"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

2 DICEMBRE 2007                                                    I DOMENICA DI AVVENTO -ANNO A -

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura:  Is 2,1-5    Salmo 121      Seconda lettura:Rm 13,11-14a

VANGELO secondo  Matteo  24,37-44

37Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata.
42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.

 

Nella novità del Signore che viene

1. Siamo all’inizio dell’anno liturgico e agli inizi del cammino del tempo di Avvento. Siamo chiamati a prendere sempre più coscienza che la vita cristiana è attesa perseverante e vigilante del Signore che viene. “Avvento”, infatti, traduce “Parusia”, che significa “Presenza che viene”. Il Signore Gesù è già venuto nella carne, secondo le promesse annunciate ad Israele, condividendo il cammino della nostra esistenza umana debole e fragile. Ora Egli viene nel nostro oggi come Signore Risorto nello Spirito. Ed è una venuta imprevedibile e portatrice di novità.

 2. La pagina evangelica di questa domenica (Mt 24,37-47), tratta dal discorso escatologico (una ripresa del tema delle ultime domeniche dell’anno liturgico), annuncia innanzitutto l’attualità della venuta del Signore (Mt 24,37-41): come ai “giorni di Noè”, così ai “nostri giorni” ci fa visita il Signore. Ai nostri giorni si vive la vita quotidiana, la vita normale di tutti i giorni badando ognuno al suo. Anche se la malvagità degli uomini è grande sulla terra (Gen 6,5), anche se la terra è corrotta e piena di violenza (Gen 6,12.13), ognuno normalmente pensa ai suoi affari, peraltro legittimi e buoni. Si pensa al proprio sostentamento, al proprio lavoro, a crearsi una famiglia, a darsi un futuro nella vita — certamente tutte cose buone e doverose —, ma sono giorni vissuti nel chiuso del proprio personale quotidiano e nell’indifferenza generale di quanto accade intorno e poco più lontano. Assolutizziamo e idolatriamo i nostri in nostri giorni con i nostri legittimi e buoni interessi.

E allora, viene il Signore, e, come ai giorni di Noè, a qualcuno ordina di costruire un’arca come proposta di salvezza per questo mondo. Nel momento in cui la si comincia a costruire, i nostri giorni vengono relativizzati e dischiusi dall’attenzione eccessiva al proprio personale quotidiano e aperti ad uno sguardo più largo, ad un orizzonte che prende tutta la terra. E allora, come ai giorni di Noè, viene il Signore e ci si comincia ad accorgere che la malvagità degli uomini è grande sulla terra, che la terra è corrotta e piena di violenza (Gen 6,5.12.13), che alcuni mangiano e altri soffrono la fame perché sono stati impoveriti da quei pochi che mangiano più di tutti gli altri, che alcuni si sposano e altri pur volendolo non hanno le minime risorse per farlo perché condannati al precariato a vita, che esportiamo armi godendo noi i benefici economici e gli altri gli effetti intelligenti “immediati e collaterali”, ecc.

Ecco, il Signore che viene, ordinandoci di costruire l’arca, ci spinge ad uscire dall’indifferenza, a conoscere in che mondo viviamo e a dare un Senso ai nostri giorni, un Senso che salvi noi e questo mondo dall’andazzo comune. Costruire l’arca significa iniziare a costruire un mondo diverso, una rete di relazioni più umane e più fraterne, fondate sulla Pace, quella vera, come quella annunciata dal profeta Isaia: «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra. Casa di Giacobbe, vieni camminiamo nella luce del Signore» (prima lettura: Is 2,1-5; salmo responsoriale: Sal 122).

3. Non solo i nostri giorni sono chiusi nell’indifferenza dei propri buoni (a volte no) affari, ma anche le nostre case (Mat 24,42-47), ovvero le nostre relazioni familiari, come pure quelle sociali ed ecclesiali (“casa” è anche la concreta comunità ecclesiale cui apparteniamo).

E il Signore viene anche qui, nelle nostre case “blindate” nel nostro iper-individualismo. E viene “come un ladro”, facendo un foro nella parete, ovvero aprendo, a nostra insaputa, uno spiraglio, un varco, un cammino. Certo porta un certo scompiglio nella nostra casa, ma, se siamo vigilanti e non ipnotizzati da altri discorsi e comportamenti (seconda lettura: Rm 13,11-14), ci accorgeremo che questo scompiglio è salutare: ci ruba l’iper-individualismo, del quale siamo tanto gelosi, e ci apre a relazioni nuove, più fraterne e responsabili verso i familiari della nostra casa., del vicinato, del territorio, della comunità ecclesiale…

Anche se la liturgia non lo propone, sarebbe bene leggersi i versetti che seguono (Mt 24,48-51), perché danno l’idea di come si trasforma una casa o una comunità ecclesiale dominate dall’iper-individualismo a cui normalmente si associa l’arroganza del potere. Qui la casa, per volontà del Signore che viene, è destinata al fallimento. Fallimento necessario, perché principio di salvezza per un futuro diverso.

 Mt 24,48-51

[48]Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, [49]e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, [50]arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa, [51]lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti.

 

                                                                                            Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)