Cardiologia


Lezione del 8/11/2000

prof. Guardini

 

L'argomento della lezione è improntato su questo: come è organizzata la gestione del paziente oggi nel 2000, in un'epoca in cui cominciano ad esserci delle novità organizzative legate ai dipartimenti.
Prima di tutto vi vorrei dare lo specchio organizzativo di come è la vita in un'unità operativa com'è quella della cardiologia; poi di com'è l'organizzazione del percorso che riguarda un paziente emblematico, come può essere un paziente che accede in cardiologia, a quali dinamiche va incontro e qual è il percorso che è stato strutturato per lui.
Il terzo aspetto è che cosa significa l'organizzazione dipartimentale. Il tutto visto nella logica di grandi trials clinici internazionali che stanno ogni gg. di più imponendo delle novità dal punto di vista organizzativo e di quelle che sono le scelte di gestione per il singolo paziente.
In una struttura come quella di una Divisione Ospedaliera ci sono diversi aspetti: prima di tutto, quali sono i punti cardine organizzativi di una Divisione Ospedaliera?
In una D. O. come la nostra ci sono 3 o 4 settori fondamentali:

Il paziente, quando viene ricoverato, può essere ricoverato o in terapia intensiva, o direttamente in reparto. Il paziente che viene ricoverato in terapia intensiva è per un fatto acuto, e di solito per i pazienti che accedono qui, la causa può essere fatta risalire a una serie di patologie: l'infarto miocardico acuto è oggetto di ricovero in terapia intensiva; un'aritmia grave, come una tachicardia ventricolare, o comunque un'aritmia grave che si accompagna a un quadro d'instabilità clinica molto evidente, è un altro motivo di ricovero in terapia intensiva. Altro motivo sono le patologie che rientrano nei disturbi della conduzione atrioventricolare: un blocco cardiaco di grado avanzato, con una frequenza cardiaca in atto molto ridotta, ad es. inferiore a 40, e con la necessità di un impianto di pacemaker. La quarta situazione potrebbe essere legata a cause non ben precise, che però delineano un quadro di scompenso cardiaco molto marcato: edema polmonare acuto, scompenso critico nel momento dell'accesso.
Il reparto è la seconda parte del sistema: è un po' il cuore del sistema perché deve servire da serbatoio sia per i pazienti che devono essere sottoposti ad esami strumentali invasivi (coronarografia) e sia come gestione di tutti i pazienti che una volta superata la fase acuta devono essere sottoposti ad una serie di indagini successive.
La nostra emodinamica è fatta di due sale: una dedicata all'emodinamica in senso stretto, e quindi all'esecuzione delle coronarografie e alle angioplastiche, e la seconda sala che è dedicata all'elettrofisiologia, e in particolare, all'impianto di pacemaker. I pazienti accedono qui direttamente ricoverati dal reparto, oppure da altri reparti.
Il quarto settore è quello ambulatoriale: sono ambulatori dell'ecografia, del controllo dei pacemaker, visite, prove da sforzo, centro dello scompenso ed ecocardiografia.
Questa è l'impalcatura generale di un'unità operativa.

Che cosa succede a un paziente e cosa abbiamo messo in campo da un punto di vista a un paziente che accede… quindi vi vorrei fare una fotografia di un percorso diagnostico-terapeutico di un paziente classico, potrebbe essere un paziente che ha un infarto del miocardio.
Il paziente che ha un infarto accede tramite pronto soccorso, di solito ha o un accesso diretto con mezzi propri, oppure chiama il 118 e accede in PS.

In PS esiste una struttura organizzata di collaborazione che si basa sul fatto che ogni paziente che si presenta e ha bisogno di una valutazione cardiologica urgente, essendo sempre presente un cardiologo di guardia, esiste la possibilità di una consulenza immediata. Nel giro di pochi minuti il paziente accede alla cardiologia ed è sottoposto ad una prima valutazione cardiologica presso una struttura che è un ambulatorio di consulenza. A questo punto, se il cardiologo di guardia conferma l'ipotesi di partenza dell'infarto miocardico, lo ricovera in terapia intensiva. Qui viene sottoposto ai primi interventi: sicuramente si procede alla stabilizzazione dei parametri vitali e a quella che oggigiorno è la più usata per pazienti con infarto acuto, che è la fibrinolisi (se il paziente arriva entro le sei ore). Insieme si fa terapia con b-bloccanti, con nitroderivati…
La terapia fibrinolitica può contribuire a risolvere, se fatta tempestivamente, la trombosi che è alla base dell'infarto acuto.
Superata la fase acuta esiste una terapia successiva di stabilizzazione, con una permanenza del paziente in terapia intensiva per circa 2-3 gg. (di solito entro 72 ore si supera la fase acuta): si tengono sotto controllo i parametri fondamentali: pressione, frequenza cardiaca, dismissione enzimatica che dà un'idea del tessuto necrotico.
A questo punto, se non ci sono state complicanze (legate a tre fattori: aritmie, scompenso, persistenza del dolore precordiale con angina precoce post-infartuale. Meno frequenti: interessamento del pericardio con pericardite precoce, rottura del setto, disfunzione valvolare), in terza giornata viene trasferito in reparto di degenza. Qui si fanno alcune scelte terapeutiche e diagnostiche: dal punto di vista terapeutico si mantiene l'antiaggregazione piastrinica. In fase precoce, se possibile, si stabilizza una terapia con b-bloccanti, inizialmente a basso dosaggio, poi a dosaggio incrementale in base alla risposta dei parametri. Altro presidio importante è dato dagli ACE inibitori, che se usati in fase precoce dall'infarto, diminuiscono la mortalità.

