Cardiologia


Lezione del 26/10/2000

prof. ?

 

Patologia venosa.

Il sistema venoso degli arti inferiori è composto da tre elementi: il sistema venoso profondo, superficiale e quello delle perforanti, le quali mettono in comunicazione il sistema superficiale con quello profondo (e non viceversa perché in un sistema continente il sangue venoso va dal sistema superficiale a quello profondo e anche a livello delle perforanti il flusso venoso segue tale regola.

Negli arti inferiori si riconoscono due grossi distretti superficiali, che sono grande e piccola safena. La grande safena drena gran parte della circolazione superficiale della parte mediale di gamba e coscia, mentre la piccola safena drena essenzialmente la regione posteriore della gamba (è pertanto di importanza clinica minore).

Le safene poi prendono rapporto con i sistemi venosi profondi attraverso due elementi perforanti di grande importanza che si trovano a livello inguinale. Le altre perforanti (in tutto circa 150) più importanti sono quelle lungo il decorso della safena a livello della coscia (perforanti anteriane o di Dodd) e quelle in rapporto con la grande arcata anastomotica di Leonardo (è un grande vaso parallelo alla safena e quindi alla gamba nella parte mediale) che sono la prima, seconda e terza perforante di Cockett.

Importante è tenere conto dei fattori emodinamici che entrano in gioco nel ritorno venoso.

Vis a latere ,a tergo, a fronte

Pompa muscolare (durante i movimenti)

Tono venoso (scandito dal sistema neurovegetativo)

 

Un sistema che non è in grado di far fronte allo svuotamento venoso degli arti determina stasi venosa. Può avvenire sia perché il sangue non procede sia perché procede poco.

Le condizioni che determinano il blocco o la riduzione del flusso sono:

 

La stasi venosa a sua volta determina:

 

Cosa avviene se un arto non è in grado di svuotarsi adeguatamente: La pressione venosa distale aumenta, e di conseguenza i liquidi in periferia devono essere smaltiti da altri sistemi. Vi è un compenso del sistema linfatico che cerca di svuotare il ristagno determinato dalla stasi e quindi ci troviamo in una situazione clinica in cui non è presente edema. Se invece la situazione di stasi perdura e il sistema linfatico non riesce a far fronte al suo carico da asportare, si ha la comparsa di edema. Quindi in tale caso l’ipertensione continua ad aumentare, determina delle microemorragie, con fuoriuscita di globuli rossi, e precipitazione di emosiderina, di ferro, che determina chiazze color nocciola.

Inoltre si mettono in moto meccanismi infiammatori dovuti anche al ristagno di proteine, che fanno evolvere la situazione dalla flebosi alla fibrosi. Quindi si hanno delle gambe dure, fibrotiche con ipodermite e colorate di marrone. Quindi si individuano tre stadi della malattia: un primo stadio in cui i disturbi sono compensati, un secondo in cui vi è l’edema e iperpigmentazione, ed infine un terzo stadio caratterizzato da ulcerazione in quanto tale stadio è presente ipossia o anossia tessutale con grave sofferenza cellulare.

Importante è sapere che il sistema venoso ha dalla sua parte il sistema linfatico che lo può aiutare. Quando anche il linfatico va in crisi si sviluppano le malattie. Difatti oggi le malattie si chiamano flebo-linfatiche per rimarcare questo legame tra sistema venoso e linfatico.

 

fig10.gif (1147 bytes)Tipi di varici

1) V. tronculari (della safena interna e della safena esterna)

2) V. collaterali

3) V. reticolari

4) Microvarici

 

 

Man mano che ci allontaniamo dagli assi vascolari maggiori abbiamo varici sempre più piccole fino ad arrivare alle varici dermiche. Non è detto che esistano tutte contemporaneamente ma possono anche esistere singolarmente, in quanto non è una evoluzione. Si possono avere pertanto vari quadri.

 

Come si studiano le varici

Attraverso una valutazione clinica che prende in esame la sede della varice, il tipo e la causa. Ma anche con una metodica non invasiva che è il Doppler il quale ci indica dove va il sangue cioè la direzione all’interno del vaso che noi stiamo esaminando, se c’è ostruzione, se c’è flusso o meno e se questo si sposta nella direzione opposta a quella fisiologica.

 

Anamnesi, esame obbiettivo, prove funzionali

Di fronte ad un paziente con problemi venosi, lo mettiamo inizialmente in piedi. Le prove funzionali sono piccoli accorgimenti clinici che ci indicano se ci sono reflussi e clinicamente qual è la direzione del sangue e nel caso di patologie venose sono due:

1)La prova di rima-trendellemburg e 2)la prova di petters

1) Si mette il paziente supino sul lettino, gli si fa alzare la gamba (la quale si svuota del sangue dei circoli superficiali), si mette un laccio alla radice della coscia (bloccando il sangue che cosi’ non può scendere), mettiamo il paziente in piedi, togliamo il laccio e se il sangue refluisce dall’alto verso il basso vuol dire che le valvole non tengono più e che il sangue va in senso opposto alla direzione di marcia fisiologica.

2) Si tiene il paziente in piedi, si mette il laccio con paziente in piedi sotto al ginocchio (di solito), e si fa deambulare il paziente (a vene piene quindi), la deambulazione determina la spremitura del sangue dal sistema superficiale a quello profondo. Se tale sistema è drenante avviene che le vene che prima erano tese e piene per la presenza del laccio si svuotano e quindi che il sistema venoso profondo e delle perforanti funziona bene viceversa no..

