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Accogliere
per generare la vita Istituzioni Pontificie Questa complessità e il dovere della Chiesa di “illuminare le coscienze degli uomini circa le esigenze morali che scaturiscono dalla loro natura” spinsero Giovanni Paolo II con il suo Motu proprio "Vitae mysterium" del 1994 ad istituire la Pontificia Accademia per la Vita (PAV), con il compito specifico di studiare, in un'ottica interdisciplinare, i problemi riguardanti la promozione e la difesa della vita umana, formare ad una cultura della vita nel pieno rispetto del Magistero ed informare in maniera chiara e tempestiva i responsabili della Chiesa, le varie istituzioni di scienze biomediche, le organizzazioni socio-sanitarie, i mezzi di comunicazione e la comunità civile in genere, sui risultati più rilevanti delle proprie attività di studio e di ricerca. Il sito web della PAV (www.academiavita.org/ ) fornisce documenti, materiali di vario tipo ed articoli sulle tematiche della vita umana e della bioetica, quali la clonazione, i trapianti, lo stato vegetativo, l’eutanasia, gli embrioni, le cellule staminali ed altre questioni sempre più attuali. In effetti i testi pubblicati della PAV consentono di iniziare un percorso di conoscenza della posizione ufficiale della Chiesa cattolica aldilà delle approssimate e superficiali notizie divulgate dai mass media tradizionali. A tal proposito può risultare utile
visitare le pagine-web della prima facoltà di Bioetica del mondo
istituita presso l’Ateneo
Pontificio Regina Apostolorum (www.upra.org/seccion.phtml?se=3
) La Conferenza Episcopale Italiana,
che spesso diffonde la propria posizione sulle più svariate tematiche, si
è espressa anche sulle questioni della bioetica, innanzitutto con i
messaggi per la giornata della vita prevista nel mese di Febbraio di ogni
anno e giunta nel 2006 alla 43a edizione, ma anche con altre dichiarazioni
rintracciabili all’interno del proprio sito (www.chiesacattolica.it/cci_new/percorsiTem2.jsp?id_liv1=6&id_liv2=33&tipo_elem=1).
Certo non sono pochi coloro che nelle posizioni della CEI registrano una giusta, ma quasi esclusiva, attenzione alla vita che nasce trascurando la difesa e la promozione della vita che già c’è. A tal proposito sicuramente illuminante la testimonianza autorevole di Mons. Raffaele Nogaro espressa in occasione della giornata della vita del 2006 (http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_14770.html) Il Vescovo di Caserta, che ha dedicato il suo intervento alla memoria di Ibrahim Rugova. Presidente del Kosovo, protagonista della lotta nonviolenta e autentico uomo di pace, inizia con il monito “Guai, a spegnere il sorriso di Dio nel grembo della donna… il bimbo che fiorisce canta tutta la bellezza dell'amore… Infrangere l'energia dell'amore significa scartare la vita.” Ma poi Mons. Nogaro continua “quando, però, l'uomo diventa adulto, diventa una coscienza di vita e si presenta come un "prodigio" (Ps. 139,14), quel "mistero eterno dell'essere" (Leopardi), che porta nella storia il volto di Dio. Violarlo, è il grande male; non amarlo, è il grande peccato. Non è giusto che si dia più importanza alla "vita che nasce", di quella che si dà alla "vita che c'è”. La venerazione che si ha per il nascituro, deve diventare culto per l'essere umano che ha la responsabilità della vita.” Poi ricorda ancora i cinque milioni di bambini che muoiono ogni anno a causa della fame, i bambini di strada, le tante donne costrette alla prostituzione, i "poveri" di ogni genere, come i lavoratori umiliati nella loro dignità, i nomadi, gli immigrati maltrattati, i carcerati, i malati, tutti coloro che devono continuamente chiedere il favore di vivere e coloro che sono meno uomini, persone di scarto, perché non hanno potere contrattuale. Alla fine del suo intervento, Mons. Nogaro, arriva a definire la guerra e la produzione delle armi come il male assoluto perché rappresentano l'ingegno e il programma della distruzione degli esseri umani e della vita. Allora forse è opportuno continuare
il nostro percorso virtuale segnalando alcune comunità di accoglienza che
fanno delle dichiarazioni di principio a difesa della vita, un impegno
quotidianamente tangibile, che diventa passione per la vita di ogni
fratello e nella società moderna, rappresentano un segno e un esempio
stimolante della "civiltà dell’amore", quell’amore che
accogliendo può generare la vita laddove