Evidence Based Medicine: medicina basata sul fatto che molte scelte terapeutiche sono legate a grandi studi su popolazioni molto numerose di pazienti, che hanno testato alcuni farmaci con l'obiettivo di andare a vedere se c'erano vantaggi oppure no. I vantaggi più grossolani si basano su parametri più facili da misurare come sono la mortalità, la possibilità di un paziente di avere di nuovo in tempi brevi un altro episodio infartuale, o di avere uno scompenso cardiaco.
Quindi il paziente in reparto con terapia con: b-bloccante, ACE-inibitori, aspirina e, oggi, alla luce degli studi sull'importanza di tenere controllato il colesterolo plasmatico, le statine.
Le statine, inizialmente erano utilizzate per ridurre i valori di colesterolo plasmatico (se elevato, determina instabilità paz., formazione di placche aterosclerotiche, instabilità della placca e la rottura); ma servono anche per stabilizzare la placca aterosclerotica, indipendentemente dal valore del colesterolo plasmatico.
I pazienti che assumono statine si è visto che hanno riduzione degli indici di prima (mortalità…).
Nel giro di 3-4 gg. il paziente viene sottoposto a una serie di accertamenti ulteriori che ha per obiettivo di verificare se l'infarto è stato complicato, se è stato di grossa estensione e qual è la strategia diagnostica a cui sottoporre il paziente nella fase successiva.
I primi accertamenti che facciamo sono contestuali alla graduale mobilizzazione del paziente. Poi il paziente è sottoposto a una radiografia del torace, viene sottoposto a una seconda ecografia di controllo (ci dà informazioni strutturali e funzionali: dimensioni, zona che non contrae bene, entità zona infartuale, verifica funzionalità valvolare, frazione di eiezione< 50%-40%= grande deficit), ECG 24 ore (frequenza cardiaca in 24 ore, incidenza aritmie sopraventricolari o ventricolari, ischemie recidive).
Quando arriviamo attorno all a VI-VII giornata, abbiamo un paziente che dal punto di vista clinico è abbastanza stabilizzato. A questo punto va deciso l'iter per accompagnarlo: i pazienti sono distinti in due categorie: i pazienti che hanno avuto un infarto complicato e quelli che hanno avuto un infarto non complicato.
Un infarto complicato è un infarto che ha avuto un esordio abbastanza drammatico e che si accompagna nelle fasi iniziali o comunque abbastanza precoci ad uno degli elementi che vi ho detto (aritmia grave, scompenso cardiaco che si manifesta con difficoltà del paziente a respirare, estensione molto marcata dell'area infartuale). I pazienti con questo tipo di infarto di solito hanno prognosi peggiori, per questo necessitano di approfondimento diagnostico fino alla coronarografia. Quanto il decorso clinico è stato più critico, tanto è importante essere aggressivi, per andare a limitare l'entità del danno.
Paz. con infarto non complicato: con un buon andamento generale; una volta finita la mobilizzazione, si va a fare o una prova da sforzo o un??? Precoce per andare a verificare la persistenza di instabilità in quel tipo di paziente. Il test da sforzo è di solito sottomassimale (cioè portato intorno al 75-80% della frequenza massima teorica), perché il paziente è ancora molto vicino all'evento acuto. Se la prova da sforzo è negativa (senza aritmie), può essere considerato un paziente a basso rischio e può essere dimesso precocemente con la sua terapia e non essere sottoposto ad ulteriori indagini, perché si è visto che nel giro del primo anno questi pazienti molto probabilmente non hanno eventi critici, hanno una mortalità molto ridotta.
Se durante questi test, invece, emergono elementi critici che possono essere o il paziente che ha dolore durante la prova da sforzo o che non riesce a raggiungere un carico di lavoro soddisfacente o ha un'instabilità nel tracciato ECG, questo deve essere sottoposto a ???.
Prendiamo il caso del paziente che va a coronarografia, che ha un suo rischio, ma che consente di avere delle informazioni molto importanti sull'anatomia di quel paziente. Fatta la coronarografia, noi abbiamo tre linee di condotta: la prima è che le coronarie, o perché si sono riaperte, o perché non sono abbastanza critiche, non necessitano di nessun tipo di trattamento (pazienti che saranno gestiti con terapia medica abituale, con una serie di controlli successivi indice-funzionali.). Nel secondo caso riscontriamo una stenosi coronarica importante sul vaso che aveva determinato l'infarto, con segni di aritmia, quindi noi abbiamo una coronaropatia normalmente monovasale: il paziente sarà sottoposto ad intervento di angioplastica, cioè ad un intervento settoriale con dilatazione mediante palloncino di un ramo coronarico ammalato con l'obiettivo di ripristinare un flusso adeguato. Il terzo caso è quello di pazienti che, una volta fatta la coronarografia presentano un quadro patologico dei vasi coronarici talmente complesso che necessitano dell'intervento di by-pass.
L'esecuzione di un intervento di angioplastica necessita di uno stand-by cardiochirurgico.
Dopo l'intervento di by-pass, il paziente rimane all'incirca presso la cardiochirurgia ( due sedi in Emilia Romagna: Parma e Bologna)per una settimana.. poi viene avviato alle prime fasi riabilitative e ritrasferito a Ferrara in cardiologia per alcuni giorni di stabilizzazione.
Da qui va al centro di riabilitazione "San Giorgio".