La prova 1) permette di studiare il sistema superficiale, la 2) quello profondo e delle perforanti. Se la valutazione clinica porta all’evidenziazione di problemi venosi abbastanza importanti posso procedere ulteriormente attraverso indagini strumentali.

Causa delle varici: patologie ostruttive o da reflusso (superficiale o profondo)

La patologia da reflusso superficiale tipica è la varice essenziale, cioè quella varice che nasce da una situazione di familiarità e quindi di sensibilità verso quel disturbo. E’ stato dimostrato che le persone con una attività che li costringe a stare in piedi per molto tempo sviluppano più frequentemente questa malattia.

Le varici si presentano tortuose e se si toccano risultano elastiche, tipico del vaso che contiene molto sangue ma non essendo trombizzato mantiene una certa risposta elastica. Inoltre sono malattie essenziali cioè senza una causa predominante. Possono interessare o meno la safena e vasi più o meno grandi

Varici essenziali:

 

Fattori che possono far sviluppare la malattia:

Tutti questi danni si esplicano con una incontinenza dell’apparato valvolare, per cui il sangue fluisce verso il basso e determina stasi. Un’altra condizione importante è la sindrome post-trombotica, cioè l’evoluzione nel tempo di una trombosi venosa profonda.

Una attivazione scarsa della pompa muscolare può portare a formazione di un trombo venoso superficiale o profondo. La trombosi venosa profonda è la più pericolosa, soprattutto perché dà un danno nel tempo che diventa cronico.

Dopo l’instaurarsi di una trombosi venosa profonda si hanno tre possibilità:

  1. Il trombo non si ricanalizza, quindi si crea una sindrome ostruttiva.
  2. Il trombo si ricanalizza ma si ha danno valvolare. Sindrome avalvulopatia (irreparabile) il sangue refluisce nel sistema venoso profondo.
  3. Sindrome mista con situazioni trombotiche e valvolari.

Tutto questo determina nel tempo la sindrome post-trombotica o post-flebitica. Quindi quando ci troviamo di fronte ad evoluzione di trombosi venosa profonda ci dobbiamo aspettare queste tre sindromi.

Come si riconoscono questi pazienti clinicamente?

Intanto hanno avuto una storia di trombosi venosa profonda, ed è importante la sede, ma essenzialmente è l’edema che determina l’aggravamento della situazione rispetto al quadro varicoso. Poche varici, grosso edema, estesa iperpigmentazione. Inoltre in questi casi è facile trovare delle perforanti incontinenti, quindi con reflusso di sangue dal sistema venoso profondo (a pressione più elevata perché il sangue tende a scendere) verso il sistema delle perforanti.

Un’altra possibilità di fronte ad un quadro varicoso in pazienti molto giovani, è sospettare una malattia congenita.

Inoltre quasi sempre la malattia venosa è accompagnata da malattie che interessano il sistema arterioso (fistole artero-venose) o il sistema linfatico.

 

Terapie

Di fronte ad un quadro varicoso che comunque non è mai possibile guarire completamente perché una vena sfiancata e dilatata rimarrà tale, noi possiamo mettere in atto sistemi che riducano le pressioni e favoriscano un certo equilibrio emodinamico. Compressione con bende, calze, ect, diminuiscono la capacità di dilatarsi di tali vene e impediscono lo sviluppo dell’edema in quanto lo schiacciamento impedisce al sangue di defluire.

La calza elastica ha grossa importanza in flebologia. Anche il tipo di compressione è usato in casi diversi, un importante linfedema deve essere curato con una elevata compressione e viceversa (da 10 mm/Hg a 50 mm/Hg a seconda della gravità della malattia).

Tipi di bende:

  1. anelastiche adesive
  2. elastiche non adesive
  3. elastiche adesive (maggiormente usate)

Con edemi importanti usiamo bende a corta elasticità, viceversa quando vogliamo dare una compressione non violenta.

Un’indicazione nel trattamento di piccole varici è l’iniezione in questi vasi un farmaco che determina una reazione, che porta al riassorbimento di tali vasi i quali scompaiono (è un farmaco con una tossicità anche se limitata)

Si può fare sia per vasi piccoli che grandi.

Altro presidio è il trattamento chirurgico vero e proprio, che determina una risultato estetico. Attraverso una incisione cutanea d 1-2 mm, si va nel sottocute con un uncino, si aggancia la vena (si parla di collaterali della safena) e la si porta all’esterno. Nei quadri più gravi con coinvolgimento della safena la quale è irrimediabilmente malata, deve essere asportata, in quanto non asportandola il quadro clinico peggiorerebbe. Tale asportazione può essere completa, (dall’inguine al malleolo: STRIPPING LUNGO) o parziale (dall’inguine a sotto al ginocchio, safenectomia limitata alla coscia: STRIPPING CORTO)

Spesso in stadi di malattie grave si provvede alla chiusura delle perforanti con riduzione del circolo superficiale che permette la riduzione di molto dell’ipertensione dermica e quindi la possibilità di sviluppare delle ulcere.

Nei pazienti che presentano anche ulcere si usa fare degli innesti " rete" di cute sana prelevata dal paziente stesso e poste sulle ulcere, per ripristinare l’epitelio.


 

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