" E se domani..."                                                                      17 agosto 2009

di Eleonora Cicero


“Gli uomini sono angeli

con un’ala soltanto:

possono volare solo

 rimanendo abbracciati”

Tonino Bello


Il Peso dell’Altro

Il Cristianesimo si fonda sull’amore vicendevole, sulla comunione reciproca, sul sostenersi a vicenda. Riconoscersi fratelli e bisognosi dell’altro costituisce il punto da cui partire per vivere fino in fondo il messaggio evangelico.

Già Caino aveva compreso “l’ingranaggio” dell’Amore di Dio: non riconoscersi custode di Abele, implicava un non voler accettare la responsabilità del fratello minore, un voler rifiutare “il Peso” dell’altro.

Da allora ad oggi, le cose non sono per niente migliorate: Abele continua sempre ad essere sacrificato all’egoismo di Caino. Eppure, se è vero che tendenzialmente l’uomo è egoista, è pure vero che egli riesce a compiere degli atti di altruismo sconcertanti, che, educano, incarnando il Vangelo, e sconvolgono, mettendo a nudo la nostra inconsistente “bontà evangelica di facciata” e in questi giorni ne ho avuto un esempio.

Mi trovavo in montagna nella ricorrenza del ferragosto, nella fattispecie, ero in una di quelle aree attrezzate con, fontana, tavoli e piani cottura. Tra la moltitudine di macchine che passavano di là alla ricerca di un posto dove passare la giornata, mi ha colpito una piccola vettura arrivata verso le 11.30. L’orario insolito, vista la giornata, ha attirato la mia curiosità e, non lo nascondo, anche la mia perplessità. La posizione dei tavoli non era molto agevole ma, per quei pochi rimasti liberi, era anche peggiore. Osservavo la scena a distanza, chiedendomi come si potesse immaginare di giungere così tardi e pensare di trovare dei posti nella giornata di ferragosto.

Dall’auto (successivamente affiancata da una seconda macchina) fece capolino una famiglia: genitori anziani e un figlio di circa 30 anni. Un secondo figlio era rimasto in macchina.

Vedevo la loro perplessità dovuta agli unici posti liberi rimasti, tuttavia non prestai molto caso alla faccenda e ripresi a percorrere la strada per fare quattro passi.

Durante l’ora di pranzo, notai che la famiglia si era stabilita nei tavoli sopra i nostri e che la loro tranquillità, strideva con la nostra confusione animata dai bambini che si rincorrevano tra loro.

Verso le 16.00, la famiglia decide di rientrare: solo allora mi accorsi che il secondo figlio era diversamente abile e che per scendere (e di conseguenza anche per raggiungere il tavolo all’andata) era portato in braccio dall’altro fratello.

Guardavo la scena commentando che, a saperlo, si poteva lasciare loro il nostro tavolo, e spostarci noi in quello posto più in alto.

Neanche il tempo di realizzare questo pensiero, che la madre, piuttosto lenta nei movimenti, si scusava con noi per essere d’intralcio. Probabilmente intuendo i miei pensieri, sorrise dicendo: “Purtroppo non siamo troppo veloci negli spostamenti…”poi guardando in direzione del figlio, con un sorriso materno aggiunse: “Ma noi non andiamo da nessuna parte senza di lui!”.

In quel momento realizzai che loro, insieme al figlio, erano arrivati molto più lontani di tutti noi messi assieme. Ero piccola e indegna davanti alla testimonianza di quella famiglia:

nonostante avessero più bisogno di noi di occupare i posti meno ripidi, non hanno chiesto niente ma con serenità d’animo, hanno percorso il sentiero più irto.

Comprendevo in quel momento, che il mio stato d’animo non era né compassione, né pietà: era un’infinita tenerezza unita alla consapevolezza che, nella loro semplicità, testimoniavano Dio.

Comprendevo in quel momento, che la compassione e la pietà era rivolta a me e che ricevevo una lezione teologica d’immensa portata.

Ho ripensato nel corso dei giorni a questo episodio e a come molte famiglie affrontano da sole situazioni per noi impensabili e lo fanno senza lamentarsi!

Non è ovvio e nemmeno scontato! E non è nemmeno un tentativo di tirare fuori una sorta di storia da “Libro Cuore”.

E’ l’altro che ci apre alla Misericordia di Dio; è lui che scardina i nostri pregiudizi e le nostre paure! E’ la persona bisognosa del nostro aiuto che ci completa perchè da soli siamo tutti incompleti.

E’ umanamente sconcertante comprendere come, aiutando le persone che si trovano in una situazione più fragile della nostra, veniamo di fatto aiutati noi.

E sia chiaro, questo non vuol essere un banalizzare o uno strumentalizzare l’esperienza di nessuno, anzi, è un ricordare a me per prima, che da soli non si va da nessuna parte!

Non si sperimenta la vita evangelica percorrendo una strada solitaria ovattata dalle nostre certezze.

Dio ci incontra tra le pieghe quotidiane di una storia che fa acqua da tutte le parti e, indipendentemente da chi sia l’altro, ci coinvolge nel suo mistero d’amore.

Da qui a fare una seria analisi individuale e collettiva, il passo è breve. Se l’incontro con l’altro è di vitale importanza per tutti noi, allora, questo significa che non possiamo bastarci da soli; non possiamo chiuderci all’interno di uno sterile difensivismo. Significa mettere da parte i nostri egoismi e le nostre paure e lasciarci coinvolgere dal vissuto delle altre persone, indipendentemente che siano diversamente abili, poveri, clandestini, anziani, persone sole, sconosciuti, parenti, amici, conoscenti ecc..: bisogna educarci a portare il peso reciproco gli uni degli altri. Per questo, oggi più che mai, stride parecchio la  vergognosa ghettizzazione economica e sociale che si vuole mettere in atto nel nostro paese. Dobbiamo aprirci e uscire da noi stessi non barricarci e richiuderci dentro le nostre follie!

Sarebbe bello poter fare un semplice esercizio: quando ci si trova davanti ad una persona, ricordare la semplice frase di un’anziana madre che dice “noi non andiamo da nessuna parte senza di lui!” perché se pensiamo di poter ottenere la salvezza bastando a noi stessi o se abbiamo la presunzione che sono solo gli altri ad avere bisogno di noi, rischiamo veramente di non raggiungere nessuna mèta.



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