"Tempo Perso -
Alla ricerca di
senso nel quotidiano"
FONTE: Rocca n. 7 - 1 aprile 2009 ( http://www.cittadella.org/pls/cittadella/cittadella.rocca) ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
TEOLOGIA La fede nella dinamica dei cambiamenti di Carlo Molari I
cambiamenti culturali in corso hanno una particolare incidenza nell' antropologia,
nel modo cioè di vivere e interpretare l'esperienza umana. In particolare
influiscono nella soluzione del grave problema della educazione e nella
formulazione dei criteri che guidano le scelte e che costituiscono la coscienza
morale. La persona, oggi sappiamo, nasce incompiuta, giunge a maturità solo
attraverso i rapporti, cresce nelle esperienze che compie e fino alla morte
può introdurre nuove connessioni cerebrali. La persona però non è in grado di
determinare fin dal!'inizio e con chiarezza ciò che serve per la sua crescita
e ciò che invece la impedisce, ciò che è bene o male per lei nei suoi diversi
ambiti (fisico, biologico, psichico, spirituale). Ne consegue la necessità di
individuare criteri per le decisioni quotidiane e quindi !'importanza della
formazione della coscienza morale. In tale prospettiva l'ambiente sociale e le
esperienze compiute hanno una incidenza molto maggiore di quanto prima si
pensasse: l'ambiente attraverso i sistemi operativi di quello che viene chiamato
il cervello sociale e le esperienze attraverso la memoria degli effetti
riscontrati dalle scelte compiute. Nei
secoli scorsi, quando si utilizzava il modello anima e corpo, spesso si pensava
all'anima come a un principio di conoscenze proprie. Alcuni le attribuivano
anche idee innate e pensavano a istinti o pulsioni morali possedute fin
dall'inizio. In questo senso si distingueva chiaramente tra natura e cultura,
dove per natura si intendeva ciò che si supponeva appartenesse all'uomo fin
dalla nascita e con cultura invece si indicavano le acquisizioni provenienti
dall'inserimento in una particolare tradizione linguistica, religiosa e
sociale. La legge naturale veniva considerata inclusa nel bagaglio implicito
della coscienza o almeno facilmente conoscibile attraverso la riflessione e
l'educazione. Secondo
questi modelli l'educazione della coscienza consisteva nel rendersi conto attraverso
la riflessione dei criteri naturali di azione già virtualmente posseduti e
nell’apprendere quelle regole in vigore nella comunità di appartenenza, la cui
osservanza consentiva l'inserimento armonico nell’ambiente sociale di crescita
e la valorizzazione delle esperienze personali. Oggi gli orizzonti culturali sono
profondamente cambiati. La
prospettiva evolutiva della persona e della specie umana da una parte, e le acquisizioni
delle neuroscienze dall'altra, hanno modificato in modo profondo i punti di
riferimento. orizzonti antropologici nuovi In primo
luogo è difficile oggi concepire l'anima come soggetto autonomo di pensieri o
di innati criteri di azione, dato che nulla può essere conosciuto se non viene
registrato nelle connessioni cerebrali. Il termine anima eventualmente può
essere utilizzato per indicare lo sviluppo della dimensione spirituale della
persona che si realizza lungo tutto il suo cammino storico. Potremmo dire che
l'anima fiorisce dalle energie della materia quando l'azione creatrice che
alimenta il processo trova strutture sufficientemente complesse per esprimersi
a livello spirituale. Anche il catechismo della Cei parlando della vita oltre
la morte scrive: «sopravvive !'io personale, dotato di coscienza e di volontà.
