Cardiologia
Lezione del 17/10/2000
prof. Valgimigli
Linfarto
DEFINIZIONE: linfarto acuto del miocardio è la necrosi delle cellule miocardiche provocata dallocclusione trombotica delle arterie coronariche.
Dalla sua definizione, che è anatomopatologica (necrosi cellule miocardiche), si capisce la difficoltà nella diagnosi clinica dinfarto. Vedremo poi le tecniche cliniche e/o strumentali di cui ci si avvale per superare questo problema.
SINTOMI E SEGNI
Langor (dolore precordiale) prolungato per più di 20 minuti è il sintomo cardine. E un dolore del tutto simile a quello dellangina stabile, distinguibile quindi solo dalla sua lunga durata, in pratica se dura per più di 20-30 minuti.
La dispnea progressivamente ingravescente è un sintomo accessorio da tenere assolutamente in considerazione, ma che generalmente è associato solo agli infarti di medie e grandi dimensioni.
La diaforesi profusa (abbondante sudorazione anche a riposo) è un sintomo neurovegetativo forse ancora più importante della dispnea, perché è associato a quasi tutti i tipi dinfarto.
Il vomito, la nausea e i dolori epigastrici sono altri sintomi neurovegetativi da considerare nella diagnosi. Il vomito e la nausea sono più frequenti nellinfarto che colpisce la parete inferiore del miocardio, però sono a volte presenti anche in altri tipi dinfarto. Chiaramente non sono segni né sensibili e né specifici poiché qualunque patologia addominale può esserne la causa. Si vede quindi che linfarto ha modalità di presentazione estremamente atipica. Anche i dolori epigastrici fanno parte di queste modalità atipiche di presentazione, che per fare diagnosi, vanno considerate contestualmente agli altri sintomi associati.
Un tratto ST sopraslivellato in più derivazioni elettrocardiografiche, oppure altri segni dellECG (anche un tratto ST sottoslivellato, o una modificazione dellonda T) che ci indicano unischemia del miocardio, sono i segni cardine in una diagnosi strumentale dellinfarto.
Un movimento enzimatico tipico per citonecrosi è un altro classico segno di questa patologia. Con questa dizione, si intende il fatto che ci sono dei marcatori di necrosi miocardica (generalmente si tratta dellenzima CK) che vengono rilasciati in circolo in caso di sofferenza miocardica. Queste CK hanno, in caso dinfarto, una cinetica molto caratteristica che ci aiuta molto nella diagnosi. Studiarne landamento (se sono in aumento o in diminuzione) è il cardine della diagnosi dinfarto, soprattutto se è retrospettiva. Per CK si intende lenzima totale che abbiamo nel sangue; questo enzima lo troviamo su tutti i tipi di tessuti ed è quindi indicativo fino ad un certo punto. Dobbiamo quindi cercare di capire la provenienza di questo enzima facendo delle frazioni enzimatiche delle sue isoforme. Il CK-MB è la forma che viene rilasciata in maggior quantità quando nel miocardio è in corso una necrosi. Quindi nel fare diagnosi dinfarto siamo più sicuri se ad un andamento tipico delle CK totali, osserviamo anche un andamento tipico delle CK-MB, dato che anche una semplice lesione muscolare può far aumentare le CK totali. Altri marcatori enzimatici sono la troponina I e T. Queste troponine sono delle componenti del sarcolemma, specificamente presenti nel miocardio, ma essendo dei marcatori di nuova generazione, non abbiamo ancora dei cut-off di riferimento con cui fare diagnosi dinfarto. Comunque il movimento di questo enzima è molto specifico di lesione ischemica al miocardio.
LOMS ha individuato le tre componenti fondamentali per fare diagnosi dinfarto. Qualora due di queste tre componenti fossero contemporaneamente presenti, allora noi siamo autorizzati a fare diagnosi dinfarto.
La prima parte è la clinica compatibile con linfarto, e generalmente si intente langor precordiale, ma, come vi ho già detto, non solo.
La seconda componente è un ECG tipico. Cioè alterazioni elettrocardiografiche compatibili con linfarto.
La terza è il movimento enzimatico tipico.
