GUIDA ALLA LETTURA DELL’ICONA DELLA RISURREZIONE O DELLA DISCESA AGLI INFERI di Fr. Egidio Palumbo
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Le pagine del NT non ci informano sul modo con cui Gesù è risorto; gli evangelisti, l’apostolo Paolo e gli altri apostoli non sono attratti da questo tipo di interesse. Al riguardo essi attestano soltanto che “questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso come voi stessi potete vedere e udire” (At 2,32-33); “voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino e avete ucciso l’autore della vita. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni” (At 3,14-15); “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitato il terzo giorno. Ed esse [le donne mirofore] si ricordarono delle sue parole” (Lc 24,5-8; cfr. 24,26-28.44-48); “Vi ho trasmesso, dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici” (1Cor 15,3-5). L’interesse prevalente degli autori del NT riguarda, invece, gli effetti della risurrezione del Signore sulla vita dei credenti, ovvero: perdono, riconciliazione, pace, comunione ecclesiale e fraterna, rinnovamento spirituale, capacità di testimoniare e di evangelizzare, trasmissione di doni e carismi per l’edificazione della chiesa... (cfr. Mt 28,16-20; Mc 16,15-20; Lc 24,13-49; Gv 20,1-22,23; At 3,6-8.13-16; 1Ts 1,9-10; 1Cor 15,6-53; Ef 4,7-10; Eb 2,16-18; 1Pt 3,18-19). Tra le pagine del NT riguardanti la Risurrezione del Signore, l’iconografo ha scelto di “trascrivere” quella di 1Pt 3,18-19, letta, meditata e pregata con Ef 4,7-10; Eb 2,16-18 e con le pagine evangeliche dove Gesù “prende per mano” e “rialza” gli infermi (cfr. Mc 1,31; 5,41; anche At 3,6-8). In riferimento a 1Pt 3,18-19, l’icona oltre alla denominazione di “icona della Risurrezione” porta anche quella di “Discesa agli inferi”. Ascoltiamo quanto scrive Pietro nella sua lettera: “Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione” (1Pt 3,18-19). Di “discesa agli inferi” parla la tradizione patristica e lo attesta per tutta la Chiesa il Simbolo Apostolico: “... patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, discese all’inferno, il terzo giorno risuscitò dai morti...”. Dalla tradizione biblica, patristica, liturgica e dommatica, l’iconografo raccoglie, medita e prega i temi teologico-esistenizali fondamentali che “trascrive” sull’icona. Infatti, al centro pone la figura del Risorto con le vesti bianco-oro lucente, in movimento discendente (si osservi il movimento ondeggiante delle vesti) verso gli inferi o l’ade, simbolo della morte, non solo fisica, ma, molto di più, esistenziale, cioè simbolo del “nulla”, del non-senso della vita. Ai piedi del Risorto si trova la caverna nera degli inferi, le porte scardinate e messe sopra l’una sull’altra a forma di croce, le sbarre, i chiodi, i pungiglioni, i chiavistelli e i catenacci rotti, smontati e dispersi un po’ dappertutto (“Ringrazino il Signore per la sua misericordia, per i suoi prodigi a favore degli uomini; perché ha infranto le porte di bronzo e ha spezzato le sbarre di ferro”, Sal 107,15-16; cfr. Is 45,2). Vincitore sulla morte (cfr. 1Cor 15,54-57), il Risorto prende mano Adamo, cioè l’Umanità, e la rialza, le ridona il senso autentico della vita (cfr. Mt 14,31); così farà per Eva, la madre dei viventi, che si trova alla sua sinistra (cfr. Mc 1,31). Con Adamo, attendono la risurrezione tutti i giusti: il re Davide, il re Salomone, il precursore e amico dello Sposo Giovanni Battista, il profeta Daniele. Con Eva, attendono Mosè con le tavole della Torah, Isaia e altri profeti. Altre icone collocano nel basso, da un lato una schiera di santi vestiti di bianco, dall’altro le guardie del sepolcro tramortite. Nella mano sinistra il Signore risorto porta con sé un rotolo: per alcuni indica il documento del nostro peccato, per altri l’evangelo della salvezza che annunzia ai “prigionieri” (Ef 4,19), per altri ancora il documento del “prezzo” del nostro riscatto, ovvero il perdono gratuito e incondizionato (Rm 3,24; 1Cor 6,20; 7,23). In altre icone il Risorto nella mano sinistra porta con sé la croce: forse una maniera diversa per comunicare la stessa verità salvifica. Alle spalle del Risorto ritroviamo il diagramma cerchio e a volte a “mandorla”, formato da cerchi concentrici, che rappresentano le sfere dei cieli, l’ultimo cerchio, il più oscuro, indica la presenza di Dio dalla quale escono i escono i raggi dorati della luce divina. Sullo sfondo la luce dorata che illumina le rocce “scosse” e “aperte” (cfr. Mt 27,51), sempre disegnate secondo la “prospettiva inversa”. Dunque, l’icona della Risurrezione o della Discesa agli inferi, ci aiuta a contemplare il valore salvifico del perdono gratuito del Signore che anticipa la nostra conversione e nel quale risiede l’unica ragion d’essere che la motiva (Rm 3,24; 5,6-11; 1Gv 4,9-10). Come afferma Melitone di Sardi: “Dio prese le vesti di uomo e soffrì come il sofferente, fu legato come il vinto, fu giudicato come il condannato; risuscitò dai morti e grida ora queste parole: Chi vuol parlare contro di me, venga avanti! Io ho salvato il condannato, ho ridato vita al morto, ho risuscitato il sepolto. Chi mi contrasta? Io, dice il Cristo, ho abolito la morte, ho vinto il nemico, ho calpestato l’inferno, ho legato il forte, ho rapito l’uomo nel più alto dei cieli. Venite, dunque voi popoli tutti, che siete invischiati del male, riceverete il perdono dei vostri peccati. Io sono il vostro perdono, la pasqua della vostra salvezza, l’agnello sgozzato per voi, la vostra acqua lustrale, la vostra luce, il vostro salvatore, la vostra risurrezione; il sono il vostro re”. L’icona, infine, ci aiuta a contemplare il valore salvifico intrinseco della morte del Signore: con la sua morte Egli ha sconfitto la nostra morte. La scelta “debole” di una vita donata e “sprecata gratuitamente per l’altro” si manifesta vincente su scelte di vita che tutto trattengono per sé, che tutto pretendono di possedere e di dominare, e che amano “amarsi solo per sé”. Egidio Palumbo
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