" E se
domani..." 24 maggio 2009 di Eleonora Cicero
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“Dove
fanno il deserto, quello chiamano pace” Tacito Armiamoci
e partite!
Millenni
di storia non sono ancora serviti per annichilire il germe infido della guerra.
Troviamo l’attualità delle cronache macchiata dal sangue di nuove vittime
immolate a Marte. Vecchi, donne, bambini, sono in cima alla lista degli
“effetti collaterali” delle diverse contese belliche. Giovani armati, assumono il doppio ruolo di vittime e
carnefici, si ritrovano a sparare ad altri coetanei con gli stessi sogni e le
stesse paure. Niente di nuovo, tutto drammaticamente ovvio da sempre. Tuttavia è una nota stonata, una
follia che va contro natura. La guerra genera solo altra guerra e non possiamo
giustificarla come dolorosamente necessaria. Ernest Hamingway afferma, “Non pensate mai che la guerra, per quanto
necessaria o giustificata, non sia un crimine”. Questo deve essere il punto di
partenza nel quale innestare l’educazione dei nostri figli e la nostra. Così le nuove violenze nello Sri
Lanka, in Africa, nel Medio Oriente ed in molte altre parti del pianeta, devono
farci riflettere seriamente. La guerra è sempre un crimine contro l’umanità e
la tendenza a credere o a voler credere, per motivi economici/politici, alle
verità di facciata che molti paesi propongono, rappresenta, di fatto, una
tacita complicità. Molti pensano che la politica delle
armi e della paura rappresenti il tassello stabile di un governo solido, però
quando una o più persone levano la loro voce e il loro operato al servizio
della verità e della giustizia, il tassello risulta essere traballante e la
voce della libertà e della pace mette paura a progetti guerrafondai e
totalitari. È il caso della Birmania, che in modo palese, cerca di mettere a
tacere, tramite una legge piegata ai propri voleri e con un processo farsa
degno delle meschinità più aberranti proposte dalla storia, la voce del premio
nobel per la pace Aung San Suu Kyi. (1) Una violazione chiara agli occhi del
mondo intero dettata dalla Paura che una persona di pace può provocare ad un
sistema militarizzato e dittatoriale. La pace, la giustizia e l’ideale
della non violenza, mette in crisi la logica delle armi e della sopraffazione,
al punto tale da indurre la dittatura militare a compiere dei passi falsi
evidenti all’intero globo terrestre. Guerra e pace, morte e vita, vittime
e carnefici: questi gli antipodi che dalla notte dei tempi si contrappongono in
un infinito duello. Il seme folle della non violenza, di
fatto mette in crisi la matematica certezza delle armi perché se gli armamenti
impongono, le parole propongono; se i proiettili uccidono, la speranza salva. Federico II re di Prussia, soleva dire: “Se i miei soldati cominciassero
a pensare, nessuno rimarrebbe nelle mie file”. Il potere delle armi e della
violenza, poggia le sue basi su di un’obbedienza cieca al potente di turno, ad
ideali patriottici distorti e folli. Lo dimostra il fatto che quasi mai tra le
file dei soldati che sparano, uccidono e perdono la vita, si trovano i nomi di
coloro che tali guerre decidono, né quelli dei loro figli o dei loro cari! È necessario riuscire a pensare con
la propria testa, col proprio cuore, con i propri ideali e non prestare
obbedienza cieca a deliri di morte e distruzione! Fanno la guerra col sangue degli
altri, disponendo soldatini all’assalto ed in trincea, quasi si trattasse di un
gioco! Troppi paesi decidono arbitrariamente
della vita di molte persone, imponendo logiche marziali e idolatriche. Cambiano
le armi, cambiano i nomi, cambiano le alleanze ma il sangue versato è sempre lo
stesso. Le vere rivoluzioni non passano mai
attraverso le armi ma tramite il cuore: il potere che ne scaturisce è tanto
sottovalutato quanto incisivo. L’amore salverà il mondo e noi siamo chiamati ad
amare, a scrivere pagine di speranza tramite la rieducazione dei nostri valori. È utopia pensare ad un mondo diverso?
Forse! Ma già ci è dato conoscere come la forza non violenta sovverta il
gigante di piombo e di morte! [1] http://www.corriere.it/esteri/09_maggio_18/processo_suu_kyi_birmania_cc817ea4-437a-11de-bc99-00144f02aabc.shtml
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