LE ALTERAZIONI ELETTROCARDIOGRAFICHE
Le modificazioni tipiche dellECG vanno inquadrate nel loro contesto temporale. Abbiamo, infatti, modificazioni che sono compatibili con la fase iperacuta dellinfarto, altre con quella acuta, altre con quella subacuta e altre con la cronica. Quindi non cè un unico quadro patognomonico dellinfarto. Ci sono diversi quadri che vanno letti nellevoluzione del contesto clinico.
Nella fase iperacuta generalmente abbiamo lelevazione dellonda T, che diventa aguzza e simmetrica. Normalmente, infatti, la branca ascendente dovrebbe essere più ripida che quella discendente e quindi le due branche non sono mai sovrapponibili. Questa fase iperacuta molto spesso non la osserviamo perché è nei primi minuti dellinfarto.
Nella fase che segue si osserva invece la tipica modificazione del tratto ST. La sua sopraelevazione è indice di una necrosi maggiore rispetto alla sua modificazione in senso negativo, che quindi in genere è meno grave. I due lucidi degli ECG che vi ho portato mostrano appunto la fase acuta e subacuta di un infarto.
<<< Lucido ECG 1 >>>
LECG ha tre complessi che vanno letti in modo sequenziale: londa P, il complesso QRS e londa T.
Londa P è quella deflessione (positiva o negativa, dipende dalla derivazione) che vi descrive la depolarizzazione atriale. Chiaramente essa precede il complesso QRS e il tratto PR deve stare in determinato tempo. Del complesso QRS noi dobbiamo prestare attenzione alle "onde Q patologiche", che sono delle alterazioni tipiche dellinfarto in fase subacuta o cronica. La deflessione negativa Q, che è fisiologica, diventa patologica o quando compare in derivazioni in cui non era presente oppure quando compare in maniera diversa nelle derivazioni in cui ci dovrebbe essere. Per "diversa" intendo una deflessione più profonda di un terzo dellonda R che la segue, oppure se dura per più di 0,04 secondi. Per capirci 0,04 secondi corrispondono ad un quadratino della carta dellECG. Nel lucido, nelle derivazioni V2, V3 e aVF, si vede chiaramente che londa Q ha le caratteristiche tipiche per essere patologica. Prima di tutto è profonda più di un terzo della R che la segue e poi si vede che dura un po più di un quadratino, segnando molto il tracciato.
Un altro tratto che si studia molto è quello ST, che si modifica in modo tipico in fase acuta e subacuta. Quello che succede è la sua sopraelevazione o sottoelevazione rispetto allisoelettrica. Sempre nelle derivazioni V2, V3 e aVF dellECG del lucido si può osservare che il tratto ST è sopraelevato di un millimetro rispetto allisoelettrica.
Unaltra componente da valorizzare e che si osserva in questo ECG, è linversione dellonda T. Anchessa ci indica unischemia, e siccome V2, V3 e aVF sono nella parete inferiore del miocardio, possiamo dire che probabilmente ci troviamo di fronte ad un infarto del miocardio inferiore. Possiamo anche dire che linfarto non è tanto recente, nella misura in cui sono già presenti le onde Q, che però sta evolvendo.
Dunque, abbiamo parlato dellonda T iperacuta e del tratto ST che può andar su o andar giù. Prendiamo ora in considerazione linfarto che si presenta con un ST sopraslivellato, che è anche il più comune. Abbiamo prima la fase dellonda T iperacuta, seguita poi, pochi minuti dopo (max unora), dalla sopraelevazione del tratto ST. Questa sopra elevazione è da valorizzare qualora sia superiore di un millimetro. A questa fase, che ci indica un infarto acuto e che dura 4 o 5 ore, segue una fase caratterizzata dal ritorno del tratto ST allisoelettrica e dalla lenta negativizzazione dellonda T. In base a quello che succede nelle coronarie, possiamo osservare sia casi in cui prima cè labbassamento del ST e poi la negativizzazione della T, e sia casi in cui prima si negativizza la T e poi si abbassa il tratto ST. Con questo finisce la fase acuta dellinfarto.
La fase subacuta è caratterizzata dalla comparsa progressiva dellonda Q. Quindi, londa Q mi dice che linfarto è durato abbastanza: generalmente più di undici ore. Londa Q e londa T negativa, possono scomparire in qualunque momento; generalmente se scompare prima londa T, poi scompare la Q. Questo è un segno prognostico positivo, infatti, negli infarti importanti queste caratteristiche rimangono come una cicatrice nellECG anche per molti anni.
