"Tempo Perso -
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senso nel quotidiano"
FONTE: Rocca n. 7 - 1 aprile 2009 ( http://www.cittadella.org/pls/cittadella/cittadella.rocca) ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
CHIESA Il diritto di opinione di Giancarlo Zizola
La
lettera di Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica assume gli sbagli
occorsi nella gestione della remissione della scomunica ai lefebvristi, invoca
misericordia per gli scismatici, un supplemento di carità in tutta la Chiesa,
per trasformare le espulsioni di ieri in una vittoria del pluralismo interno.
Solo che un documento così ispirato, non consueto nella prassi del Primato
papale, si è fatto Il notare anche per la severità dei toni riservati a quei cattolici che
«hanno pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco». Un
risentimento che affiora più di una volta nel testo, fino ad applicare ai
dissensi emersi nella comunità cristiana sul precipitoso condono ai vescovi
scomunicati la recriminazione comminata da San Paolo nella Lettera ai Galati,
che si «mordevano e divoravano» a vicenda. All'evidenza,
dal momento in cui il Papa ammette l'infortunio, riconosce indirettamente il
ruolo positivo della critica pubblica senza la quale quelli che a posteriori
sono stati riconosciuti «sbagli» non sarebbero potuti emergere e dunque venire
corretti, sia pure tardivamente. Tuttavia resta l'impressione che Ratzinger
sconti qualche disagio di fronte al libero esercizio dell'opinione pubblica
nella Chiesa cattolica se, invece di riconoscerla come un segno di vitalità, di
amore e di responsabilità, nei pastori e nei fedeli, perfino di compassione per
una sovranità pontificia vissuta in modo troppo solitario per essere solidale,
è portato a catalogarla come «stonatura», espressione di intolleranza verso la
figura del Papa, il quale si lamenta di «essere pure lui trattato con odio
senza timore e riserbo». Come se la Chiesa potesse presumere una propria sfera
di immunità sacrale dalla critica pubblica, dal momento che pone atti e si
pone come soggetto nel dibattito pubblico. Nella Chiesa antica i Padri
riconoscevano solennemente che la partecipazione deve essere una regola nella
comunità ecclesiale, perché «ciò che tocca tutti, da tutti deve essere
trattato». Nei tempi
moderni, al riflesso autoritario di un corpo gerarchico minacciato
dall'autoreferenzialità il Codice di Diritto Canonico nel 1983 ha posto
l'argine del canone 212, il quale statuisce il diritto di opinione pubblica
nella Chiesa cattolica: «Secondo la scienza, la competenza e la responsabilità
di cui godono, i fedeli hanno diritto, e anche talora il dovere, di manifestare
la loro opinione sulle cose che riguardano il bene della Chiesa ai sacri
Pastori e a renderla nota agli altri fedeli, salva l'integrità della fede e dei
costumi e la riverenza verso i Pastori, fatta attenzione all'utilità comune e
alla dignità delle persone». Dei
progressi nell'accettazione del dubbio responsabile, delle opinioni non
conformi e della libera discussione dei decreti dell'autorità sono innegabili
nella Chiesa romana, anche se le direttive conciliari sulla riforma collegiale
dell'esercizio del Primato pontificio, che era stata accettata da Giovanni
Paolo II nella enciclica «Ut unum sint», continuano a essere bloccate. deficit della collegialità episcopale Nella
Lettera ai Vescovi, papa Benedetto auspica un'integrazione di Internet nel
sistema informativo del papato, ma è prevedibile che una migliore efficienza strumentale
non potrebbe rimediare al deficit istituzionale della collegialità episcopale,
con e sotto Pietro, nel governo della Chiesa universale, un peso divenuto, per
la sua complessità, insostenibile per un uomo solo, per quanto provvisto di
qualità spirituali e intellettuali non comuni. D'altronde
è di esperienza comune che Internet
non è un rimedio taumaturgico della solitudine, talora la aggrava, chiudendo i
varchi con il mondo reale. La crisi dei processi comunionali nella Chiesa, a
tutti i livelli, è la causa di un ecclesiocentrismo patologico che molti vescovi
sono i primi a deplorare. La capacità di alcuni episcopati di manifestare un
rispettoso dissenso sulle misure filo-lefebvriste della curia romana ha
preservato la Sede Apostolica dal pericolo di nutrire ulteriori divisioni nella
Chiesa molto più di quanto avrebbe saputo il conformismo pigro di un'opinione
gregari a, scambiata abusivamente per fedeltà. Sotto il pretesto che il mistero
della fede è irriducibile e che ciò che ne manifesta la Chiesa è
insostituibile, ci sarà sempre la tentazione di mascherare ciò che questa
Chiesa ha di umano o di troppo umano e a volte anche mondano. Tentazione per la
stessa Istituzione nei suoi funzionari, che continua a fare del silenzio e del
segreto sui propri lati deboli un fattore di prestigio, di potere o
semplicemente di autoprotezione, al coperto di un infallibilismo preconcetto.
Tentazione per 1'opinione cattolica, troppo spesso indignata quando una luce
troppo cruda riconduce certe figure ideali sulla terra comune. Tentazione
infine anche per alcuni giornalisti, troppo felici talora di scambiare i doveri
della verifica contro le facilità del panegirico servile. Certamente, molto
cammino è stato percorso soprattutto dopo il
Vaticano II, ma le tentazioni di rimuovere la critica, che non odia se aiuta a
guarire le piaghe, restano e forse nuovi passi sono necessari nella comunità
cristiana per esorcizzarle. Giancarlo
Zizola
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