2.  CREA IN ME, O DIO UN CUORE PURO (Salmo 51)

                                                                                Alberto Neglia

 

Il salmo 51 è strettamente legato al 50. Per comprenderlo, quindi, è opportuno evidenziare anche il contenuto di quest’ultimo, e cogliere anche l’orizzonte nel quale tutti due si collocano. I due salmi sono, infatti, elementi di un’unica composizione che accompagna una liturgia penitenziale. Essi corrispondono a due momenti di una tipica liturgia penitenziale che è facile trovare nell'AT: quella del giudizio bilaterale. Si tratta di un confronto diretto, non si fa ricorso a una terza persona: un giudice che sia estraneo e neutrale. Qui due personaggi litigano e la soluzione del contenzioso avviene all'interno del dibattimento. L'offeso convoca colui che l'ha offeso e chiede che venga riconosciuta la sua innocenza e il torto di chi l'ha offeso.

Quale decisione prenderà l'innocente? Quando il colpevole riconosce la propria colpa e desidera cambiare condotta e riparare, la parte innocente ha a disposizione tre soluzioni, tutte e tre giuste: 1- esigere la riparazione; 2- accettare una composizione a metà strada, ribassando la pena; 3- stracciare il documento del debito e perdonare generosamente la pena.

Nei salmi 50-51 abbiamo: la parte innocente sporge querela (salmo 50), la parte colpevole riconosce la propria colpa, la parte innocente perdona (salmo 51). Nella Bibbia spesso il rapporto tra Dio e il popolo è conflittuale. Per cui Dio spesso convoca il popolo o una persona e gli contesta il torto. Oppure l'uomo convoca Dio (Giobbe) se si ritiene offeso. Il conflitto può essere un momento di transizione per un progetto nuovo. I salmi 50 e 51 si muovono all’interno di  questo sfondo giudiziario.

 

salmo 50

1-3. Dio parala, non sta zitto, non si vela indispettito, ma avanza e protesta. Il Signore viene a spargere querela al suo popolo. Si tratta di un giudizio bilaterale in cui Dio è parte in causa.

4. Il cielo e la terra assistono al processo come testimoni naturali.

5. Il Signore convoca il popolo che si era impegnato a custodire l'alleanza e promuove il dibattimento.

6. Il cielo sta annunciando la sua giustizia (innocenza). D'ora in poi il Signore sarà l'unico Dio d'Israele, e Israele sarà il suo popolo.

7. Ascolta! Israele deve riscoprire il ruolo di ascoltatore con atteggiamento docile.

8-13. Il Signore ripropone temi e rimproveri cari ai profeti: che senso ha il culto, se manca la giustizia?

14-15. Consegnarsi a Dio! Questo è quello che ti chiedo, e questo è quello che tu non mi dai: un sacrificio di lode, di confessione. Confessione di quella che è la realtà umana: presenta la tua realtà di creatura. Non ti chiedo giovenchi, chiedo che tu ti consegni a me, questo è il sacrificio di lode.

16-20. All'empio dice Dio... Colui che è stato convocato è rivelato: è empio. E qui vengono contestati tutti gli altri comandamenti che si compendiano nell'amore del prossimo. Ti ho convocato per dirti che tu non ami, e non cerco soluzioni che non passino attraverso la tua conversione.

Beato chi è contestato da Dio: tu non ami Dio e non ami il prossimo. Non è vero che la mia parola è luce ai tuoi passi, ma tu la getti dietro le spalle ed è per te un fardello, ti pesa, ti schiaccia.

21. Tu non ami! E pensavi che io fossi come te.

22-23. Io non sono un Dio complice, ma un Dio che ti contesta. La correzione è per la salvezza.

 

Salmo 51

Il salmo 51 è attribuito a David, dopo il peccato, si capisce quindi il quadro oscuro.

È di una ricchezza inesauribile. Esso attraversa tutta la storia della Chiesa e della spiritualità.

Il salmo 51, allora, va letto congiunto al salmo 50. Se si esclude l'aggiunta finale (vv. 20-21) si divide in           Due sezioni:

1a - vv. 3-11  descrizione del regno del peccato

2a - vv. 12-19 descrizione del regno della grazia: lo Spirito che crea.

Il v. 12 è il perno attorno a cui si avvita e ruota il salmo: crea in me, o Dio, un cuore puro...

 

    Prima parte: vv. 3-11

Ha una costruzione concentrica, in cui al centro è posta la "confessio" dell'innocenza di Dio: "Tu sei giusto, o Dio, tu hai ragione di rimproverarmi (6b).

Mentre all'inizio (vv. 3-4) e alla fine (vv. 9-11), in forma di inclusione, la supplica a Dio di cancellare il peccato, che più che un’azione è diventata ormai una situazione triste e insopportabile.

La prima parte (vv. 3-11) offre un quadro oscuro della realtà dell'uomo così come è rivelata dalla parola accusatrice di Dio (Sal 50). Al centro di questo quadro oscuro brilla una luce luminosa "Dio è giusto". In risposta, quindi all'accusa di Dio l'uomo si apre a una piena "confessio", in cui da una parte riconosce la sua colpa e ne chiede la liberazione, e, dall'altra, esalta l'innocenza e la giustizia di Dio.

