (la guida del diving) che, cavalcando la
rivincita del suo mare, mi indicava concitato una enorme cernia, mi
invitava ad accarezzare un quieto squalo nutrice, mi spingeva in un
anfratto dove era rintanata una maestosa murena verde per poi
richiamare nuovamente la mia attenzione su un altro nutrice che
guizzava lontano dal disturbo dei sub. La frenesia di quei momenti mi
ha fatto poi conoscere anche la bruciante carezza del corallo di fuoco.
Il tutto mentre banchi di tarponi, sembra in concentrazione insolita,
sfilavano sornioni ed incuranti di noi.
Nel pomeriggio, con rinvingorito entusiamo, decidiamo di tentare ancora la sorte seguendo Leonardo sulla Playa Blanca alla ricerca di nidi di tartaruga. Siamo stati premiati: lo
scrigno dell'isola, insieme con la maestria della sua gente, ci ha
mostrato un altro tesoro ed abbiamo così imparato le
regole del recupero delle uova (130 in un solo nido!) che sono state
poi trasferite alla "Granja de Tortugas" e protette fino alla schiusa.
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