"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

10 APRILE 2011    -   V DOMENICA QUARESIMA   - Anno A - 


                                                                                                 

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: Ez 37,12-14      Salmo: 129/130,1-8      Seconda lettura: Rm 8,8-11

   

VANGELO secondo Giovanni  11,1-45


In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Parola del Signore.

Forma breve: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.


                                                                                                 






L’itinerario di fede della comunità di Betania

 

1. Continua ancora il cammino della quaresima con la pagina evangelica che traccia l’itinerario di fede della comunità di Betania, rappresentata da Lazzaro, Marta e Maria (Gv 11,1-45): una comunità di fratelli e di sorelle. Ritorna anche qui, questa volta accentuata dalla dimensione comunitaria e fraterna, la qualità battesimale-crismale della vita cristiana, un vivere cristiano differente, fondato nella risurrezione del Signore e nel soffio del suo Spirito.

 

2. Si afferma subito che Lazzaro, colui che Gesù considera suo amico, è malato (Gv 11,1.3). Le sorelle si preoccupano e danno la notizia a Gesù. Il fratello Lazzaro è malato, e ne soffrono le sorelle Marta e Maria, e tutta la comunità di Betania (“Betania” significa “Casa del povero”). Le conseguenze della malattia di Lazzaro si ripercuotono sulla vita della comunità, rendendo la comunità di Betania una comunità malata di una malattia che conduce alla morte.

Di quale malattia si tratta? E dov’è la causa? Perché Lazzaro e la sua comunità sono malati, fino a sperimentare la morte?

Vediamo prima la causa. Essa è messa ben in evidenza da Marta e da Maria, le quali ne hanno lucida consapevolezza: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!» (Gv 11,21.32). Ecco la causa di questa malattia mortale: nella comunità di Betania non c’è la presenza del Signore; questa comunità non sa corrispondere all’amore e all’amicizia del Signore. Si dice amica del Signore, ma di fatto non lo è. Se una comunità (ecclesiale o famigliare) non fa esperienza quotidiana dell’amore e dell’amicizia del suo Signore, quella comunità muore. Se in una comunità qualcuno ha la pretesa di sostituirsi al Signore, quella comunità muore. Se in una comunità si amano più del Signore l’istituzione, gli apparati, le scenografie, le organizzazioni, i propri usi e costumi, i propri modi di fare, le proprie idee e ideologie…, quella comunità muore.

 

3. Come si comporta il Signore? L’azione del Signore è tutta finalizzata a far risorgere la comunità di Betania. Ma prima è necessario che la comunità, nella persona di Lazzaro, “muoia della sua malattia e della sua morte”: ecco perché, paradossalmente, Gesù gioisce alla morte di Lazzaro.

Infatti con grande parresia, con grande coraggio profetico afferma: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!» (Gv 11,14-15). Ed è pure significativo ciò che dice il discepolo Tommaso agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!» (Gv 11,16).

Sì, per risorgere con Cristo, bisogna prima morire con Lui a quei fallimenti che inaridiscono la nostra esistenza; bisogna fare il passaggio pasquale decisivo e necessario della morte al nostro peccato di philautía, di amore egoistico di sé, per risorgere a vita nuova. Questa morte necessaria parte dell’esperienza del nostro battesimo, come ben ci ricorda l’apostolo Paolo: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,3-4).

Inoltre, notiamo che quando Gesù arriva da Lazzaro compie le seguenti azioni:

— freme nel suo spirito (Gv 11,33.38): non è commozione, bensì soffio del suo Spirito;

— si turba (Gv 11,33): perché il momento che sta vivendo lo coinvolge pienamente;

— piange (Gv 11,35): non è lamento, ma pianto di chi ama;

— fa togliere la pietra che chiude il sepolcro (Gv 11,39-41): toglie i sigilli della morte, apre i primi spiragli alla vita;

— prega il Padre (Gv 11,41-42): rende grazie, fa eucaristia, perché il Figlio è sempre in comunione con il Padre;

— grida a gran voce (Gv 11,43): è la Parola di Gesù che dona la Vita, che fa passare dalla morte alla vita (Gv 5,24-29), che comunica lo Spirito e la Vita (Gv 6,63).

 

4. Così Lazzaro esce dal sepolcro (Gv 11,44): ha ascoltato la Parola del Signore, e perciò è passato dalla morte alla vita (Gv 5,24-29). È la sua Pasqua di liberazione: «liberatelo e lasciatelo andare». In Lazzaro è la comunità che viene liberata da tutti quei legami che la rendono immobile, statica, chiusa come dentro un sepolcro. La comunità di Betania fa l’esperienza del Signore che apre alla vita (prima lettura: Ez 37,12-14), perché si curva e ascolta coloro che sono sprofondati nell’abisso della loro morte (salmo responsoriale: Sal 130).

La comunità di Betania, abitata dallo Spirito creatore e vivificante (seconda lettura: Rm 88-11), ora è resa capace di amare il Signore e i fratelli più di se stessa e delle sue istituzioni. Non a caso all’inizio di Gv 11 l’evangelista fa un’annotazione che indica in Maria colei «che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli» (v. 3). È come se l’evangelista ci dicesse: se vuoi sapere come la comunità di Betania vivrà la sua esperienza pasquale di resurrezione, ecco te lo anticipo: vai al capitolo 12.

E infatti in Gv 12,1-11 ritroviamo la comunità di Betania, che, attraverso il gesto di Maria che cosparge i piedi di Gesù con l’unguento prezioso e profumato, riconosce in Gesù il suo unico Signore. Quello che compie Maria è un gesto di amore verso il Signore Gesù. E infatti sta scritto che «tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12,3).

Se nel Cantico dei Cantici uno dei nomi di Dio è «aroma che si espande» (Ct 1,3), comprendiamo allora che la comunità di Betania sta imparando a corrispondere all’amore e all’amicizia di Gesù, a colui che ha detto: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,12-17).

 

Che l’esperienza pasquale della comunità di Betania, diventi l’esperienza delle nostre comunità ecclesiali, affinché imparino sempre di più ad amare il Signore e i fratelli nella fede e in umanità più di se stesse e delle proprie istituzioni.


                                                                                        Egidio Palumbo
Barcellona PG (ME)