è compromessa. L’Arche Straordinaria l’esperienza dell’Arche (www.larche.org/) fondata nel 1964 a Trosly-Breuil (Francia) per accogliere due persone adulte con handicap mentale da Jean Vanier (www.giovaniemissione.it/testimoni/jean.htm ) Spiega Vanier nella prefazione alle sue memorie (Ogni uomo è una storia sacra, Edizioni Dehoniane, Bologna): «Ho scelto il nome di "Comunità dell’Arca" con riferimento all’arca di Noè che ha salvato dalle acque la famiglia umana. La Comunità dell’Arca vuol prendere a bordo gli handicappati mentali, che fanno tanto presto ad annegare nelle acque delle nostre società competitive». L’esperienza di Trosly-Breil diviene in breve contagiosa, propagata da quel misterioso e universale messaggio della carità che supera frontiere e pregiudizi: nascono altre "Arche" in Canada, in India, negli Stati Uniti, in Africa, in molti Paesi del mondo, ciascuna con personale locale, ispirato dal medesimo anelito alla solidarietà come riflesso di un credo comune, pur nella diversità delle fedi religiose. Nella Carta istitutiva, ogni casa viene definita come "Comunità di fede", dove ogni membro «è stimolato a scoprire o ad approfondire la sua vita spirituale e a vivere secondo il credo e la tradizione che gli sono propri. Coloro che non hanno una fede esplicita sono ugualmente accolti e rispettati nella loro libertà di coscienza». In una società che emargina i deboli e minaccia la loro vita in nome d’una pretesa libertà la pedagogia della condivisione della vita delle persone con handicap mentale, vissuta da Jean Vanier e dagli assistenti delle Comunità dell’Arca, costituisce al contempo un’affermazione ideale e un concreto riconoscimento del valore unico e irripetibile di ogni persona umana. Dal 1971, accanto alle Comunità
dell’Arca, Vanier ha dato vita anche a quelle di "Fede e
Luce", (http://web.tiscali.it/fedeeluce/italy/Arca.htm
) oggi diffuse in numero di 1.300 in 70 Paesi del mondo. Sono
formate da una trentina di persone ciascuna: portatori di handicap,
familiari e amici. Non fanno vita comune, ma si ritrovano regolarmente per
scambiarsi esperienze, mettere in comune sofferenze e gioie, pregare
insieme. La comunità per Vanier è l’antidoto alla solitudine del
mondo, «il luogo del perdono e della festa», come titola un suo libro. Associazione Papa Giovanni XXIII L'Associazione Papa Giovanni XXIII (www.apg23.org)
di Don Oreste Benzi da oltre trent'anni opera nel vasto mondo
dell'emarginazione in Italia e all'estero. “Mossi dallo Spirito a
seguire Gesù povero e servo, i membri della Comunità Papa Giovanni XXIII,
per vocazione specifica, si impegnano a condividere direttamente la vita
degli ultimi mettendo la propria vita con la loro vita, facendosi carico
della loro situazione, mettendo la propria spalla sotto la loro croce,
accettando di farsi liberare dal Signore attraverso loro". Oggi
l'Associazione Papa Giovanni XXIII conta 200 Case famiglia, 15 Cooperative
sociali, 32 Comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti,
e molte altre strutture pensate per condividere ed affrontare i diversi
disagi dell’uomo di oggi. Inoltre, sicuramente peculiare dell’Associazione voluta da don Oreste
Benzi, è “L'Operazione Colomba” (www.operazionecolomba.org)
nata, nel 1992 con la guerra jugoslava, dal desiderio di provare a vivere
la nonviolenza in zona di guerra e a condividere la vita di chi è
costretto a subire la violenza dei conflitti, e che adesso ha come
obiettivo di diventare un corpo civile di pace, un esercito disarmato che
interviene nei conflitti armati e sociali acuti. Gruppo Abele Indubbiamente la comunità che più
è riuscita e riesce ad incidere nella vita sociale e politica in Italia
è il gruppo Abele fondato da don Luigi Ciotti. Il Gruppo Abele, che ha da poco
raggiunto 40 anni di attività,
ha
interpretato (dal 1965 ad oggi) l’essere cittadini a partire dalla
strada. Infatti come spiega Don Ciotti in una recente intervista “«È
la strada la grande protagonista delle esperienze che abbiamo fatto e che
continuiamo a fare. Perché è il luogo degli incontri, delle fatiche e
delle speranze, della gioia e della disperazione. Nei quattro Vangeli si
parla di strada in ben 109 punti diversi; Gesù evangelizza, guarisce,
salva cammin facendo. La Chiesa nasce lungo le strade polverose
della Palestina”. (www.sanpaolo.org/fc/0615fc/0615fc52.htm)
Per il
gruppo Abele la strada in
questi anni ha “parlato”
non solo di droghe, ma dei tanti volti, nessuno escluso, di chi fa più
fatica: aids, alcolismo, immigrazione, carcere, prostituzione, senza fissa
dimora, malattia mentale, solitudini diverse... Ed oltre a
rispondere queste realtà
con servizi di accoglienza (comunità residenziali, centri diurni,
dormitori, servizi a bassa soglia e lavoro di strada) il
gruppo di Don Ciotti si è interrogato sul perché
di queste ingiustizie con investimenti culturali diversi (riviste, casa
editrice, proposte di formazione, prevenzione e di supporto educativo):
per promuovere quella pratica della cittadinanza attiva che trasforma la
solidarietà in corresponsabilità degli uni per gli altri. Per passare
dalla denuncia alla proposta, per un presente più giusto e un futuro
migliore. Con il grande merito di pensare ad un “fare” che con esclude le altre realtà, ma che anzi rivolge una costante attenzione a mettere in comune idee ed energie, valorizzando quanto unisce, come accaduto nel 1980 per il processo costituente del Coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza (Cnca – www.cnca.it ), nel 1987 per fondazione della Lega italiana per la lotta all’Aids (Lila – www.lila.it ) e nel 1995 per Libera (www.libera.it ) la rete delle associazioni della società civile contro tutte le mafie che coordina le tante realtà positive potenziando così sforzi ed iniziative gia esistenti. Via Bertè, n. 94 98057 Milazzo(ME)
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