" E se
domani..." 13 novembre 2009 di Eleonora Cicero
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“Anche noi siamo figli del nostro tempo: siamolo con chiara coscienza. Lasciamo che il tempo attuale agisca su di noi con ciò che di buono ha.” Tito Brandsma Il Crollo, la Croce e le belle paroleIn
questi giorni la ricorrenza dei vent’anni dalla caduta del muro di Berlino, ha
occupato le prime pagine di tg e giornali. I festeggiamenti erano motivati da
un anniversario simbolicamente ineccepibile all’interno del quale, l’uomo si
riconosce fratello dell’altro e non nemico da abbattere. La
ricorrenza ed il significato che porta con sé è nobile e grandiosa ma suona
beffardo, e al quanto ipocrita, festeggiare il crollo di un muro ed innalzare
altre barriere poco lontano. Se
il crollo del muro vuol essere un parallelismo più ampio in cui tutte le
barriere cadono e tutte le ghettizzazioni si fondono in un abbraccio fraterno,
allora dovremmo seriamente interrogarci e non limitarci alle pure emozioni che
le immagini ci rimandano. Non
ha senso far memoria di un muro che crolla e, contemporaneamente, vigilare attentamente
su nuove palizzate poco distanti. Essere
educati dalla storia, presuppone un occhio critico a quello che succede nel
presente: si rischierebbe se no di predicare bene e razzolare male. Questa
coerenza deve caratterizzare i cittadini del nuovo millennio. Non ci possiamo
più permettere di ergere palizzate e muri divisori. Non possiamo predicare i
principi più elementari della civiltà umana da una parte, e rinnegarli subito
dopo con norme e leggi che soffocano e sclerotizzano l’apertura ad altri esseri
umani. Oggi
come ieri, troppi muri si frappongono tra le diverse comunità umane. Cambiano
nome, si spostano poco più a est o poco più a sud ma sono sempre lì ad impedire
la fraterna armonia tra i popoli. Suonano
paradossali e poco coerenti le tante parole espresse in questa occasione dalle
più alte cariche mondiali, se ancora oggi cerchiamo di difendere i nostri
piccoli mondi con reti metalliche, fili spinati, campi di “accoglienza” e
barricate di norme e di leggi che negano il diritto a tutti i popoli del mondo
di amalgamarsi pacificamente in un arcobaleno culturale. Abbiamo
serie difficoltà a non mascherarci dietro le nostre ipocrite giustificazioni,
ad ammettere le “eccezioni”che di fatto giustificano una difesa contro il
contagio etnico educativo che può arrivare dalle popolazioni più povere. In
virtù di questo, mi sento profondamente sconvolta da un’istituzione ecclesiale
che chiede ai propri fedeli e ai capi di Governo di opporsi contro la sentenza
che vieta i crocifissi nei luoghi pubblici, mentre per motivi di opportunità
diplomatica, in più di un’occasione, ha preso le distanze da condanne rivolte
da preti e da laici a leggi razziste in cui i nuovi crocifissi della storia
venivano assoggettati a leggi che ledevano realmente qualsiasi diritto umano. Né
i giudici che tanto combattono contro il crocifisso, né alcuni esponenti della
Chiesa che tanto condannano questa decisione, hanno mosso un dito quando si è
trattato di difendere il popolo di Cristo, i più poveri, la parte lesa
dell’umanità. I
muri da abbattere sono tanti, troppi e coinvolgono le varie fasce sociali,
religiose e culturali. Dovremmo veramente fare pace con la nostra coscienza e
smetterla di essere dei folli sclerotici che festeggiano la caduta di un muro
da una parte e plaudono all’innalzata di nuove palizzate dall’altra. Credo
che abbiamo i mezzi e gli strumenti storici per poter discernere a livello
sociale, politico, religioso e culturale lo scenario che ci sta davanti e
quello che vogliamo realizzare. Il
tempo stringe e la nostra epoca ci impone di prendere decisioni chiare e
posizioni nette. Non possiamo più permetterci di usare due pesi e due misure. È
la storia che ce lo impone, è la coscienza che ce lo sottolinea, è un delicato
equilibrio mondiale arrivato al collasso che impone una svolta più matura. Tocca
ad ognuno di noi, nel nostro piccolo o grande cammino nella storia, definire
posizioni più autentiche, se no rischiamo di far crollare le nostre coscienze
sotto spinte razziste ed incivili. Non
si tratta di fare nuove crociate ma di lasciarci abbracciare da una follia
d’amore che rende nuove le cose, i rapporti con gli altri ed il vivere civile. Qualcuno
prima di noi ci ha provato, ora tocca a
noi raccoglierne il testimone!
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