L'appello alla misericordia di Dio è rivolto, prima di tutto, perché cancelli (machah) il peccato. Il punto di partenza del cammino di conversione del cuore, quindi, è l'iniziativa di Dio. Lui per primo dona la mano. I vocaboli che la versione italiana usa per indicare ciò che l’uomo ha fatto (il peccato, le colpe) non rendono adeguatamente la lingua originale. Nel testo ebraico sono usate tre parole diverse che andrebbero lette così:

Cancella la mia ribellione - lavami da ogni mia disarmonia - tirami fuori da ogni mio smarrimento

Il peccato è uno sbaglio fondamentale dell'uomo, una distorsione, una disarmonia, una ribellione una volontà di progetto alternativo e contrastante il progetto di Dio.

Alle parole che indicano lo sbandamento dell'uomo fanno riscontro tre appellativi divini: channenì=sii benigno con me= grazia, riempimi della tua grazia, si dice che Dio è dono gratuito, è l'essenza della gratuità. ke-chasdeka = secondo la tua misericordia, amore... L'insistenza non è sull'uomo peccatore ma sulla bontà di Dio. Lo hesed indica l’atteggiamento tipico di Dio verso il suo popolo, che comporta lealtà, affidabilità, fedeltà, bontà, tenerezza, costanza nell’attenzione e nell’amore. Nulla avviene in me senza un’attenzione della tenerezza di Dio. rachameka = il tuo grande amore, cioè cuore, viscere. È un vocabolo profondamente materno e indica la capacità di portare qualcuno dentro, di immedesimarsi in una situazione così da viverla nella propria carne.

È presente quindi l’uomo col suo peccato, col suo fallimento, ma davanti a quest’uomo sta Dio la cui azione viene invocata con tre attributi che richiamano un volto che vede e ama. Nel salmo quindi l’accento non è posto principalmente sulla miseria dell’uomo, ma sul cuore grande di Dio

Questi tre attributi ci danno il tono del salmo 50, che è un inno a incontrare Dio così com'è.

In questa prima parte i soggetti sono tre: il proprio "Io";  il peccato in cui l'uomo si sente inserito; e il "Tu" di Dio che è la chiave per capire tutto il significato del salmo: Dio, nella sua iniziativa di amore e di misericordia, proietta nell'oscurità della mia psiche, - ("Tu vuoi la sincerità del cuore"  (v. 8) si potrebbe tradurre meglio: "Tu ami la verità nell'oscuro / segreto") - nel profondo della coscienza, la luce del suo progetto. Così facendo mi porta a scoprire la verità di me stesso, mi dà respiro, mi aiuta a cogliermi rispetto a ciò che sono chiamato ad essere, a ciò che avrei dovuto essere, a ciò che posso essere con la sua grazia.

 

     Seconda parte: lo Spirito creatore: vv. 12-19

Si apre con una triplice invocazione dello spirito (ruach) creatore: Il mio spirito nel soffio del tuo spirito sarà consolidato. Tutto dipende dall'attività creatrice dello Spirito. Là dove è invocato lo Spirito, la parola è efficace, parola che crea. In particolare

Il v 12 è costruito in forma parallela: un cuore puro (leb tahor) crea (berà) in me o Dio, uno spirito saldo (ruach nakon) fa nuovo (chades) dentro di me.

Il parallelismo tra cuore e spirito ritorna al v. 19. Il v. 13 è costruito in forma chiastica (incrociata):Non cacciarmi dal tuo volto (paneka) e del tuo santo spirito non privarmi.

Al centro del versetto sono posti in stretta relazione volto di Dio e spirito di Dio.

Qui il parallelismo tra volto e spirito di Dio è in rapporto con l'azione creatrice e rinnovatrice di Dio. Il cuore puro è creato da Dio attraverso l'azione vivificatrice dello Spirito di Dio legato alla sua presenza. È lo Spirito Santo di Dio che crea il cuore puro.

Il v. 14 costruito anch'esso in forma incrociata. Qui, la formulazione negativa del v 13: non cacciarmi, non privarmi diventa ora positiva: Rendimi la gioia della tua salvezza

e con il tuo spirito generoso sostienimi. La salvezza è strettamente connessa con lo Spirito generoso di Dio.

 

     Significato teologico di 12-14:

Nel 12 l'orante chiede in modo audace l'intervento creatore di Dio, intervento che riguarda l'uomo nella sua vita profonda, il cuore. Questa realtà profonda dell'uomo è espressa con due termini paralleli: cuore e spirito, binomio caro specialmente ad Ezechiele. L'opera di Dio, invocata nella preghiera, non consiste semplicemente nel perdonare i peccati, nel senso di chiudere un occhio, ma è opera di salvezza: "rendimi la gioia della tua salvezza". Nella teologia dell'alleanza essa è comunione personale con Dio: "vedere il suo volto",  quindi godere del suo favore, della sua bontà.