Quindi possiamo dire che questo è un infarto della parete inferiore del miocardio in cui è coinvolta la coronaria destra.
Andiamo ora ad analizzare laltro tipo di infarto, quello che coinvolge locclusione della coronaria sinistra, quindi la parete anterolaterale del cuore.
<<< Lucido ECG 2 >>>
Anche in questo ECG, vediamo le stesse caratteristiche di prima. Guardate in V2: cè un ST gravemente sopraslivellato, che va addirittura a fondersi con londa T, mascherandola. Questo coinvolgimento dellonda T è detto "onda parviana". Questo lo vediamo bene anche in V3, V4, V5 e V6, mentre in V1 e nelle altre parti del tracciato, direi di no.
Non essendo comparsa ancora londa Q iniziale, possiamo dire che questo è un ECG acuto, cioè che il paziente è ancora nella fase acuta dellinfarto. Infatti, questo è lECG dingresso in UTIC del paziente.
LA PATOGENESI DELLINFARTO
Noi sappiamo che la patogenesi dellinfarto è legata allocclusione di una coronaria. Chiaramente, più a monte sarà questa occlusione, maggiore sarà il territorio del miocardio coinvolto nella potenziale necrosi (area a rischio), mentre più locclusione sarà distale, minore sarà lentità dellinfarto.
Questa occlusione coronarica può essere causata da diversi meccanismi. Una volta si valorizzava molto il vasospasmo, ma oggi si sa che il 99% degli infarti è dovuto ad una trombosi acuta. Quindi, se il vasospasmo cè, esso partecipa alla riduzione del flusso e quindi a favorire la trombosi. Quindi a favorire la necrosi non è tanto un vasospasmo, ma la trombosi acuta.
Ma partiamo dallinizio.
Laterosclerosi è una placca, è un restringimento che si forma per ispessimento dellintima e della media. Questa stenosi può essere quantificata in percentuale: 10%, 20%, 50% ecc. Quindi è un restringimento progressivo, è una malattia che evolve molto lentamente. Infatti si è visto che già sui soggetti giovani (studio effettuato sui militari morti nel Vietnam) sono presenti placche aterosclerotiche aortiche. Quindi è una malattia molto lenta nel tempo.
Ma come si concilia il fatto che laterosclerosi è il principale presupposto per linfarto, dal momento in cui questa è così lenta e progressiva? Cioè, il paziente che oggi viene in UTIC con un infarto, il giorno prima magari aveva fatto una corsa in bicicletta o a piedi. Quindi è chiaro che qualche cosa di acuto deve essergli successo, qualcosa che il giorno prima non cera, ed oggi invece cè. Questo qualche cosa di acuto è la trombosi.
Voi sapete che il trombo, così come quando vi tagliate, esso coagula; se questo coagulo entra nelle coronarie, che hanno un diametro di 20-30 mm, queste vengono occluse causando un ischemia e quindi la necrosi. Ma perché si forma in questa coronaria ed in altre arterie no? Sicuramente come presupposto cè laterosclerosi. Questo perché se si va ad esaminare unarteria occlusa da un trombo si vede che molto spesso (ma non sempre) questa trombosi si ha su una lesione di coronaria malata, cioè sede di una placca aterosclerotica. Quello che però è stato scoperto recentemente, è che non cè una correlazione tra grado di restringimento del vaso occluso dalla placca, e sintomatologia del paziente. Cioè ci possono essere casi dinfarto con una coronaria occlusa al 20%, e casi asintomatici ma con unocclusione del 85%.
Perché allora in alcuni casi si forma il trombo ed in altri no? Questo non è ancora molto chiaro. Quello che si sa è che una placca può diventare attiva nel senso che si ulcera e si complica portando al fenomeno acuto della trombosi. Pare che gli endoteli abbiano un ruolo molto importante in questo processo, in quanto contribuiscono moltissimo allinibizione dellaterosclerosi tramite diversi meccanismi molecolari che mirano a diminuire laggregazione piastrinica. Sempre gli endoteli però, producono anche sostanze che hanno gli effetti contrari, cioè pro-aggreganti. Esiste quindi un delicato equilibrio tra inibizione e disinibizione della coagulazione, e dal momento in cui si rompe questequilibrio, si arriva allinstabilità della placca, che si ulcera, si rompe e porta alla fase acuta che è il trombo.