Se si vuole chiamarlo 'anima' bisogna intendere questa parola alla maniera
biblica» (La verità vi farà liberi, Ed. Vaticana, 1995, n. 1195, p. 579). In
secondo luogo il ricorso alla natura come ambito di informazioni definitive o
soggetto di spinte operative ordinate non è più possibile. Le teorie evolutive
infatti hanno reso impraticabile il ricorso puro e semplice alla legge
naturale, come lo stesso Cardo Ratzinger ha affermato nel confronto con il filosofo
Habermas nel gennaio 2004 presso l'Accademia Cattolica Bavarese (il diritto
naturale è diventato strumento «purtroppo inefficace» in Perché siamo ancora nella chiesa, Rizzoli, Milano 2008 (pp. 209-224)
pp. 218s. cfr Rocca nn.13 e 14 del 2008, pp. 52 s.). La legge
naturale di fatto ora appare il risultato delle convinzioni accettate dall'umanità
in base alle esperienze accumulate lungo i secoli. Come tale, essa è soggetta
ai limiti delle culture ed è in evoluzione lungo la storia. Lo stesso Stato, a giudizio di
molti laici illuminati, deve ricorrere alle tradizioni culturali morali dei
popoli, conservate spesso con maggiore fedeltà dalle tradizioni religiose, se
non vuole soggiacere ai soprusi delle maggioranze o dei gruppi di potere che
possono imporre leggi ingiuste con mezzi legali. Alla legge naturale era stato
fatto ricorso come a criterio sostitutivo della legge divina, quando le
diverse sue interpretazioni scatenavano guerre e violenze tra le confessioni
cristiane. Ora essa ritorna, ma non più come legge iscritta nel cuore dell'uomo
e fissata nella sua natura, bensì come indicazione del bene e del vero emersa
dalla esperienza e fissata nella cultura dei popoli. Gli sviluppi delle persone
e delle società, infatti, avvengono secondo processi ordinati e seguono leggi
precise. Scoprirle e seguirle consente di raggiungere l'identità personale e
di favorire la sopravvivenza della specie. In terzo
luogo è necessario
tener conto delle acquisizioni delle scienze neurologiche. Secondo le quali
quando veniamo al mondo il cervello non è ancora strutturato e viene
pian piano «costruito nell'enigmatica interfaccia fra esperienza e genetica,
dove natura e cultura diventano una cosa sola» (L. Cozolino, Il
cervello sociale. Neuroscienze delle
relazioni umane, Cortina, Milano 2008, p. 6). Infatti «ora sappiamo che natura
e cultura collaborano a modellare i nostri cervelli, le nostre capacità e
disabilità. Natura e cultura diventano una cosa sola durante lo sviluppo, e il
confine fra organico e funzionale si è dissolto in ciò che ora indichiamo come plasticità
esperienza-dipendente. Questa espressione
significa che il cervello viene strutturato e ristrutturato dalle interazioni
con l'ambiente sociale e naturale» (Id. ib., p. 83). In altre parole possiamo
dire che il cervello ha numerose potenzialità che però vengono accese per
induzione dagli altri, attraverso le esperienze compiute fin dall’utero
materno e progressivamente sviluppate nell'utero sociale delle diverse comunità
dell' esistenza. formazione della coscienza e fede in Dio Ne
consegue la straordinaria importanza dei ruoli formativi: genitori ed
educatori, società e ambiente incidono in modo determinante nella formazione
delle strutture cerebrali e delle reti neurali, e quindi nella formazione
della coscienza. Coloro che esercitano le cure genitoriali, chiunque essi
siano, contribuiscono a creare quel cervello sociale attraverso il quale
circolano le informazionI. vitali e si definisce la prima struttura
dell'identità personale. «La sinapsi sociale è lo spazio che ci separa. È il mezzo che ci lega insieme in organismi più
ampi come la famiglia, i gruppi, le società e la specie umana come un tutt’unico.
Dato che le nostre vite vengono vissute al margine di questa sinapsi e dato che
una parte così grande della comunicazione è automatica e si svolge al di sotto
della consapevolezza cosciente, la maggior parte di ciò che accade è per noi
invisibile e ovvio» (Id. ib., p. 5). Gli educatori perciò non trasmettono solo
modelli o informazioni, ma concorrono a modificare fisicamente il cervello,
inducendo nuove connessioni cerebrali. Proprio per questo i giudizi che formuliamo
istintivamente non ci sono suggeriti dal cuore, o dalla natura come tale,
bensì dalle strutture cerebrali che sono state indotte dalle esperienze
compiute, dalle relazioni vissute o dagli insegnamenti ricevuti. Nel
cammino della crescita personale arriva però il tempo nel quale la persona è in grado di prendere in mano la propria esistenza
attraverso il processo di formazione della coscienza, che si snoda in tappe
diverse. Una prima è la ricerca e la cura delle proprie
ferite. Le numerose esperienze imperfette e le relazioni immature hanno
lasciato segni, a volte profondi, nelle reti neurali. Occorre individuarli e
interpretarli per ricuperare il passato e riordinare le proprie dinamiche
interiori. Una
seconda tappa è costituita dalla ricerca di ambienti intensi di vita per
interiorizzare i flussi vitali necessari e accogliere testimonianze che
consentano di formulare i criteri del bene e del male. In
questo processo la fede in Dio e l'esperienza religiosa possono esercitare un
ruolo decisivo. Il riferimento a Dio non implica la conoscenza della sua
volontà e delle leggi che egli ha fissato per lo sviluppo della specie umana.
Dio e la sua volontà in se stessi non sono noti e non possono offrire, come
tali, elementi per la formazione della coscienza morale. Le tradizioni religiose
però attraverso l'esperienza dell'abbandono fiducioso in Dio o nella «forza
arcana» che alimenta la storia, e attraverso la preghiera o le pratiche di
contemplazione hanno individuato e codificato molti dei comportamenti utili
alla crescita delle persone e allo sviluppo della specie. Essi costituiscono
quella sapienza del cuore che oggi le scienze umane sono in grado di giustificare
e spesso di completare. Carlo Molari |