Tale salvezza impegna la potenza creatrice di Dio, è una nuova creazione che comincia dalla vita profonda dell'uomo. È Dio, in particolare, il suo Spirito che opera tutto questo. E l'orante si rivolge a Dio, invocando il suo Spirito di santità (v. 13b) e il suo spirito di generosità (v. 14b). Lo Spirito santo fa puro il cuore e fa vivere alla presenza di Dio, a tu per tu con lui. Mentre lo Spirito generoso immette lo "spirito saldo" nell'uomo, uno spirito che lo rende capace di vivere fedele a Dio. Quindi l'orante non chiede solo di essere ri-fatto nel suo intimo, ma chiede lo spirito stesso di Dio. Quindi in 51,12 non si chiede la purificazione del cuore dal peccato... ma un cuore nuovo diverso di quello della prima creazione: un cuore "non incline al male", puro (tahor), capace di osservare fedelmente i comandi di Dio. La salvezza non è riparare ma far nuovo. Questo è detto con chiarezza in Ez 36,24-28, dove sono presenti due momenti: purificazione prima e poi dono del "cuore nuovo" e "spirito nuovo" mediante lo spirito di Dio messo nel loro intimo che porta a compimento la trasformazione.

L'autore della salvezza in una nuova creazione e alleanza, è Dio mediante il suo spirito. Il testo di Ezechiele 37,1-14 è molto vicino al salmo 51 se si tiene conto dei versi 10 e 12-14: ossa che tu hai spezzato e spirito generoso che salva.

In sostanza lo Spirito di Dio è la presenza attiva del Dio trascendente, la presenza creatrice e vivificante del Dio vivo e creatore. Lo Spirito di Dio salva creando nuovamente l'uomo dal di dentro e ponendolo in un nuovo e duraturo rapporto di alleanza con Dio (vv. 12-13). Quindi, la salvezza mediante lo Spirito di Dio entra profondamente nell'uomo, "partner" di Dio, fino a toccarlo nell'intimo (cuore spirito) dove si colloca la risposta responsabile, la libera obbedienza a Dio, senza con questo togliere all'uomo la sua libertà, piuttosto creandola e promuovendola ala fedeltà. Dio così, con la forza del suo Spirito rende fedele e amante il cuore dell'uomo, lo rende capace di amare con amore divino.

Allora i salmi 50 e 51 non si pongono in una condizione giuridica del peccato, ma nella prospettiva della storia della salvezza, caratterizzata dall'alleanza, per cui peccare è uscire dalla storia, negare la vita che deriva dall'alleanza. Il peccato così inteso non è un fatto individualistico ma profondamente personale (cuore decisioni) e perciò comunitario. La novità del almo 51 rispetto ai testi profetici paralleli, sta nel fatto che la salvezza come "una nuova creazione" non è più solo promessa, ma diventa preghiera ricca di speranza, diventa cioè parola creduta e vissuta; nella preghiera così si tocca già in qualche modo il compimento.

51,19  L'uomo salvato, col cuore contrito, diventa sacrificio gradito a Dio.

L'uomo stesso con il cuore affranto diventa sacrificio perché strappato dalla profondità del peccato, è ricreato nel suo intimo e messo in rapporto di una nuova alleanza con Dio in forza del suo Spirito santo e generoso. L'uomo muore al peccato per vivere fedelmente con Dio e per Dio. Il cuore puro può stare alla presenza di Dio nella vita e nel culto.

Il peccatore liberato dal peccato e rinnovato nel cuore e nello spirito viene sottratto alla morte e così la sua lingua ma soprattutto la sua vita diventa sacrificio di lode a Dio.

 

     Spirito di Dio e missione

L'esperienza della salvezza spinge alla missione: “insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno” (v. 15). Lo Spirito rende missionari. Si può scorgere qui un'analogia con la missione profetica. Il profeta è chiamato l'uomo dello Spirito (Os 9,7), cioè l'uomo abilitato dallo Spirito di Dio a compiere la sua missione (cf Is 61,1). Il peccatore ricreato si propone come maestro e testimone nell'impegno della lode (17).

Il salmista esprime il suo impegno missionario in una maniera precisa, che corrisponde all’itinerario da lui percorso: farò capire a chi è senza strada che una strada c’è, anzi che tu, o Signore, gli stai venendo incontro. Lo farò capire non come uno che fa una lezione o una esortazione ma come testimone di ciò che è avvenuto in me. Chi ha percorso un genuino cammino penitenziale, può aiutare altri a capire che c’è una via d’uscita, una via nella quale Dio stesso viene incontro, in Gesù, come è venuto incontro a me. Esemplare, in questo senso è la Samaritana che lascia la brocca e va a raccontare ai suoi concittadini la verità che Gesù ha fatto nella sua vita, e conduce tutti a Gesù. (Gv 4).

Altri salmi che aiutano a capire il salmo 51 sono i salmi 103 e 130.