Questo concetto è importante per capire anche la terapia. Infatti, la terapia dellinfarto mira a sciogliere il trombo (trombolisi) o ad inibire la sua progressione, non è una terapia contro laterosclerosi.
FATTORI DI RISCHIO PER LATEROSCLEROSI CORONARICA
- Familiarità
- Ipercolesterolemia
- Ipertensione
- Fumo
- Vita sedentaria
- Stress
- Obesità
Questi stessi fattori che favoriscono laterosclerosi, favoriscono anche la coagulabilità del sangue. Quindi, queste stesse cause che spiegano laterosclerosi, spiegano anche la componente acuta dellaterosclerosi. Questo spiega perché gli infartuati abbiano più frequentemente questi fattori associati.
LE CORONARIE
Le coronarie che irrorano il cuore sono due: destra e sinistra. La coronaria destra generalmente non ha grandissimi rami di suddivisione. Essa irrora il ventricolo destro e la parete inferoposteriore del miocardio. La coronaria sinistra invece, dopo un breve tratto chiamato "tronco comune", si divide in discendente anteriore e circonflessa. La discendente anteriore va ad irrorare tutta la parete anterolaterale del cuore, mentre la circonflessa irrora prima la parete laterale e poi in alcuni casi va posteriormente. In quei casi in cui la circonflessa vira posteriormente, si parla di dominanza della coronaria sinistra, mentre se non lo fa, si parla di dominanza della coronaria destra. L80% della persone ha dominanza coronarica destra, cioè la discendente posteriore deriva dalla destra. Quindi un arteriopatia della circonflessa, in un paziente che ha la coronaria sinistra dominante, porterà ad un danno ben più grave che in un paziente con dominanza destra.
COMPLICANZE
Linfarto ha una mortalità molto elevata. Fatta eccezione per le zone in cui le neoplasie sono in aumento, linfarto è la prima causa di morte. Quello che porta a morte il paziente sono le complicanze dellinfarto. Schematicamente queste sono le complicanze:
Aritmie - Tachicardie, bradicardie, fibrillazioni, extrasistoli, contrazioni atriali, ecc sono tutte aritmie che possono portare a morte il paziente.
Scompenso ventricolare sinistro - Complicanza meccanica che avviene quando linfarto è grande e il muscolo cardiaco non riesce più a svolgere la sua azione di pompa.
Insufficienza mitralica acuta da disfunzione dei muscoli papillari e da rottura di corde tendinee - Complicanza meccanica che non interessa la quantità, bensì la qualità del tessuto cardiaco coinvolto dalla necrosi ischemica, che porta al peggioramento del emodinamica.
Rottura del Setto Interventricolare o della parete libera - Se la necrosi è importante, si può arrivare alla rottura del setto, che porta ad uno shunt da sinistra verso destra. Mentre se la necrosi interessa la parete libera si può arrivare addirittura ad un riversamento di sangue nel sacco pericardico, causando la morte del paziente in pochi secondi per tamponamento cardiaco; infatti, poiché il pericardio è relativamente inestensibile, anche pochi millilitri di sangue possono creare una pressione intrapericardica tale da far collassare il ventricolo.
Pericardite Può succedere che un infarto transmurale sia talmente importante che da una flogosi anche del foglietto pericardico. Quindi al dolore tipico dellangina, si sovrapporrà quello tipico della pericardite.
La morte per aritmia può essere dovuta da uninstabilità elettrica del miocardio, a sua volta causata dallischemia. Mentre se lischemia coinvolge un porzione molto elevata del miocardio, succede che dal punto di vista meccanico quella zona non ce la fa più, dando uno scompenso ventricolare. Comunque sia, linfarto ha una mortalità molto elevata: il 50% delle morti avviene entro la prima ora dallattacco (nel 90% dei casi a causa di unaritmia ventricolare), quindi questi non raggiungono neanche lospedale.