L'unità operativa di Cardiologia è inserita all'interno della struttura organizzativa sanitaria del Sant'Anna.
C'è un'azienda USL e c'è un'azienda ospedaliera. L'USL è l'azienda che gestisce le risorse economiche di Ferrara e provincia: ha degli ospedali che gestisce direttamente, ha delle risorse economiche che sono pari al numero di abitanti.
A Ferrara esiste anche un'azienda ospedaliera del Sant'Anna, che è un'azienda mista, perché c'è l'università. Ci sono reparti ospedalieri e reparti universitari.
La gestione economica del Sant'Anna dipende dalle risorse che vengono passate dall'azienda USL.
I dipartimenti sono entità organizzative nuove che sono state stabilite all'interno del Sant'Anna. Sono 10. Ognuno prevede un gruppo di reparti accorpati per specifiche caratteristiche e gestisce le risorse economiche, organizzative e sanitarie dei reparti. Il reparto di Cardiologia sta nel dipartimento delle emergenze.

Come si sposa tutto quello che vi ho detto con la medicina basata sull'evidenza?
Alcuni lucidi.

  1. La caratteristiche generale della medicina è l'incertezza, che spesso viene sottostimata o negata: raramente abbiamo un malato perfetto, "da manuale". La variabilità, l'incertezza è molto presente.
    · Necessità di estrapolazione e semplificazione;
    · Scarsa disponibilità dei mezzi;
    · Imprecisione delle misure;
    · Imprevedibilità dei sistemi biologici complessi;
    · Ignoranza, incompetenza.

  2. Conseguenze delle incertezze della Cardiologia:
    · Le ipotesi razionali, quando testate con i principi della evidence-based-medicine, non sempre si sono ridotte in un beneficio;
    · Anzi, è spesso vero il contrario.

  3. Esempi illustri (1)
    Presupposto razionale: lo scompenso cardiaco è caratterizzato da una ridotta efficienza contrattile del ventricolo sinistro. Aumentando la contrattilità con farmaci inotropi positivi, si ottiene una riduzione delle complicanze legate alla malattia (es. edema polmonare acuto).

  4. Esempi illustri (2)
    Presupposto razionale: eliminando i battiti ectopici ventricolari che costituiscono il trigger delle aritmie maligne nel post-infarto, si ottiene in questa popolazione una riduzione della mortalità improvvisa (aritmie).
    In realtà…. La soppressione dell'extrasistole ventricolare con farmaci antiaritmici dà aumento della mortalità complessiva.

  5. Nasce la necessità di verificare ipotesi più verosimili, mediante studi condotti in modo rigoroso.
    Evidence Based Medicine
    È la metodologia di ricerca della migliore soluzione possibile di un problema clinico, con le prove di efficacia più salde emerse nella

E. M. B.

TRIAL BASED EXPERIENCE BASED

Legata a evidenze scaturite dai grandi trial clinici.

Legata all'esperienza e alla sensibilità clinica del singolo medico e si basa sulla certezza che di fatto ogni paziente è diverso dall'altro.

 

6. In Italia nasce col GISSI nel 1986, che testa l'uso della streptochinasi dell'IMA

 

 

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