RUOLO DELLUTIC NELLIMA
Per far fronte a questa pressante condizione epidemiologica, da 25-30 anni, prima negli USA e poi anche in Europa, si è pensato di costruire delle terapie intensive preposte al monitoraggio continuo e alla terapia di questi pazienti. E nata così lUTIC (Unità di Terapia Intensiva Coronarica), proprio con lo scopo di cambiare la prognosi di questi pazienti. Queste sono le sue funzioni essenziali:
- Monitoraggio continuo dei parametri vitali
Monitoraggio ECG
Controllo delle eventuali complicanze
Possibilità di intervenire sulle aritmie sia ipercinetiche che ipocinetiche (intervenendo transtoracicamente coi defibrillatori)
Presenza di personale medico e paramedico idoneo al trattamento delle emergenze
Grazie a queste modalità di terapia, siamo riusciti a ridurre sensibilmente la mortalità precoce da aritmia. Purtroppo però, abbiamo ancora il grande problema della mortalità dovuta a complicanze meccaniche del cuore, che è rimasta epidemiologicamente ancora invariata.
TERAPIA
Riposo a letto Il riposo a letto è necessario perché il paziente è a rischio di complicanze. Inoltre voi gli dovrete monitorizzare lECG e gli altri parametri vitali, quindi sarebbe utile un riposo a letto in UTIC. Il riposo serve anche per ridurre al minimo il fabbisogno di O
2, quindi serve per non affaticare il cuore stesso. Poi è inutile che se ne vada molto in giro!Sedazione del dolore Generalmente per sedare il dolore, e quindi anche per ridurre lo stress del malato, si usano sostanze morfino-simili.
O
2 Terapia A prescindere della loro funzionalità respiratoria, nelle prime 12-24 ore si cerca sempre di aumentare la pressione parziale di ossigeno, anche se non è dimostrato che faccia loro del bene. Ovviamente, la terapia con ossigeno non verrà interrotta per i malati con insufficienza respiratoria.b
-Bloccanti Sono dei farmaci che inibiscono in maniera selettiva i recettori b adrenergici. Generalmente quelli usati nel infarto sono il sottotipo che inibisce selettivamente il b 1, che determina linotropismo e il dromotropismo del cuore. Inibire il b 1, quindi, significa ridurre moltissimo il consumo dossigeno del miocardio. Il b bloccante è una terapia fondamentale nel infarto, infatti la si fa subito per via endovenosa per non perdere il tempo di assorbimento della via orale.ASA Lacido acetilsalicilico (Aspirina) è ancora più importante dei
b bloccanti, perché inibisce laggregazione piastrinica e i fattori della coagulazione. E dimostrato che lASA riduce drasticamente la mortalità degli infartuati, infatti viene data a tutti, anche in caso di dubbio diagnostico tanto non può far molto male! Viene somministrata per bocca (magari facendola masticare per ridurre i tempi di assorbimento), con un dosaggio fra i 160 e i 325 mg.Nitrati Qualunque tipo di nitrato, sia per via orale che per endovena, alla fine agisce nello stesso modo: aumenta il nitrossido allinterno dei vasi, vasodilatandoli. A bassi dosaggi, avrò una vasodilatazione preferenziale del circolo venoso, mentre a dosaggi più elevati si ha unazione bilanciata arterio-venosa. In ogni caso, si otterrà una riduzione del ritorno venoso, che porterà ad una riduzione del precarico, e quindi del lavoro del cuore. Per i nitrati però non si è mai dimostrato che siano in grado di ridurre la mortalità.
Trombolisi Cardine della terapia negli infarti con il tratto ST sopraslivellato. Ci sono diversi agenti trombolitici, ma tutti fanno aumentare la quota di plasmina attiva circolante. La plasmina non fa altro che scindere le catene di fibrina, quindi non fa altro che sciogliere il trombo. Il problema è che il trombo, come si è formato, spesso si ricrea, proprio perché sotto, nellendotelio rimane lulcerazione aterosclerotica. Quindi, non solo devo sciogliere il trombo, ma devo anche impedirne la riformazione, cioè devo fare sia la trombolisi e sia dare leparina. La trombolisi dura circa unora e mezza.
Eparina Inibisce i fattori della coagulazione (fattore X, ma non solo). Viene usata per impedire la riformazione del trombo dopo la trombolisi. Viene somministrata per endovena per 2-3 giorni dalla trombolisi.
ACE inibitori Riducono la progressione della dilatazione del cuore, inibendo quello che è chiamato il rimodellamento della geometria del cuore, che pare essere la causa di molti scompensi cardiaci (Inibiscono lenzima di conversione del sistema renina-angiotensina, riducendo la quota di angiotensina II).
- Statine
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